Da Gramsci ad Althusser: Marxismi Contemporanei

Nel 1934, Antonio Gramsci scribacchiava su un quaderno sgualcito in una cella umida di Turi, con il rumore delle guardie che echeggiava nei corridoi e una luce fioca che tremava sopra le sue mani malferme. Non era un uomo da resa: piccolo, con occhiali spessi e una voce che vibrava di forza, sembrava un poeta più che un rivoluzionario. Nato nel 1891 ad Ales, in una Sardegna povera e aspra, Gramsci era cresciuto tra stenti e un’Italia divisa. Quel giorno, scrivendo i Quaderni dal carcere, stava dando nuova vita al marxismo: non solo economia, ma cultura, egemonia, un pensiero che si piegava al reale. Il Novecento, con Gramsci, Althusser e altri, trovava un marxismo contemporaneo: la lotta non era solo nelle fabbriche, ma nelle menti, un fuoco che bruciava ancora.

L’Europa del XX secolo era un campo di battaglia. Il fascismo soffocava, la Guerra Fredda si avvicinava, il capitalismo si reinventava con le fabbriche Ford e i grattacieli. Dewey educava, Banfi criticava la ragione; ma Gramsci vedeva oltre: “Chi domina davvero?” si chiedeva, con una voce che odorava di terra e carta. Studiò a Torino, fondò l’Ordine Nuovo – “La classe mi chiama,” pensava, con un taccuino che si riempiva – ma il carcere lo prese nel ’26: “Resisto pensando,” pensava, con una penna che pesava ogni sillaba. Tra sbarre e malattia, trovò la sua strada: “La cultura è lotta.”

Il marxismo contemporaneo era un prisma. “L’egemonia guida,” scriveva Gramsci, con mani che tremavano di passione. Immagina un operaio che legge: non è solo lavoro, ma idee che lo tengono – per lui, il potere non era solo forza, ma consenso. Pensiamo a una scuola: non è solo lezioni, ma un plasmare – nei Quaderni, scavava: “La storia è cultura,” pensava, con un sorriso stanco. Marx vedeva capitale, Gramsci intellettuali: “Organizziamo,” pensava, con occhi che brillavano di un fuoco cupo – la rivoluzione non era solo sciopero, ma un costruire lento. Morì nel 1937, a 46 anni, con un ultimo respiro che odorava di ospedale: “Ho scritto,” pensava, con un corpo distrutto.

Poi arrivò Louis Althusser, un altro ribelle. Nel 1965, a Parigi, scribacchiava Per Marx, con il rumore delle strade che si mescolava al ticchettio della sua penna e una luce grigia che cadeva su fogli sparsi. Nato nel 1918 ad Algeri, in una Francia coloniale, Althusser era cresciuto tra libri e un mondo che si spaccava. “L’ideologia ci tiene,” pensava, con una penna che pesava ogni parola. Immagina un cartellone: non è solo pubblicità, ma un ordine – per lui, lo Stato non era solo polizia, ma apparati che pensavano per te. Pensiamo a un film: non è solo svago, ma un’idea che ti cattura – “Strutturiamo,” pensava, con un ghigno. Morì nel 1990, a 72 anni, con un ultimo respiro che odorava di solitudine: “Ho visto,” pensava, lasciando un’eredità.

Il marxismo contemporaneo reagiva al Novecento. Il marxismo classico vedeva lavoro; loro vedevano sistemi: “La cultura domina,” pensava Gramsci, con mani che sfogliavano testi. Lenin li ispirava, ma lo superavano: “Non solo partito, ma idee,” pensava Althusser, con una voce che pesava il reale – la lotta non era solo piazza, ma testa. Immagina una fabbrica: non è solo catene, ma discorsi – cercavano il senso sotto il rumore. Non erano nostalgici: “Aggiorniamo,” pensava Gramsci – ma aggiornare era combattere. Pensiamo a Freud: l’inconscio li guidava – filosofia e politica si abbracciavano.

Vivevano tra lotta e pensiero. Gramsci scriveva in carcere: “Resisto,” diceva, con lettere che pesavano oro. Althusser insegnava a Normale: “Analizzate,” pensava, con studenti che pendevano dalle sue labbra. Gramsci, sposato, padre di due figli – “Loro sono il mio futuro,” pensava, con un sospiro. Althusser, tormentato, segnato dalla depressione – “La mente mi tradisce,” pensava, con un’ombra negli occhi. Litigavano con i dogmatici: “Troppo rigidi,” borbottavano, con un sopracciglio alzato. Lasciavano una sfida: “Pensate il potere,” dicevano, con una voce che pesava il futuro.

Nel 2025, li sentiamo ancora. In un mondo di crisi e narrazioni, il marxismo contemporaneo vive: lotte, media, un ritorno al critico – il Novecento respira nei nostri scontri. Ma non erano perfetti: “Troppo teorici?” dicevano i critici; “E la pratica?” si lamentavano altri. Per uno studente di oggi, sono un’eco: la vita non è solo merci, ma idee. Immagina un simbolo: non è solo segno, è un Novecento che ci sfida ancora.

 

Filosofia Contemporanea e Analisi del Reale

  1. Wittgenstein e il Linguaggio
  2. Foucault e il Potere
  3. Gadamer e l’Ermeneutica
  4. Deleuze e lo Strutturalismo
  5. Lévinas e l’Etica dell’Altro
  6. Dewey e il Pragmatismo Moderno
  7. Banfi e il Razionalismo Critico Italiano
  8. Marxismi Contemporanei
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