Riassunti di Storia e Filosofia

  • Heidegger e l’Essere

    Nel 1927, Martin Heidegger camminava tra i boschi della Foresta Nera, con il fruscio delle foglie sotto gli stivali e l’odore di resina che gli riempiva i polmoni. Non era un uomo da città: robusto, con barba corta e occhi che scavavano lontano, sembrava un boscaiolo più che un filosofo. Nato nel 1889 a Messkirch, in una Germania di villaggi e campane, Heidegger era cresciuto tra il suono di un martello – suo padre era bottaio – e libri che lo chiamavano oltre. Quel giorno, scrivendo Essere e tempo, stava scuotendo il Novecento: non più solo idee o sistemi, ma una domanda – “Che cos’è l’Essere?” – che pesava come la terra. Con Heidegger, la filosofia diventava esistenziale: un uomo gettato nel mondo, tra angoscia e poesia, a cercare senso. (altro…)

  • Husserl e la Fenomenologia

    Nel 1900, Edmund Husserl sedeva in uno studio silenzioso a Gottinga, con il fruscio delle pagine che rompeva la quiete e una lampada che illuminava un tavolo pieno di carte ordinate. Non era un uomo da clamori: magro, con barba corta e occhiali che gli scivolavano sul naso, sembrava un matematico più che un filosofo. Nato nel 1859 a Prossnitz, in Moravia, da una famiglia ebrea modesta, Husserl era cresciuto tra numeri e un desiderio di chiarezza che lo bruciava dentro. Quel giorno, scrivendo Ricerche logiche, stava dando vita alla fenomenologia: non più teorie astratte, ma un ritorno alle “cose stesse”, un pensiero che guardava la coscienza nuda. Il Novecento, con Husserl, apriva una porta: una filosofia che scavava il reale, tra scienza e vita, con occhi nuovi. (altro…)

  • Da Nietzsche a Freud: il Passaggio al Novecento

    Nel 1899, Friedrich Nietzsche giaceva in un letto a Weimar, con il silenzio della stanza rotto solo dal suo respiro affannoso e il ticchettio di un orologio che scandiva un tempo che lui non vedeva più. Non era più il filosofo di un tempo: fragile, con barba folta e occhi spenti, era un’ombra dell’uomo che aveva scosso l’Ottocento. Nato nel 1844 in una Prussia di chiese e campi, Nietzsche aveva scritto Così parlò Zarathustra con una penna che ruggiva, ma ora, colpito dalla follia, taceva. Quel giorno, mentre il secolo si chiudeva, il suo “Dio è morto” echeggiava ancora: un grido che segnava il passaggio al Novecento, un’epoca di crisi e promesse. Da Nietzsche a Freud, la filosofia lasciava l’Ottocento con un’eredità spezzata: non più certezze, ma domande, un ponte verso un mondo nuovo. (altro…)

  • Da Rosmini a Gioberti: Tradizioni Filosofiche dell’Italia Unita

    Nel 1861, Antonio Rosmini guardava il lago Maggiore dalla sua finestra a Stresa, con il rumore delle onde che si infrangevano piano e una brezza che gli scompigliava i capelli bianchi. Non era un uomo da piazze: alto, con occhi gentili e una tonaca da prete che portava con semplicità, sembrava un monaco più che un filosofo. Nato nel 1797 a Rovereto, allora sotto l’Austria, Rosmini era cresciuto tra libri e un’Italia spezzata – ducati, regni, un mosaico di voci. Quel giorno, scrivendo Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, sognava un’Italia unita non solo nelle armi, ma nel pensiero: uno spiritualismo che abbracciava l’anima e la ragione. L’Ottocento, con l’Italia unita, trovava filosofie vive: da Rosmini a Gioberti, un paese che pensava tra rivoluzioni e speranze. (altro…)

  • De Biran a Ravaisson: lo Spiritualismo Ottocentesco

    Nel 1812, François-Pierre Maine de Biran passeggiava nei giardini della sua tenuta a Bergerac, con il profumo dei fiori selvatici che gli riempiva i polmoni e il sole che gli scaldava il viso segnato dal tempo. Non era un uomo da clamori: alto, con capelli radi e occhi che guardavano dentro, sembrava un gentiluomo di campagna più che un filosofo. Nato nel 1766 in una Francia di monarchie e rivoluzioni, Maine de Biran era cresciuto tra libri e un’anima inquieta, un funzionario che scribacchiava pensieri al lume di candela. Quel giorno, scrivendo Saggio sulle fondamenta della psicologia, stava dando voce allo spiritualismo: non solo materia e macchine, ma uno spirito vivo, una volontà che pulsava. L’Ottocento, con lo spiritualismo, si ribellava al positivismo: da Maine de Biran a Ravaisson, una filosofia dell’anima che cercava luce nel buio della scienza. (altro…)

  • Avenarius, Mach e l’Empiriocriticismo

    Nel 1876, Richard Avenarius scribacchiava appunti in una stanza silenziosa di Zurigo, con il ticchettio di una pioggia leggera sui vetri e una lampada che illuminava carte piene di pensieri ordinati. Non era un uomo da clamori: magro, con barba corta e occhiali che gli scivolavano sul naso, sembrava un contabile più che un filosofo. Nato nel 1843 a Parigi, da una famiglia tedesca di editori, Avenarius era cresciuto tra libri e una curiosità che lo spingeva oltre. Quel giorno, scrivendo Filosofia come pensiero del mondo secondo il principio del minimo sforzo, stava dando forma all’empiriocriticismo: una filosofia che puliva la conoscenza da polvere metafisica, radicata nell’esperienza. Con Ernst Mach, l’Ottocento trovava una voce nuova: scienza e senso, un pensiero che non volava tra le nuvole ma camminava sul terreno della vita. (altro…)

  • Bergson e il Flusso della Vita

    Nel 1889, Henri Bergson sedeva in un’aula del Collège de France, con il rumore dei passi che echeggiava nei corridoi e una luce morbida che filtrava dalle finestre parigine. Non era un uomo imponente: piccolo, con capelli radi e occhi che scintillavano di un’intelligenza quieta, sembrava un poeta più che un filosofo. Nato nel 1859 a Parigi, figlio di un musicista ebreo polacco e di una madre inglese, Bergson era cresciuto tra note e libri, un bambino che ascoltava il tempo ticchettare dentro di sé. Quel giorno, scrivendo Saggio sui dati immediati della coscienza, stava dando voce a una filosofia nuova: la vita come flusso, la durata come respiro, un pensiero che sfuggiva alle reti della scienza meccanica. L’Ottocento, con Bergson, trovava un’anima viva: non più solo leggi e numeri, ma un tempo che danzava. (altro…)

  • William James e la Filosofia Americana

    Nel 1890, William James camminava lungo un sentiero di Harvard, con il fruscio delle foglie autunnali sotto i piedi e il sole che filtrava tra gli alberi, scaldandogli il viso segnato da rughe gentili. Non era un filosofo da torre d’avorio: robusto, con barba corta e occhi che ridevano, sembrava un medico di campagna più che un accademico. Nato nel 1842 a New York, in una famiglia ricca e caotica – suo padre un eccentrico teologo, suo fratello Henry uno scrittore – James era cresciuto tra libri, viaggi e un’anima inquieta. Quel giorno, scrivendo Principi di psicologia, stava dando voce alla filosofia americana: un pragmatismo caldo, una psicologia viva, un pensiero che non si chiudeva in sistemi ma si apriva alla vita. Con James, l’Ottocento d’oltreoceano trovava la sua anima: pratica, umana, lontana dai castelli europei. (altro…)

  • Peirce e le Origini del Pragmatismo

    Nel 1878, Charles Sanders Peirce scribacchiava appunti in una stanza disordinata di Cambridge, Massachusetts, con il rumore di un vento gelido che sbatteva contro le finestre e una lampada che tremolava sopra pile di carte. Non era un uomo da convenevoli: robusto, con barba folta e occhi che brillavano di un’intelligenza inquieta, sembrava un marinaio perso tra i libri. Nato nel 1839 in una famiglia colta – suo padre, matematico famoso – Peirce era cresciuto tra formule e discussioni, un genio con un carattere ruvido. Quel giorno, scrivendo Come rendere chiare le nostre idee, stava piantando il seme del pragmatismo: non più verità astratte, ma significati legati all’azione. L’Ottocento americano, con Peirce, trovava una filosofia nuova: pratica, viva, un ponte tra pensiero e mondo reale. (altro…)

  • Bolzano, Brentano e la Reazione a Kant

    Nel 1817, Bernard Bolzano sedeva in una stanza spoglia di Praga, con il ticchettio di un orologio che rompeva il silenzio e una finestra che lasciava entrare la luce pallida di un mattino boemo. Non era un uomo da clamori: alto, con capelli radi e occhi che sembravano vedere oltre, portava un’aria di calma ostinata. Nato nel 1781 in una famiglia di commercianti italiani trapiantati in Boemia, Bolzano era cresciuto tra libri di matematica e sermoni – prete cattolico, ma ribelle dentro. Quel giorno, scrivendo la Wissenschaftslehre (Teoria della scienza), stava sfidando Kant: non più solo il “come” della conoscenza, ma il “cosa” – verità oggettive, indipendenti dall’uomo. Con lui, e poi con Brentano, l’Ottocento reagiva al gigante di Königsberg: una filosofia che tornava alla logica, alla mente, a un reale che non si piegava al soggetto. (altro…)

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