Lo Sbarco degli Alleati in Italia nel 1943

Nel 1943, gli Alleati decisero di colpire l’Italia, il punto debole dell’Asse, un Paese stanco e diviso che poteva essere la chiave per aprire l’Europa. Dopo aver cacciato i tedeschi e gli italiani dall’Africa, il passo successivo era chiaro: attraversare il Mediterraneo e salire dal sud. Il piano prese forma con l’Operazione Husky, lo sbarco in Sicilia, un’isola che sembrava un trampolino perfetto per il continente. Il 10 luglio 1943, tutto iniziò. Gli inglesi, guidati da Bernard Montgomery, e gli americani, sotto George Patton, arrivarono con una forza impressionante: 180.000 uomini, supportati da migliaia di navi e aerei che oscuravano il cielo. Per giorni, i cannoni delle corazzate martellarono le coste siciliane, un tuono continuo che faceva tremare la terra. I soldati italiani e tedeschi, sparsi tra bunker e trincee, provarono a resistere, ma non erano all’altezza. Gli italiani avevano fucili vecchi e poca benzina, i tedeschi erano troppo pochi per coprire un fronte così largo.

La Sicilia cadde più in fretta di quanto chiunque si aspettasse. Montgomery avanzò lungo la costa est, verso Messina, con la sua solita calma calcolata: i suoi uomini marciavano sotto un sole che spaccava le pietre, prendendo città e villaggi uno dopo l’altro. Patton, invece, corse a ovest come un fulmine, liberando Palermo in una settimana. La gente del posto, stanca della guerra e del fascismo, spesso li accoglieva: donne portavano acqua ai soldati, vecchi indicavano le strade dove si nascondevano i tedeschi. Dopo un mese di scontri, il 17 agosto, l’isola era degli Alleati. Messina, l’ultima roccaforte, si arrese sotto il fuoco incrociato, e il mare tra Sicilia e Calabria si riempì di navi pronte a fare il salto successivo. Quella sconfitta colpì l’Italia come un terremoto: il Paese era esausto, le città bombardate dagli aerei alleati, il pane un ricordo lontano, i soldati mandati a morire in terre che non conoscevano.

Il colpo più duro arrivò a Roma. Il 25 luglio 1943, il Gran Consiglio del Fascismo si riunì in una sala piena di tensione. Dino Grandi, un fascista della prima ora, si alzò e disse quello che molti pensavano: “Mussolini ci ha portati al disastro”. La guerra, le sconfitte, la fame: tutto pesava sulle spalle del Duce, che aveva perso il controllo. Il consiglio votò contro di lui, una pugnalata che lo lasciò solo. Vittorio Emanuele III, il re silenzioso che per anni aveva lasciato fare, prese finalmente una decisione. Quel giorno stesso fece arrestare Mussolini: lo chiamò a Villa Savoia, lo fece salire su una macchina e lo spedirono via, prima in una caserma, poi in una prigione segreta sul Gran Sasso. Pietro Badoglio, un generale con i capelli bianchi e un passato di fedeltà al regime, diventò primo ministro. Disse alla radio che l’Italia avrebbe continuato la guerra con la Germania, ma era una bugia per guadagnare tempo. Segretamente, trattava con gli Alleati, cercando una via d’uscita.

L’8 settembre 1943, Badoglio annunciò l’armistizio. La radio crepitò nelle case italiane: “L’Italia ha chiesto la pace”, disse, e per un momento le strade si riempirono di urla di gioia. La gente pensava che fosse finita, che le bombe avrebbero smesso di cadere. Ma non fu così. I tedeschi reagirono con una velocità feroce. Hitler, furioso per il “tradimento”, mandò truppe al nord e al centro: paracadutisti, carri armati, divisioni che trasformarono l’Italia in un campo di battaglia. Il 12 settembre, un raid audace liberò Mussolini dal Gran Sasso: commandos tedeschi scesero con alianti, lo presero e lo portarono al nord. Nacque la Repubblica Sociale Italiana, detta Repubblica di Salò, sul Lago di Garda: un governo fantoccio, con Mussolini come figura di facciata ma senza potere reale, un uomo spezzato che obbediva agli ordini di Berlino.

Intanto, gli Alleati avanzavano. Il 9 settembre sbarcarono a Salerno, vicino a Napoli, in un’operazione che mise alla prova la loro forza. Le spiagge si trasformarono in un inferno: i tedeschi, guidati da Albert Kesselring, un generale astuto, sparavano dalle colline con mitragliatrici e cannoni. Per giorni, gli americani e gli inglesi combatterono tra sabbia e sangue, con le navi alle loro spalle che bombardavano senza sosta. Ma il 1° ottobre presero Napoli: entrarono in una città distrutta, con i vicoli pieni di macerie e la gente che li guardava con occhi stanchi ma sollevati. La risalita, però, fu lenta. I tedeschi costruirono la Linea Gustav, una barriera di montagne e fortezze a sud di Roma. Cassino, un paese incastrato tra le rocce, diventò il simbolo di quella resistenza: gli Alleati bombardarono per mesi, riducendo il monastero sulla cima a un cumulo di pietre, ma i tedeschi tenevano duro, nascosti tra le rovine.

L’Italia del 1943 era un Paese spaccato in due. Al sud, gli Alleati governavano con Badoglio, un’Italia che cercava di rialzarsi tra fame e rovine. Al nord, i tedeschi e Mussolini stringevano la presa, con rappresaglie che colpivano villaggi e città. La guerra civile si mescolava al conflitto più grande: i civili morivano sotto le bombe alleate o nelle fucilazioni tedesche, i bambini giocavano tra i crateri, le madri scavavano tra le macerie per un pezzo di pane. Mussolini, il Duce che aveva promesso gloria, era caduto, ma la sua caduta non portò pace. L’Italia soffrì ancora per due anni, un campo di battaglia tra Alleati e tedeschi, un popolo preso in mezzo a un fuoco che non aveva voluto. Il 1943 fu l’anno del crollo di un regime, ma anche l’inizio di un calvario che avrebbe lasciato cicatrici profonde.

 

La Seconda Guerra Mondiale

  1. Le Cause della Seconda Guerra
  2. L’Europa sotto l’Asse: 1939-1941
  3. La Svolta del 1942: Stalingrado
  4. Gli Alleati in Africa: 1942-1943
  5. Lo Sbarco degli Alleati in Italia del 1943
  6. Il D-Day e la Liberazione: 1944
  7. La Fine della Seconda Guerra Mondiale: 1945
Storia e Filosofia
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