Da Žižek a Braidotti: il Futuro del Pensiero Filosofico

Nel 2012, Slavoj Žižek si fermava su un balcone rumoroso di Lubiana, con il chiacchiericcio della strada che gli ronzava nelle orecchie e una luce pallida che cadeva su un tavolo ingombro di libri e tazze di caffè. Non era un uomo da silenzi: barbuto, con gesti frenetici e una voce che inciampava sulle parole, sembrava un attore più che un filosofo. Nato nel 1949 in Slovenia, in una Jugoslavia di cemento e sogni, Žižek era cresciuto tra Marx e un’Europa che si sgretolava. Quel giorno, scribacchiando note per Meno di niente, stava immaginando il futuro della filosofia: non un museo di idee, ma un’arma per il presente. Il XXI secolo, con Žižek, Braidotti e altri, trovava un orizzonte: il pensiero filosofico era vivo, un navigare tra crisi e possibilità.

Il XXI secolo era un caos fertile. L’IA di Haraway si ibridava, il clima di Latour urlava, le disuguaglianze si allargavano come crepe. Nussbaum pensava l’educazione, Habermas il dialogo; ma Žižek vedeva il vuoto: “Cosa ci resta?” si chiedeva, con una voce che odorava di tabacco e carta. Studiò a Lubiana, si immerse in Lacan – “L’ideologia mi ha preso,” pensava, con un taccuino che si riempiva – ma il capitalismo globale lo scosse: “Siamo ciechi,” pensava, con una penna che pesava ogni sillaba. Tra cinema e conferenze, trovò la sua strada: “La filosofia provoca.”

La sua visione era un terremoto. “Pensiamo l’impensabile,” scriveva, con mani che tremavano di energia. Immagina un film: non è solo intrattenimento, ma un sogno che ci intrappola – per Žižek, la filosofia smascherava, non consolava. Pensiamo a un centro commerciale: non è solo negozi, ma un’illusione – in Meno, scavava: “Il reale ci sfugge,” pensava, con un sorriso stanco. Hegel vedeva sistemi, Žižek rotture: “Svegliamoci,” pensava, con occhi che brillavano di un fuoco selvaggio – il futuro del pensiero era lotta, non quiete. Vive ancora nel 2025, a 76 anni, con una voce che graffia: “Ho scosso,” pensa, lasciando un’eredità.

Poi arrivò Rosi Braidotti, un’altra esploratrice. Nel 2013, a Utrecht, scribacchiava Il postumano, con il rumore di un canale che scorreva fuori e una luce morbida che cadeva su fogli ordinati. Nata nel 1954 in Italia, cresciuta in Australia e poi in Europa, Braidotti era un mosaico di mondi e un pianeta che si trasformava. “Siamo oltre l’umano,” pensava, con una penna che pesava ogni parola. Immagina un cyborg: non è solo fantascienza, ma un noi – per lei, la filosofia abbracciava il futuro, non lo temeva. Pensiamo a un albero: non è solo natura, ma un intreccio – “Siamo molteplici,” pensava, con un ghigno saggio. Vive ancora nel 2025, a 71 anni, con una voce che invita: “Ho aperto,” pensa, lasciando un’eredità.

Il futuro del pensiero reagiva al Novecento. Il positivismo cercava risposte; loro vedevano domande: “Il reale è qui,” pensava Žižek, con mani che sfogliavano testi. Heidegger li ispirava, ma lo superavano: “Non solo Essere, ma devenir,” pensava Braidotti, con una voce che pesava il reale – la filosofia non era fine, ma inizio. Immagina un’IA: non è solo macchina, ma un specchio – cercavano il senso sotto il caos. Non erano nostalgici: “Pensiamo ora,” pensava Braidotti – ma l’“ora” era altrove. Pensiamo a Latour: le reti li guidavano – filosofia e mondo si abbracciavano.

Vivevano tra teoria e tumulto. Žižek gridava sul palco: “Guardate,” diceva, con folle che pendevano dalle sue parole. Braidotti insegnava con calma: “Connettete,” pensava, con studenti che respiravano le sue idee. Žižek, sposato più volte, un figlio – “Il caos mi tiene,” pensava, con un sospiro. Braidotti, senza figli, nomade – “Il mondo mi guida,” pensava, con un’ombra negli occhi. Litigavano con i dogmatici: “Troppo fermi,” borbottavano, con un sopracciglio alzato. Lasciavano una sfida: “Osate,” dicevano, con una voce che pesava il futuro.

Nel 2025, li sentiamo ancora. In un mondo di crisi e algoritmi, la loro filosofia vive: provocazione, apertura, un ritorno al pensare – il Novecento respira nei nostri dubbi. Ma non erano perfetti: “Troppo rumoroso?” dicevano i critici di Žižek; “Troppo astratta?” di Braidotti. Per uno studente di oggi, sono un fuoco: la vita non è solo risposte, ma domande. Immagina un domani: non è solo tempo, è un Novecento che ci spinge ancora.

 

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