Riassunti di Storia e Filosofia

  • L’ascesa di Mussolini in Italia

    Benito Mussolini non arrivò al potere in Italia per caso, come un fulmine che cade dal cielo. La sua ascesa fu lenta, costruita passo dopo passo su un Paese in crisi, un’Italia che dopo la Prima Guerra Mondiale sembrava non trovare pace. Era nato nel 1883 a Predappio, un paesino dell’Emilia, figlio di un fabbro e di una maestra. Da giovane aveva il fuoco dentro: era socialista, scriveva articoli infiammati per i giornali di partito, gridava contro i ricchi e i potenti. Ma nel 1914 qualcosa in lui cambiò. Quando scoppiò la guerra, disse che l’Italia doveva entrarci, che il conflitto avrebbe fatto bene alla nazione. Per i socialisti, che volevano la neutralità, fu un tradimento: lo cacciarono senza guardarsi indietro. Dopo la guerra, Mussolini tornò con un’idea nuova, un mix di rabbia e ambizione. Nel 1919, a Milano, fondò i Fasci di Combattimento, un gruppo piccolo, fatto di reduci amareggiati, nazionalisti e gente che non sapeva più a chi credere. (altro…)

  • La Crisi Democratica degli Anni ’20

    La Prima Guerra Mondiale finì nel 1918, ma non portò con sé la pace che tutti speravano. L’Europa uscì da quel conflitto come un corpo ferito, piena di cicatrici che non si chiudevano. Le democrazie vincitrici – Francia, Regno Unito, Italia – avevano trionfato sul campo, ma si ritrovarono a fare i conti con un mondo che non funzionava più come prima. Milioni di uomini erano morti nelle trincee, le città portavano i segni dei bombardamenti, e l’economia era un disastro. Le fabbriche, che per anni avevano prodotto fucili e cannoni, ora chiudevano i battenti o arrancavano per tornare a una vita normale. I soldati, quelli che ce l’avevano fatta, tornavano a casa con le uniformi lacere e trovavano poco ad aspettarli: niente lavoro, niente certezze. I prezzi salivano come un’onda che non si ferma, e i soldi in tasca valevano sempre meno. Era un tempo di confusione, dove la vittoria sembrava un peso più che un premio. (altro…)

  • L’Italia e la Vittoria Mutilata

    L’Italia uscì dalla Prima Guerra Mondiale con una vittoria in mano, ma non con la soddisfazione nel cuore. Dopo anni di battaglie, dopo il sangue versato sull’Isonzo e la resistenza sul Piave, ci si aspettava una ricompensa che facesse dire: “Abbiamo fatto la cosa giusta”. Il Patto di Londra, firmato nel 1915 per entrare in guerra, aveva promesso tanto: Trento, Trieste, l’Istria, la Dalmazia, persino qualche colonia in Africa per alzare la testa tra le potenze. La vittoria di Vittorio Veneto, nell’ottobre 1918, sembrava il sigillo di quel sogno. Ma quando i rappresentanti italiani, guidati da Vittorio Emanuele Orlando, arrivarono a Versailles nel 1919, trovarono un’amara sorpresa. Non ci fu il banchetto che si aspettavano: portarono a casa solo una parte di ciò che era stato promesso. Trento, l’Alto Adige e l’Istria arrivarono, sì, ma la Dalmazia restò fuori. Woodrow Wilson, con la sua idea che ogni popolo dovesse decidere per sé, disse: “Lì ci vivono troppi slavi, non possiamo darvela”. Fiume, una città che per molti italiani era un simbolo di riscatto, fu lasciata in sospeso, fuori dal trattato. Fu un duro colpo. (altro…)

  • Il Trattato di Versailles del 1919

    Quando la guerra finì, i vincitori si riunirono per decidere come rimettere insieme i pezzi di un’Europa devastata. Il Trattato di Versailles, firmato il 28 giugno 1919 nella reggia omonima vicino a Parigi, doveva essere la risposta, un accordo che chiudesse i conti e garantisse una pace duratura. A quel tavolo c’erano i grandi: Georges Clemenceau per la Francia, David Lloyd George per il Regno Unito, Woodrow Wilson per gli Stati Uniti. L’Italia era rappresentata da Vittorio Emanuele Orlando, ma il suo peso era minore rispetto agli altri. L’obiettivo era chiaro: punire la Germania, il Paese che tutti indicavano come il principale responsabile del conflitto, e ridisegnare il continente. Ma quello che uscì da Versailles non fu solo una pace: fu un castigo che lasciò strascichi profondi, un seme di rancore che avrebbe germogliato anni dopo. (altro…)

  • La Fine della Prima Guerra Mondiale nel 1918

    Il 1918 fu l’anno in cui la Prima Guerra Mondiale, dopo quattro anni di sangue e rovine, trovò finalmente una conclusione. Non fu un finale improvviso, un colpo di scena che chiudeva tutto in un istante. Piuttosto, fu un lento spegnersi, come un fuoco che brucia le ultime braci prima di lasciare solo cenere. All’inizio dell’anno, la Germania sembrava ancora avere qualche possibilità. Con la Russia fuori dal conflitto grazie al Trattato di Brest-Litovsk, firmato a marzo, i tedeschi avevano liberato truppe dal fronte orientale e le avevano mandate a ovest, pronte a giocarsi tutto. A marzo, lanciarono l’Operazione Michael, un’offensiva massiccia che doveva spezzare le linee di inglesi e francesi prima che gli americani arrivassero in forze. Per un momento, funzionò: avanzarono in Francia, arrivarono a poche decine di chilometri da Parigi, tanto che il rumore dei cannoni si sentiva quasi nelle strade della capitale. Ma poi, come un corridore che ha spinto troppo, si fermarono. Le truppe erano esauste, le provviste scarseggiavano, e il morale, già fragile, cominciò a crollare. (altro…)

  • Russia e USA in Guerra: la Svolta del 1917

    Il 1917 fu un anno che fece tremare la Prima Guerra Mondiale dalle fondamenta. Fino a quel momento, il conflitto era stato un braccio di ferro estenuante, una gara a chi resisteva di più senza crollare. Ma poi arrivarono due eventi che cambiarono tutto: la Russia si tirò fuori, e gli Stati Uniti entrarono in gioco. Non fu una svolta da poco: spostò gli equilibri, rimescolò le carte, e diede al conflitto un ritmo che nessuno si aspettava. In Russia, le cose erano già un disastro da tempo. L’esercito dello zar Nicola II arrancava contro tedeschi e austriaci, prendendo colpi da ogni parte. Milioni di soldati erano finiti al cimitero o nei campi di prigionia, e quelli che restavano combattevano con la fame nello stomaco e il freddo nelle ossa. Nelle città, come Pietrogrado, la situazione era anche peggio. Il pane non si trovava più, le donne facevano file interminabili per un tozzo di nulla, e la gente guardava lo zar con occhi pieni di rabbia. A febbraio, tutto esplose. Operai e soldati si ribellarono, scesero in piazza e dissero basta. Nicola II, che ormai non controllava più niente, fu costretto ad abdicare. Al suo posto arrivò un governo provvisorio, una specie di soluzione temporanea che prometteva di rimettere in piedi il Paese. Ma invece di uscire dalla guerra, quei nuovi capi decisero di andare avanti, come se morire al fronte fosse l’unico modo per tenere unita la Russia. (altro…)

  • La Guerra di Trincea nel 1915-1916

    Quando il 1915 arrivò, la Prima Guerra Mondiale aveva già perso ogni illusione di rapidità. All’inizio, molti avevano creduto che sarebbe stata una questione di mesi, una prova di forza tra nazioni che si sarebbe risolta con qualche battaglia decisiva. Ma non era andata così. Sul fronte occidentale, tra Francia e Germania, il conflitto si era fermato, incagliato in un’impasse che nessuno aveva previsto. Dopo gli scontri del 1914, come la battaglia della Marna che aveva bloccato l’avanzata tedesca, i due eserciti si erano ritrovati faccia a faccia, incapaci di sfondare. Invece di continuare a inseguirsi su campi aperti, avevano scelto di scavare. Nacquero così le trincee: lunghe linee di fossati che si snodavano per centinaia di chilometri, dal Mare del Nord fino alle montagne svizzere, protette da filo spinato e sacchi di sabbia. Non erano solo rifugi: erano un nuovo modo di fare la guerra, lento, brutale, che trasformava i soldati in prigionieri della terra stessa. (altro…)

  • L’Italia e la Neutralità del 1914

    Quando la Prima Guerra Mondiale iniziò, nell’estate del 1914, l’Italia non si unì subito al conflitto. Fu una decisione che sorprese molti, perché dal 1882 il nostro Paese faceva parte della Triplice Alleanza insieme a Germania e Austria-Ungheria. Eppure, quando l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, l’Italia scelse di restare fuori, di non prendere le armi. C’era una ragione precisa dietro questa scelta. Il patto della Triplice Alleanza era di natura difensiva: obbligava l’Italia a intervenire solo se uno dei suoi alleati fosse stato attaccato. Ma in quel caso era l’Austria a fare la prima mossa, a scendere in campo contro la Serbia, quindi Roma non si sentiva vincolata. E poi, a dirla tutta, il rapporto con l’Austria non era mai stato dei migliori. Vienna controllava territori come Trento e Trieste, che per gli italiani erano parte integrante della nazione, un’eredità del Risorgimento ancora da reclamare. Combattere al fianco di un vecchio avversario, per molti, sarebbe stato come tradire sé stessi. (altro…)

  • Le Cause della Prima Guerra Mondiale

    La Prima Guerra Mondiale non fu un fulmine a ciel sereno, un evento che prese tutti alla sprovvista nel 1914. Fu piuttosto il risultato di anni di tensioni, un crescendo di problemi che si erano accumulati in Europa come nubi prima di un temporale inevitabile. Le grandi potenze del continente – Germania, Regno Unito, Francia, Austria-Ungheria – vivevano in un equilibrio precario, spinte da una competizione feroce. Ognuna cercava di affermare la propria supremazia, di dimostrare di essere più forte, più ricca, più influente delle altre. La Germania, che si era unificata nel 1871 sotto la guida di Otto von Bismarck, era diventata una potenza impressionante. Le sue industrie lavoravano senza sosta, producendo acciaio e macchinari, mentre il suo esercito cresceva in numero e preparazione. Questo non passava inosservato al Regno Unito, che da tempo dominava i mari con una flotta senza rivali e controllava un impero vastissimo, dall’India alle coste africane. L’idea che i tedeschi potessero sfidare questa egemonia li preoccupava, e così nacque una corsa agli armamenti. Le dreadnought, navi da guerra moderne e imponenti, divennero il simbolo di questa rivalità: entrambi i Paesi le costruivano a ritmo serrato, quasi a misurare chi potesse permettersi di più. (altro…)

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