Tag: sumeri

  • Babilonesi: attività e società

    Attività

    La posizione geografica del regno di Babilonia, nonché le ricchezze naturali (due fiumi, ricca vegetazione, pascoli fiorenti), favorirono i commerci con i popoli vicini, in particolare con le Indie ed il prosperare di attività agricole e di pastorizia.
    Numerose furono le eredità prese dai Sumeri. Furono grandi conoscitori dell’astrologia: inventarono un calendario che non si discosta molto da quello impiegato attualmente, individuarono tutte le costellazioni, identificarono la cometa di Halley. Grandi matematici, risolvevano equazioni algebriche di terzo grado e sistemi vari, nonché impostarono il teorema di Talete. Eseguivano calcoli complicati nel campo dell’ingegneria edile.
    Grandi ingegneri, realizzarono città, templi e palazzi a Babilonia, dove il tempio più famosi erano quelli di Etemenanki ed Esagila, rivestiti d’oro, Borsippa, sede dell’accademia, Kuta, Kish, Larsa, Marad, Bas e Sippar. Babilonia era così bella che conquistò non solo Ciro il Grande, ma anche Alessandro Magno. Tutti la consideravano “l’ombelico del mondo”, centro di arte e di cultura. Un esempio è dato dalla maestosa porta di Ishtar, tutta decorata da mattoni policromi, dalla via della processione, dalla torre di Babele, dall’oro che rivestiva i templi ed i palazzi, dai Giardini Pensili, considerati una delle sette meraviglie del mondo, realizzati per la regina Amitis, moglie di Nabucodonosor, figlia del re medio Ciassarre, al fine di ricordarle il verde della sua terra.
    Nel campo toponomastico, descrivevano in dettaglio tutte le loro opere con piante e calcoli minuziosi: esistono tantissimi reperti con descrizioni dettagliata di alcune zone di Babilonia. Utilizzarono per la scrittura il codice “lineare B” adottato dai Cretesi, implementandolo con la scrittura cuneiforme.
    Produssero tantissimi libri: ne sono prova i reperti trovati nelle varie biblioteche. Inventarono le Cronache, molto attendibili ed oggettive, in cui venivano riportate le notizie salienti del periodo. Tra queste le informazioni di carattere bellico avevano poca rilevanza, a differenza degli assiri. Questo dimostra che i babilonesi non davano molta importanza alla guerra, piuttosto alla religione ed alla cultura.
    Dal punto di vista militare avevano grossi eserciti, che si avvalevano del carro da guerra, introdotto dai sumeri e perfezionato dagli assiri, e di macchine da guerra utilizzate per assediare le città.

    Società

    Esistevano una classe regale ed una sacerdotale. Quest’ultima deteneva il controllo su latifondi terrieri e beneficiava dei relativi proventi. Parallelamente vi era anche una classe borghese, risultato dei fiorenti commerci babilonesi.
    Poco si conosce della condizione femminile e del resto della popolazione. Il tenore di vita era comunque medio alto. Ciò è testimoniato dall’opulenza delle città e dalla presenza di diversi schiavi.
    Ciascuna città era ben fortificata, basti pensare alle possenti mura di Babilonia. Nabucodonosor, tra l’altro, fece erigere un vallo al confine con la Media, a nord del suo regno, per prevenire eventuali attacchi.

  • Sumeri: lo sviluppo

    Sviluppo

    I Sumeri conobbero il loro maggiore sviluppo tra il 2500 ed 2350 a.C.. All’inizio di questo periodo la Mesopotamia meridionale era caratterizzata da villaggi che via via vennero fortificati, in particolare Uruk.

    Antecedentemente a tale periodo in ogni villaggio, ricco per i fiorenti commerci, dominava un ensi, che spargeva terrore e soprusi sulla popolazione locale.

    Nel 2500 a.C. la città di Lagash fonda un principato e domina nella regione conquistando altre città sumere. Si assiste a lotte tra le varie città che richiamano l’attenzione del vicino e bellicoso Elam. Finalmente con il re Urnanshe, la città di Lagash ottiene il sopravvento sulle altre. La lotta è dura, perchè molte città sumere vedono ridotto il loro potere economico e si ribellano.

    Il re Eannatum, nipote di Urnanshe, estese il dominio di Lagash su quasi tutte le città sumere, sottomise l’Elam e sconfisse la città di Mari, situata nella Siria. Questo testimonia che i sumeri estesero il loro dominio al di là del proprio territorio. Inoltre avevano anche un dominio marittimo nel Golfo Persico.

    In realtà Sumer era divisa in due principati: il primo controllato da Eannatum di Lagash ed il secondo, più a nord e separato da un fossato di confine, sottomesso alla città di Umma, governata dall’ensi Urlumma. Quest’ultimo, tuttavia, pagava un tributo a Lagash.

    Con il successore di Eannatum, re Entemena, i territori a nord di Lagash, controllati dalla città di Umma, si ribellarono di nuovo. Gli Ummaiti vennero sconfitti dai “sumeri meridionali” e subirono l’aggressione dell’ensi di Zabalam, città vicina ad Umma, che si chiamava Il, il quale si proclamò nuovo re di Umma che ebbe una certa influenza anche su Lagash.

    Dunque ad un’iniziale dominio di Lagash ne seguì uno ummaita. Entemena, dunque, perde il controllo ed acquistano potere anche i sommi sacerdoti di Lagash che portarono al potere Lugalanda, il quale non migliorò molto la situzione economico-sociale dei sumeri, soprattutto del ceto povero: l’inflazione era molto alta.

    Salì al trono Urukagina, che fu il primo re del popolo. Risanò l’economia, si avvalse di funzionari di controllo, ridimensionò la classe sacerdotale, proclamandosi anche egli sacerdote, istituì un primo codice di diritto.

    Intanto, nel 2350 a.C., ad Umma era salito al potere Lugalzagesi, uomo ambizioso e poco pacifico, che segnò un nuovo periodo per Sumer. Questi unificò Sumer attraverso il sangue e le distruzioni delle diverse città del principato di Lagash. Le sue atrocità sopravvissero in futuro nelle legende sumeriche. Uccise il re Urukagina, la cui fama di pace sopravvisse nei secoli, annesse Lagash, Ur, Uruk e Kish al suo regno spargendo ovunque terrore.

    Dalla sua amata capitale Uruk, che venne cinta di mura, cercò di dimostrare al popolo che il dio Enlil era dalla sua parte e regnò per 25 anni dall’Elam alla Siria, attirando su di se tutto il malcontento degli ensi di Sumer.

    Di tale situazione approfitto un principe di origine semita: Sargon, il quale fondò una dinastia che regnò dal 2350 al 2150 a.C..

    Raccogliendo il consenso dei vari ensi sumeri e disponendo di un esercito mobile e di una cavalleria (più manovrabile dei carri e delle falangi sumere) annientò i sumeri. Questo scontro rappresentò una lotta tra due mondi: quello nomade semita, più giovane, assetato di ricchezze, più equipaggiato militarmente; quello sumero, più civile, meno dedito alla guerra, più stanziale.

    Sargon fece prigioniero Lugalzagesi e lo espose alla gogna per dimostrare al popolo sumero che gli dei erano dalla sua parte. Fu un ottimo re: mantenne religione ed amministrazione locali e non si impose con la violenza. La lingua ufficiale del suo regno fu il sumero, anche se veniva parlato l’accadico. Il suo regno fu il primo vero e proprio impero: Elam. Mesopotamia, Siria, Fenicia, Parte dell’Anatolia e dell’Arabia (odierno Oman).

    Fondò la capitale ad Accad, tra i due fiumi mesopotamici: dunque ricca di commerci e di fasto. Nacque così la civiltà accadica che regnò per 200 anni. Sargon fu al potere per 56 anni. Dopo di lui vennero al potere altri re che non seppero mantenere l’unità del paese (Rimush, Manishtusu, Naramsin, Sharkalisharri). Alcuni si chiamarono “Signore dei quattro regni”, come Sargon, altri più semplicemente re di Accad, mostrando un diverso grado di umiltà, ma non seppero tenere il paese unito per le rivolte dei vari ensi sumeri.

    Dal 2150 a.C. al 2050 a.C. Sumer subì l’invasione dei Gutei, popolazione barbara di origine armena, che depredarono tutte le città e mieterono vittime. I sargonidi non seppero resistere all’invasione e persero il loro regno: Accad venne distrutta.

    Vi furono alcuni ensi che collaborarono con i Gutei, altri, come quello di Uruk, che vi resistettero.

    La rivolta sumera partì proprio da Uruk con il re Gudea, noto nella leggenda come Utukhengal, che dopo 100 anni di lotta respinse la popolazione barbarica, governata dal re Tirigan.

    Egli regnò in pace un paese già dilaniato dalle numerose guerre.

    Per i successivi 100 anni regnò la dinasti di Ur: Urnammu, Shulgi, Amarsuena, Shusin, Ibbisin.

    Il primo fu un generale che prese il potere e portò il potere politico presso Ur.

    Governò in pace ed estese il potere di Sumer, proclamandosi re di Sumer e Accad, indicando che il potere politico si stava spostando verso il centro della Mesopotamia. Egli entrò nel mito come Gilgamesh attraverso il racconto del Viaggio di Urnammu agli inferi, nel quale anche lui ha ricercato l’immortalità. La sua importanza sta nel fatto di aver introdotto la dominazione della città di Ur, che lasciò le sue impronte nella Bibbia come patria di Abramo.

    In questo periodo, detto urrita, i sumeri dominavano sull’intera mesopotamia e su parte dell’Elam. Il re Shulgi riportò il benessere nel paese e risanò l’economia. Fece erigere una muraglia di 63 km per evitare l’invasione degli amorriti, popolazione nomade semita. Tuttavia gli amorriti invasero Sumer, ma vennero respinti.

    I sumeri si indebolirono e vennero conquistati dagli Elamiti. siamo nel 1950 a.C. e scompare l’autonomia sumera. Risorgerà nel mito, nella cultura, nelle scienze, nel diritto grazie ad Hammurabi che segnò l’inizio della dinastia Babilonese e riscattò i sumeri dal giogo elamita.

  • Sumeri: la società

    Società

    Esistevano una classe regale ed una sacerdotale. Quest’ultima deteneva il controllo su latifondi terrieri e beneficiava dei relativi proventi. Ogni città era governata da un ensi , signore locale, che spesso si proclamava anche sommo sacerdote, conosciuto come en, al fine di controllare anche il potere religioso che era molto forte presso i sumeri. Inoltre c’era il lugal che esercitava una podestà sovraregionale.

    Parallelamente vi era anche una classe borghese, risultato dei fiorenti commerci sumeri, che costituivano l’unica ricchezza per un paese povero di materie prime che era costretto ad importare tutto dall’estero. La sua unica ricchezza era la rete fluviale della regione che costituiva una buona fonte di commercio.

    Numerosi erano i rapporti con lo Yemen, i paesi del Golfo Persico e le città della valle dell’Indo.

    Poco si conosce della condizione femminile e del resto della popolazione. Il tenore di vita era comunque medio alto. Ciò è testimoniato dall’opulenza delle città e dalla presenza di diversi schiavi. Oltre ad essi vi erano i contadini ed i pastori, che godevano di un basso tenore di vita.

  • Sumeri: le attività

    Attività

    Il regno di Sumer era caratterizzato da diverse depressioni geologiche e da varie inondazioni fluviali che rendevano la zona estremamente paludosa. Solo l’abilità e l’ingegno sumero, attraverso numerose opere di bonifica, la resero fertile e ricca di pascoli.

    Le attività principali erano dunque la pastorizia e l’agricoltura; non mancavano però numerosi segni di civilizzazione che trasmisero ai Babilonesi ed al mondo intero.

    Furono grandi conoscitori dell’astrologia: inventarono un calendario che non si discosta molto da quello impiegato attualmente, individuarono tutte le costellazioni. Grandi matematici, risolvevano equazioni algebriche di terzo grado e sistemi vari. Eseguivano calcoli complicati nel campo dell’ingegneria edile.

    Furono i primi ad usare i numeri.

    Inventarono la scrittura, anche se poi venne perfezionata dai Cretesi, attraverso il codice “lineare B”.

    Grandi ingegneri, realizzarono canali che resero completamente navigabile e bonificata la bassa Mesopotamia; costruirono città, templi e palazzi. Importanti erano le Ziqqurat.

    Abili lavoratori di alabastro, realizzarono immagini votive.

    Numerose sono le stele, in cui i Sumeri registravano gli eventi che accadevano nella loro cultura.

    I Sumeri istituirono la scuola come luogo di cultura ed istruzione. Inoltre furono propositori nel diritto, in particolare con il re Eannatum, uno dei primi re sumeri, che cercò di regolamentare una situazione di sopraffazione e di ingiustizia.

    Avevano una buona educazione sanitaria e si curavano nell’abbigliamento. Erano profondi conoscitori delle erbe mediche.

    Nell’ambito della letteratura, osservando tutti i loro poemi, si può dire che furono dei grandissimi precursori della cultura. Fra tutti si ricorda lo scrittore Sinleqe Unnini.

    Non amavano molto la guerra, anche se utilizzarono il carro da guerra, impiegato dagli Sciti, ma erano dediti al commercio. Fondamentale fu il commercio con l’Egitto, il quale subì anche diverse influenze dai sumeri sia dal punto di vista architettonico che religioso: il mito di Osiride, riprende quello di Dumuzi; le piramidi si rifanno agli ziqqurat.

  • Cartagine e i cartaginesi

    Cartagine e i cartaginesi

    Intorno all’800 a.C. alcuni abitanti di Tiro migrarono in Africa e fondarono Cartagine. Questo episodio è stato tramandato ai posteri attraverso il mito della regina Didone, che conobbe anche Enea, secondo quanto scrisse Virgilio. Questa regina era conosciuta con il nome di Elissa, figlia di Pigmalione, che per diventare re, fece uccidere suo marito. Con Elissa si schierarono diversi patrizi tirii ed essa decide di lasciare la propria patria, portando un tesoro con se e riuscì a fuggire con un tranello. Arrivata a Cipro, trovò delle donne che si unirono all’equipaggio. Poi si diresse verso la costa africana dove fece edificare la città.
    Come in tutte le leggende, anche questa cela una verità. Alcuni cittadini di Tiro, probabilmente rappresentanti di una classe sociale emergente, erano in contrasto con la reggenza ed anche la borghesia locali. Ci fu un tentativo di presa di potere, che venne vanificato, per cui rimase l’esilio. Nel viaggio fu portato oro e preziosi. Gli esuli tirii scelsero la baia di Cartagine, tipico paesaggio fenicio, come luogo di approdo e di fondazione della nuova città: cartagine significa appunto città nuova. Tiro cercò di impedire questo processo, incaricando la città di Utica di distruggere la nuova colonia, ma l’operazione fallì. Da cui iniziò lo sviluppo di questa cultura molto simile a quella di Tiro. Si adoravano le stesse divinità; tuttavia mentre i fenici avevano ridimensionato la loro crudeltà nei sacrifici agli dei, i cartaginesi erano famosi per la loro efferatezza nelle celebrazioni sacre.
    La città era famosa per la sua Byrsa, collinetta con una rocca ove si conservava l’oro della città e che si usava in casi di estremi di difesa. C’era il tofet , il porto (anzi erano due), il mercato affollatissimo. Era una città che commerciava con l’Africa, la Spagna, la Sicilia e la Sardegna. Le sue mura difensive erano possenti ed ogni patrizio aveva un possedimento terriero, che veniva usato anche come luogo di produzione di scorte di emergenza. La città era protetta anche da 200 km di deserto che si stendevano verso l’Egitto.
    Il potere era in mano al Senato ed ai suffeti. Tuttavia ci furono diversi tentativi di golpe da parte di famiglie militari: prima ci provarono i Magonidi e poi i Barca. All’inizio la città si avvalse di un esercito mercenario, anche perchè la popolazione punica era poca, con il quale intraprese solo azioni di difesa contro i greci. Per le operazioni di conquista ci volle un esercito proprio. Verso il 450 a.C. si alleò con gli Etruschi per combattere i greci. Insieme riportarono una vittoria ad Alalia in Corsica, ma ottennero pochi successi in Sicilia, contro Siracusa.
    Nel 405 a.C. il generale Annibale, prese alcune città siceliote: Selinunte (distrutta), Imera, Gela, tranne Siracusa, Messana, Katania e Akragas, dove perse la vita, fermato da una pestilenza. Il successore Amilcare prese le altre tranne Siracusa, con cui concluse un trattato di pace.
    Nel 398 a.C., Dionigi, il signore di Siracusa distrusse Mozia, usando la stessa tecnica che Alessandro Magno adotterà per Tiro. Per questo il generale punico Himlico, assediò Siracusa senza riuscirvi, fermato da una nuova pestilenza. A tale proposito sembra che i punici non fossero molto curati nell’igiene. La lotta con Siracusa rimase incerta e si stabilì che il fiume Alico, vicino Imera, dovesse essere la linea di confine.
    Nel 310 a.C. Agatocle, signore di Siracusa, fu sconfitto da Amilcare ad Imera e si ritirò nella propria città. Nell’assedio, si diresse con alcune navi su Tunisi ed attaccò Cartagine per via terra, sconfiggendo Bomilcare. Il signore siracusano, si alleò con Ofella, diadoca d’Egitto, ma venne sconfitto. Ottenne comunque un trattato di pace, che segnava di nuovo il confine sul fiume Alico.
    Dal 510 a.C. al 306 a.C., Cartagine strinse con Roma tre patti di collaborazione, mantenendo intatti i traffici, dando ausilio ai romani nei porti, aiutandosi a vicenda in caso di aggressione da altri popoli, non costruendo città in Sardegna. La cosa funzionò soprattutto con Pirro, che sbarcato a Taranto nel 280 a.C., fu sconfitto dai romani e devastò la Sicilia, fino a Lilibeo, fu poi sconfitto dai punici e dai romani venuti in loro aiuto.
    Nel 265 a.C. scoppia la prima guerra punica.
    Gerone, signore di Siracusa attacca Messana, che chiama in aiuto sia Cartagine che Roma, quest’ultima occupa la città con delle truppe.
    La protesta punica, circa la violazione degli accordi, portò alla guerra che si tramutò in stallo, esclusa una schermaglia avvenuta ad Agrigento, fino al 260 a.C., quando a Milazzo i romani sconfissero i cartaginesi, avvalendosi del ponte mobile. I punici si rifecero a Termini. Nel 257 a.C. i romani, comandati da Attilio Regolo, vinsero a Gela e puntarono su Cartagine, dove attaccarono via terra, finendo sconfitti dalla cavalleria numidica. Amilcare Barca, padre di Annibale, soprannominato lampo, fu mandato in Sicilia, dove organizzò una resistenza tra Trapani ed Erice, ma rimase tagliato fuori dalla patria. I romani intanto vinsero alle isole Egadi ed ottennero una pace vantaggiosa che assicurò la Sicilia a Roma ed indebitò economicamente Cartagine.
    Tra il 241 a.C. ed il 237 a.C. ci furono delle rivolte tra i punici, capeggiati da Matho. Sotto la guida di Amilcare, Cartagine si riprese e costruì, assieme al successore il genero Asdrubale, un considerevole regno in Spagna. Fu fondata Cartagena, che sembrava richiamare la leggenda della città punica. I Barca attuavano una politica più personale che filo cartaginese tra gli iberici.
    Nel 226 a.C. fu firmato un trattato con i romani in cui ci si impegnava a non superare il fiume Ebro. Questo trattato costò l’indipendenza dei Celtiberi, che furono combattuti da entrambi. Intanto Cartagine si rafforzava ed aveva un’economia sempre più florida.
    Nel 219 a.C. scoppia la seconda guerra punica.
    Sagunto, città spagnola al di sotto dell’Ebro, insorge e chiama in aiuto i romani. Annibale, succeduto allo zio, prese Sagunto e Roma gli dichiarò guerra. A questo punto Annibale compì la famosa impresa.
    Oltrepassate le Alpi, tra il 218 ed il 217 a.C. vinse i romani (Trebbia, Ticino, Trasimeno e Canne), attuando la sua famosa tattica dell’accerchiamento sulle ali. Non riuscì ad allearsi alle popolazioni italiche locali, se non ad alcune sannite. Trascorse un lungo periodo a Capua, ma non si sentiva sicuro a prendere Roma. Di lui si diceva che sapeva vincere le battaglie, ma non le guerre.
    Si alleò con Siracusa e con Filippo V di Macedonia, ma entrambi furono sconfitti dai romani. Siracusa in particolare pianse Archimede. I romani ottennero anche vittorie in Spagna ed uccisero sul Metauro, Asdrubale, il fratello di Annibale che aveva cercato di riunire le forze.
    Scipione l’Africano sbarcò a Tunisi e, con l’aiuto del numidico Massinissa, costrinse Annibale, dopo 13 anni, a lasciare l’Italia, sconfiggendolo a Zama. Fu siglata un’altra pace con Roma, dove stavolta Cartagine oltre a pagare altri debiti, non poteva compiere guerre se non con il consenso romano.
    Annibale rimase a governare, portando Cartagine ad un certo benessere. Roma voleva Annibale e questi scappò prima in Siria, formando un esercito ce venne sconfitto, e poi in Bitinia dove fu tradito e preferì il suicidio nel 183 a.C..
    Intanto Massinissa provocava Cartagine con saccheggi, fino al punto che ci fu la risposta dei punici, contravvenendo gli accordi di pace con Roma. I romani attendevano questo momento e nel 149 a.C. scoppiò la terza guerra punica.
    Nonostante Cartagine sia ritornata sui suoi passi, consegnato ostaggi e pagato altri debiti, Roma era decisa a distruggere la città ed affidò l’incarico al generale Scipione Emiliano. Il senatore Catone era un sostenitore di questa politica.
    Come per Tiro, fu costruita una diga sul mare. La città fu difesa casa per casa e dopo sei giorni capitolò, nonostante il generale Asdrubale la difese valorosamente. Rasa al suolo la città, fu sparso del sale sul terreno per renderlo sterile.
    Sopravvissero comunque il capitalismo e l’abilità nel commerciò che già i fenici avevano tramandato al mondo.

    Religione
    I Fenici ed in particolare i Cartaginesi sono stati tramandati come crudeli e sanguinari soprattutto dai Greci. Ciò probabilmente era dovuto ad uno scopo propagandistico ed alla loro religione, avente tipiche caratteristiche orientaleggianti.
    I sacerdoti fenici compivano molti sacrifici sui tofet, spesso anche di umani, come accadde a Cartagine sotto l’assedio del siceliota (greco-siracusano) Agatocle, dove furono sacrificate circa 300-500 giovani vite.
    Esisteva una trinità fenicia: El, Baalat e Baal. Il primo è un dio inafferabile, lontano dall’uomo. Baalat è la moglie di El e la grande madre, colei che dava calore, fertilità e sicurezza all’uomo. Era anche conosciuta come Ashera.
    Questa figura era nota ai Sumeri come Innin, ai Babilonesi ed Assiri come Ishtar, agli Egiziani come Iside.
    Molto più vicina all’uomo è il loro figlio Baal, oppure Adon o Eshmun, venerato come Melkart presso Cartagine e Tiro. Egli ogni anno moriva e poi risorgeva, richiamando le stagioni. Egli si sacrifica per l’uomo: muore e risorge per lui. Questa figura farà nascere il mito di Ercole (Eracle) e di Adone, importato in Grecia.
    C’erano altre divinità, forse realizzate dai sacerdoti per esigenze locali: Kusor, dio del mare e guardiano delle stagioni; Hijon, protettore degli artigiani e degli industriali; Dagon, dio del grano; Shadrapa, patrono dei medici, Reshef, amministratore di tuoni e di fulmini; Misor e Sydyk, dei della giustizia.
    Si credeva che il mondo fosse un uovo, creato da El, e che una sua rotazione violenta avesse separato terra e acque. Poi furono creati gli dei e fu fatto l’uomo, da cui ebbero origine le vite animali e vegetali. Baal e Baalat erano venerati un po’ dappertutto.
    Presso la cultura fenicia si celebrava il rito della prostituzione sacra. Ogni donna, solo una volta l’anno, in occasione di particolari feste, concedeva il proprio corpo. Questo per consentire all’uomo di corrispondere direttamente con la divinità, tra l’altro si trattava di un simbolo di fertilità.
    L’elemento ravvivante per queste divinità era il sacrificio, simbolo dunque di rigenerazione e di resurrezione. Baal voleva che una madre sacrificasse il figlio con il sorriso sulle labbra: per questo erano vietati pianti e lamenti in queste circostanze.
    Questa religione ebbe molti contrasti con il vicino monoteismo di Israele. A tale proposito è indicativa la lotta ingaggiata dal profeta Isaia contro la regina fenicia Jezabel, fino al punto di farla uccidere. Questo infatti simboleggiava la vittoria del monoteismo e della tradizione ebraica sul politeismo fenicio.
    La filosofia di vita fenicia, imperniata sul vivere basandosi sul razionale, sul non confidare nel futuro e negli dei, sul non attendersi nulla per non essere delusi, sul vivere in uno stato di apparente serenità fu all’origine dello stoicismo.
    Dalla religione fenicia nacquero dei miti, sviluppati poi dai greci: Afrodite, Europa, Adone e Dioniso.

  • I primi Stati della Mesopotamia

    Si svilupparono i primi insediamenti urbani nelle regioni della Mesopotamia, antico nome della regione dell’Asia Anteriore compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, occupate dalla moderna Turchia, dalla Siria e dall’Iraq. Queste regioni, a partire dal III millennio a. C., furono teatro di imponenti flussi migratori di molteplici popolazioni (semiti, ittiti, filistei, aramei, fenici ecc..). Le prime città stato della Mesopotamia si svilupparono nel sud della regione, nelle zone alluvionali a ridosso del Golfo Persico. Anche qui le condizioni ambientali stimolarono le risorse e l’inventiva dell’uomo. Le piene del Tigri e dell’Eufrate avevano luogo in primavera, con il rischio che l’acqua invadesse i raccolti prima del raccolto; viceversa, l’acqua scarseggiava in autunno, quando sarebbe stata necessaria. Gli antichi popoli mesopotamici affrontarono il problema attraverso canali regolati da chiuse, l’acqua veniva fatta affluire nei campi nel momento e nelle qualità opportuni.
    Uno degli elementi che favorì il sorgere dei centri urbani fu la presenza di un’organizzazione agricola che soddisfacesse le esigenze alimentari sia degli addetti al lavoro dei campi sia di coloro che si dedicavano ad altre attività . Ciò provocò una dipendenza della campagna dalla città , che aveva bisogno di assicurarsi grandi quantità di prodotti agricoli. Questi venivano versati dai contadini quale tassa in natura all’autorità cittadina. Non si trattava di uno scambio alla pari, perchè il potere era tutto nelle mani dei sacerdoti del tempio, ai quali spettava ogni decisione importante. La condizione dei contadini andò peggiorando nel corso del tempo: se nella prima fase della rivoluzione urbana essi erano in maggioranza possessori delle terre che coltivavano e liberi di organizzare il lavoro secondo le proprie scelte, in seguito crebbe sempre più una categoria di agricoltori direttamente dipendente dal tempio.
    I sumeri furono la più antica popolazione della Mesopotamia, le cui origini sono rintracciabili grazie a reperti risalenti al 3000 a. C. Il codice di leggi di Ur-Nammu, raccolta di testi giuridici, rappresenta la più antica raccolta di massime giuridiche della storia dell’uomo. I sumeri non si organizzarono in uno stato unitario, bensì in tante città -stato indipendenti l’una dall’altra, talvolta in lotta fra loro ed economicamente autosufficienti. La città sumerica era governata da un re chiamata lugar, il quale apparteneva generalmente alla classe sacerdotale. La città di Uruk, nata verso il 3500 a.C., sorgeva sulla destra del vecchio corso dell’Eufrate. Il tempio di Eanna fu il centro di un complesso di attività organizzative e politiche, che permisero a Uruk di acquisire sia il controllo della pianura intorno alla città sia il dominio sui villaggi urbani minori di una vasta area della Mesopotamia meridionale. Inoltre, Uruk fondò colonie anche a centinaia di chilometri verso nord, sino in Siria e in Anatolia. Queste avevano la funzione di controllare i commerci a lunga distanza. I sumeri erano politeisti; gli dei erano rappresentazioni e personificazioni delle varie forze della natura. Furono abilissimi artigiani, costruivano ornamenti, decoravano vasi d’argilla e fabbricavano strumenti in metallo che sapevano fondere a temperatura elevatissime. Il tempio, grande piramidi a gradoni chiamata ziggurat, era il cuore della città : nel tempio si svolgevano le attività di commercio, di scambi e le attività politiche. Il tempio era il supremo proprietario della terra e del bestiame. I sacerdoti amministravano queste ricchezze. Schiavi erano in Sumer, non solo i prigionieri di guerra, ma anche i debitori che perdevano la terra e la libertà a vantaggio del creditore. L’astronomio sumera si sviluppò dalla divinazione, cioè dall’arte di provvedere al futuro grazie all’interpretazione del movimento degli astri. I sumeri sapevano riconoscere stelle e pianeti: scoprirono che i loro movimenti rispettavano scansioni temporali. E’ ai sumeri, infine, che dobbiamo le prime cosmogonie (cosmo), cioè i primi tentativi dell’umanità per piegare l’origine del mondo, delle cose, dell’uomo stesso. Nella scrittura cuneiforme inventata dai sumeri, accanto ai segni pittografici compaiono anche dei segni fonetici. Ciò significava, ad esempio, con i simboli delle parole re e ma si potevano indicare, oltre ai suddetti termini, anche parole come mare e rema. Sembra questa la strada che ha portato all’invenzione dell’alfabeto. Una curiosa caratteristica dei segni fonetici sumeri sta nel fatto che essi inventarono un sistema per esprimere i suoni simile a quello che oggi noi usiamo per comporre i giochi dei rebus. La scrittura rimase però una pratica molto complessa: sapevano usarla soltanto gli scribi o scrivani di professione, cioè coloro che erano alle dipendenze del tempio o del palazzo e ne curavano l’amministrazione. La struttura delle città -stato sumere aveva messo in evidenza tutta la sua fragilità politica e militare di fronte a una popolazione nomade proveniente dall’Siria o dal deserto arabico: gli accadi. Essi conquistarono il territorio dei sumeri. Il potere venne quindi assunto dal re accadico Sargonn, il Conquistatore, che fondò la nuova capitale Akkad. Alla sua morte, verso il 2300 a.C., i popoli sottomessi si ribellarono, e la situazione fu ripresa in mano solo dal nipote Naram-Sin, che tuttavia non riuscì a ripristinare durevolmente la struttura dello Stato. Alla morte di Naram-Sin una tribù di origine semitica, anch’essa proveniente dall’Iran, penetrò in Mesopotamia e impose il proprio dominio a Sumeri ed Accadi. Nonostante che i nuovi venuti, denominati Gutei, avessero portato la prosperità economica del paese, vennero sempre considerati degli usurpatori e scacciati appena fu possibile. Fu il principe della città di Uruk, Utkhegal, che guidò la rivolta antigutea nel 2051 a.C., consentendo così la rinascita della potenza sumero-accadico. Il sovrano accadico riceveva in vita onori divini, essendo considerato un figlio degli dei; e quando veniva a morte, la sua scomparsa da questo mondo era considerata come un semplice passaggio nel mondo eterno degli dei, precluso invece ai comuni mortali. I Sumeri inventarono anche la scrittura cuneiforme, così chiamata perchè consta di tanti piccoli segni.
    Verso il ventesimo secolo a.C. cominciarono a premere sullo stato di Accad molti dei popoli confinanti, tra i quali gli Elamiti, i Mari, i Cananei e gli Assiri, ma la prevalenza venne assunta dai babilonesi, che riuscì a estendere il proprio dominio sul territorio circostante, finchè, verso il 1700 a.C., divenne capitale di un vastissimo regno che unificava l’alta e la bassa Mesopotamia (Akkad e Sumer). Testimonianza della civiltà politica babilonese è il codice di Hammurabi, insieme di leggi incise a caratteri cuneiformi.
    Contemporaneamente alla civiltà babilonese, nacque nella parte settentrionale della Mesopotamia l’impero assiro. La dinastia amorrea fondata da Samsi-adad diede inizio al periodo di indipendenza ed espansione oltre l’Eufrate. Lo scontro con la civiltà babilonese inferse un duro colpo alla civiltà assira: il re Hammurabi occupò l’intera Assiria e nel 1679 a. C. l’occupazione della città di Mari segnò il declino del primo periodo di splendore della civiltà assira.
    La struttura della monarchia assira era aristocratico militare, con molti elementi mediati dalla civiltà babilonese: l’economia basata sull’agricoltura e sul commercio fioriva grazie allo sfruttamento dei paesi conquistati. L’arte assira riprende i temi dell’arte mesopotamica dei sumeri, esemplificata nello Ziqqurat di Ur o tempio torre con sovrapposizione fino a sette piani di bastioni inclinati. La superiorità degli Assiri era soltanto militare: infatti essi non apportano nessun elemento culturale, ma solo l’uso dei carri da guerra e dei cavalli.
    Verso la metà del II millennio a.C. il dominio di Babilonia fu sottoposto alla pressione dei “popoli dei monti”, popolazioni nomadi e siminomadi. Tra questi vi erano gli assiri, che rendendosi indipendenti da Babilonia, poi, verso il 1146 a.C. occuparono la città stessa. Dopo così sconfitto la popolazione dei Mitanni, gli Assiri guidati dal re Salmanassar I invasero tutta la Mesopotamia trattando i popoli vinti con inaudita crudeltà , inchiodando sulle mure della città sottomese la pelle e la testa dei condottieri uccisi, deportando intere popolazione da una regione all’altra. L’odio e il terrore che gli Assiri avevano ispirato ai popoli sottomessi esplosero con furore quando venne anche per loro il momento della sconfitta. Gli invasori vennero ricacciati per qualche tempo sulle loro montagne. Ma a partire dall’883 a.C., di nuovo gli Assiri discendono come uccelli rapaci e di nuovo s’impongono a tutti gli avversari. Sotto il dominio degli assiri caddero progressivamente, tra il 1000 e il 700 a.C. la Palestina, la Siria e la Fenicia; verso il 670 venne conquistato anche l’Egitto. Inoltre i conquistatori hanno acquistato un’arma nuova: è la spada di ferro, che hanno loro trasmesso gli Hittiti, e che consente di sbaragliare con irrisoria facilità gli eserciti ancora armati completamente di bronzo.
    Organizzato un potente Stato sotto il governo dei primi sovrani, gli Ittiti cominciarono, come tutti gli altri popoli confinati, a guardare con desiderio le fertili pianure della Mesopotamia. Finalmente, dopo anni di guerriglia, riuscirono a invadere la Siria conquistando la capitale Aleppo, e poi spingersi fino alla stessa Babilonia; li guidava il re Morsili I, un abile generale, che però poco tempo dopo venne assassinato. Questo determinò una crisi nel governo ittita e un arresto nella politica di espansione militare, che riprese solo dopo due secoli, quando, nel 1365 a.C., si lanciarono all’assalto del regno dei Mitanni. Più che un regno, quello creato dagli Hittiti può essere considerato una grande confederazione di popoli e genti diversa. Gli Hittiti, infatti, costituivano una minoranza straniera nelle regioni conquistate e cercavano di evitare possibili ribellioni, concedendo una certa autonomia ai popoli sottomessi; spesso si accontentavano di ricevere da questi ultimi tributi e aiuti militari, lasciando sul trono il sovrano locale, anche se con un potere limitato. Il re era prescelta in relazione alla sua abilità guerriera o di comando. Egli non era quindi nè l’interprete della divinità nè dio egli stesso. L’autorità regia era limitata dall’assemblea degli uomini liberi, che aveva potere decisionale su molti aspetti della vita sociale e sull’elezioni del nuovo re. Ma nonostante tutto, venne anche per i saggi Ittiti il tempo della fine. Poco prima dell’undicesimo secolo a.C., essi vennero a conflitto coi Frigi, i fondatori della famosa città di Troia di cui parlano i grandi ci parlano i grandi poemi omerici, e la loro potenza crollò sotto i colpi dei nuovi dominatori, i quali ne invasero il territorio e vi fondarono una nuova capitale, chiamata Gordio.
    Il periodo di massimo splendore del regno di Frigia cadde tra l’ottavo e il settimo secolo a.C. Il regno frigio tuttavia, entrò ben presto in crisi a causa degli Assiri, i quali, guidati da Sargon II, ne sbaragliarono le forze nel 709 a.C.
    Essi vennero sostituiti dai Lidi, che a cavallo tra il settimo e il sesto secolo a.C. stabilirono il loro reame. Il secondo impero babilonese ebbe momenti di rinnovata grandezza sotto il regno di Nabucondosor, quando fu conquistata la Palestina fino ai confini dell’Egitto. Nabucodonsor II, nel 587 a.C., distrusse Gerusalemme, capitale del regno di Giudea, e deportò in massa gli ebrei in Babilonia, obbligandoli a collaborare alla costruzione di un grande edificio di culto, una torre detta ziggurat, che gli ebrei chiamarono poi nella loro Bibbia torre di Babele ritenendo che Dio stesso avesse confuso le lingue di coloro che la costruivano, mentre si trattava solo dei diversi popoli deportati dall’imperatore e costretti a lavorare come schiavi alla costruzione. Toccò al re Nabonide di vedere la fine dell’impero: inimicatisi i sacerdoti, avendo cercato di limitare il loro potere i loro privilegi, li spinse ad accordarsi segretamente coi nemici dell’impero, e in particolare coll’imperatore di Persia Ciro II. Costui nel 539 a.C. poteva così impadronirsi della grande, della splendida Babilonia.
    Il politeismo è senza dubbio il carattere fondamentale di tutte le religioni antiche. Quella della Mesopotamia era caratterizzata da un politeismo di tipo naturalistico: i popoli mesopotamici credevano cioè che ciascuna forza della natura (terra, acqua, vento, ecc.) fosse controllata da un dio. Oltre alle divinità della natura, c’erano gli dei protet0tori di ogni singola città , ai quali era dedicato il grande tempio posto al centro della città stessa.

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  • Sumeri: le origini

    Il primo problema che si affronta nell’analisi della civiltà sumera consiste nella sua scoperta che è avvenuta solo agli inizi del 1900. In precedenza si credeva che non esistesse una civiltà precedente a quella assira. Con pazienti scavi e costanti studi si è giunti all’accettazione di questa importantissima civiltà sia per cultura sia per religione.

    La civiltà dei Sumeri colloca le proprie origini in un periodo antecedente al 3000 a.C., prendendo il posto della cultura derivante dalla cosidetta “Gente di Obeid”, popolazione nomade che si era stabilita nella parte sud-orientale della Mesopotamia (la terra tra i due fiumi), presso il villaggio di El Obeid , regione ricca di acqua, ma anche di inondazioni. Oggi tale regione è caratterizzata dalla presenza dello Shatt el-Havy, un canale che unisce i due fiumi mesopotamici. La città più importante fu Eridu.

    Il termine sumer (shumer in accadico) significa terra coltivata, da cui sumeri significa portatori di coltura.

    Intorno al 3000 a.C. si assiste ad una migrazione del popolo sumero, proveniente dalla regione montuosa che comprende gli attuali Iran ed India, verso la regione meridionale mesopotamica caratterizzata da frequenti inondazioni dei fiumi Tigri ed Eufrate le quali formavano paludi. A questa si unisce anche un flusso migratorio proveniente dal Mar Caspio, dunque di estrazione scita.

    Viene fondata la città sacra di Uruk, che prese il posto di Eridu. Si assiste dunque ad una fase in cui si passa da una tradizione nomade ad una stanziale con la fondazione di centri urbani che non sono difesi da mura.

    Nel periodo che va dal 3000 al 2600 a.C. circa la città di Uruk domina la scena politica sumera. Nascono altre città come Ur, Lagash, Nippur, Kish, Eridu, Larsa, Umma, Isin . Si tratta di principati che compongono la regione di Sumer.

    Il territorio in cui si stabilì la popolazione era soggetto a diverse calamità naturali, ma nonostante questo, si riuscì a piegare la forza della natura per avere un insediamento stabile.

    Le città raggiunsero un grande splendore ed un’importanza internazionale.

    Attività

    Il regno di Sumer era caratterizzato da diverse depressioni geologiche e da varie inondazioni fluviali che rendevano la zona estremamente paludosa. Solo l’abilità e l’ingegno sumero, attraverso numerose opere di bonifica, la resero fertile e ricca di pascoli.

    Le attività principali erano dunque la pastorizia e l’agricoltura; non mancavano però numerosi segni di civilizzazione che trasmisero ai Babilonesi ed al mondo intero.

    Furono grandi conoscitori dell’astrologia: inventarono un calendario che non si discosta molto da quello impiegato attualmente, individuarono tutte le costellazioni. Grandi matematici, risolvevano equazioni algebriche di terzo grado e sistemi vari. Eseguivano calcoli complicati nel campo dell’ingegneria edile.

    Furono i primi ad usare i numeri.

    Inventarono la scrittura, anche se poi venne perfezionata dai Cretesi, attraverso il codice “lineare B”.

    Grandi ingegneri, realizzarono canali che resero completamente navigabile e bonificata la bassa Mesopotamia; costruirono città, templi e palazzi. Importanti erano le Ziqqurat.

    Abili lavoratori di alabastro, realizzarono immagini votive.

    Numerose sono le stele, in cui i Sumeri registravano gli eventi che accadevano nella loro cultura.

    I Sumeri istituirono la scuola come luogo di cultura ed istruzione. Inoltre furono propositori nel diritto, in particolare con il re Eannatum, uno dei primi re sumeri, che cercò di regolamentare una situazione di sopraffazione e di ingiustizia.

    Avevano una buona educazione sanitaria e si curavano nell’abbigliamento. Erano profondi conoscitori delle erbe mediche.

    Nell’ambito della letteratura, osservando tutti i loro poemi, si può dire che furono dei grandissimi precursori della cultura. Fra tutti si ricorda lo scrittore Sinleqe Unnini.

    Non amavano molto la guerra, anche se utilizzarono il carro da guerra, impiegato dagli Sciti, ma erano dediti al commercio. Fondamentale fu il commercio con l’Egitto, il quale subì anche diverse influenze dai sumeri sia dal punto di vista architettonico che religioso: il mito di Osiride, riprende quello di Dumuzi; le piramidi si rifanno agli ziqqurat.

    Società

    Esistevano una classe regale ed una sacerdotale. Quest’ultima deteneva il controllo su latifondi terrieri e beneficiava dei relativi proventi. Ogni città era governata da un ensi , signore locale, che spesso si proclamava anche sommo sacerdote, conosciuto come en, al fine di controllare anche il potere religioso che era molto forte presso i sumeri. Inoltre c’era il lugal che esercitava una podestà sovraregionale.

    Parallelamente vi era anche una classe borghese, risultato dei fiorenti commerci sumeri, che costituivano l’unica ricchezza per un paese povero di materie prime che era costretto ad importare tutto dall’estero. La sua unica ricchezza era la rete fluviale della regione che costituiva una buona fonte di commercio.

    Numerosi erano i rapporti con lo Yemen, i paesi del Golfo Persico e le città della valle dell’Indo.

    Poco si conosce della condizione femminile e del resto della popolazione. Il tenore di vita era comunque medio alto. Ciò è testimoniato dall’opulenza delle città e dalla presenza di diversi schiavi. Oltre ad essi vi erano i contadini ed i pastori, che godevano di un basso tenore di vita.

    Sviluppo

    I Sumeri conobbero il loro maggiore sviluppo tra il 2500 ed 2350 a.C.. All’inizio di questo periodo la Mesopotamia meridionale era caratterizzata da villaggi che via via vennero fortificati, in particolare Uruk.

    Antecedentemente a tale periodo in ogni villaggio, ricco per i fiorenti commerci, dominava un ensi, che spargeva terrore e soprusi sulla popolazione locale.

    Nel 2500 a.C. la città di Lagash fonda un principato e domina nella regione conquistando altre città sumere. Si assiste a lotte tra le varie città che richiamano l’attenzione del vicino e bellicoso Elam. Finalmente con il re Urnanshe, la città di Lagash ottiene il sopravvento sulle altre. La lotta è dura, perchè molte città sumere vedono ridotto il loro potere economico e si ribellano.

    Il re Eannatum, nipote di Urnanshe, estese il dominio di Lagash su quasi tutte le città sumere, sottomise l’Elam e sconfisse la città di Mari, situata nella Siria. Questo testimonia che i sumeri estesero il loro dominio al di là del proprio territorio. Inoltre avevano anche un dominio marittimo nel Golfo Persico.

    In realtà Sumer era divisa in due principati: il primo controllato da Eannatum di Lagash ed il secondo, più a nord e separato da un fossato di confine, sottomesso alla città di Umma, governata dall’ensi Urlumma. Quest’ultimo, tuttavia, pagava un tributo a Lagash.

    Con il successore di Eannatum, re Entemena, i territori a nord di Lagash, controllati dalla città di Umma, si ribellarono di nuovo. Gli Ummaiti vennero sconfitti dai “sumeri meridionali” e subirono l’aggressione dell’ensi di Zabalam, città vicina ad Umma, che si chiamava Il, il quale si proclamò nuovo re di Umma che ebbe una certa influenza anche su Lagash.

    Dunque ad un’iniziale dominio di Lagash ne seguì uno ummaita. Entemena, dunque, perde il controllo ed acquistano potere anche i sommi sacerdoti di Lagash che portarono al potere Lugalanda, il quale non migliorò molto la situzione economico-sociale dei sumeri, soprattutto del ceto povero: l’inflazione era molto alta.

    Salì al trono Urukagina, che fu il primo re del popolo. Risanò l’economia, si avvalse di funzionari di controllo, ridimensionò la classe sacerdotale, proclamandosi anche egli sacerdote, istituì un primo codice di diritto.

    Intanto, nel 2350 a.C., ad Umma era salito al potere Lugalzagesi, uomo ambizioso e poco pacifico, che segnò un nuovo periodo per Sumer. Questi unificò Sumer attraverso il sangue e le distruzioni delle diverse città del principato di Lagash. Le sue atrocità sopravvissero in futuro nelle legende sumeriche. Uccise il re Urukagina, la cui fama di pace sopravvisse nei secoli, annesse Lagash, Ur, Uruk e Kish al suo regno spargendo ovunque terrore.

    Dalla sua amata capitale Uruk, che venne cinta di mura, cercò di dimostrare al popolo che il dio Enlil era dalla sua parte e regnò per 25 anni dall’Elam alla Siria, attirando su di se tutto il malcontento degli ensi di Sumer.

    Di tale situazione approfitto un principe di origine semita: Sargon, il quale fondò una dinastia che regnò dal 2350 al 2150 a.C..

    Raccogliendo il consenso dei vari ensi sumeri e disponendo di un esercito mobile e di una cavalleria (più manovrabile dei carri e delle falangi sumere) annientò i sumeri. Questo scontro rappresentò una lotta tra due mondi: quello nomade semita, più giovane, assetato di ricchezze, più equipaggiato militarmente; quello sumero, più civile, meno dedito alla guerra, più stanziale.

    Sargon fece prigioniero Lugalzagesi e lo espose alla gogna per dimostrare al popolo sumero che gli dei erano dalla sua parte. Fu un ottimo re: mantenne religione ed amministrazione locali e non si impose con la violenza. La lingua ufficiale del suo regno fu il sumero, anche se veniva parlato l’accadico. Il suo regno fu il primo vero e proprio impero: Elam. Mesopotamia, Siria, Fenicia, Parte dell’Anatolia e dell’Arabia (odierno Oman).

    Fondò la capitale ad Accad, tra i due fiumi mesopotamici: dunque ricca di commerci e di fasto. Nacque così la civiltà accadica che regnò per 200 anni. Sargon fu al potere per 56 anni. Dopo di lui vennero al potere altri re che non seppero mantenere l’unità del paese (Rimush, Manishtusu, Naramsin, Sharkalisharri). Alcuni si chiamarono “Signore dei quattro regni”, come Sargon, altri più semplicemente re di Accad, mostrando un diverso grado di umiltà, ma non seppero tenere il paese unito per le rivolte dei vari ensi sumeri.

    Dal 2150 a.C. al 2050 a.C. Sumer subì l’invasione dei Gutei, popolazione barbara di origine armena, che depredarono tutte le città e mieterono vittime. I sargonidi non seppero resistere all’invasione e persero il loro regno: Accad venne distrutta.

    Vi furono alcuni ensi che collaborarono con i Gutei, altri, come quello di Uruk, che vi resistettero.

    La rivolta sumera partì proprio da Uruk con il re Gudea, noto nella leggenda come Utukhengal, che dopo 100 anni di lotta respinse la popolazione barbarica, governata dal re Tirigan.

    Egli regnò in pace un paese già dilaniato dalle numerose guerre.

    Per i successivi 100 anni regnò la dinasti di Ur: Urnammu, Shulgi, Amarsuena, Shusin, Ibbisin.

    Il primo fu un generale che prese il potere e portò il potere politico presso Ur.

    Governò in pace ed estese il potere di Sumer, proclamandosi re di Sumer e Accad, indicando che il potere politico si stava spostando verso il centro della Mesopotamia. Egli entrò nel mito come Gilgamesh attraverso il racconto del Viaggio di Urnammu agli inferi, nel quale anche lui ha ricercato l’immortalità. La sua importanza sta nel fatto di aver introdotto la dominazione della città di Ur, che lasciò le sue impronte nella Bibbia come patria di Abramo.

    In questo periodo, detto urrita, i sumeri dominavano sull’intera mesopotamia e su parte dell’Elam. Il re Shulgi riportò il benessere nel paese e risanò l’economia. Fece erigere una muraglia di 63 km per evitare l’invasione degli amorriti, popolazione nomade semita. Tuttavia gli amorriti invasero Sumer, ma vennero respinti.

    I sumeri si indebolirono e vennero conquistati dagli Elamiti. siamo nel 1950 a.C. e scompare l’autonomia sumera. Risorgerà nel mito, nella cultura, nelle scienze, nel diritto grazie ad Hammurabi che segnò l’inizio della dinastia Babilonese e riscattò i sumeri dal giogo elamita.

  • Ittiti: le origini ittite

    Le origini

    Fino agli inizi di questo secolo si conosceva pochissimo del popolo ittita. Nel corso degli anni, grazie a studiosi europei, si è giunti alla scoperta e ad una maggiore chiarezza circa questa civiltà che intorno al 1500 a.C., nascendo nell’odierna Turchia, aveva assoggettato la Mesopotamia, la Siria, il Libano e l’Egitto.

    Le fonti storiche che ci raccontano di questo popolo sono pochissime. Più rilevanti sono sicuramente i documenti ittiti scoperti nelle varie spedizioni di scavi archeologici. Una prima testimonianza in proposito è data da un documento nel quale AnchesenAmun, figlia di Akhenaton e Nefertiti, faraoni d’Egitto, e vedova di Tutankamon, chiedeva al re ittita Suppiluliumas di poter sposare uno dei suoi figli. In realtà la regina egizia voleva sottrarsi dal potere del padre Eje, gran sacerdote, che aveva regnato alla sua ombra e del marito, divenuto famoso per il tesoro trovato nella sua tomba. Il re ittita, vincendo alcune titubanze, invia uno dei suoi tanti figli che viene ucciso assieme alla sua futura sposa, per ordine di Eje. Nefertiti farà in modo che venga incoronato faraone Ramsete, con cui inizierà un nuovo periodo di fioritura per l’Egitto. Questo documento testimonia l’importanza che gli ittiti avevano assunto nel quadro politico internazionale.

    Gli ittiti rappresentano una continuità tra l’età della pietra (7000 a.C.) e l’età del bronzo, databile intorno al 2000 a.C.. Per capire la loro importanza nella storia, è opportuno fare una precisazione.

    L’età della pietra è stata storicamente divisa in vari periodi: il paleolitico, diviso a sua volta in paleolitico inferiore e superiore, il mesolitico ed il neolitico, diviso in primo neolitico e tardo neolitico. Tra l’età della pietra e quella successiva del bronzo, da cui parte l’era storica (2000 a.C.), si colloca il calcolitico (5500 -3300 a.C.), diviso in primo, medio e tardo calcolitico. Il primo calcolitico è noto anche come età del rame. Successivamente all’età del bronzo comincia l’età del ferro (1000 a.C.). Dunque gli ittiti hanno ereditato gli usi e le tecnologie delle civiltà del neolitico per perfezionarle e diffonderle, in piena età del bronzo, nel mondo conosciuto di allora: Asia Minore e Mesopotamia.

    Gli Ittiti vengono citati nella Bibbia, in diversi episodi, come popolazione residente attorno a Gerusalemme, utilizzando il termine “chittim”. In uno di questi Abramo, probabilmente nativo di Ur dei Caldei, acquista dagli ittiti alcuni territori ad Hebron per seppellire sua moglie Sara. Ricordiamo, inoltre, l’episodio di Uria l’hittita , sposo di Betsabea, che fu fatto uccidere dal re d’Israele, Davide, il quale si era invaghito di quest’ultima, compiendo, così, un grave peccato agli occhi di Dio. Infine vengono menzionati nella costruzione del tempio di Salomone.

    Questi episodi fanno riferimento agli ittiti in un periodo relativo alla loro fase di decadimento e di assorbimento da parte di altre culture del vicino oriente. In realtà questo popolo ha le sue origini nell’odierna Turchia, luogo ricco di montagne e poco accessibile.

    Tra il 2500 a.C. ed il 2000 a.C. una popolazione indoeuropea, proveniente probabilmente dalle regioni caucasiche o dall’area europea del Danubio, migrò in Anatolia, dove, dall’età della pietra, già vivevano i protohatti, popolazioni autoctone.

    Questi ultimi vivevano in città ed avevano sviluppato un buon livello di civilizzazione. La più antica città del mondo ad oggi conosciuta è stata costruita da queste popolazioni: Catal Huyuk , a sud-est di Ankara. Si tratta di una città che ha subito diversi processi di ricostruzione, partendo dal primo neolitico (8000-7000 a.C.), ottenendo, come risultato, la formazione di vari strati su una quota altimetrica di 19 metri, di cui i primi dieci sono stati datati usando il metodo del carbonio 14. La storia di Catal Huyuk è abbastanza nota a partire da circa il 6500 a.C., per cui vi sono circa duemila anni ancora da studiare e decifrare. Il lavoro ottenuto fino ad ora è dovuto a scienziati come Mellart, Forrer, Hrozny, Winckler.

    Catal Huyuk risulta essere ancora più antica di Gerico, città palestinese, anche essa composta di strati, su una quota di circa 13 metri, la cui fondazione è databile attorno al 6500 a.C..

    L’antica città non aveva strade ed era composta da case ammassate l’una sull’altra, a scopo difensivo, a cui si accedeva tramite scale a pioli poggiate sui tetti. Le case potevano essere a più piani, avevano poche stanze, presentavano un’intelaiatura in legno ed un rivestimento, che veniva annualmente intonacato, costituito da mattoni, fatti di fango e paglia essiccati. Ciascuna casa poteva ospitare dalle sei alle otto persone (un nucleo familiare), vi era una cucina ed un angolo dove si accendeva il fuoco. Sotto i letti venivano conservate le ossa dei defunti ed erano collocate in relazione ai sessi: le ossa di donne sotto il letto dove dormiva una donna e quelle degli uomini sotto i letti dove giacevano uomini.

    Questa ritualità implicava diversi significati religiosi, correlati con la morte. In questa fase dell’umanità nasce il processo di divinazione di ciò che fa paura all’uomo: il fulmine, l’eruzione di un vulcano, alcuni animali feroci e la morte.

    I defunti venivano sottoposti ad un processo di escarnazione da parte degli avvoltoi, come ci raccontano le pitture parietali, in modo che rimanessero solo le ossa, che venivano poi conservate. Queste avevano un significato altamente simbolico, in quanto, secondo la tradizione semita, ereditata poi dal cristianesimo, rappresentano l’anima e la continuità del defunto con il regno dell’aldilà, quindi la vita eterna. Conservando le ossa del defunto in casa, i suoi cari richiamavano su di loro la sua benedizione e protezione. In alcuni casi venivano costruite appositamente delle case solide e robuste, per conservare i defunti, in modo che gli stessi venivano ingannati e credevano di essere ancora in vita. Le costruzioni meglio conservate che ci sono pervenute sono quelle legate ai defunti, proprio perché dovevano avere una funzione duratura nel tempo.

    Nel corso del processo evolutivo di queste popolazioni, si osserva che la conservazione dei corpi subisce dei profondi mutamenti: si passa, infatti, dal conservare le ossa in casa, sotto i letti, al contenerle in case apposite, fino ad arrivare a custodirle fuori delle città, in quelli che saranno i prototipi dei nostri cimiteri. In ultimo, si passerà anche all’inumazione dei morti, come è stato verificato in alcune città dell’Asia Minore.

    Quest’ultimo argomento è di grande importanza perché rappresenta il contrasto tra due culture. La prima, di origine semita, si basava, come già detto, sulla sacralità del corpo e delle ossa, la seconda di origine nordeuropea, relativa alla “cultura dei campi di urne” , preferiva conservare le spogli dei defunti incenerite. A seguito delle successive migrazioni, in particolare quella dei popoli del mare, tale cultura prese il sopravvento e si diffuse in tutta l’Europa.

    Dalla cultura anatolica si sviluppò il concetto di positività assegnato all’est e negatività all’ovest, ripreso poi dai romani. Ad esempio, tutti i cimiteri aprivano ad ovest ed un esercito che usciva in battaglia impiegava la porta est.

    Numerose erano le divinità venerate, ma la più diffusa era il toro, in richiamo ai monti del Tauro, catena montuosa che separava l’Anatolia dalla Mesopotamia, che poteva essere attraversata solo mediante il passo della Porta della Cilicia , utilizzato anche da Alessandro Magno nella sua impresa. L’adorazione di questo animale venne ereditata dalla cultura accado-sumerica. Costituiva il simbolo della fertilità e della forza ed era venerato anche a Creta, in tutta la Grecia, presso i galli, i germani ed alcune popolazioni italiche (sanniti, apuli, veneti, umbri). E’ dunque attendibile l’ipotesi che questa civiltà avesse molti rapporti con le culture dell’Egeo, in particolare con Creta e Micene. Si pensa addirittura che il palazzo di Cnosso a Creta fosse una grande necropoli, poiché ci è pervenuto ben conservato e presenta l’ingresso principale ad ovest.

    Numerosi poi erano i simboli fallici impiegati, segno di fertilità e di buon auspicio. Molte le divinità femminili venerate, tra cui Geà (la Terra). Questo testimonia il cambiamento della società che da patriarcale diviene sempre più matriarcale: l’uomo, non più nomade, sviluppa un’attività sedentaria, scoprendo la pastorizia e l’allevamento, quindi perde della sua importanza a favore della donna.

    I protohatti erano in grado di lavorare i metalli e la ceramica, usavano la pittura per scopi religiosi ed ornamentali, fabbricavano tessuti che venivano anche tinti, avevano un’alimentazione abbastanza varia, svolgevano attività di pastorizia, avvalendosi dell’aiuto del cane, avevano una discreta cura dei denti e dell’igiene del corpo.

    Catal Huyuk venne abbandonata intorno al 5700 a.C., forse a causa di un incendio o di un’eruzione vulcanica. Venne fondata, così, Catal Huyuk Ovest, abitata per circa 700 anni e poi abbandonata a causa di un incendio. Successivamente, vennero fondate altre città, divenute ora famosi siti archeologici, in cui l’assetto urbanistico e la tipologia mostrano l’evoluzione della civiltà dei protohatti: Mersin-Tarso, Can Hasan, Beycesultan, Troia, Alaja Huyuk, Kultepe. Sarà proprio da Kultepe che comincerà la comparsa degli ittiti.

    Non si sa con certezza quando questi ultimi giunsero in Anatolia. Sicuramente ciò avvenne alcuni secoli prima del 1750 a.C., anno in cui questo popolo cominciò ad assoggettare le tribù residenti. E’ probabile che nei secoli che precedono tale data, gli immigrati indoeuropei abbiano assimilato gli usi ed i costumi, nonché le tecnologie e la lingua delle popolazioni locali. Essi si inserirono talmente bene nel tessuto sociale che non imposero la propria lingua, ma adottarono quella dei protohatti. Inoltre, presero il nome di ittiti, richiamandosi a quello dei predecessori.

    Il fondatore dell’impero ittita fu il re Pitkhana di Kussara , che unì alcune tribù sotto il protettorato della città di Kutelpe. Suo figlio Anittas, invece, partì per conquistare Nesa, che divenne prima capitale del regno ittita, e Hattusas, la quale fu distrutta, senza alcun apparente motivo. Nesa divenne una città abbastanza ricca ed aveva addirittura uno zoo. Cento anni dopo, Hattusas, situata nell’Anatolia centrale, ad est di Ankara, venne ricostruita e divenne la vera capitale degli ittiti.

  • Fenici: territorio ed origini

    Territorio ed origini
    La storia non ci ha tramandato fonti dirette che ci descrivessero il popolo fenicio. Non esistono testi scritti e le uniche informazioni ci vengono tramandate da scrittori, testimoni e storici di altri popoli. Molto probabilmente questo popolo si è formato in seguito a diversi processi e fasi di migrazioni di popoli nell’area che attualmente comprende: Libano, Israele, Siria, Palestina, Giordania ed Egitto.
    In Mesopotamia, già intorno al 3600 a.C., risiedeva una popolazione, conosciuta come “gente di Obeid”, pacifica e abbastanza progredita. Successivamente nel 3500 a.C., dall’Asia centrale migrarono i Sumeri, fondando la città di Ur dei Caldei , portando conoscenze astrologiche, matematiche ed un protosistema legislativo. Tale civiltà lasciò il posto a quella semita che aveva come re Sargon (da cui Sargonidi o Accadici), che fondò la città di Accad che acquisì più importanza di Ur.
    Tra il 2300 ed il 2000 a.C. due popoli scesero dalla regione impervia del Sinai: gli Amorrei ed i Cananei. I primi si sono diretti verso la Mesopotamia, sconfiggendo i sargonidi e dando i natali ad Hammurabi, famoso per le tavole delle leggi, dalla cui dinastia proverranno i fondatori di Babilonia; i secondi si sono diretti in Palestina, dove risiedevano altre popolazioni a carattere nomade. In questa regione, dal 2900 a.C., esisteva già una città: Biblo, famoso porto commerciale, utile agli egiziani per trasportare i papiri. Tale centro subì devastazioni dai Cananei, ma rimase importante nodo commerciale e luogo di influenza economica egiziana. Ciò è testimoniato dalle numerose scritture egizie, nelle quali è riportato o richiamato il nome di Biblo.
    Successivamente l’area di Canaan cadde sotto il dominio ittita, in particolare possedimento degli hapiru che appartenevano ad una popolazione migrata dalla Mesopotamia a seguito dell’invasione ittita, successivamente alleati con gli abitanti dell’Anatolia. In questo periodo in Egitto regnava Akhenaton, il quale cercò di attuare una rivoluzione religiosa di carattere monoteistico e si disinteressò della politica estera, mostrando il fianco ad invasioni di popoli.
    La Cananea fu poi ripresa dagli egiziani, ad opera di Tutankamon, Ramsete e Seti I , successori di Akhenaton, ma mantenne una sua indipendenza. In questo periodo comincia a nascere con Davide il regno di Israele, che approfitta di questa indipendenza dei Cananei per prendere una propria strada individuale.
    A questo punto, sulle coste libanesi si presentò il “popolo del mare”, risultato di una migrazione nord europea che, conquistata la Grecia, in particolare la civiltà micenea, per mezzo dei Dori, si riversò su Creta, luogo di altra florida cultura, e su Cipro. Da qui ci fu una invasione delle coste libiche, fino a quelle egiziane, dove Ramsete riuscì ad ottenere un vittoria. I popoli del mare, o anche Khreti e Plethi (Cretesi e Dori), si assestarono in Cananea, fondando, alcuni, la Filistea; altri, amalgamandosi con le popolazioni locali, diedero luogo alla civiltà fenicia. Inoltre una parte di questa migrazione dalla Grecia si diresse presso gli Ittiti, sconfiggendoli e da qui in Mesopotamia.
    Siamo intorno al 1500 a.C., nasce la città di Tiro che diventa più importante di Biblo. In questo periodo i navigatori cananei cominciano ad avere navi più robuste, impiegando il legname ed il cedro libanese, ed a percorrere rotte più lunghe (fino ad allora si viaggiava lungo la costa). Questo cambiamento è dovuto senz’altro ad una contaminazione da parte dei popoli del mare. Israele ingaggerà dure lotte contro la Filistea (basti ricordare l’episodio di Davide e Golia), mentre con i fenici avrà sempre un rapporto pacifico ed improntato su un carattere commerciale.

    Società
    Delle città fenicie si conosce poco, in quanto, per la maggior parte, sono andate distrutte. E’ comunque possibile descrivere un modello anche sulla base di quello di Cartagine. A capo di tutti era un re che regnava incontrastato. Questo accadeva in Fenicia, mentre a Cartagine vi era un suffeta eletto dal Senato e dal Consiglio dei Cento. Questi deteneva il potere giudiziario e parte di quello esecutivo, mentre quello legislativo era affidato al Senato. Esisteva anche un Assemblea del Popolo, interpellata se c’erano discordanze tra il suffeta ed il Senato.
    Esisteva anche una casta sacerdotale, articolata su precisi riti e simboli. Inoltre, la grande attività commerciale favoriva la presenza di una classe borghese che spesso aveva anche influenze sulla scena politica. La ricchezza era data non dalla proprietà terriera, come in molte altre civiltà, ma dalle numerose attività economiche.
    Numerose erano le città fenicie, tutte vivevano tra loro separate, solo alla fine dell’indipendenza, prima dell’egemonia assiro-babilonese, si creò un federazione con capitale Tripoli, a nord di Biblo.
    Ciascuna città era difesa molto bene: era isolata sul mare e cinta da possenti mura. Ciascuna di esse era caratterizzata da mercati e da una numerosa presenza di persone per le strade sempre vive e animate.
    Poco si conosce della condizione femminile e del resto della popolazione, si sa comunque che il tenore di vita era medio-alto, anche perché la popolazione non era tantissima. Ciò è testimoniato dall’opulenza delle città e dalla presenza di diversi schiavi.

  • Babilonesi: la religione

    Religione

    I babilonesi avevano una religione politeista, avente origini orientali. Essi furono molto abili ad impiegare la loro religione per fini politici, facendo diventare Babilonia luogo sacro di spiritualità ed origine del tutto. Attraverso documenti, vengono rielaborati tutti i testi sacri dei sumeri, modificando la realtà, per esaltare il mito di Babilonia, vista come “porta di Dio”. Il mito sumerico di Gilgamesh e quello di Atramhasis vengono rivisitati.
    Il primo mito si ricollega ad un re sumero vissuto ad Uruk intorno al 2700 a.C., che sperimenta l’esperienza della mortalità umana e compie un viaggio verso la conoscenza perfetta.
    Tra le sue imprese, Gilgamesh avrebbe ucciso un toro divino, inviato sulla terra dalla dea Ishtar, che opprimeva il proprio popolo.
    Il secondo mito, invece, richiama il diluvio universale. Secondo la tradizione sumerica, An sovrintendeva tutto ed il cielo, Enlil ed Enki, suoi figli, regnavano rispettivamente sulla terra e sugli abissi. Il primo aveva più potere del fratello, che aveva come figlio Marduk. An crea gli altri dei per lavorare sulla terra, al fine di poter mangiare, ma questi si rifiutano, perché troppo faticoso. Quindi crea l’uomo che rifiuta anche esso di lavorare. Qui si inserisce il mito biblico del paradiso terrestre e della cacciata da parte dell’uomo e della donna. La prima modifica babilonese al testo sacro sta nel fatto che, a questo punto, Enlil propone di mandare sulla terra la pestilenza ed il diluvio per punire la ribellione umana, ma Enki facendo salvare Atramhasis su un’arca.
    Nell’altro testo sacro babilonese del Enuma Elish si descrive la lotta tra Enlil, geloso del salvataggio dell’uomo, ed Enki. Per vendicarsi, ordina a Tiamat, essere vivente dei mari, invincibile, di generare dei mostri e comandare su tutti gli dei, ma Marduk, figlio, di Enki, lo uccide e riceve in compenso la supremazia su tutti gli dei.
    Praticamente, attraverso la rivisitazione di questi miti, i sacerdoti babilonesi sostituiscono l’importanza di Enlil, venerato presso i sumeri, con quella di Enki, sacro ai babilonesi, da cui ne consegue una sacralità per il figlio, il dio Marduk. La sacra città sumerica di Eridu, consacrata al dio Enlil, è equiparata integralmente a Babilonia, città sacra ad Enki.
    Il cuore della religione si sposta da Ur e Nippur a Babilonia, Borsippa e Kuta, al punto che anche gli assiri veneravano gli dei babilonesi, considerandoli come i più grandi ed eccelsi. Nel regno assiro, infatti, si pensava che Ninive fosse il centro politico e Babilonia quello religioso. Dietro questo processo sicuramente c’è una stretta cooperazione con i caldei. Fu questa “rivoluzione” religiosa a decretare il prestigio di Babilonia che in più parti era rappresentata come il centro del mondo e la porta verso il dio Marduk.
    La grandezza della cultura babilonese sta anche nella produzione di questo modello religioso che segnò le basi del prestigio del proprio popolo e di una filosofia di pensiero, accettata da molte culture orientali.
    Gli stessi re di Babilonia non si definivano re, a differenza degli assiri, ma pastori di popoli, amministratore della giustizia e servitori degli dei e lo stesso Ciro il Grande, per annettere la città ed il suo impero alla Persia, si proclamò servo di Marduk.
    Ogni anno a Babilonia si celebrava la festa del Nuovo Anno. Il mito della rinascita è sempre presente nelle religioni orientali. Solo il re poteva cominciare la festa ed era accompagnato dai sacerdoti. Ad un certo punto della festa il gran sacerdote schiaffeggiava il re, per ricordargli di essere umano: se questi piangeva, il dio Marduk concedeva all’impero un anno prosperoso, altrimenti vi erano dei presagi nefasti.
    Esisteva una trinità babilonese: Marduk, Ishtar e Nabu. Il primo è il padre di tutti. Ishtar richiama il mito fenicio di Balaat e presso i sumeri era venerata come Innin, presso gli Egizi come Iside. Essa era la gran madre di tutti, simboleggiava colei che dava calore, fertilità e sicurezza all’uomo. Nabu era il figlio di Marduk ed era molto vicino all’uomo. Era colui che accompagnava la processione nella festa dell’Anno Nuovo, segno di rinascita e purificazione, che avveniva con l’aiuto di Ishtar. Accanto a questa triade c’erano altre divinità, tra cui si ricorda: Ninurta, che aveva un tempio dedicato a Babilonia e che vegliava sulla città di Borsippa, Nergal, protettore della città di Kuta, Ninrag, protettore del vulcano, Anu, che vegliava sul cielo, Annunaki, protettore della volta celeste ed illuminato da Anu, Igigi, legato al ciclo perpetuo del sorgere e del tramontare.