Il Terrorismo dopo l’11 Settembre 2011

terrorismo e 11 settembre

L’11 settembre 2001, il mondo si fermò davanti a un’immagine che avrebbe segnato un’epoca. A New York, sotto un cielo azzurro di fine estate, due aerei di linea si schiantarono contro le Torri Gemelle del World Trade Center. Le torri, simboli di potenza economica, crollarono in meno di due ore, inghiottite da una nuvola di polvere e fiamme. Un terzo aereo colpì il Pentagono, il cuore militare degli Stati Uniti, squarciandone un lato. Un quarto, diretto forse verso il Campidoglio, cadde in un campo in Pennsylvania dopo che i passeggeri si ribellarono ai dirottatori. Quel giorno morirono 2.977 persone: impiegati, pompieri, viaggiatori, vite spezzate in un istante. Dietro l’attacco c’era Al-Qaeda, un gruppo terroristico islamista guidato da Osama bin Laden, un uomo con occhi freddi e una barba lunga, nascosto tra le montagne dell’Afghanistan. Lo fece per colpire l’America, che vedeva come un oppressore dell’Islam, un gigante arrogante da umiliare. George W. Bush, il presidente con il volto teso e la voce rotta, parlò alla nazione quella sera: “Siamo in guerra,” disse, promettendo vendetta.

Il 7 ottobre 2001, gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan, dove bin Laden si nascondeva sotto la protezione dei talebani, un regime fondamentalista che controllava il Paese. L’operazione, chiamata Enduring Freedom, fu rapida: Kabul cadde in poche settimane, i talebani si ritirarono nelle grotte e nei villaggi di montagna. Ma bin Laden sfuggì, un’ombra che si dileguava tra i passi dell’Hindu Kush. La “guerra al terrore” era iniziata, un conflitto diverso da ogni altro: non contro uno Stato, ma contro un’idea, una rete di cellule sparse nel mondo. Nel 2003, Bush alzò la posta: gli USA invasero l’Iraq, accusando Saddam Hussein di possedere armi di distruzione di massa. Nessuna arma fu trovata, ma l’intervento abbatté il dittatore. Saddam, un uomo con baffi scuri e un passato di brutalità, fu catturato in un bunker nel 2003 e impiccato nel 2006. L’Iraq, però, sprofondò nel caos: milizie sciite e sunnite si scontravano tra le rovine di Baghdad, un Paese ridotto a un campo di battaglia senza vincitori.

Il terrorismo non si fermò, si moltiplicò. L’11 marzo 2004, a Madrid, bombe esplosero su quattro treni pendolari, uccidendo 193 persone e ferendone quasi 2.000: un attacco di Al-Qaeda per punire la Spagna, alleata degli USA in Iraq. Il 7 luglio 2005, Londra fu colpita: quattro esplosioni su metro e autobus lasciarono 52 morti, un giorno di sangue orchestrato da jihadisti britannici. Poi arrivò l’ISIS, nato nel 2014 dalle ceneri della guerra in Siria e Iraq. Più feroce di Al-Qaeda, l’ISIS proclamò un “califfato” tra Mosul e Raqqa, un regno di terrore dove teste mozzate e bandiere nere erano la norma. Il 13 novembre 2015, a Parigi, i suoi uomini attaccarono: spari nei caffè, bombe fuori dallo Stade de France, un massacro al Bataclan. Morirono 130 persone, una notte che la Francia non dimenticherà mai. L’Italia sfuggì ad attacchi su larga scala, ma non al pericolo: nel 2016, a Milano, la polizia smantellò una cellula pronta a colpire, un segnale che il terrore era vicino.

L’ISIS usava internet come arma. Video cruenti, girati con una regia da film, chiamavano giovani da tutto il mondo – Londra, Berlino, persino Roma – a unirsi al jihad. Nel 2017, controllava città intere, ma una coalizione guidata dagli USA, con la Russia che colpiva da un altro fronte, lo schiacciò. Nel 2019, il califfato cadde, ridotto a macerie sotto i bombardamenti. Eppure, l’ISIS non sparì: si trasformò in un’ombra, con attentati sparsi e cellule dormienti. Gli Stati Uniti colpirono duro: il 2 maggio 2011, un team di Navy SEALs trovò bin Laden in una casa a Abbottabad, in Pakistan. Due proiettili alla testa chiusero il suo capitolo, un trionfo per Washington celebrato con urla di gioia davanti alla Casa Bianca. Ma il terrore continuò. Nel 2021, i talebani ripresero l’Afghanistan: dopo 20 anni di guerra, gli americani se ne andarono, lasciando un Paese in frantumi e Kabul di nuovo sotto il loro controllo.

La guerra al terrore cambiò la vita quotidiana. Gli aeroporti divennero fortezze: code per i controlli, scarpe tolte, borse aperte sotto occhi sospettosi. In Italia, leggi antiterrorismo permisero arresti rapidi: nel 2023, 50 sospetti legati all’ISIS furono fermati tra Torino e Napoli. Ma il costo fu alto. Gli Stati Uniti spesero trilioni di dollari, un pozzo senza fondo di bombe e basi militari. L’Italia mandò truppe in Iraq, Afghanistan, Mali, un impegno che pesava su bilanci e coscienze. La privacy si ridusse: telecamere spuntavano ovunque, telefoni sorvegliati, una società che barattava libertà per sicurezza. Per le famiglie, era paura costante: un viaggio in metro, una serata al ristorante, tutto poteva finire in un lampo. Il terrorismo non fu sconfitto, si adattò: nascosto tra la folla, pronto a colpire quando meno te l’aspetti. Dopo l’11 settembre, il mondo imparò a convivere con quell’ombra, una pace fragile che sa di polvere e sirene.

 

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