Russia e USA in Guerra: la Svolta del 1917

Il 1917 fu un anno che fece tremare la Prima Guerra Mondiale dalle fondamenta. Fino a quel momento, il conflitto era stato un braccio di ferro estenuante, una gara a chi resisteva di più senza crollare. Ma poi arrivarono due eventi che cambiarono tutto: la Russia si tirò fuori, e gli Stati Uniti entrarono in gioco. Non fu una svolta da poco: spostò gli equilibri, rimescolò le carte, e diede al conflitto un ritmo che nessuno si aspettava. In Russia, le cose erano già un disastro da tempo. L’esercito dello zar Nicola II arrancava contro tedeschi e austriaci, prendendo colpi da ogni parte. Milioni di soldati erano finiti al cimitero o nei campi di prigionia, e quelli che restavano combattevano con la fame nello stomaco e il freddo nelle ossa. Nelle città, come Pietrogrado, la situazione era anche peggio. Il pane non si trovava più, le donne facevano file interminabili per un tozzo di nulla, e la gente guardava lo zar con occhi pieni di rabbia. A febbraio, tutto esplose. Operai e soldati si ribellarono, scesero in piazza e dissero basta. Nicola II, che ormai non controllava più niente, fu costretto ad abdicare. Al suo posto arrivò un governo provvisorio, una specie di soluzione temporanea che prometteva di rimettere in piedi il Paese. Ma invece di uscire dalla guerra, quei nuovi capi decisero di andare avanti, come se morire al fronte fosse l’unico modo per tenere unita la Russia.

Non durò molto. A ottobre, i bolscevichi, guidati da Vladimir Lenin, presero il potere con una rivoluzione che fece rumore in tutto il mondo. Lenin non girava intorno alle cose: “Pace, pane e terra”, diceva, e quelle parole arrivavano dritte al cuore di una popolazione stremata. Nel 1918, la Russia firmò il Trattato di Brest-Litovsk con la Germania. Dovettero cedere un sacco di territorio – Polonia, Ucraina, pezzi grossi dell’impero – ma uscirono dal conflitto. Per i tedeschi fu un colpo di fortuna: con il fronte orientale chiuso, potevano spostare truppe a ovest e provare a dare il colpo finale a francesi e inglesi. Pensavano di farcela prima che gli americani arrivassero in massa, un piano rischioso ma che sembrava l’ultima carta da giocare. Intanto, dall’altra parte dell’oceano, gli Stati Uniti stavano cambiando idea. Fino ad allora, erano rimasti fuori, con il presidente Woodrow Wilson che ripeteva: “Questa non è la nostra guerra”. Gli americani si sentivano lontani, protetti da quell’enorme distesa d’acqua che li separava dall’Europa. Ma i tedeschi fecero due errori che li trascinarono dentro.

Il primo fu la guerra sottomarina. I loro U-Boot affondavano tutto quello che passava, anche navi che portavano rifornimenti agli inglesi. Nel 1915, colarono a picco la Lusitania, un transatlantico con passeggeri americani a bordo: 128 di loro morirono, e negli Stati Uniti si alzò un coro di protesta. Poi, nel 1917, arrivò il Telegramma Zimmermann, un messaggio segreto che i tedeschi mandarono al Messico. Diceva: “Se ci aiutate contro gli USA, vi ridiamo Texas e Arizona”. Gli inglesi lo intercettarono e lo passarono a Washington. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il 2 aprile 1917, Wilson chiese al Congresso di dichiarare guerra alla Germania, dicendo che era per “rendere il mondo sicuro per la democrazia”. Era una frase che suonava bene, e convinse molti. Gli americani non arrivarono subito con un esercito enorme, ma portarono qualcosa che agli Alleati mancava: risorse, energia, uomini freschi che non avevano ancora visto l’orrore delle trincee.

In Italia, il 1917 fu un anno nero. A ottobre, austriaci e tedeschi ci colpirono duro a Caporetto. L’esercito italiano, guidato da Luigi Cadorna, si sfaldò in fretta: fu una rotta disastrosa, con 300.000 uomini persi tra morti, feriti e prigionieri. Ci ritirammo fino al Piave, un fiume che diventò l’ultima linea di difesa. Cadorna, che aveva mandato i nostri a morire senza mai cambiare idea, fu sostituito da Armando Diaz, un generale più attento. Sul Piave resistemmo, ma il colpo si fece sentire: l’Italia sembrava sull’orlo del baratro. Eppure, quella resistenza tenne viva una scintilla di speranza. Sul fronte occidentale, i tedeschi ci provarono ancora. A primavera, con le truppe liberate dall’est, lanciarono un’offensiva che doveva spaccare tutto. Avanzarono, arrivarono vicino a Parigi, ma poi si fermarono. Inglesi e francesi, con i primi americani al fianco, li respinsero. Gli USA portavano carri armati più veloci, aerei, materiali che agli altri scarseggiavano. Non era ancora abbastanza per vincere, ma cambiava il clima.
Sul mare, i sottomarini tedeschi continuavano a fare danni, affondando navi con cibo e munizioni. Ma gli Alleati trovarono una soluzione: i convogli. Misero le navi in gruppi, protette da cacciatorpediniere che tenevano lontani gli U-Boot. Funzionò: i tedeschi iniziarono a perdere più sottomarini di quanti ne affondassero navi. Intanto, i primi soldati americani sbarcavano in Europa, con uniformi nuove e facce che non portavano ancora i segni della guerra. Il 1917 fu un anno di scosse. La Russia che usciva lasciava un vuoto a est, un regalo per la Germania che però non durò. Gli Stati Uniti che entravano portavano una forza nuova, un aiuto che dava respiro a chi era allo stremo. In Italia, Caporetto fu una batosta, ma anche un momento per rialzarsi. Sul mare e sui fronti, la guerra prendeva una piega diversa. Tutti guardavano al 1918, sapendo che sarebbe stato l’anno decisivo, quello che avrebbe detto chi restava in piedi e chi no.

 

La Prima Guerra Mondiale e la Fine di un’Epoca

  1. Cause della Prima Guerra Mondiale
  2. L’Italia e la Neutralità del 1914
  3. La Guerra di Trincea nel 1915-1916
  4. La Svolta del 1917: Russia e USA
  5. La Fine della Guerra nel 1918
  6. Il Trattato di Versailles 1919
  7. L’Italia e la Vittoria Mutilata
Storia e Filosofia
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