Hitler ed il Nazismo in Germania

Adolf Hitler non arrivò al potere in Germania come un conquistatore che spunta dal nulla. La sua ascesa fu un cammino lento, costruito sulle macerie di un Paese ferito e umiliato dopo la Prima Guerra Mondiale. Era nato nel 1889 a Braunau, in Austria, vicino al confine tedesco, da una famiglia modesta. Da giovane aveva sogni grandi: voleva fare l’artista, dipingere paesaggi e palazzi, ma l’Accademia di Vienna lo respinse, lasciandolo con un’amarezza che non lo abbandonò più. Quando scoppiò la guerra, nel 1914, si arruolò nell’esercito tedesco. Combatté nelle trincee, vide la morte da vicino, e quando arrivò la sconfitta del 1918, qualcosa in lui si spezzò. Dava la colpa agli ebrei e ai comunisti, li vedeva come i responsabili di tutto, un’ossessione che gli scavò dentro. Nel 1919, a Monaco, entrò in un piccolo gruppo chiamato Partito dei Lavoratori Tedeschi. Non era niente di speciale, ma Hitler ci vide un’occasione. Con i suoi discorsi carichi di odio e rabbia, lo trasformò nel Partito Nazionalsocialista, l’NSDAP, dando il via a una storia che avrebbe cambiato il mondo.

La Germania di quegli anni era un Paese in ginocchio. Il Trattato di Versailles aveva tolto terre, colonie, e dignità, lasciando un popolo che si sentiva tradito. Nel 1923, l’economia crollò sotto l’iperinflazione: i soldi non valevano più nulla, una pagnotta costava miliardi di marchi, e la miseria dilagava. Hitler pensò che fosse il momento di agire. Organizzò il Putsch di Monaco, un colpo di Stato per buttare giù la Repubblica di Weimar. Fallì miseramente: la polizia lo fermò, e finì in prigione. Ma quel tempo dietro le sbarre non fu uno spreco. Scrisse Mein Kampf, un libro dove mise nero su bianco le sue idee folli: gli ariani, cioè i tedeschi, erano la razza superiore; gli ebrei erano il nemico da distruggere; la Germania doveva prendersi più spazio, a est, contro Russia e Polonia. Uscì nel 1924 con un piano nuovo: niente più colpi di forza, meglio conquistare il potere con le elezioni, passo dopo passo.

Negli anni ’20, i nazisti erano ancora poca cosa, un gruppo tra tanti in una Germania piena di partiti. Ma poi arrivò la Grande Depressione del 1929, e tutto cambiò. La crisi economica americana si allargò come un’onda, travolgendo l’Europa. In Germania, le fabbriche chiudevano, le banche fallivano, e nel 1932 c’erano 6 milioni di disoccupati. La Repubblica di Weimar, già debole, non trovava soluzioni: i governi cadevano uno dopo l’altro, incapaci di dare risposte. Hitler, invece, parlava chiaro. Prometteva lavoro, ordine, una Germania di nuovo grande. “Vi ridò la vostra dignità”, gridava nei comizi, e la gente lo ascoltava: operai senza salario, contadini affamati, borghesi che avevano perso tutto. Alle elezioni del 1932, i nazisti presero il 37% dei voti, diventando il partito più forte. Il 30 gennaio 1933, il presidente Paul von Hindenburg, un vecchio generale che non si fidava di lui, lo nominò cancelliere. Pensava di tenerlo a bada, ma si sbagliava di grosso.

Hitler non perse tempo. Nel febbraio 1933, il Reichstag, il Parlamento, prese fuoco. Dissero che era colpa dei comunisti, anche se qualcuno sospetta che i nazisti ci avessero messo lo zampino. Hitler usò l’incendio come scusa: chiese poteri speciali, sospese le libertà, fece arrestare migliaia di oppositori. Chiuse i partiti, sciolse i sindacati, mise la museruola alla stampa. La Gestapo, la polizia segreta, iniziò a bussare alle porte di notte, portando via chiunque osasse fiatare. Nel 1934, fece un altro passo: con la “Notte dei Lunghi Coltelli”, eliminò i capi delle SA, un gruppo dentro il partito che voleva più potere e rischiava di fargli ombra. Fu un bagno di sangue che mandò un messaggio chiaro: qui comando io. Quando Hindenburg morì, quello stesso anno, Hitler si proclamò Führer, capo assoluto, unendo il ruolo di cancelliere e presidente. La Germania non era più una democrazia: era sua.

Negli anni ’30, trasformò il Paese. Nel 1935, con le Leggi di Norimberga, tolse agli ebrei ogni diritto: non potevano essere cittadini, sposare tedeschi, lavorare in certi posti. Era l’inizio di una persecuzione che sarebbe peggiorata. Mise l’economia al servizio della guerra: costruì autostrade, fabbriche di armi, carri armati, dando lavoro a milioni di disoccupati. Sembrava un miracolo, ma aveva un prezzo: la Germania si preparava a combattere. Nel 1936, mandò truppe nella Renania, una zona che Versailles aveva vietato. Francia e Regno Unito non mossero un dito. Nel 1938, si prese l’Austria con l’Anschluss, accolto da folle che lo acclamavano. Poi toccò ai Sudeti, una parte della Cecoslovacchia con molti tedeschi: disse che erano suoi, e nessuno lo fermò davvero. La propaganda lo dipingeva come un dio: radio e scuole insegnavano il culto del Führer, i libri “sbagliati” finivano al rogo. Hitler aveva preso una Germania distrutta e l’aveva rimessa in piedi, ma per farla marciare verso un baratro che pochi vedevano arrivare.

 

L’Età dei Totalitarismi

  1. La Crisi Democratica negli Anni ’20
  2. L’Ascesa di Mussolini in Italia
  3. Il Regime Fascista Italiano
  4. Hitler e il Nazismo in Germania
  5. Stalin e l’URSS negli Anni ’30
  6. La Spagna e la Guerra Civile
  7. Verso la Seconda Guerra Mondiale
Storia e Filosofia
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