Riassunti di Storia e Filosofia

  • Lo Sbarco degli Alleati in Italia nel 1943

    Nel 1943, gli Alleati decisero di colpire l’Italia, il punto debole dell’Asse, un Paese stanco e diviso che poteva essere la chiave per aprire l’Europa. Dopo aver cacciato i tedeschi e gli italiani dall’Africa, il passo successivo era chiaro: attraversare il Mediterraneo e salire dal sud. Il piano prese forma con l’Operazione Husky, lo sbarco in Sicilia, un’isola che sembrava un trampolino perfetto per il continente. Il 10 luglio 1943, tutto iniziò. Gli inglesi, guidati da Bernard Montgomery, e gli americani, sotto George Patton, arrivarono con una forza impressionante: 180.000 uomini, supportati da migliaia di navi e aerei che oscuravano il cielo. Per giorni, i cannoni delle corazzate martellarono le coste siciliane, un tuono continuo che faceva tremare la terra. I soldati italiani e tedeschi, sparsi tra bunker e trincee, provarono a resistere, ma non erano all’altezza. Gli italiani avevano fucili vecchi e poca benzina, i tedeschi erano troppo pochi per coprire un fronte così largo. (altro…)

  • Le Vittorie Alleate in Africa Contro l’Asse

    L’Africa del Nord, tra il 1942 e il 1943, fu un fronte decisivo della Seconda Guerra Mondiale, un deserto di sabbia e roccia dove gli Alleati strapparono all’Asse un pezzo fondamentale del suo dominio. All’inizio del 1942, Germania e Italia controllavano una striscia che andava dalla Libia all’Egitto, una linea strategica che minacciava il Canale di Suez, l’arteria vitale del Regno Unito per collegare l’Europa all’India e all’Asia. A guidare le truppe dell’Asse c’era Erwin Rommel, la “Volpe del Deserto”, un generale tedesco con un talento raro: sapeva muovere carri armati nel deserto come un pittore usa il pennello, veloce e imprevedibile. Aveva quasi preso Alessandria, arrivando a un passo dal canale, ma gli Alleati decisero che era ora di fermarlo. La svolta arrivò con la battaglia di El Alamein, in Egitto, un nome che sarebbe entrato nella storia. (altro…)

  • La svolta di Stalingrado nel 1942

    Il 1942 fu l’anno in cui la Seconda Guerra Mondiale cambiò direzione, e il nome che segnò quella svolta fu Stalingrado. Fino ad allora, l’Asse aveva marciato trionfante, conquistando terre e schiacciando resistenze come se nulla potesse fermarlo. La Germania di Hitler, in particolare, sembrava un colosso invincibile: dopo aver invaso l’Unione Sovietica nel 1941 con l’Operazione Barbarossa, le sue armate avevano divorato immense distese di territorio, arrivando a un passo da Mosca prima che l’inverno le rallentasse. Ma nel 1942, Hitler alzò la posta. Non gli bastava più controllare l’ovest sovietico: voleva il sud, dove scorrevano i fiumi di petrolio del Caucaso, il carburante che avrebbe fatto girare la sua macchina da guerra. E per arrivarci, decise di prendere Stalingrado, una città industriale sul Volga che portava il nome di Stalin stesso. Non era solo una questione strategica: era un simbolo, un guanto di sfida lanciato al cuore dell’URSS. (altro…)

  • L’Europa Sotto l’Asse tra il 1939 e il 1941

    Quando la Seconda Guerra Mondiale iniziò, nel settembre 1939, l’Asse – Germania, Italia e Giappone – sembrava una forza inarrestabile, un’onda che travolgeva tutto ciò che trovava sul suo cammino. Il primo colpo fu in Polonia. Il 1° settembre, i carri armati tedeschi ruppero il confine, guidati dalla Blitzkrieg, una tattica che univa velocità e potenza: i Panzer avanzavano come lame, gli aerei Stuka piombavano dal cielo con un urlo che gelava il sangue, e i soldati seguivano a passo di marcia. In meno di un mese, Varsavia era in ginocchio, le strade piene di macerie e disperazione. Il 17 settembre, l’Unione Sovietica entrò dalla porta orientale, prendendo la sua fetta di territorio come stabilito nel Patto Molotov-Ribbentrop. La Polonia sparì dalla mappa, divisa tra due potenze che si guardavano con sospetto ma, per ora, collaboravano. Francia e Regno Unito dichiararono guerra il 3 settembre, ma restarono fermi dietro la Linea Maginot, una barriera di cemento e cannoni al confine francese. Non attaccarono, non si mossero: era la “guerra fasulla”, un’attesa che puzzava di paura. (altro…)

  • Le Cause della Seconda Guerra Mondiale

    La Seconda Guerra Mondiale scoppiò il 1° settembre 1939, quando i carri armati tedeschi varcarono il confine polacco, ma le sue radici affondavano molto più indietro, in un terreno fertile di rancori, crisi e ambizioni sfrenate. La Prima Guerra Mondiale si era chiusa nel 1918, ma non aveva portato pace, solo una tregua carica di tensione. Il Trattato di Versailles, firmato nel 1919, era stato il primo colpo. Per la Germania, significò una punizione che bruciava come sale su una ferita aperta. Perse l’Alsazia e la Lorena, cedute alla Francia dopo quasi mezzo secolo di dominio tedesco; vide la Prussia Orientale separata dal resto del Paese da un corridoio polacco; dovette rinunciare alle sue colonie in Africa e nel Pacifico, un duro colpo al suo orgoglio imperiale. E poi c’era il debito: una montagna di riparazioni da pagare agli Alleati, cifre che sembravano impossibili da saldare. I tedeschi si sentirono umiliati, traditi, convinti che la colpa della guerra non fosse solo loro. Nei caffè di Berlino e nei villaggi della Baviera, la rabbia cresceva, un fuoco che aspettava solo qualcuno per attizzarlo. (altro…)

  • Verso la Seconda Guerra Mondiale

    Negli anni ’30, il mondo scivolò verso un’altra guerra, come se il primo conflitto non avesse insegnato abbastanza. Il Trattato di Versailles, che doveva portare pace, aveva lasciato tutti scontenti: vincitori, vinti, nessuno ci trovava il suo posto. In Germania, Hitler prese il potere nel 1933 e iniziò a fare a pezzi quel trattato. Nel 1935, reintrodusse l’esercito obbligatorio, vietato nel 1919. Nel 1936, mandò truppe nella Renania, un’altra regola infranta. Francia e Regno Unito non reagirono: seguivano l’appeasement, la politica del “lasciamo fare pur di non litigare”. Nel 1938, Hitler si prese l’Austria con l’Anschluss, accolto da folle entusiaste. Poi toccò ai Sudeti, una parte della Cecoslovacchia: agli Accordi di Monaco disse “è l’ultima volta”, ma mentiva. Nel 1939, occupò tutto il Paese, mostrando che non si sarebbe fermato. (altro…)

  • La Guerra Civile in Spagna

    La Spagna degli anni ’30 si trasformò in un campo di battaglia, un Paese che si spezzò sotto il peso delle sue divisioni. La Guerra Civile, scoppiata nel 1936, non arrivò come un fulmine a ciel sereno: fu il risultato di anni di tensioni che ribollivano sotto la superficie. Tutto iniziò nel 1931, quando la monarchia di Alfonso XIII crollò dopo decenni di crisi. Al suo posto nacque una repubblica, un esperimento di democrazia che prometteva di cambiare le cose in una nazione segnata da disuguaglianze profonde. Ma la Spagna era un mosaico fragile: da una parte c’erano i repubblicani, un’alleanza di socialisti, comunisti e anarchici che volevano strappare il potere ai ricchi e alla Chiesa; dall’altra i nazionalisti, sostenuti da militari, cattolici e proprietari terrieri che vedevano nella repubblica una minaccia al loro mondo. Quelle due visioni non potevano convivere, e il 17 luglio 1936 il conflitto esplose. Un gruppo di generali, guidato da Francisco Franco, si ribellò contro il governo di sinistra, dando il via a una guerra che avrebbe insanguinato la Spagna per tre anni. (altro…)

  • Stalin e l’URSS negli Anni ’30

    Josif Stalin prese in mano l’Unione Sovietica negli anni ’30 e la modellò a sua immagine, con una volontà di ferro che non lasciava spazio a niente e nessuno. Era nato nel 1878 a Gori, in Georgia, in una famiglia povera: suo padre faceva il calzolaio, sua madre lavorava come lavandaia. Da giovane si unì ai bolscevichi, il gruppo di Lenin, e si buttò nella rivoluzione con una durezza che lo fece notare. Quando Lenin morì, nel 1924, Stalin non perse tempo. Batté Lev Trockij, che sognava di spargere il comunismo in tutto il mondo, e prese il controllo. “Facciamo il socialismo qui, prima di tutto”, diceva, e da lì iniziò a costruire un Paese che fosse forte, ma a un costo che pochi potevano immaginare. Nel 1928, lanciò i primi piani quinquennali, un’idea ambiziosa per trasformare l’URSS da terra di contadini in una potenza industriale. (altro…)

  • Hitler ed il Nazismo in Germania

    Adolf Hitler non arrivò al potere in Germania come un conquistatore che spunta dal nulla. La sua ascesa fu un cammino lento, costruito sulle macerie di un Paese ferito e umiliato dopo la Prima Guerra Mondiale. Era nato nel 1889 a Braunau, in Austria, vicino al confine tedesco, da una famiglia modesta. Da giovane aveva sogni grandi: voleva fare l’artista, dipingere paesaggi e palazzi, ma l’Accademia di Vienna lo respinse, lasciandolo con un’amarezza che non lo abbandonò più. Quando scoppiò la guerra, nel 1914, si arruolò nell’esercito tedesco. Combatté nelle trincee, vide la morte da vicino, e quando arrivò la sconfitta del 1918, qualcosa in lui si spezzò. Dava la colpa agli ebrei e ai comunisti, li vedeva come i responsabili di tutto, un’ossessione che gli scavò dentro. Nel 1919, a Monaco, entrò in un piccolo gruppo chiamato Partito dei Lavoratori Tedeschi. Non era niente di speciale, ma Hitler ci vide un’occasione. Con i suoi discorsi carichi di odio e rabbia, lo trasformò nel Partito Nazionalsocialista, l’NSDAP, dando il via a una storia che avrebbe cambiato il mondo. (altro…)

  • Il Regime Fascista Italiano

    Negli anni ’30, Mussolini trasformò l’Italia in uno Stato fascista, un Paese dove il suo potere non aveva più limiti. Dopo il discorso del 1925, quando si prese la responsabilità dell’omicidio Matteotti, ogni opposizione sparì. I partiti – socialisti, comunisti, liberali – furono chiusi con un colpo di spugna. I giornali potevano scrivere solo quello che piaceva al regime, e chi si azzardava a dire una parola di troppo finiva in prigione o al confino, spedito in posti dimenticati come le isole del sud. La polizia segreta, l’OVRA, teneva gli occhi su tutti: una battuta al bar, una lettera sospetta, e ti ritrovavi con le manette. Uomini come Antonio Gramsci, un comunista con la testa dura, furono messi in cella e lasciati marcire per anni. Non c’era spazio per chi pensava diverso: il fascismo voleva un’Italia che parlasse con una voce sola, la sua. (altro…)

Storia e Filosofia
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