Nel 1931, Kurt Gödel si aggirava tra le strade acciottolate di Vienna, con il fruscio delle foglie autunnali che gli sfiorava i piedi e una luce tenue che cadeva su un taccuino stretto tra le mani. Non era un uomo da folle: esile, con occhiali spessi e una voce che sussurrava appena, sembrava un monaco più che un matematico. Nato nel 1906 a Brünn, nell’attuale Repubblica Ceca, Gödel era cresciuto tra libri e un’Europa che si frantumava. Quel giorno, pubblicando i Teoremi di incompletezza, stava scuotendo la logica del Novecento: non tutto poteva essere dimostrato. Il Novecento, con Gödel, Turing e altri, trovava un confine: la razionalità aveva limiti, un mistero che sfidava la mente. (altro…)
Riassunti di Storia e Filosofia
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Da Popper a Bohr: Filosofia della Scienza e dei Fisici
Nel 1934, Karl Popper si affacciava da una finestra fumosa di Londra, con il ticchettio della pioggia che batteva sui vetri e una luce pallida che illuminava un tavolo ingombro di carte annotate. Non era un uomo da certezze: magro, con occhiali spessi e una voce che vibrava di urgenza, sembrava un detective più che un filosofo. Nato nel 1902 a Vienna, in un’Austria di caffè e crisi, Popper era cresciuto tra libri e un’Europa sull’orlo del baratro. Quel giorno, scrivendo La logica della scoperta scientifica, stava plasmando la filosofia della scienza: non una verità immobile, ma un sapere che si correggeva. Il Novecento, con Popper, Bohr e altri, trovava un confine: la scienza non era dogma, ma rischio, un dialogo tra mente e cosmo. (altro…)
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Da Weber a Tillich: Sociologia e Teologie del Novecento
Nel 1919, Max Weber si fermava in una sala affollata di Monaco, con il brusio degli studenti che gli ronzava nelle orecchie e una luce grigia che filtrava dalle alte finestre. Non era un uomo da silenzi: alto, con barba folta e una voce che pesava come pietra, sembrava un profeta più che un sociologo. Nato nel 1864 a Erfurt, in una Germania di industrie e chiese, Weber era cresciuto tra libri e un’Europa che si modernizzava a fatica. Quel giorno, tenendo la conferenza La politica come vocazione, stava dando forma alla sociologia del Novecento: la società non era solo numeri, ma valori, poteri, credenze. Il Novecento, con Weber, Tillich e altri, trovava un crocevia: sociologia e teologia si guardavano, un intreccio di razionalità e mistero. (altro…)
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Da Heidegger a Pareyson: Ontologia ed Estetica Moderne
Nel 1927, Martin Heidegger si ritirava in una capanna di legno nella Foresta Nera, con il crepitio del camino che gli scaldava le orecchie e una luce fioca che danzava su un tavolo coperto di fogli. Non era un uomo da città: alto, con baffi folti e una voce che rimbombava come un tuono lontano, sembrava un boscaiolo più che un filosofo. Nato nel 1889 a Messkirch, in una Germania cattolica e rurale, Heidegger era cresciuto tra campane e un’Europa che si preparava al caos. Quel giorno, scrivendo Essere e tempo, stava scavando l’ontologia moderna: l’essere non era un concetto, ma una domanda viva. Il Novecento, con Heidegger, Pareyson e altri, trovava un terreno: l’ontologia si legava all’estetica, un pensare che toccava l’arte e il reale. (altro…)
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Da Peirce a Eco: la Semiotica e la Comunicazione
Nel 1897, Charles Sanders Peirce sedeva su una veranda scricchiolante a Milford, in Pennsylvania, con il fruscio delle foglie mosse dal vento che gli accarezzava le orecchie e una luce dorata che cadeva su un tavolo pieno di carte scarabocchiate. Non era un uomo da salotti: barbuto, con occhi penetranti e una voce che ruggiva piano, sembrava un esploratore più che un filosofo. Nato nel 1839 a Cambridge, Massachusetts, in una famiglia di studiosi, Peirce era cresciuto tra numeri e un’America che si apriva al mondo. Quel giorno, scrivendo appunti sulla semiotica, stava gettando le basi di una disciplina: i segni non erano solo parole, ma chiavi per capire tutto. Il Novecento, con Peirce, Eco e altri, trovava una mappa: la comunicazione non era caos, ma un sistema di significati da decifrare. (altro…)
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Da Collingwood a Gadamer: La Storia della Filosofia
Nel 1945, Robin George Collingwood si fermava su una collina ventosa vicino a Oxford, con il fruscio dell’erba che gli sfiorava le orecchie e una luce fredda che gli illuminava il viso pallido. Non era un uomo da aule polverose: magro, con mani nervose e una voce che tagliava l’aria, sembrava un archeologo più che un filosofo. Nato nel 1889 a Cartmel, in un’Inghilterra di laghi e rovine, Collingwood era cresciuto tra scavi e un amore per il passato che gli bruciava dentro. Quel giorno, scrivendo L’idea di storia, stava ridefinendo la storia della filosofia come disciplina: non una lista di idee morte, ma un dialogo vivo con chi ci aveva preceduto. Il Novecento, con Collingwood, Gadamer e altri, trovava un metodo: il passato non era un museo, ma una voce che parlava al presente. (altro…)
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Da Gramsci ad Althusser: Marxismi Contemporanei
Nel 1934, Antonio Gramsci scribacchiava su un quaderno sgualcito in una cella umida di Turi, con il rumore delle guardie che echeggiava nei corridoi e una luce fioca che tremava sopra le sue mani malferme. Non era un uomo da resa: piccolo, con occhiali spessi e una voce che vibrava di forza, sembrava un poeta più che un rivoluzionario. Nato nel 1891 ad Ales, in una Sardegna povera e aspra, Gramsci era cresciuto tra stenti e un’Italia divisa. Quel giorno, scrivendo i Quaderni dal carcere, stava dando nuova vita al marxismo: non solo economia, ma cultura, egemonia, un pensiero che si piegava al reale. Il Novecento, con Gramsci, Althusser e altri, trovava un marxismo contemporaneo: la lotta non era solo nelle fabbriche, ma nelle menti, un fuoco che bruciava ancora. (altro…)
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Banfi e il Razionalismo Critico Italiano
Nel 1943, Antonio Banfi sedeva nel suo studio all’Università di Milano, con il rumore sordo delle bombe lontane che scuoteva l’aria e una lampada tremolante che illuminava un tavolo pieno di libri aperti. Non era un uomo da rifugi: alto, con capelli scuri e una voce che pesava ogni sillaba, sembrava un poeta più che un accademico. Nato nel 1886 a Vimercate, in una Lombardia di campagne e industrie, Banfi era cresciuto tra letture e un’Italia che cercava sé stessa. Quel giorno, scrivendo La problematicità dell’estetica, stava dando forma al razionalismo critico: non più una ragione astratta, ma un pensiero vivo, aperto al mondo. Il Novecento, con Banfi, trovava una voce italiana: la filosofia non era dogma, ma dialogo, un ponte tra mente e realtà. (altro…)
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Dewey e il Pragmatismo Moderno
Nel 1925, John Dewey si fermava su una collina verde del Vermont, con il vento fresco che gli scompigliava i capelli grigi e il canto di un ruscello che gli accarezzava le orecchie. Non era un uomo da scrivanie polverose: tarchiato, con mani callose e una voce che scaldava l’aria, sembrava un contadino più che un pensatore. Nato nel 1859 a Burlington, in un’America rurale e operosa, Dewey era cresciuto tra fattorie e un desiderio bruciante di fare, non solo di sognare. Quel giorno, scrivendo Esperienza e educazione, stava plasmando il pragmatismo moderno: non una filosofia di parole vuote, ma un pensiero che si radicava nella terra della vita. Il Novecento, con Dewey, trovava un battito: la verità non era un trono, ma un sentiero, un agire che costruiva il domani. (altro…)
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Lévinas e l’Etica dell’Altro
Nel 1961, Emmanuel Lévinas sedeva in un piccolo studio a Parigi, con il rumore lontano dei clacson che si insinuava tra le mura e una luce tenue che cadeva su un tavolo coperto di carte ingiallite. Non era un uomo da clamori: basso, con occhi profondi e una voce che tremava di dolcezza, sembrava un rabbino più che un filosofo. Nato nel 1906 a Kaunas, in Lituania, in una famiglia ebrea colta, Lévinas era cresciuto tra preghiere e un’Europa travolta dalle guerre. Quel giorno, pubblicando Totalità e infinito, stava rivoluzionando la filosofia: non più l’io al centro, ma l’Altro, un’etica che nasceva dal volto. Il Novecento, con Lévinas, trovava un richiamo: la responsabilità non era un peso, ma un’apertura, un faccia a faccia che cambiava tutto. (altro…)