Da Humboldt a Saussure: la linguistica nell’Ottocento

Nel 1836, Wilhelm von Humboldt sfogliava manoscritti in una biblioteca di Berlino, con il rumore delle carrozze che filtrava dalle strade e una candela che gettava ombre tremolanti sui suoi appunti. Non era un uomo da salotti: alto, con capelli grigi e occhi che scrutavano lontano, sembrava un poeta intrappolato in un professore. Nato nel 1767 in una Prussia di castelli e discipline, Humboldt aveva viaggiato in Europa, ascoltando lingue – basco, francese, italiano – con un orecchio che catturava ogni suono. Quel giorno, scrivendo Sulla diversità della struttura delle lingue umane, stava trasformando la linguistica: non più solo parole da tradurre, ma sistemi da capire. L’Ottocento fece del linguaggio una scienza, da Humboldt a Saussure: un viaggio tra sillabe e regole, per scoprire l’uomo attraverso ciò che parla.

L’Europa del XIX secolo era un coro di voci. La Rivoluzione Industriale portava merci e idee, le navi collegavano continenti, e le colonie riportavano lingue strane: swahili, quechua, maori. La Bibbia diceva che Babele aveva spezzato l’unità, ma i filologi si chiedevano: “Da dove vengono?” Sir William Jones, nel 1786, aveva acceso una scintilla: “Sanscrito, greco, latino – stessa radice,” pensava, con una penna che tremava di eccitazione. Humboldt arrivò in questo fermento con una mente aperta. Fratello di un esploratore, Alexander, aveva studiato diritto, ma le lingue lo chiamavano: “Parlare è pensare,” diceva, con una voce che pesava ogni sillaba. A Parigi, ascoltava i baschi; in Italia, i dialetti – ogni suono era un mondo.

La sua visione era profonda. “La lingua è l’anima di un popolo,” scriveva in Sulla lingua kawi (1836), con mani che sfogliavano carte. Immagina un contadino tedesco: dice “Haus”, un francese “maison” – per Humboldt, non erano solo parole, ma modi di vedere. Ogni lingua aveva una “Weltanschauung”, una visione del mondo: il cinese senza tempi verbali, il greco con mille sfumature. Pensiamo a un mercato di Costantinopoli: un turco baratta, un greco discute – Humboldt vedeva culture nei suoni. Morì nel 1835, a 67 anni, lasciando un’idea: la linguistica non era solo grammatica, ma specchio dell’uomo.

Poi arrivarono i comparatisti. Franz Bopp, a Berlino, nel 1816 pubblicò Sul sistema di coniugazione del sanscrito: “Le lingue si evolvono,” pensava, con occhi che brillavano dietro le lenti. Nato nel 1791, figlio di un impiegato, Bopp confrontava: “Amo” in latino, “am” in sanscrito – radici comuni, un albero indo-europeo. Immagina un albero genealogico: rami che si dividono, ma un tronco antico. Rasmus Rask, danese con barba ispida, lo seguiva: nato nel 1787, girava l’Islanda e l’India, con mani sporche di inchiostro. “Le leggi del suono cambiano,” scriveva, con una penna che pesava – “p” diventava “f”, “t” si ammorbidiva. Morì nel 1832, a 44 anni, ma il suo eco cresceva.

L’Ottocento correva, e la linguistica si affinava. August Schleicher, a Jena, vedeva le lingue come organismi: nato nel 1821, con occhiali tondi e una mente scientifica, pubblicò Compendio di linguistica comparata (1861). “Le lingue nascono e muoiono,” pensava, con una voce che tagliava l’aria. Pensiamo a un dialetto alpino: si spegne con l’ultima nonna, ma lascia tracce. Schleicher disegnava alberi linguistici: sanscrito in alto, italiano in basso – Darwin annuiva da lontano. Ma il secolo finiva con un lampo: Ferdinand de Saussure. Nato nel 1857 a Ginevra, con capelli radi e occhi gentili, insegnava a Parigi negli anni ’80: “La lingua è un sistema,” diceva, con mani che tracciavano segni. Nel Corso di linguistica generale (postumo, 1916), divideva: “langue” (le regole) e “parole” (l’uso). Immagina una partita a scacchi: pedine che si muovono, ma con leggi fisse.

Questi linguisti vivevano tra libri e suoni. Humboldt tossiva tra manoscritti, Bopp si perdeva in biblioteche, Rask si congelava in viaggi, Schleicher sognava sotto lampade, Saussure parlava lento tra aule. Non era facile: le loro teorie si scontravano – evoluzione o struttura? – ma costruivano una scienza. Nel 2025, li sentiamo: traduttori automatici, studi sui dialetti – l’Ottocento respira nei nostri discorsi. Per uno studente di oggi, è una chiave: le parole non sono solo suono, ma storia. Immagina una frase: non è solo lettere, è un mondo che ci parla ancora.

 

Scienza, Logica e Scienze Umane nell’Ottocento

  1. La Fisica dell’Ottocento e le sue Idee
  2. La Vita nei Laboratori Scientifici
  3. La Logica dell’Ottocento e le Geometrie Non Euclidee
  4. Il Pensiero Pedagogico dell’Ottocento
  5. Etnologia e Antropologia Culturale
  6. La Linguistica come Scienza
  7. Sviluppi del Pensiero Sociologico
  8. Dilthey e lo Storicismo Tedesco
Storia e Filosofia
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