Georg Hegel e l’Idealismo Assoluto

Era una sera d’ottobre del 1806, e Georg Wilhelm Friedrich Hegel, un uomo con capelli castani arruffati e occhiali che gli scivolavano sul naso, sedeva nel suo studio a Jena, mentre fuori il rumore delle truppe napoleoniche scuoteva la città. Non era un filosofo da torri d’avorio: il mondo gli pulsava nelle vene, e lui lo guardava con occhi che cercavano un senso più grande. Nato nel 1770 a Stoccarda, in una Germania frammentata da principati e sogni di unità, Hegel crebbe in un’epoca di rivoluzioni e cannoni, di idee che si scontravano come spade. Quando finì di scrivere la Fenomenologia dello Spirito, poche ore prima che Napoleone entrasse a Jena, non stava solo mettendo nero su bianco un libro: stava costruendo un tempio, un sistema filosofico che avrebbe cambiato il modo di pensare la realtà. L’Idealismo Assoluto di Hegel non era una teoria tra tante: era una visione titanica, un racconto in cui la Ragione non solo spiega il mondo, ma lo è, un intreccio di storia, natura e spirito che si dispiega sotto i nostri occhi come un grande arazzo.

L’Europa di Hegel era un caos splendente. La Rivoluzione Francese aveva acceso un fuoco che bruciava ancora, Napoleone marciava con la promessa di ordine e libertà, e la filosofia tedesca – da Kant a Fichte a Schelling – ribolliva di ambizioni. Hegel arrivò in questo turbine con una mente affamata. Figlio di un funzionario pubblico, non era ricco, ma aveva libri: leggeva Rousseau, studiava teologia a Tubinga con Schelling e Hölderlin, sognando un mondo più giusto. Dopo la laurea, fece il precettore in case nobiliari, camminando tra saloni di marmo con un taccuino in tasca, annotando pensieri che crescevano come semi. Nel 1801, arrivò a Jena, un nido di filosofi dove Fichte aveva lasciato il segno. Ma Hegel non era lì per seguire: era lì per superare. Kant aveva detto che la realtà è limitata dal nostro conoscere, Fichte che tutto nasce dall’Io, Schelling che natura e spirito danzano insieme. Hegel prese tutto questo e lo fece esplodere: “Non ci sono limiti,” disse. “La realtà è lo Spirito che si conosce, e io ve la racconto.”

L’Idealismo Assoluto è un viaggio vertiginoso. Per Hegel, il mondo non è un mucchio di cose sparse – montagne, città, persone – ma un tutto organico, un processo guidato dalla Ragione. Questa Ragione non è solo nella nostra testa: è lo Spirito (Geist), una forza che vive nella storia, nella natura, in ogni respiro dell’universo. Nella Fenomenologia dello Spirito (1807), Hegel ci porta per mano: parte dalla coscienza semplice, quella che guarda un albero e dice “è lì,” e arriva alla conoscenza assoluta, dove soggetto e oggetto si fondono. È come un romanzo epico: la coscienza inciampa, si scontra con il mondo, impara dai suoi errori. Pensiamo a un bambino che tocca il fuoco: prima lo vede come “altro,” poi capisce che fa male, e infine lo comprende come parte della sua esperienza. Per Hegel, l’umanità fa lo stesso: dalle guerre dei Greci alle rivolte del 1789, ogni passo è lo Spirito che si scopre.

La complessità di Hegel sta nella dialettica, un’idea che aveva preso da Fichte e Schelling ma resa sua. È una danza in tre tempi: tesi, antitesi, sintesi. Una tesi è un punto di partenza: la monarchia assoluta, per esempio, con il suo ordine rigido. L’antitesi è la ribellione: il popolo che grida libertà. La sintesi non è un compromesso debole, ma una verità più alta: uno Stato moderno, magari imperfetto, ma razionale. Nella Scienza della Logica (1812-1816), Hegel la applica al pensiero stesso. Comincia con l’essere: puro, vuoto, senza nulla. Ma l’essere sfuma nel nulla – l’antitesi – e dal loro scontro nasce il divenire, il movimento che dà vita a tutto. È un labirinto: leggi una pagina e ti perdi, ma poi capisci che non è caos, è un ordine profondo. Per Hegel, questa dialettica è ovunque: nella natura, dove il seme muore per diventare pianta; nella storia, dove il sangue di Waterloo nutre il futuro.

Hegel non si fermava alle astrazioni. Nella Filosofia del Diritto (1821), descrive lo Stato come il luogo dove la libertà si realizza. Non la libertà di fare ciò che vuoi, ma di vivere in un ordine razionale che riflette chi sei. Napoleone, che lui ammirava, era per Hegel “lo Spirito a cavallo”: un uomo che portava leggi e progresso, anche con la spada. A Berlino, dove insegnò dal 1818, le sue lezioni erano un evento: studenti affollavano l’aula, scribi copiavano ogni parola, e la sua voce – rauca, con accento svevo – riempiva lo spazio. Non era un oratore carismatico: parlava lento, si interrompeva, ma ipnotizzava. Raccontava la storia come un dramma: gli Egizi con i loro faraoni, i Greci con le loro polis, il Medioevo con le sue croci, fino alla modernità, dove la libertà si allarga a tutti. “La storia è il tribunale del mondo,” diceva, un processo dove ogni dolore ha un senso.

La sua vita non fu una passeggiata. Dopo Jena, lavorò come direttore di un ginnasio a Norimberga, scrivendo di notte con una candela tremolante. A Heidelberg, poi a Berlino, divenne una celebrità, ma non era ricco: viveva con una moglie devota, Marie, e tre figli, in una casa semplice. Nel 1831, il colera lo prese: morì a 61 anni, lasciando un sistema che sembrava finito ma era solo l’inizio. Marx capovolse la sua dialettica, Kierkegaard la rifiutò, i politici – da destra e sinistra – la piegarono ai loro scopi. Nel 2025, Hegel è ancora con noi: la pandemia, con il suo caos e le sue risposte globali, sembra una tesi che cerca la sua sintesi. Lui ci direbbe: “Guardate, sta nascendo qualcosa.”

Ma Hegel è un gigante con piedi d’argilla. La sua prosa è un muro: frasi lunghe, concetti che si avvolgono come serpenti. Alcuni lo adorano: “È il pensiero che pensa se stesso,” dicono. Altri lo odiano: “Ignora il dolore reale,” ribattono, vedendo nella sua Ragione un alibi per le ingiustizie. A Jena, gli studenti lo ascoltavano rapiti o confusi; a Berlino, i prussiani lo acclamarono come loro profeta, mentre i ribelli lo maledicevano. Per uno studente di oggi, Hegel è una sfida: ti chiede pazienza, ma ti ripaga con una visione. Immagina la tua vita: ogni scelta, ogni errore, è una dialettica che ti porta avanti. È complesso, sì, ma è vivo: un uomo che ha visto il mondo bruciare e ha cercato di capirlo, non di scappare.

 

L’Idealismo Tedesco e le Sue Derivazioni

  1. Fichte e l’Idealismo Soggettivo
  2. Schelling e la Filosofia della Natura
  3. Hegel e l’Idealismo Assoluto
  4. La Dialettica Hegeliana e la Storia
  5. Feuerbach e l’Umanesimo Ateistico
  6. Marx e la Critica al Capitalismo
  7. La Scuola Hegeliana e il Materialismo Storico
  8. Kierkegaard e la Critica al Sistema
Storia e Filosofia
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