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  • La rivoluzione francese e la presa della Bastiglia

    INDICE GENERALE (Dai primi moti al Consolato)
    Dal 1770 al 1788 – Notizie e dati orientativi
    Anno 1789
    Anno 1790
    Anno 1791
    Anno 1792
    Anno 1793
    Anno 1794
    Anno 1795
    Anno 1796
    Anno 1797
    Anno 1798
    Anno 1799

    E’ stato scelto, per motivi di praticità, di non riportare riferimenti bibliografici sulla storia della Rivoluzione francese: la bibliografia è enorme e volumi su questo soggetto sono disponibili presso qualsiasi biblioteca. Comunque, per il lettore che volesse conoscere più a fondo l’argomento citiamo, senza voler far torto a nessuno, una sola opera, completa ed esaustiva: ADOLPH THIERS – Storia della Rivoluzione francese – 10 Volumi della quale esistono diverse edizioni in lingua italiana.

    3 Gennaio 1789

    MULHOUSE:

    Gli abitanti votano a favore di una riunificazione alla Francia.



    5 Gennaio 1789

    I CONSIGLI:

    Legge che prevede un prestito di 80 milioni di franchi per la preparazione di uno sbarco in Inghilterra.



    11 Gennaio 1789

    IL DIRETTORIO:

    In seguito all’assassinio del Generale Duphot, viene ordinato al Generale Berthier, comandante dell’armata d’Italia, di impadronirsi di Roma.



    Rivoluzione francese:12 Gennaio 1789

    IL DIRETTORIO:

    Bonaparte espone un piano per invadere l’Inghilterra.



    15 Gennaio 1789

    VAUD:

    Insurrezione degli abitanti del paese, favorevoli alla Rivoluzione, contro il governo di Berna.



    18 Gennaio 1789

    I CONSIGLI:

    Emanata una legge che autorizza la cattura di tutte le navi, anche di paesi neutrali, che trasportino prodotti inglesi.

    LA GUERRA:

    Gli austriaci occupano Venezia, secondo quanto previsto dal Trattato di Campoformio.



    24 Gennaio 1789

    Lettera del re che convoca le parti per le elezioni degli Stati Generali, dettando alcune regole fondamentali:
    – modalità per l’elezione dei deputati, tornate elettorali, ballottaggi, ecc.
    – preparazione dei “Cahiers de Doléances” a cura dei vari comitati elettorali. Si tratta di documenti che riportano le manchevolezze delle gestioni locali e propongono i relativi rimedi nonchè le riforme sociali e politiche, ritenute improrogabili, da attuarsi a breve. Ne verranno redatti oltre 50.000!
    – raddoppio del numero dei deputati da eleggere nell’ambito del Terzo Stato
    – completamento delle votazioni tra Marzo ed Aprile 1789.
    Non c’era nulla nelle regole elettorali che impedisse formalmente alle donne di esprimere il loro voto. Tali regole furono però applicate in modo talmente restrittivo da impedire di fatto la loro partecipazione.



    27 Gennaio 1789

    RENNES:

    Scontri tra nobili e studenti che reclamano una pronta attuazione delle riforme sociali, economiche e politiche.



    Febbraio 1789

    LA CARESTIA:

    In diverse città si registrano sommosse nelle quali il popolo chiede aumenti salariali e misure per combattere la carestia.



    Marzo 1789

    REIMS:

    Una folla di diseredati saccheggia i granai ecclesiastici, le panetterie ed alcuni convogli che trasportano grano.



    Aprile 1789

    LA CARESTIA:

    Continuano le sommosse, a causa della carestia, in quasi tutti i centri urbani ed in particolare a Marsiglia e ad Aix.



    27 Aprile 1789

    Incendio degli stabilimenti REVEILLON ed HENRIOT al faubourg Saint-Antoine.
    Da qualche giorno correva voce che i titolari di questi stabilimenti (produzione di carte da parati) avessero intenzione di ridurre i salari dei loro operai da 20 soldi al giorno a 15. Si dice che la notizia, risultata poi falsa, fosse stata diffusa da agitatori al soldo di politicanti mai individuati, ma in realtà la sommossa fu una manifestazione di protesta (una delle tante) nata spontaneamente e dovuta alla fame, alla carestia ed alla disoccupazione operaia particolarmente sentita nei popolari quartieri Saint-Antoine e Saint-Marcel.

    Le truppe inviate a sedare il tumulto spararono, senza esitazione, sulla folla provocando 25 morti e 22 feriti, mentre altre 46 persone furono arrestate.

    Ristabilita provvisoriamente la calma fu possibile constatare che nessuno degli operai dei due stabilimenti devastati aveva partecipato alla rivolta. La folla degli insorti comprendeva invece operai dell’artigianato in crisi (mobilieri), muratori, lavoratori del porto di Parigi, nonchè numerosi giovani affluiti dalla provincia alla disperata ricerca di un lavoro, dopo la disastrosa crisi agricola dell’estate 1788.

    Alcuni di essi, introdottisi nelle cantine dello stabilimento Reveillon, hanno scambiato per vino alcune bottiglie di acido e ne hanno bevuto il contenuto, morendo tra atroci tormenti.

    All’inizio dell’agitazione una folla di circa 3000 dimostranti si era radunata sullo spiazzo antistante l’ingresso della Bastiglia ed impediva il transito delle carrozze di alcuni nobili, ma quando apparve la carrozza con le insegne del Duca d’Orléans, sulla quale viaggiava la moglie del duca stesso, la folla proruppe in acclamazioni e quando le milizie che presidiavano il faubourg si fecero da parte per lasciar passare il veicolo, una folla di dimostranti si accodò alla carrozza e riuscì a violare il blocco delle milizie dilagando nel faubourg Saint-Antoine. Da questo episodio nacque il sospetto che la responsabilità della sommossa fosse da attribuirsi al Duca d’Orléans, notoriamente in forte contrasto con la Corte.

    LOUIS PHILIPPE DUC D’ORLEANS (detto anche PHILIPPE EGALITE).

    Nato a Saint-Cloud il 13/4/1747 e ghigliottinato a Parigi il 6/11/1793. Discendente in linea diretta dal fratello del Re Sole, era uno degli uomini più ricchi e più ambiziosi di Francia.

    Pur avendo votato per la morte del cugino Luigi XVI, facendo di necessità virtù, la sua recondita e segreta speranza era quella di poter cingere, un giorno, la corona, lasciando alla Rivoluzione il compito di eliminare quelli che lo precedevano, con diritto prioritario di successione al trono. Le sue speranze non erano campate per aria; nella sua veste di Gran Maestro della Massoneria e capo indiscusso del partito orleanista, poteva contare sull’appoggio incondizionato della nobiltà e della grande borghesia.

    Come individuo era una summa di vizi: giocatore d’azzardo, amante delle corse di cavalli, cacciatore di donne dell’alta società ma anche incallito frequentatore delle prostitute dei bassifondi; spendeva molto di più di quanto poteva (e poteva molto) trovandosi, a volte, coperto di debiti, malgrado la sua ricchezza.

    La sua politica è sempre stata molto ambigua; pur essendo sostenitore della Rivoluzione e delle sue idee più estreme, questo non gli aveva impedito di farsi eleggere agli Stati Generali come rappresentante della Nobiltà. Nel Settembre del 1792 chiede alla Comune di Parigi di rinunciare al suo nome in cambio di un nome più rivoluzionario: PHILIPPE EGALITE.

    Viene arrestato durante il Terrore come sospetto in quanto il figlio, complice di Dumouriez, era passato agli Austriaci. Pur essendo membro del Club dei Giacobini, non era mai riuscito a convincere della sua buona fede i capi rivoluzionari; il Tribunale Rivoluzionario (e Robespierre) lo consegnano senza esitazione alla ghigliottina.
    La Massoneria contava allora in Francia circa 100 logge facenti capo a due obbedienze: La Grande Loggia ed Il Grande Oriente. Nel 1799 queste due obbedienze si unificheranno.



    28 Aprile 1789

    Continua la rivolta al faubourg Saint-Antoine; si stima, ma non è certo, che l’agitazione abbia provocato la morte ed il ferimento di almeno 300 persone, prese a fucilate dalle guardie.



    29 Aprile 1789

    Due manifestanti, arrestati il 27/4/1789, durante le manifestazioni al faubourg Saint-Antoine, vengono impiccati sulla Place de Grève.

    PLACE DE GRÈVE all’epoca era un ampio spiazzo, di fronte all’Hôtel de Ville (Municipio), digradante verso la Senna, come una spiaggia. Dal 1310 era il luogo abituale per l’esecuzione delle sentenze capitali. Negli anni della Rivoluzione venne istallata la ghigliottina per l’esecuzione dei criminali comuni ed in seguito anche per i politici.

    Oggi: Place de l’Hôtel de Ville.

    L’attuale Hôtel de Ville è stato ricostruito dopo l’incendio del 1871.



    30 Aprile 1789

    MARSIGLIA:

    All’epoca quarta città della Francia, con circa 100.000 abitanti, è in piena rivolta. La folla dei rivoltosi si impadronisce di tre fortezze dell’esercito ed ammazza il comandante di una di esse, il cavaliere De Beausset.

    VERSAILLES:

    In attesa della inaugurazione degli Stati Generali, alcuni deputati del Terzo Stato eletti in Bretagna, fondano, al Caffè Amaury, il Club Breton, primo nucleo di quello che diverrà il Club dei Giacobini.



    2 Maggio 1789

    Presentazione al re dei deputati agli Stati Generali.

    In totale si tratta di 1154 deputati così suddivisi:

    – 285 per la Nobiltà

    – 291 per il Clero

    – 578 per il Terzo Stato (tutti esponenti della borghesia; nessun operaio o contadino)

    Queste cifre sono comprensive anche dei deputati del Dipartimento di Parigi che si uniranno agli Stati Generali solo in un secondo tempo (23 Maggio), per particolari problemi elettorali.
    La sproporzione è evidente: ci sono 576 deputati per rappresentare il 2% della popolazione (nobiltà e clero), mentre il rimanente 98% della popolazione (Terzo Stato) è rappresentato da 578 deputati.



    4 Maggio 1789

    VERSAILLES:

    Il re ed i deputati neo eletti sfilano per le strade della città e si recano in processione alla cattedrale per una solenne cerimonia.



    5 Maggio 1789

    VERSAILLES:

    Seduta inaugurale degli Stati Generali in un padiglione provvisorio costruito nel cortile dell’Hôtel Menus-Plaisirs.

    Il re tiene il discorso di apertura focalizzando la sua attenzione sulle difficoltà finanziarie dello Stato, trascurando invece le riforme politiche e sociali auspicate dal popolo.



    6 Maggio 1789

    Nasce il primo conflitto, in seno ai tre ordini, su di un banale problema procedurale: la verifica e la certificazione dei mandati dei singoli deputati.

    Il Terzo Stato propone che la detta verifica avvenga in comune con gli ordini riuniti insieme nella sala dell’Hôtel Menus-Plaisirs. I due ordini della Nobiltà e del Clero rifiutano la proposta; il Terzo Stato occupa la sala, in attesa che gli altri ordini cambino idea e sia possibile iniziare la verifica dei mandati elettorali.



    11 Maggio 1789

    Altro grosso problema è quello di stabilire le modalità di votazione dei futuri provvedimenti che gli Stati Generali dovranno deliberare. Si tratta di decidere tra:

    – votare per Ordine: in questo caso il Terzo Stato diventerebbe impotente di fronte alla naturale e scontata alleanza tra Nobiltà e Clero; si voterebbe sempre a 2 contro 1.

    – votare pro-capite con i tre ordini riuniti: in questo caso il Terzo Stato (578 voti) sarebbe in equilibrio di forze contro Nobiltà e Clero (576 voti).

    La Nobiltà rifiuta nettamente la seconda soluzione e si costituisce in Camera Separata.

    Il Clero è esitante e decide di sospendere provvisoriamente la verifica dei mandati dei propri deputati.



    20 Maggio 1789

    Con moto proprio il Clero rinuncia ai suoi privilegi fiscali ed accetta il principio di uguaglianza di tutti di fronte alle imposte.



    22 Maggio 1789

    Seguendo l’esempio della decisione presa dal Clero anche la Nobiltà rinuncia ai suoi privilegi fiscali ed accetta il principio di uguaglianza di tutti davanti alle imposte.



    23 Maggio 1789

    Per sbloccare la situazione creatasi l’11 Maggio i tre ordini nominano dei commissari incaricati di dirimere la vertenza.

    La prima riunione dei commissari fallisce ed ognuno resta fermo sulle sue posizioni.



    24 Maggio 1789

    Fallimento della seconda riunione di conciliazione dei commissari dei tre ordini.

    Intanto agli Stati Generali si congiungono i deputati dei tre ordini eletti nel Dipartimento di Parigi.



    30 Maggio 1789

    Fallimento della terza riunione di conciliazione, tenuta in presenza di altri commissari, non deputati e nominati dal re, per cercare di uscire dalla situazione di stallo.
    E’ passato quasi un mese dall’insediamento degli Stati Generali ed i tre ordini continuano a cavillare su problemi procedurali che il popolo non capisce perchè assillato dai problemi congiunturali di sempre: carestia, disoccupazione e miseria.

    L’eco dei tumulti che scoppiano in tutto il paese (oltre 400) pare non giunga nelle dorate sale di Versailles.



    1 Giugno 1789

    L’anziano deputato D’Ailly viene eletto Decano del Terzo Stato.


    Rivoluzione francese:3 Giugno 1789

    Il deputato D’Ailly rinuncia alla sua carica di Decano del Terzo Stato e viene sostituito dal deputato Bailly.

    JEAN SYLVAIN BAILLY nato a Parigi il 15/9/1736 e ghigliottinato il 12/11/1793.

    Figura di spicco della Rivoluzione quanto sfortunato. Bailly era un eminente astronomo, membro dell’Accademia delle Scienze, onorato dalla monarchia che non esitava a chiedere i suoi consigli; contribuì con Luigi XVI a stabilire regole e modalità per garantire una elezione democratica dei deputati degli Stati Generali.

    Eletto deputato per il Terzo Stato, diviene decano dell’Ordine, presidente dell’Assemblea Costituente e poi sindaco di Parigi. Di idee moderate, fu sconvolto dalle molteplici atrocità insite nella Rivoluzione e dal massacro del genero Bertier. Detestato dai monarchici per la sua adesione al Terzo Stato, le sue idee moderate gli procurarono la diffidenza ed il sospetto da parte di capi estremisti quali Marat e Desmoulins. Lasciata la carica di sindaco di Parigi, si rifiuta di espatriare (come gli era stato consigliato) e si rifugia prima a Nantes e poi a Melun presso l’amico Laplace.

    Arrestato e processato, viene condannato a morte come uno dei capri espiatori del massacro del Campo di Marte del 17/7/1791 nel quale non c’entrava per nulla. Prima di essere decapitato al Campo di Marte, viene abbandonato alle sevizie di una folla inferocita, per oltre due ore.



    4 Giugno 1789

    Necker, neutrale nella sua veste di Ministro delle Finanze, presenta un progetto di accordo tra i tre ordini che il Clero accetta subito.

    Muore a Meudon il delfino Louis Joseph François Xavier, Conte di Viennois, all’età di anni 7. Suo fratello cadetto Louis Charles, Conte di Normandie, di 4 anni, diventa il nuovo delfino.

    Il re si ritira a Marly per un breve periodo di lutto.



    6 Giugno 1789

    La Nobiltà, dopo avere esaminato e vagliato il progetto di Necker, lo rifiuta.



    10 Giugno 1789

    Su proposta di Sieyès, il Terzo Stato decide di cominciare da solo la verifica dei mandati dei deputati di tutti gli ordini.

    EMMANUEL JOSEPH SIEYES, nato a Fréjus il 3/5/1748 e morto a Parigi il 20/6/1836.

    Avrebbe voluto dedicarsi alla carriera delle armi ma i parenti si imposero perchè diventasse prete. Cacciato una prima volta da un seminario, per mancanza di vocazione, riuscì, alla fine, a ricevere gli ordini. Se anche mancava di vocazione, in seminario aveva ben appreso il comportamento enigmatico, elusivo e sfuggente tipico dei preti, sempre pronto a lanciare il sasso e poi nascondere la mano. Venne chiamato la “talpa della rivoluzione”.

    Malgrado appartenesse al clero, riuscì a farsi eleggere deputato per il Terzo Stato, dopo aver pubblicato un saggio intitolato “Cosa è il Terzo Stato”, che fece molta impressione. Rieletto in seguito alla Convenzione, vota per la morte di Luigi XVI; questo gli frutterà l’esilio, come “regicida”, nel 1815, nonostante avesse collaborato alla presa del potere da parte di Napoleone.

    Arrivista per costituzione, i suoi traffici sotterranei furono innumerevoli e se la cavò sempre per il rotto della cuffia, malgrado Robespierre lo tenesse d’occhio. Quando qualcuno gli chiedeva cosa avesse fatto durante il Terrore, rispondeva candidamente “sono sopravissuto”. Finirà i suoi giorni molto ricco ed affetto da demenza senile.



    12 Giugno 1789

    Inizia la verifica dei mandati dei deputati da parte del Terzo Stato.



    13 Giugno 1789

    La compagine dell’Ordine del Clero comincia a cedere. Tre deputati di questo Ordine si uniscono a quelli del Terzo Stato.

    La cosa è abbastanza naturale. L’Ordine del Clero contava 291 deputati; di questi circa 50 erano alti prelati, vescovi e cardinali che costituivano lo zoccolo duro dell’Ordine. Gli altri erano preti comuni e parroci, che avevano un contatto più stretto con la gente e quindi erano più sensibili agli umori del popolo. I membri più modesti dell’Ordine avevano fiutato da tempo quale era il possibile carro del vincitore e perciò facevano di necessità virtù.



    14 Giugno 1789

    Sei altri deputati del clero, tra i quali l’abate Henry Grégoire, si uniscono al Terzo Stato.

    HENRY BAPTISTE GREGOIRE, nato a Veho il 4/12/1750 e morto a Parigi il 28/5/1831.

    Gesuita, pur essendo refrattario alle idee filosofiche dei suoi tempi, nondimeno mostrerà, in svariate occasioni, un grande spirito di tolleranza. Scrittore, studioso dei problemi sociali, sarà un sostenitore dei diritti delle minoranze nere ed ebraiche e della libertà di culto. Durante gli Stati Generali i suoi interventi favoriranno l’unione dell’Ordine del Clero con quello del Terzo Stato; pur essendo contrario alla “Costituzione Civile del Clero”, sarà il primo a prestare giuramento alla Costituzione stessa e diventerà Vescovo Costituzionale.

    Partecipa alle riunioni del Club dei Giacobini ma rifiuterà sempre di rinunciare all’abito talare. Grande promotore di interventi per l’istruzione pubblica e per la conservazione del patrimonio artistico nazionale, in grave pericolo per gli atti vandalici della Rivoluzione.

    Ostile al potere di Napoleone (che lo nominerà conte) si batterà accanitamente contro la firma del Concordato con il Vaticano e contro qualsiasi apertura verso la Santa Sede.



    17 Giugno 1789

    Su proposta di Sieyès, i deputati del Terzo Stato, considerato che rappresentano il 96-98% del paese, si autoproclamano Assemblea Nazionale, e cominciano a legiferare in materia fiscale. Una vera e propria prova di forza.



    19 Giugno 1789

    Stupito ed imbarazzato dalla prova di forza del 17 Giugno, l’Ordine del Clero mette ai voti la proposta di riunione all’Assemblea Nazionale. La proposta viene approvata con 149 voti a favore e 137 contrari.

    20 Giugno 1789

    Il re sente il suo potere minacciato dalle decisioni dei giorni precedenti. Con una scusa banale ordina la chiusura della sala dell’Hôtel Menus-Plaisirs, per prendere tempo e per studiare una propria linea di condotta, unitamente all’Ordine della Nobiltà.

    Decisione quanto mai improvvida!

    I deputati dell’Assemblea Nazionale non si perdono d’animo ed occupano una sala vicina: quella del Jeu de Paume (Pallacorda) e, seduta stante, il deputato Target redige una formula di giuramento che Bailly legge e tutti i presenti (meno uno) giurano e sottoscrivono. Il giuramento vincola i deputati “a non separarsi mai ed a riunirsi, in qualsiasi luogo imposto dalle circostanze, finchè il regno non abbia una costituzione basata su solide fondamenta.”


    21 Giugno 1789

    Riunione del Consiglio di Stato del Re (Consiglio della corona) per studiare i provvedimenti da adottare contro l’Assemblea Nazionale.

    Un piano di riappacificazione proposto da Necker viene rifiutato; si opta per una linea dura.

    Il “Consiglio di Stato del Re” comprendeva, oltre al sovrano e la regina, il “Consiglio dei Ministri” composto dai seguenti dicasteri:

    – Interni

    – Affari Esterni

    – Giustizia (Guarda Sigilli)

    – Finanze

    – Guerra

    – Marina


    22 Giugno 1789

    Riunione dell’Assemblea Nazionale nella chiesa di S. Luigi a Versailles. Partecipano anche 150 deputati del clero e 2 della nobiltà.

    E’ una riunione interlocutoria e di attesa delle decisioni del re, previste per la Seduta Reale del 23 Giugno.


    23 Giugno 1789

    Seduta Reale. Il re tiene un atteggiamento duro, sprezzante e minaccioso. In buona sostanza pretende:

    – l’annullamento delle decisioni prese, negli ultimi giorni, dalla neo Assemblea Nazionale;

    – la riunione dei tre Ordini in sale separate come avvenuto all’apertura degli Stati Generali;

    – il voto per Ordine e non pro-capite.

    In caso di inadempimento gli Stati Generali verrebbero sciolti.

    Alla fine della seduta il deputato Mirabeau replica: “noi siamo qui per la volontà del popolo e usciremo di qui solo sotto la costrizione delle baionette”.

    Luigi XVI ha perso così i suoi poteri di monarca assoluto; di fatto i deputati del Terzo Stato si rifiutano di abbandonare la sala e proclamano l’inviolabilità dei membri dell’Assemblea Nazionale.

    HONORE GABRIEL RIQUETTI Conte di MIRABEAU, nato a Bignon il 9/3/1749 e morto a Parigi il 2/4/1791.

    Approda alla politica all’età di 40 anni dopo una vita di scandali e di dissolutezze che lo conducono più volte in prigione. La famiglia lo rinnega e lo disconosce per certi suoi vizi ritenuti innominabili, presi, probabilmente, a prestito dal contemporaneo Marchese di Sade.

    Alcuni biografi sostengono sia stato sposato, dal 1772 al 1774, con la marchesa Marie de Marignan.

    La vita dissoluta lo lascia a corto di denaro e trova una soluzione ai suoi problemi nel farsi eleggere deputato del Terzo Stato, cosa che gli consentirà di tenere un atteggiamento alquanto ambiguo e racimolare quattrini da più parti.

    Di figura imponente, molto brutto e con una voce stentorea, tuona sovente, in seno all’Assemblea Nazionale Costituente, esigendo quelle riforme che il popolo da tempo si attende. Questo gli assicura il consenso popolare, come si potrà constatare dopo la sua morte, ma dà anche slancio a certi suoi disegni ambigui che cerca di attuare mediante segreti contatti con la Corte; deputato populista quindi ma allo stesso tempo consigliere segreto di Luigi XVI, che lo remunera sotto banco, pur non tenendo in gran conto i suoi consigli.

    Un’ascesa politica folgorante, dalle prigioni agli onori del Pantheon, dopo la sua morte prematura, avvenuta nel 91. Si suppone sia stato avvelenato su mandato della Corte.

    In Assemblea, sui banchi opposti della nobiltà, sedeva anche il fratello ANDRE BONIFACE LOUIS RIQUETTI visconte di MIRABEAU-TONNEAU.


    25 Giugno 1789

    Alla Assemblea Nazionale si uniscono 47 deputati della nobiltà, tra i quali Philippe duca d’Orléans.

    In questa data nasce praticamente la Comune di Parigi.

    All’inizio erano riunioni spontanee di cittadini, in una locanda di Rue Dauphine, in seguito trasferite all’Hôtel de Ville, nella sala Saint-Jean. Un gruppo di rappresentanti della cittadinanza delibera che il re deve:

    – allontanare le truppe reali e straniere che minacciano l’Assemblea Nazionale a Versailles e la città di Parigi; si tratta di reggimenti che il re ha fatto affluire alla spicciolata per fronteggiare possibili moti eversivi;

    – accordare piena libertà di azione agli Stati Generali;

    – permettere la formazione di una “guardia borghese” (poi guardia nazionale) di matrice popolare.

    A questo punto la rivoluzione si sdoppia in due movimenti ben distinti che percorrono cammini paralleli, ma non sempre, l’uno procedendo nell’ordine, secondo il ritmo della legislatura, l’altro nel disordine al ritmo dei movimenti di strada. Questo ultimo avrà il sopravvento sulla lentezza delle istituzioni.

    Il popolo di Parigi che entra nella storia e che la fa, è ancora strettamente circoscritto nei limiti di una città medioevale. Il suo stile di vita ne è profondamente segnato.

    Assenza di comfort, supremazia della chiesa quale miscela di crapuleria e di superstizioni; la vita quotidiana è totalmente integrata ad una tradizione alla quale sfugge solamente la classe intelletuale. Quest’ultima farà una rivoluzione con un ritmo tranquillo che corrisponde a quello dei fatti e della logica che lo spingono, mentre la rivoluzione del popolo si farà con colpi selvaggi, in maniera brusca e molta indisciplina come sono i fatti di strada. Il popolo fa la rivoluzione scegliendo la strada per teatro delle sue manifestazioni e dei suoi atti sanguinari e affermandosi nei luoghi che sono quelli di credenze beffarde, di un culto screditato, d’una morale superata e di una forza scossa: quella della chiesa.


    27 Giugno 1789

    Dopo l’atteggiamento minaccioso, tenuto in occasione della Seduta Reale del 23 Giugno, il re ci ripensa, fa marcia indietro e chiede agli Ordini del Clero e della Nobiltà di fondersi con quello del Terzo Stato.

    Gli Stati Generali, nella loro totalità, diventano quindi Assemblea Nazionale.


    30 Giugno 1789

    La prigione de l’Abbaye di Parigi viene invasa dalla folla che libera alcune guardie, incarcerate per aver assistito a riunioni di natura politica presso alcuni “clubs” cittadini.

    I clubs, nel periodo precedente e durante la Rivoluzione, erano delle associazioni di cittadini che si riunivano per discutere di problemi politici. Si entrava a far parte di un club mediante presentazione di altri appartenenti e pagando un modesto contributo annuale per coprire le spese. è comunque improprio ritenerli dei “partiti” nel senso moderno del termine.

    I clubs, propriamente detti rivoluzionari, erano invece nati per iniziativa di deputati degli Stati Generali, di uguale tendenza politica, per discutere, extra Assemblea, su provvedimenti, decreti e leggi da proporre al vaglio ed alla approvazione dell’Assemblea vera e propria; potevano partecipare a queste riunioni anche comuni cittadini.

    Tra i clubs più importanti, in grado di imporre, a volte, ampie svolte al corso della politica generale, si ricordano:

    – il club dei Giacobini

    – il club dei Cordelieri

    – il club dei Foglianti

    – ecc.

    Si è discusso molto sul se e sul quanto abbia influito la Massoneria nel creare il clima rivoluzionario. Quale è stata l’influenza delle Logge massoniche sui clubs? Quanti politici aderenti ai clubs erano massoni?

    A queste domande non è mai stata data una precisa risposta. Resta il fatto che la Massoneria rappresenta un potere e, come tutti i poteri, è molto attenta ai momenti di crisi politica che possono offrire opportunità di occupare nuovi spazi.

    Per alcuni autori è innegabile la rinascita della Massoneria, tra le classi borghesi, dopo il 1795, e la sua influenza sul Direttorio.


    2 Luglio 1789

    Manifestazione a Palais Royal contro la concentrazione di truppe intorno a Parigi. Malgrado le sollecitazioni ricevute, il re continua ad ammassare truppe intorno alla città; si tratta di 30.000 soldati, agli ordini del maresciallo De Broglie.

    In realtà il re non avrebbe probabilmente richiamato truppe intorno a Parigi se non fosse stato forzato a farlo dalla presa di posizione della regina, dei fratelli e di molti cortigiani, dopo la misera figura del 27 Giugno.

    La concentrazione delle truppe intorno a Parigi è stata comunque recepita come un complotto aristocratico e della Corte per annullare l’autorità ed i poteri dell’Assemblea.

    PALAIS ROYAL, costruito nel 1639 per conto del cardinale Richelieu (Palais Cardinal) e poi, dopo la sua morte, passato alla Corona ed infine al Duca d’Orléans, che ne traeva una cospicua rendita.

    Nel 1781 vennero aggiunte le tre ali porticate che circondano il giardino. Le gallerie (portici) ospitavano numerosi caffè, sale da gioco, bazar, ristoranti e botteghe di vario genere.

    Il peristilio Nord e quello Sud erano il ritrovo di un grande numero di prostitute comprendenti donne a partire dai 14 anni sino all’età del disarmo.

    Le tariffe variavano grandemente, da 3 soldi a 3 lire, secondo lo charme e l’età delle professioniste. Alcune “specialiste”, in grado di soddisfare contemporaneamente le esigenze di due clienti chiedevano 25 soldi. Comunque, a scanso di disdicevoli discussioni, a partire dal 1790, un giornale dedicava parte del suo spazio alla pubblicazione della Tarif des filles du Palais-Royal. Pare che la sifilide fosse più comune del raffreddore.

    Era divenuto famoso un locale dotato di una orchestra formata esclusivamente di soli ciechi in modo che non potessero distrarsi alla vista delle esibizioni orgiastiche a cui gli avventori si abbandonavano. Napoleone, non ancora generale, nei suoi soggiorni parigini, non disdegnava mescolarsi alla folla eterogenea, elegante e perversa, miserabile, furba ed intrigante che affollava il luogo in qualsiasi ora del giorno e della notte. Oggi è una oasi di tranquillità nel convulso traffico cittadino.

    Per speciale concessione ottenuta dal Duca di Orléans, la polizia non poteva entrare nel sito e quindi tutto poteva accadere; durante la Rivoluzione, giardino e gallerie divennero sede di focolai rivoluzionari e luoghi abituali di scontri politici, anche violenti.

    Dopo l’arresto e la condanna di Luigi XVI verrà, per qualche tempo, chiamato Palais-Egalitè.


    3 Luglio 1789

    ASSEMBLEA NAZIONALE: Elezione del Duca di Orléans come presidente dell’Assemblea.

    Il duca rifiuta e viene rimpiazzato con l’arcivescovo di Vienne Lefranc De Pompignan.

    Il re informa, con lettera, l’Assemblea sulle misure prese per garantire l’ordine a Parigi, minimizzando sul numero e sulla natura delle truppe.


    5 Luglio 1789

    Intanto la carestia continua. Il malumore popolare cresce anche per il fatto che la qualità del pane è, negli ultimi tempi, assai peggiorata.

    Lo Hôtel des Invalides, che comprende anche un deposito di armi, viene messo in stato di allerta.

    HÔTEL DES INVALIDES. Grande complesso di edifici, costruito nel 1670, da Luigi XIV, per ospitare anziani soldati ed invalidi di guerra, privi di assistenza e di sostentamento.

    All’epoca della Rivoluzione ospitava 4-5000 assistiti, una parte dei quali ancora in grado di prestare sevizio di guardia e di presidio; alcune squadre di veterani presidiavano l’Hôtel de Ville, l’Arsenale, la Bastiglia, ecc. Per questo motivo l’Hôtel des Invalides disponeva di una propria armeria.

    Altri invalidi non ospiti, circa 15.000, ricevevano una pensione di tre soldi al giorno.


    6 Luglio 1789

    ASSEMBLEA NAZIONALE:

    Creazione in seno all’Assemblea di un Comitato per la definizione dei principi fondamentali della nuova Costituzione.


    7 Luglio 1789

    ASSEMBLEA NAZIONALE:

    Elezione dei 30 membri che dovranno fare parte del comitato della nuova Costituzione.


    8 Luglio 1789

    ASSEMBLEA NAZIONALE:

    Il deputato Mirabeau si fa portavoce della mozione popolare del 27 Giugno e chiede l’allontanamento delle truppe concentrate intorno a Parigi e la creazione di una “Guardia Borghese”, svincolata dai precedenti poteri e destinata a mantenere l’ordine nella capitale.


    9 Luglio 1789

    ASSEMBLEA NAZIONALE:

    L’Assemblea si proclama ASSEMBLEA NAZIONALE COSTITUENTE. (A.N.C.)

    Proclamandosi “Costituente” l’Assemblea mette in discussione il concetto di “Monarchia Assoluta” in nome di una nuova Legittimità Nazionale”, compiendo così il primo atto propriamente rivoluzionario.


    11 Luglio 1789

    Necker non ha mai goduto delle simpatie della regina e dei fratelli del re. Indotto da questi, Luigi XVI lo licenzia e lo sostituisce alla Direzione delle Finanze con Breteuil.

    LUOIS AUGUSTE LE TONNELIER barone di BRETEUIL. Nato ad Azay-le-Feron il 7/3/1730 e morto a Parigi il 2/11/1807.

    Dopo un periodo dedicato alla carriera diplomatica, ottiene un incarico a corte nel 1783. Viene incaricato, nel 1785, dell’arresto del cardinale di Rohan implicato nell’affare del collier.

    Consigliere del re, ha sempre optato per una linea di repressione dura ed energica contro i tumulti, che il sovrano non avrà mai il coraggio di adottare. Dopo la presa della Bastiglia, varca i confini, con presunti e non ben precisati incarichi, da parte di Luigi XVI, presso le corti d’Europa. Rientra in Francia solo nel 1802.


    12 Luglio 1789

    I parigini non hanno gradito la notizia del licenziamento di Necker e tanto meno il nome di Breteuil che dovrebbe sostituirlo. è la scintilla che fa esplodere i disordini.

    Gli insorti incendiano le barriere del dazio che con le loro gabelle contribuiscono al rincaro del pane. Anche il Convento dei Lazaristes viene messo a fuoco, sospettato di nascondere ingenti quantità di grano.

    L’esercito carica la folla davanti al palazzo delle Tuileries, ma gli insorti trovano un aiuto inaspettato da parte delle Guardie Francesi che abbracciano la causa del popolo e respingono gli attacchi del reggimento Royal-Allemand.

    Il re, allarmato da questi eventi, si rivolge stupito ad un nobile, La Rochefoucauld-Liancourt:

    Ma è dunque una rivolta?

    No sire. è una rivoluzione.

    Le Gardes-Française erano un corpo speciale di 3600 uomini, creato nel 1563, quale guardia del corpo di Carlo IX.

    Questo reggimento, in seguito, si fonderà ed entrerà a far parte della Guardia Nazionale Parigina.


    13 Luglio 1789

    Giornata densa di eventi.

    All’Hôtel de Ville, un gruppo di cittadini elettori, stanchi delle incertezze e dei tentennamenti dell’Assemblea Nazionale Costituente e delle stesse autorità municipali, si costituisce in COMITATO PERMANENTE e decide la costituzione di una Milizia Borghese; presidente del Comitato Permanente viene eletto Flesselles, sindaco di Parigi.

    Intanto cortei di cittadini percorrono la città abbandonandosi a saccheggi ed incendi, con la connivenza delle Guardie Francesi che rifiutano di abbandonare la capitale.

    Gruppi di manifestanti assaltano i depositi dell’Hôtel des Invalides e si impadroniscono delle armi che vi sono custodite, circa 3000 fucili ed alcuni cannoni.

    Il re, dal canto suo, rinforza le truppe dislocate intorno a Parigi.

    A Palais Royal, l’avvocato Camille Desmoulins, in piedi sui tavoli dei caffè, incita la folla a prendere le armi, temendo che il licenziamento del ministro Necker, noto per i suoi interventi moderatori, preluda ad un nuovo massacro di cittadini, come quello dello scorso Aprile. Desmoulins invita tutti i rivoltosi a distinguersi fregiandosi di una foglia d’albero.

    Le armi prese all’Hôtel des Invalides ed assegnate alla neo-costituita Milizia Borghese, necessitano di munizioni. Viene chiesto a Flesselles, che è anche prevosto dei mercanti, di far aprire i depositi della polvere da sparo; Flesselles acconsente, solo dopo molte esitazioni, e questo gli sarà fatale.

    A.N.C.:

    I deputati si dichiarano in seduta permanente ed attribuiscono la responsabilità degli eventi al re ed ai suoi ministri.

    CAMILLE DESMOULINS, nato a Guise il 2/8/1760 e ghigliottinato a Parigi il 5/4/1794.

    Avvocato, senza clienti e con scarsi mezzi di sostentamento, fino alla Rivoluzione, passa le sue giornate nei caffè di Palais Royal dove dà prova di un eccezionale talento oratorio e letterario che lo condurranno, negli anni seguenti, ad essere uno dei giornalisti più letti del paese.

    Entrato in politica, diviene membro del Club dei Cordelieri e, in seguito, Segretario Generale del Ministero di Giustizia e deputato alla Convenzione.

    Come politico non ha mai avuto molto successo; viene considerato come un “ragazzo un pò snob”, dotato di troppa fantasia e troppo poco buon senso. Riesce a dare il meglio di sè solo quando scrive.

    Le vicende politiche lo portano dai Cordelieri ai Montagnardi, ai Girondini, agli Indulgenti per approdare infine alla ghigliottina, con il beneplacito di Robespierre che, prima, si era ben servito di lui.

    Anche la moglie Anne Lucille Laridon-Duplessis, estranea alla politica, finirà sulla ghigliottina per soddisfare, si disse, un cupo desiderio di vendetta di Robespierre.


    14 Luglio 1789

    La presa della Bastiglia. La fortezza, agli ordini del Governatore Bernard Marchese di Launay, disponeva di un effettivo di 30 guardie svizzere e 80 invalidi di guerra.

    Al mattino la folla armata (alla quale si mescolano anche alcuni soldati della guarnigione cittadina) si accalca intorno alle mura e chiede venga abbassato il ponte levatoio e aperto l’ingresso ai cortili interni. Il Governatore Launay cerca di negoziare, fa qualche concessione e permette ai rivoltosi di occupare alcuni cortili, ma non basta. Alcuni colpi di arma da fuoco, partiti dalla folla, danno inizio ad una vera e propria battaglia che durerà quattro ore, provocando almeno un centinaio di morti fra gli insorti.

    Alle ore 17, il Governatore, onde evitare ulteriori massacri, ordina il cessate il fuoco e propone la resa purchè sia fatta salva la vita dei suoi uomini e la sua. Accettate le condizioni, i rivoltosi invadono il forte e per prima cosa decapitano il malcapitato Launay ed issano la sua testa su di una picca, come trofeo; si dice che ad ucciderlo sia stato un certo Jourdan detto Mozza-Teste, suo ex attendente. Il marchese di Pellepont, che aveva cercato di intervenire per liberare il Launay, viene ucciso a colpi d’ascia da uno degli insorti.

    Strano destino quello di Launay, nato e morto nello stesso posto; infatti era nato il 9/4/1740 all’interno della Bastiglia, essendo allora suo padre il governatore in carica.

    Gli insorti provano qualche delusione quando, aperte le segrete, trovano solo 7 prigionieri e cioè:

    – 4 falsari (di documenti, non di denaro)

    – 1 pazzo (nobile rinchiuso con lettre de cachet sollecitata dai parenti)(White?)

    – 1 accusato di incesto (Conte di Solages, rinchiuso con lettre de cachet richiesta dal padre)

    – 1 complice del mancato regicida Damien, contro Luigi XV. Probabilmente era Tavernier, rinchiuso da oltre trent’anni.

    Portati in trionfo all’Hôtel de Ville, i prigionieri “liberati” verranno interrogati da una commissione che deciderà la loro sorte:

    – i 4 falsari ed il complice di Damien ritornano in galera

    – il pazzo finisce in manicomio

    – il giovane incestuoso torna a casa affidato alla custodia del padre.

    Durante le incontrollabili manifestazioni della folla, anche il sindaco Flesselles, che il giorno prima aveva esitato a consegnare la polvere da sparo agli insorti, viene decapitato e la sua testa portata in trionfo sulla punta di un picca.

    A questo punto è necessaria una postilla, riportata con riserva e senza garanzia di verità. Non tutti gli storici concordano sul numero dei prigionieri liberati. Alcuni parlano di un ottavo prigioniero: un suddito del Regno di Napoli, coinvolto nell’Affare del Collier, e rinchiuso, per ordine di Luigi XVI, prima del processo.

    Confuso, incredulo, frastornato da eventi che non riesce a comprendere, durante il corteo trionfale verso l’Hôtel de Ville, l’infelice partenopeo si infila lestamente in quel dedalo di viuzze che si affacciavano sulla Rue Saint-Antoine e fa perdere per sempre le sue tracce.

    LA BASTIGLIA, piccola fortezza dotata di 8 torri, fatta costruire da Carlo V, tra il 1365 ed il 1383. Come mezzo di difesa non era mai servita a niente.

    In quattro secoli di vita era stata assediata sette volte, da cittadini rivoltosi, e si era arresa in sei occasioni.

    Dismessa come fortezza, ai tempi di Richelieu, venne destinata ad essere una prigione: una prigione un pò speciale. Nella Bastiglia venivano rinchiusi certi personaggi, in base a speciale ordine del re (lettre de cachet), che dovevano essere fatti sparire con “discrezione”, evitando processi pubblici che avrebbero potuto recare disdoro al clero, alla nobiltà ed alla corte stessa.

    Per tale motivo simboleggiava l’aspetto più protervo, bieco ed incontrollato dell’assolutismo monarchico. Conquistare la Bastiglia significava, per il popolo, abbattere il simbolo della tirannia e dell’ingiustizia.

    15 Luglio 1789

    LA CORTE:

    Il re fa marcia indietro ed annuncia all’Assemblea Nazionale Costituente il ritiro delle truppe dislocate intorno a Parigi.


    LA COMUNE:

    Il deputato Jean Sylvain Bailly viene eletto nuovo sindaco di Parigi in sostituzione di Flesselles ucciso il giorno prima. Il Marchese La Fayette viene nominato comandante della Guardia Borghese ora ribattezzata Guardia Nazionale.


    DIGIONE:

    L’eco degli eventi parigini, giunto a Digione, provoca una sommossa e la decisione della municipalità di costituire una Guardia Borghese.

    MARIE JOSEPH PAUL YVES ROCH GILBERT MUTIER marchese di LA FAYETTE. Nato a Chavaniac il 6/9/1757 e morto a Parigi il 20/5/1834.

    Il giudizio degli storici su La Fayette è sempre stato diviso tra chi lo ritiene un eroe e chi invece lo considera un millantatore; su una cosa, però, quasi tutti concordano: sulla sua smodata ambizione e sulla sua vanità.

    In relazione con Beniamino Franklin, si reca un paio di volte in America per partecipare alla guerra di indipendenza americana e si fa promotore, presso Luigi XVI, per l’invio di un contingente francese a supporto degli indipendentisti d’oltre oceano. Il costo della spedizione è tale (due miliardi di lire) da dare il colpo di grazia alle già traballanti finanze francesi.

    Ritornato in Francia nel 1785, desideroso di gloria e di potere, si dedica al culto della propria personalità, spendendo una fortuna per mantenere al suo servizio un cospicuo numero di persone incaricate di “applaudirlo” quando passa per strada ed elogiarlo ad ogni minima occasione (erano chiamati i “mouchards” di La Fayette). Meritata o meno, la sua fama presso il popolino sale alle stelle.

    Consigliere del re, elargisce una dovizia di discutibili consigli per salvare la monarchia, tanto da far esclamare a Maria Antonietta: “dobbiamo smetterla di farci salvare da La Fayette altrimenti, dopo, chi ci salverà da lui?”

    Tornato a galla, dopo la restaurazione, non avrà migliore fortuna con Napoleone, che lo considerava come uno dei principali responsabili della caduta della monarchia.

    E’ sepolto in una modesta tomba nel cimitero di Picpus.


    16 Luglio 1789

    LA CORTE:

    Altra marcia indietro del re che richiama Necker alla Direzione delle Finanze.


    LA COMUNE:

    L’Assemblea degli Elettori di Parigi decreta la demolizione della Bastiglia e conferisce l’incarico all’impresario edile Palloy, uomo di provata fede rivoluzionaria.


    LA PROVINCIA:

    – Cresce la turbolenza in molte città della Francia, nelle quali regna ormai uno stato di anarchia. A Lione ed a Rennes vengono costituiti Comitati Municipali Permanenti e creati corpi di Guardie Borghesi.

    E’ improprio dire che la Bastiglia è stata distrutta o demolita; la Bastiglia è stata smontata con la stessa cura ed attenzione che un orologiaio dedicherebbe ad un delicato meccanismo.

    PIERRE FRANCOISE PALLOY (1755-1835), imprenditore edile, che si vantava di essere uno dei Vincitori della Bastiglia per aver preso parte agli eventi del 14 Luglio.

    Ricevuto l’appalto per la demolizione, Palloy si rende subito conto della straordinaria fortuna che gli è capitata e si mette tosto al lavoro, con il metodo e la determinazione di una termite.

    Attacca, inizialmente, le opere accessorie e ricupera sistematicamente tutto, sino all’ultimo chiodo; nulla va perso: infissi, serramenti, catene, chiavistelli, piombi, chiavi, serrature, ecc. e poi (quì stà il colpo di genio) invece di vendere il tutto come materiale di ricupero, fraziona il bottino e lo rivende, pezzo a pezzo, come “Souvenir della Rivoluzione” incamerando una straordinaria quantità di denaro.

    Successivamente aggredisce le opere murarie e smonta la fortezza, pietra su pietra. La maggior parte delle pietre viene ceduta ad altre imprese come materiale da costruzione e per il completamento del ponte della Concorde; la maggior parte ma non tutte! Qualche centinaio di pietre, che rispettavano determinate proporzioni di altezza, larghezza e lunghezza, vengono messe a parte (altro colpo di genio) e poi affidate a scalpellini che le scolpiscono e ne ricavano tanti modelli in scala della famigerata fortezza.

    Il primo modello di Bastiglia Palloy lo manda in dono al re (inedita presa per i fondelli!); molti altri (83) vengono donati alle varie autorità dipartimentali ed ai politici, in quel momento più in auge; infine, quelli che restano vengono ceduti, a prezzo di affezione, a collezionisti ed estimatori di souvenirs rivoluzionari, con profitti che si possono solo immaginare. Un’altra parte delle pietre servirà per la costruzione della sua ricca casa di Sceaux.

    Ma gli invidiosi sono sempre in agguato; nel 1794 viene accusato di concussione (o reato simile) ed è costretto a ritirarsi a Sceaux con il suo patrimonio dove, per molti anni, continuerà ad elaborare progetti e scrivere memorie che nessuno prenderà mai in considerazione. L’ultima trovata sarà una specie di “bando” con il quale offre la figlia in sposa a quell’uomo di conclamate (secondo lui) virtù degne della pulzella in questione.

    Muore semipazzo nel 1835.

    La demolizione della Bastiglia è durata sei mesi. A fine lavoro Palloy consegna alla Municipalità un’area perfettamente spianata che verrà utilizzata per raduni, cerimonie e ricorrenze popolari.


    17 Luglio 1789

    Luigi XVI accetta, torto collo, il perentorio invito della Municipalità e si reca in visita all’Hôtel de Ville, stupito e timoroso dei 10.000 popolani armati che fanno ala al corteo reale. Sancisce così, con la sua presenza e suo malgrado, l’autorità della Comune.

    Entra nel palazzo sotto una volta di spade incrociate, brandite dai popolani, e viene ricevuto dal nuovo sindaco Bailly e da La Fayette, che gli appunta sul cappello una nuova coccarda, di sua invenzione, con i tre colori rosso, bianco e blu.


    Molti, intanto, sentono che il terreno comincia a scottare, fanno i bagagli e riparano all’estero. Tra i primi ad emigrare si conta lo stesso fratello del re, il Conte di Artois, seguito dal Duca di Bourbon, dal Duca d’Enghien ed ancora le famiglie dei Breteuil, dei De Broglie, dei Polignac e di tanti altri. Dopo qualche peregrinazione per gli stati europei, molti di loro approderanno a Torino, ospiti di Vittorio Amedeo III, re degli Stati Sardi.

    Gli emigrati, che con il loro gesto, si dichiarano apertamente contro la Rivoluzione, metteranno la famiglia reale e tutti i monarchici nella condizione di essere considerati nemici interni.


    Camille Desmoulins pubblica La France Libre e da alle stampe il primo numero di Revolutions de Paris.

    Il fenomeno dell’emigrazione si è sviluppato per ondate successive: circa il 20% è emigrato prima del 1793; il restante 80% è stato spinto oltre i confini dalla paura del Terrore. Il numero totale degli emigrati, stimato in 145.000 persone, è stato percentualmente ripartito in:

    25% = preti

    20% = contadini

    15% = operai, artigiani, commercianti

    17% = borghesi

    17% = nobili

    6% = ufficiali e militari disertori.



    Secondo Daniel Roche gli emigrati, a seguito degli eventi rivoluzionari, sarebbero stati 160.000 così ripartiti:

    51% = Terzo Stato

    25% = Nobili

    17% = Preti

    7% = Altri



    Gli emigrati che rientravano clandestinamente in patria (per difficoltà economiche o di varia natura), dopo il 20/4/1792, erano sottoposti ad un giudizio estremamente sommario e consegnati al boia.

    Dopo il 17/9/1793, i parenti degli emigrati vennero automaticamente iscritti nelle liste dei sospetti.

    A Torino e, successivamente, a Coblenza alcuni nobili, di rango superiore, cercarono di dare vita a comitati contro-rivoluzionari, confidando nell’appoggio di un gruppo di armati riuniti nel campo di Jales; altri, invece, costituirono, a loro spese, milizie personali contro-rivoluzionarie, senza però mai raggiungere un significativa forza di pressione esterna. Tra questi il Principe di Condè riuscì ad organizzare 20 reggimenti di 400 reclute l’uno.


    20 Luglio 1789

    LA GRANDE PAURA:

    In quasi tutto il paese scoppia contemporaneamente una violenta rivolta contadina. Gruppi di braccianti disoccupati e di mendicanti, armati alla meglio, battono le campagne distruggendo e saccheggiando i raccolti, uccidendo il bestiame e terrorizzando gli agricoltori.

    E’ la Grande Paura che si diffonde rapidamente destabilizzando il già tentennante ordine del mondo contadino, costringendo molti a fuggire, caricando i loro beni su carrette o a dorso di mulo. Nel disordine più assoluto anche il brigantaggio di strada si diffonde aggiungendo paura a disperazione. I briganti più efferati sono i cosidetti chaffeurs, per la loro abitudine di bruciare i piedi alle vittime allo scopo di farsi rivelare gli eventuali nascondigli di denaro o di gioielli.

    Dal canto suo l’esercito si rifiuta di intervenire.

    La contemporaneità dei moti scoppiati in vari punti del paese, assai lontani tra loro, ha fatto sospettare che esistesse una regia occulta del Duca d’Orléans, operata a mezzo di suoi emissari.

    Il bilancio sarà tragico. è stato stimato che almeno 400 persone siano rimaste vittime della sommossa: appesi ai lampioni o uccisi nei loro castelli.

    Questa tensione si attenuerà dopo l’abolizione dei diritti feudali, decretata il 4 Agosto seguente.


    L’esempio dei primi emigranti è contagioso ed inquietante e spinge molti altri nobili a varcare i confini.


    21 Luglio 1789

    STRASBURGO:

    Le autorità municipali facenti capo al vecchio regime monarchico sono spazzate via e sostituite da una nuova municipalità di estrazione popolare.


    22 Luglio 1789

    A Parigi, in Place de Gréve, la folla massacra l’intendente della capitale Bertier De Sauvigny e Joseph Foulon accusati di speculazioni sul grano.


    Bertier, nemico dichiarato di Necker che lo aveva costretto a dimettersi, era stato arrestato a Compiègne. Viene fatto a pezzi ed i suoi resti sparsi per le vie di Parigi.


    Foulon, ex intendente alle finanze e molto introdotto a Corte, è stato arrestato a Viry-Châtillon e condotto a piedi nudi a Parigi. Durante il viaggio lo obbligano a dissetarsi con una mistura di aceto e pepe ed a detergersi il sudore con fasci di ortiche. Impiccato ad un lampione, la corda si spezza ed allora viene decapitato.

    Durante i numerosi linciaggi avvenuti nel corso della Rivoluzione, i lampioni erano il mezzo di gran lunga preferito. Si racconta che l’abate Maury abbia salvato la pelle suscitando l’ilarità dei presenti con la seguente battuta: -…e quando mi avrete appeso ci vedrete forse più chiaro?-


    23 Luglio 1789

    MANS:

    Moti ed uccisioni in seno alle lotte per la sostituzione dei vecchi poteri.


    24 Luglio 1789

    Creazione di una nuova amministrazione municipale a Parigi formata da 120 rappresentanti eletti nei 60 distretti della capitale.


    25 Luglio 1789

    I deputati del Terzo Stato si recano in corteo all’Hôtel de Ville, per rendere omaggio alla nuova Autorità Municipale, seguiti ed accompagnati da una folla immensa di cittadini. Il Terzo Stato si è ormai reso conto dell’esistenza di due poteri rivoluzionari: l’Assemblea Nazionale e la Comune di Parigi che, non sempre, riusciranno a convivere ed a collaborare per il buon esito della Rivoluzione.


    La Grande Paura continua e si segnalano moti a Colmar ed insurrezioni contadine in Alsazia e nello Hainaut.


    26 Luglio 1789

    Insurrezione contadina nel Mâconnais.


    28 Luglio 1789

    Uscita del primo numero del Patriote Française, giornale di Brissot.

    JACQUES PIERRE BRISSOT (detto anche BRISSOT DE WARVILLE). Nato a Chartres il 15/1/1754 e ghigliottinato a Parigi il 31/10/1793.

    La vanità è il mio primo stimolo, il secondo è la ricchezza, così Brissot definiva se stesso.

    Prima di dedicarsi alla politica aveva avuto una vita estremamente varia ed avventurosa: da semplice scrivano ad ore ad inviato diplomatico in America. Imprigionato più volte per debiti e rinchiuso, per qualche tempo, nella Bastiglia per un libello contro la regina, publicato a Londra.

    Anche la sua vita politica è stata una tumultuosa avventura finita tragicamente; aveva il dono (o il difetto) di schierarsi sempre su posizioni opposte a quelle di chi deteneva il potere. Cacciato dal Club dei Giacobini, Robespierre farà di tutto per mandarlo a morte. Alcuni biografi, d’altro canto, lo hanno esaltato per le sue virtù definendolo uomo probo, onesto e buon cittadino, vittima dell’odio di Robespierre.


    29 Luglio 1789

    CLUNY:

    La Guardia Borghese reprime la rivolta contadina che infuria nei dintorni della città.


    2 Agosto 1789

    A.N.C.:

    – Il deputato Salomon chiede vengano attuate repressioni severe contro i moti contadini.

    – Le funzioni dei corpi di polizia ancora esistenti vengono assorbite dalle Municipalità e smistate alle Sezioni periferiche. In provincia vengono affidate ai vari Distretti.


    4 Agosto 1789

    LA CORTE:

    Il re, unitamente a Necker, procede ad un rimpasto ministeriale facendo assegnamento su alcuni amici di La Fayette.

    A.N.C.:

    Nel corso di una seduta notturna viene decisa l’abolizione della maggior parte dei privilegi feudali esistenti ed il riscatto a pagamento, da parte dello Stato, di alcuni altri antichi diritti.

    E’ stata una svolta storica importante, intesa anche a calmare gli animi nelle campagne, dove la rivolta infuria e molti castelli vengono dati alle fiamme; i rivoltosi cominciano anche a saccheggiare ed a bruciare i beni dei contadini piccoli proprietari e dei borghesi.

    L’Assemblea, con uno storico colpo di spugna, abolisce assurdi privilegi parassitari che erano andati cumulandosi nei secoli, a favore dei nobili:

    – servitù di corvee, manomorta e servitù personali

    – diritto di giustizia feudale

    – decime dovute ai nobili per i più assurdi motivi

    obbligo di imposta alla pari con tutti gli altri proprietari.

    In una notte si sono ottenuti quei risultati che Turgot, Calonne ed altri non erano riusciti ad ottenere con anni di inutili interventi.

    LA COMUNE:

    Dopo la presa della Bastiglia sono stati emessi 863 brevetti di “Vincitore della Bastiglia” come riconoscimento di civismo e di spirito patriottico; documenti destinati ad agevolare la carriera politica e l’accesso a posti di responsabilità.


    7 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Necker fa una esposizione allarmante sulla situazione finanziaria dello Stato.

    Pubblicazione del “Progetto Svelato per Addormentare il Popolo”, dove Marat stima insufficienti le riforme votate durante la notte del 4 Agosto.

    JEAN-PAUL MARAT. Nato a Boudry (Ch) il 24/5/1743 ed assassinato a Parigi il 13/7/1793.

    Era di origine sarda, nato in una famiglia emigrata in Svizzera, in cerca di lavoro. Il padre, Mara, era un prete cattolico passato, in un secondo tempo, al calvinismo. Il nome Mara-t è stato inventato dallo stesso Jean-Paul, per darsi una parvenza di origine francese.

    Se non fosse stato prematuramente ammazzato da Charlotte Corday, avrebbe conteso a Robespierre il titolo di uomo più terribile della Rivoluzione.

    Dopo aver studiato medicina in Olanda, Inghilterra e Scozia, si stabilisce a Parigi e pubblica un libro in cui tratta alcuni Accademici di Francia da ignoranti; il libro non ha nessun successo e viene aspramente criticato da tutte le parti (anche Voltaire lo critica), al punto da rendere l’autore furibondo ed ai limiti della follia.

    Con una laurea in medicina acquistata presso una compiacente Università scozzese, Marat campa al soldo del Conte d’Artois, in qualità di medico della guardia del corpo, dedicando tutto il suo tempo libero ad assurdi ed inutili esperimenti scientifici, illudendosi di poter così umiliare gli accademici e gli uomini di scienza che non lo apprezzano.

    Entrato in politica pubblicherà, tutto solo, un suo giornale con il quale incita, ad ogni occasione, il popolo al massacro e chiede 500-10.000-100.000 teste per il trionfo della Rivoluzione.

    Si rivela, in tal modo, un fanatico sanguinario, sempre trasandato, incredibilmente sporco per essere un medico, spaventosamente brutto e con il corpo coperto di eruzioni dovute ad un diffuso eczema. Questo lo costringerà, negli ultimi mesi di vita, a restare a bagno, per ore, in una tinozza colma di uno strano infuso di erbe medicinali.

    Alcuni storici sostengono fosse affetto da lebbra; altri che avesse contratto una infezione durante la sua fuga, attraverso le fogne, il 18/7/1791, dopo la strage del Campo di Marte. Comunque sia, puzzava in modo tale che quando sedeva in Assemblea i vicini di banco cambiavano, con molta discrezione, di posto.

    Un piccolo mistero: pare che Marat si sia sposato, il 10/8/1792, con Simonne Évrard ma il certificato di matrimonio che quest’ultima avrebbe presentato in tribunale, per reclamare l’eredità, sarebbe risultato falso.


    9 Agosto 1789

    A.N.C.:

    In risposta alla richiesta di Necker, intesa a far fronte alla crisi finanziaria, viene votata l’emissione di un prestito di trenta milioni di lire.


    10 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Viene approvato un decreto che impone ai militari di prestare giuramento di fedeltà alla Nazione, al Re, ed alla Legge.

    PARIGI:

    Madame De Méricourt ha istigato la folla contro il giornalista monarchico Suleau e lo ha fatto massacrare. Era colpevole di avere pubblicato una satira su di lei sul giornale Les Actes des Apôtres.

    ANNE JOSÈPHE TERWAGNE detta THÉROIGNE DE MÉRICOURT (1762-1817).

    Di umili origini ma fisicamente ben dotata, in gioventù, ha messo a frutto le sue grazie in prestigiose alcove di mezza Europa, finchè nel Maggio 1789 approda a Parigi, dove si dice abbia avuto un ruolo importante nella presa della Bastiglia e nella marcia su Versailles. Cantante, di tendenze politiche incerte, critica ferocemente in pubblico tutti i più noti personaggi del momento, dai monarchici ai giacobini, Robespierre compreso. Nel 1793 un gruppo di deputati montagnardi, stanchi dei veleni che va spargendo, l’aggrediscono, mentre passeggia da sola, la spogliano nuda in mezzo alla strada e cominciano a sculacciarla tra l’ilarità generale di una numerosa folla subito accorsa a godersi lo spettacolo.

    Quella che doveva essere una modesta, piccante punizione si trasforma però in tragedia. La Méricourt impazzisce di colpo, comincia ad urlare come una ossessa e continuerà ad urlare per tutto il resto della sua vita, sino al 1817, rinchiusa in un manicomio.


    11 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Un decreto approva definitivamente le decisioni prese durante la notte del 4 Agosto. è un decreto che sancisce l’abolizione del feudalesimo, proclama l’uguaglianza civile e fiscale ed abolisce assurdi e secolari privilegi.

    CAEN:

    Si registrano moti e sommosse. Uno dei privilegi aboliti, quello del diritto di caccia, darà luogo ad una reazione imprevista. Nei giorni che seguiranno, enormi masse di contadini, spinti dalla fame, batteranno le campagne uccidendo tutto ciò che capita a tiro. Questo porterà al quasi totale annientamento della fauna selvatica del paese.


    12 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Creazione di un Comitato Ecclesiastico con lo scopo di definire il nuovo status degli appartenenti alla chiesa.


    13 Agosto 1789

    Visita dei deputati dell’Assemblea Nazionale Costituente al re, per notificargli il nuovo titolo che gli è stato attribuito di “Restauratore della Libertà Francese”; la visita è seguita dalla celebrazione di un Tedeum nella cattedrale di Versailles.

    18 Agosto 1789

    Prime conseguenze all’estero degli eventi di Francia: una insurrezione nel Liégeois che caccia il Reggente (principe-vescovo).


    20 Agosto 1789

    A.N.C.:

    – L’Assemblea approva la fondazione della “Società Corrispondente dei Coloni Francesi” per difendere gli interessi dei coloni delle Antille contro alcuni movimenti partigiani che lottano per l’abolizione della schiavitù.


    21 Agosto 1789

    A.N.C.:

    – Inizio della discussione sulla dichiarazione dei diritti dell’uomo redatta dai deputati Mirabeau e Sieyes. Si tratta di un passo necessario e propedeutico alla redazione ed alla approvazione della nuova Costituzione.

    Non è una dichiarazione molto incisiva; pur riconoscendo i più elementari e naturali diritti dell’uomo non prende in considerazione il problema della schiavitù. Il fatto può sembrare strano ma occorre rammentare che, con l’aiuto dato agli indipendentisti americani, la Francia aveva, in pratica, conseguito il monopolio del commercio degli schiavi con il Nord America. Questo comportava entrate di tutto rispetto anche per le sofferenti casse dello stato. La tratta degli schiavi verrà abolita da Napoleone nel Marzo del 1815.


    23 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Viene proclamata la libertà di opinione religiosa; è un passo per giungere alla separazione tra Stato e chiesa.


    24 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Viene proclamata la libertà di stampa ed abolita la censura, sino ad allora, operata dai “Censori Regi”.


    Pubblicazione del primo numero del giornale “La Chronique de Paris”.


    26 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Viene approvata la stesura definitiva della “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.”
    Malgrado tutti i suoi limiti e l’ombra che su di essa proietterà la ghigliottina, questa dichiarazione rappresenta una delle più grandi svolte nella storia dell’umanità.


    27 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Necker torna alla carica e richiede l’emissione di un prestito di 80 milioni di lire, essendo fallito quello proposto il 9 Agosto.


    28 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Sono trascorsi quasi 5 mesi dall’insediamento degli Stati Generali (divenuti poi Assemblea Nazionale Costituente). Durante questo periodo il re si è avvalso pesantemente del suo diritto di veto per respingere un ingente numero di decreti approvati dall’Assemblea. Tra i decreti più importanti, respinti dal re (regina?) c’è anche quello del 4 Agosto sulla abolizione dei diritti feudali.

    Per smuovere questa situazione di stallo l’Assemblea inizia la discussione sulla legittimità del diritto di veto del re.


    29 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Emissione di un decreto che ristabilisce la libertà di commercio del grano. Provvedimento infelice che provocherà l’accaparramento e la speculazione su di un bene di prima necessità già scarso.


    Appare il primo numero del “Journal des Débats et des Décrets.


    30 Agosto 1789

    Camille Desmoulins promuove, a Palais Royal, un tentativo di sollevazione popolare inteso ad ottenere:

    – la ratifica, da parte del re, dei decreti del 4 Agosto (abolizione dei diritti feudali)

    – abolizione del diritto di veto reale

    – obbligare la Corte e l’Assemblea a stabilirsi a Parigi.

    Il tentativo di Desmoulins registra uno scarso seguito.


    31 Agosto 1789

    A.N.C.:

    Il Comitato Costituzionale, designato il 7 Luglio, propone all’Assemblea alcune idee circa la costituzione di una seconda camera (Camera Alta) e sulla regolamentazione del diritto di veto reale.

    La proposta riguardante la Camera Alta viene respinta.


    A Palais Royal Desmoulins non demorde e cerca di ottenere il sostegno della Municipalità su quanto richiesto il 30 Agosto ed anche contro le proposte discusse in Assemblea sulla regolamentazione del diritto di veto che, secondo la piazza, dovrebbe essere abolito. Anche questa volta l’iniziativa non raccoglie consensi.


    7 Settembre 1789

    PARIGI:

    Le mogli degli artisti parigini hanno portato, negli uffici dell’Assemblea, una cassetta contenente i loro gioielli. Un gesto spontaneno a favore della Repubblica che verrà ben presto imitato da altri cittadini.


    9 Settembre 1789

    TROYES:

    Durante una manifestazione i dimostranti assassinano il sindaco.


    11 Settembre 1789

    A.N.C.:

    L’Assemblea cerca di aggirare il problema del veto reale votandone la sospensione per due legislature.


    12 Settembre 1789

    ORLEANS:

    Manifestazioni e tumulti.


    15 Settembre 1789

    Camille Desmoulins pubblica il suo “Discours de la Lanterne aux Parisiens”.


    16 Settembre 1789

    Pubblicazione de “L’Ami du Peuple” di Marat e del primo numero del “Journal General de la Cour et de la Ville”.


    18 Settembre 1789

    LA CORTE:

    Il re formula osservazioni e pesanti riserve sui decreti del 4 Agosto. Chiede all’Assemblea un riesame dei decreti.


    19 Settembre 1789

    LA COMUNE:

    Elezione di una nuova Assemblea Municipale allargata a 300 rappresentanti dei distretti parigini.


    20 Settembre 1789

    Robespierre dà alle stampe un suo discorso (non pronunciato) intitolato “Contre le Veto Royal”.

    MAXIMILIEN MARIE ISIDORE DE ROBESPIERRE. Nato ad Arras il 6/5/1758 e ghigliottinato a Parigi il 28/7/1794 (10 Termidoro II).

    Orfano dei genitori viene allevato da una nonna e da due zie. Studia al Collegio di Arras ed in seguito al Collegio Louis-Le-Grand di Parigi; diventato avvocato, esercita per qualche tempo ad Arras. Fin qui nulla che lasci presagire la figura terribile e misteriosa della Rivoluzione e le sue ambizioni politiche che lo porteranno a sfiorare la dittatura.

    Entrato in politica come deputato del Terzo Stato per il Collegio Elettorale di Arras, svolgerà, in seno all’Assemblea ed al Club dei Giacobini, una attività eccezionale, con centinaia di discorsi e di interventi, senza mai perdere l’occasione di mettersi in evidenza; rigorosamente aderente alle idee di Rousseau, che ha studiato a fondo, porterà avanti queste idee sino a predicare ed attuare “un governo fondato sul Terrore e temperato dalla Virtù”.

    Il suo capo, cosparso di cipria, sarà odiato e temuto ma, nello stesso tempo, rispettato come quello di un uomo universalmente riconosciuto “virtuoso ed incorruttibile”.

    Robespierre sa benissimo che la massa è sempre gregaria ed ha bisogno di un mito, di un punto di riferimento ed avendo ben compreso sino a che punto il popolo ignorante era avvelenato e pregno delle bugie del clero, cerca di neutralizzare tali bugie, con scarso successo, proponendo l’alternativa di un culto riferito all’Essere Supremo ed alla Dea Ragione, che non riuscirà però a definire in maniera convincente; la ghigliottina lo priverà del tempo necessario.


    22 Settembre 1789

    A.N.C.:

    Si vota il primo articolo della Costituzione.


    23 Settembre 1789

    A.N.C.:

    Servono soldi ed il deputato Treilhard riferisce all’Assemblea sullo stato e sulla entità dei beni della chiesa.


    29 Settembre 1789

    A.N.C.:

    Il deputato Thouret relaziona sulla divisione territoriale ed amministrativa del regno in vista di una auspicata riorganizzazione.


    30 Settembre 1789

    A.N.C.:

    Rapporto del deputato Beaumetz sulla necessaria riorganizzazione della legislazione criminale.


    1 Ottobre 1789

    LA CORTE:

    Una provocazione che costerà cara. Durante un banchetto, offerto dagli ufficiali delle Guardie del Corpo a quelli del reggimento delle Fiandre, nuovamente dislocato presso Versailles per ordine del re, la coccarda tricolore viene calpestata e sostituita, in presenza e con il compiacimento della regina, con l’emblema di quest’ultima: la coccarda nera. Viene anche esibita ed esaltata la coccarda bianca, emblema del re.


    2 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    Vengono ripresentati al re i decreti del 4 Agosto e la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, per ottenerne la ratifica.


    3 Ottobre 1789

    Pubblicazione del primo numero degli “Annales Patriotiques”.


    4 Ottobre 1789

    La notizia del banchetto di Versailles è ormai sulla bocca di tutti ed è fonte di una sorda collera che scatena molte agitazioni a Parigi, nei quartieri popolari ed a Palais Royal.

    Tutto questo si aggiunge ad una situazione già molto tesa: code interminabili davanti alle panetterie, il prezzo del pane rincarato, scarsità di rifornimenti, richieste di aumenti salariali, notizie di complotti da parte della nobiltà, saccheggio delle parrocchie di Saint-Nicolas-Des-Champs e di Saint-Jacques-La Boucherie (in quest’ultima il clero esercitava una specie di monopolio sulla macellazione e la vendita delle carni).

    5 Ottobre 1789

    La marcia su Versailles. Di buon mattino, si forma davanti all’Hôtel de Ville, un assembramento di donne, da qualche giorno intenzionate a recarsi a Versailles, per chiedere pane e migliori condizioni di vita.

    La prima iniziativa è dovuta alle Dames de la Halle, una “corporazione” di negozianti e di merciaie che operavano alle halles e sul mercato di place Maubert. Tradizionalmente queste “dame” si recavano ogni anno a fare gli auguri alla Corte e venivano contraccambiate con un banchetto. A queste si aggiungono ben presto numerose popolane esacerbate dalla situazione contingente.

    Alcuni agitatori (vincitori della Bastiglia come Maillard ed altri) prendono in mano la situazione e guidano le donne esasperate sulla strada di Versailles, sotto lo sguardo indifferente delle Guardie Francesi e delle Guardie Nazionali, che non intervengono.

    La passeggiata non è breve. Attraverso Sèvres, Saint-Cloud e Viroflay il corteo giunge alla reggia verso le 16.30, sotto una pioggia insistente; parte delle donne invadono l’Assemblea chiedendo più pane e meno discorsi inutili, altre vengono ricevute dal re, appena tornato dalla caccia nel bois di Meudon, il quale cerca di cavarsela ordinando di sequestrare e distribuire tutto il pane disponibile in citta’. In realta’ di pane se ne trova assai poco e si cerca di accontentare tutti distribuendo del riso.

    Verso le ore 20 Maillard ritorna a Parigi seguito da una buona parte delle donne.

    Alle ore 22.00 arriva La Fayette, con un distaccamento della Guardia Nazionale, fischiato ed insultato da più parti. Il distaccamento era seguito, a debita distanza, da un corteo di uomini decisi a prendere parte alla manifestazione. La Fayette riesce comunque a tranquillizzare la Corte e l’Assemblea, assicurando di essere in grado di mantenere l’ordine.

    Il resto della notte verra’ trascorso dai manifestanti tra canti, discorsi e grandi speranze.

    Marat, dal canto suo, pubblica sullo “Ami du Peuple”, un violento appello alla insurrezione generale.

    La leggenda (o la storia?) racconta che in questa occasione la regina, seccatissima per lo schiamazzo delle manifestanti, abbia esclamato: “….e se non hanno pane che mangino delle paste!!”


    6 Ottobre 1789

    Al mattino, verso le ore 6.00, i manifestanti, la maggioranza dei quali è ormai composta da uomini, che nella notte si sono aggregati, penetrano nel cortile della reggia ed ingaggiano una zuffa con le guardie del corpo; un paio di guardie sono uccise, decapitate e le loro teste issate sulle picche. Segue un tentativo di entrare negli appartamenti della regina.

    Un tardivo, blando intervento di La Fayette calma momentaneamente le acque ma la folla continua ad urlare che LE BOULANGER, LA BOULANGERE ET LE PETIT MITRON devono trasferirsi a Parigi. (N.: Il fornaio, la fornaia ed il garzone/delfino).

    Verso le ore 13.00 un lungo corteo prende la via per Parigi; nella carrozza reale trovano posto il re, la regina, il Conte di Provenza, Madame Elisabeth, il delfino, la piccola Madame Royale e la governante dei bambini Madame De Tourzel.

    Il corteo giunge a Parigi verso le ore 20.00, accolto dal sindaco Bailly e finalmente, verso le ore 22,00, la famiglia reale si installa nel palazzo delle Tuileries, praticamente prigioniera di quel nuovo incontrollato potere nato il 14 Luglio ai piedi della Bastiglia.

    A.N.C.:

    Anche l’Assemblea proclama la sua intenzione di stabilirsi a Parigi.

    PALAZZO DELLE TUILERIES. Era stato costruito nella seconda meta’ del 1500 per volere di Caterina de Medici. Incendiato nel 1871 dai Comunardi, venne definitivamente demolito lasciando posto alle attuali aree che si estendono dal Louvre alla Place de la Concorde.

    Il re era alloggiato al piano terreno ed, in parte, nello scantinato, mentre la regina e gli altri familiari erano al piano superiore; il tutto collegato da un funzionale sistema di scale interne. Altri locali del palazzo vennero destinati ai membri della corte ed al personale facente parte del seguito del re.


    8 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    Approvato un decreto di riforma della legislazione criminale.

    Marat passa qualche guaio con la Municipalita’ parigina per la violenza dei suoi articoli su “L’Ami du People”.


    10 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    – Il deputato Guillotin, nell’ambito delle riforme in atto della legislazione criminale, chiede all’Assemblea di stabilire, in nome dell’eguaglianza, una pena di morte unica ed indolore, da applicare, quando la legge lo prevede, a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro condizione sociale o di censo.

    – La Fayette viene nominato comandante delle truppe regolari dislocate in un raggio di 15 leghe intorno a Parigi.

    – Un decreto dell’Assemblea attribuisce a Luigi XVI il titolo di “Re dei Francesi” ed abolisce il vecchio titolo di “Re di Francia e di Navarra”.

    JOSEPH IGNACE GUILLOTIN, nato a Saintes il 28/5/1738 e morto a Parigi il 26/3/1814.

    Medico, membro di commissioni scientifiche, molto attivo sia nella professione che in politica, si distingue per alcune sue felici iniziative: la disponibilita’ dei locali del Jeu de Paume il 20 Giugno, la sistemazione dei locali del Maneggio alle Tuileries, l’organizzazione e la regolamentazione della professione medica, l’adozione di metodi di vaccinazione preventiva, ecc. Escluso l’invenzione della ghigliottina che i suoi contemporanei hanno voluto attribuirgli amareggiandolo sino alla morte.

    Il dott. Guillotin non ha inventato la ghigliottina; ci ha pensato qualcun’altro. Egli ha solo proposto all’Assemblea di adottare un metodo di esecuzione capitale unico, istantaneo ed indolore, in sostituzione dei metodi allora comunemente utilizzati:

    – la decapitazione con la scure, riservata ai nobili

    – il rogo, riservato ai nemici della chiesa

    – lo squartamento, riservato ai rei di lesa maesta’

    – la forca, per i borghesi ed i plebei

    – la ruota, usata in particolari situazioni.

    Sospettato da Robespierre, sfugge per un soffio alla ghigliottina. Dopo i fatti del Termidoro ed un arresto, subito l’8/10/1795 per accuse inconsistenti, abbandona amareggiato la vita politica per dedicarsi alle sue ricerche scientifiche.


    12 Ottobre 1789

    LA CORTE:

    – Incalzato dagli eventi, il re è costretto a sottoscrivere i decreti del 4 Agosto ed altri che aveva, ostinatamente, respinti. Si sfoga inviando una lettera di protesta segreta al re di Spagna, tramite un compiacente intermediario, l’abate di Fontbrune.

    Anche il Conte d’Artois, fratello di Luigi XVI, emigrato, scrive all’imperatore Giuseppe II d’Austria, per sollecitare un intervento armato in Francia.


    13 Ottobre 1789

    ALENÇON:

    – Moti e disordini in citta’.


    19 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    – L’Assemblea si è trasferita a Parigi; in attesa di una migliore sistemazione, tiene la sua prima seduta nella cappella dell’arcivescovado, dotata di una pessima acustica che costringe i deputati ad urlare per farsi intendere.


    21 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    – L’Assemblea vota una “Legge Marziale” destinata alla repressione dei moti popolari.


    22 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    – Inizio della discussione di un progetto di legge che riserva il diritto di voto ai soli “cittadini attivi” cioe’ quelli fiscalmente imponibili.


    24 Ottobre 1789

    Insurrezione generale nei Paesi Bassi occupati dagli Austriaci. Giuseppe II d’Austria viene dichiarato decaduto dagli insorti.


    28 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che sospende il reclutamento monastico, essendosi verificata, negli ultimi mesi, una sostanziale mancanza di vocazioni. Su tutto il territorio nazionale 188 seminari chiudono i battenti.


    29 Ottobre 1789

    A.N.C.:

    – L’Assemblea fissa alcuni obblighi per i cittadini che intendono farsi eleggere a cariche politiche:

    – essere proprietari di immobili

    – versare un contributo di un “marco d’Argento” (lingotto di 224 grammi)

    – versare una imposta pari al controvalore di 51 giorni di normale salario operaio.

    Circa 50.000 cittadini aderiranno a questa richiesta in vista di future elezioni.


    31 Ottobre 1789

    CORSICA:

    – Si risveglia, nell’isola, il vecchio sentimento separatista; ad Ajaccio scoppiano disordini.

    Disordini fomentati dal noto clan che fa capo a Paoli e ai Bonaparte; ad esso si contrappone il movimento unionista di Pozzo di Borgo.


    Novembre 1789

    Il trasferimento dell’A.N.C. a Parigi ha imposto anche il trasferimento del Club Breton,(890430) che si sistema presso il convento domenicano di Rue Saint-Honoré, detto “dei Giacobini”. Il Club dei Giacobini, formato inizialmente da 200 deputati, verra’ aperto a tutti i cittadini e verranno costituite “affiliate” presso le principali citta’ della provincia.

    Il Club giochera’ un ruolo fondamentale nello sviluppo della Rivoluzione.


    2 Novembre 1789

    A.N.C.:

    – Servono soldi; un decreto dell’Assemblea pone i beni ecclesiastici a diposizione della Nazione.

    Appare il primo numero di “Actes des Apôtres”. Giornale di tendenza monarchica redatto a cura di alcuni esponenti politici tra i quali anche Mirabeau.

    L’idea di nazionalizzare i beni della chiesa è dovuta a Talleyrand. Egli aveva stimato, con sufficiente precisione, un valore dei beni pari a circa due miliardi di lire, tale da coprire quasi totalmente l’ammontare del debito pubblico.

    Dalla nazionalizzazione sono stati esclusi i beni delle chiese protestanti.


    3 Novembre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che ribadisce la sospensione dell’attivita’ di tutti i Parlamenti. è praticamente l’atto di decesso di queste vecchie istituzioni.


    Inizio della discussione sulla nuova divisione e sull’assetto amministrativo della Francia.


    4 Novembre 1789

    Trionfo al Théâtre-Française della tragedia “Carlo IX” di Marie Joseph Chénier, fratello del poeta Andrea Chénier e membro del Club dei Giacobini.


    7 Novembre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che:

    . esclude i deputati da tutti i posti ministeriali, per evidenti motivi di possibili collusioni

    . sopprime la distinzione tra Ordini in seno all’Assemblea: Nobilta’, Clero e Terzo Stato

    . mette i beni ecclesiastici sotto il controllo dello Stato.


    9 Novembre 1789

    A.N.C.:

    – Prima seduta dell’Assemblea nella nuova sede del Maneggio (presso le Tuileries), fatto approntare dal dott. Guillotin. Comprende anche una tribuna riservata al pubblico, dalla quale gli urli e gli insulti del popolo condizioneranno, sovente, le decisioni dei deputati.

    Tra il pubblico, le più scalmanate erano le Tricoteuses, donne di origine popolana che seguivano le sedute confezionando maglie ed indumenti di lana, sferruzzando in continuazione.

    Assistevano sovente anche alle sfilate delle carrette che portavano i condannati al patibolo e, a volte, intingevano i loro fazzoletti nel sangue dei decapitati, ai piedi della ghigliottina; souvenirs patriottici che rivendevano ai collezionisti.

    La più celebre di loro, capo carismatico del gruppo, era Aspasie Carlemigelli, la quale, prezzolata da qualche politico intrigante, organizzava, a volte, nell’aula assembleare, veri e propri tumulti contro qualche deputato o contro l’approvazione di determinati decreti.

    Aspasie è passata alla storia per il feroce trattamento inflitto al corpo del deputato Feraud.


    12 Novembre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che prevede la costituzione di una municipalita’ in ogni citta’, borgo o parrocchia rurale.


    19 Novembre 1789

    A.N.C.:

    – Creazione di una “Cassa dello Straordinario” che dovra’ essere alimentata con la vendita dei beni della chiesa e che servira’ a far fronte ad interventi finanziari di natura eccezionale.


    24 Novembre 1789

    Apparizione del primo numero del “Moniteur” pubblicato da Panckoucke, libraio in Parigi ed uno dei più ricchi editori di Francia.


    28 Novembre 1789

    Pubblicazione del primo numero di “Revolution de France e de Brabant” di Camille Desmoulins.


    1 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Approvazione del decreto, proposto dal Dott. Guillotin, che stabilisce l’uguaglianza delle pene per tutti i cittadini.

    TOLONE:

    – La rivolta comincia a serpeggiare anche tra i marinai della flotta; nel corso di una sommossa alcuni marinai arrestano il loro comandante, l’ammiraglio D’Albert.


    3 Dicembre 1789

    DIJON:

    – La Comune lancia un progetto per un “trattato federativo” inteso a fare rispettare i decreti dell’Assemblea e l’autorita’ del re, su tutto il territorio.


    9 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che stabilisce i principi della divisione del territorio nazionale in Dipartimenti e l’abolizione delle provincie con i loro particolarismi.


    12 Dicembre 1789

    Marat è nuovamente nei guai per la violenza dei suoi interventi giornalistici. Viene arrestato ma subito rilasciato grazie alla protezione di La Fayette.


    13 Dicembre 1789

    SENLIS:

    – Disordini e moti in citta’.


    14 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Approvata una legge quadro per favorire una nuova organizzazione delle municipalita’.


    17 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Approvazione di un decreto che stabilisce di utilizzare i beni della chiesa per garantire i debiti dello Stato.


    18 Dicembre 1789

    Vittoria degli insorti nei Paesi Bassi austriaci. Bruxelles viene evacuata dall’armata austriaca.


    19 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Viene approvata la creazione e l’emissione degli “ASSEGNATI”, inizialmente in tagli da 1000 lire e per un importo di 400 milioni di lire; rappresentano un “buono di acquisto privilegiato” sui beni della chiesa e fruttano un interesse del 5%.

    GLI ASSEGNATI. Se, all’inizio, era sembrato un ottimo sistema per dare una boccata d’ossigeno alle carenti finanze statali, col tempo produrra’ degli effetti disastrosi ed una inflazione ad altissimo livello.

    L’idea in se’ è semplice: il sequestro e la messa in vendita dei beni immobiliari della chiesa, necessario per racimolare immediatamente liquidita’, potrebbe creare una offerta, sul mercato, non indifferente e tale da sminuire i prezzi dei beni stessi.

    L’assegnato, che frutta un interesse, consente di dilazionare nel tempo gli acquisti, senza svilire il valore dei beni e nello stesso tempo è una fonte di liquidita’ immediata per lo Stato, che dovra’, con apposite leggi, nazionalizzare e fissare le regole di cessione dei beni. Il cittadino che sottoscrive questo prestito dispone di una garanzia reale che è costituita dallo sterminato patrimonio della chiesa (valutato in 2-3 miliardi di lire) e sa di poter optare per l’acquisto privilegiato di una parte di questo patrimonio; tutto è in vendita: chiese, conventi, terreni, ecc.

    Le cose si guastano quando, alla prima emissione di 400 milioni, ne segue un’altra di 800 milioni (e poi altre ed altre ancora), e la trasformazione di questi titoli in moneta corrente cartacea, (la moneta della scimmia), che andra’ ad aggiungersi alla massa di moneta metallica gia’ in circolazione, dando origine ad una inarrestabile spirale inflattiva.


    22 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che definisce i criteri organizzativi della amministrazione dipartimentale.


    24 Dicembre 1789

    A.N.C.:

    – Decreto che rende eleggibili anche i cittadini non-cattolici, di fatto i protestanti. Il caso degli ebrei è sotto riserva in quanto questo gruppo etnico/religioso propende a considerare i suoi membri come apolidi.
    A questa data i protestanti in Francia sono circa 1.000.000. A breve, un decreto revochera’ l’Editto di Nantes ed disporra’ per la restituzione di tutti i beni a suo tempo confiscati.

    Gli ebrei sono invece una ristretta minoranza di circa 35.000 individui.

  • La terza rivoluzione industriale

    La terza rivoluzione industriale ha avuto inizio dopo la seconda guerra mondiale ed è sotto gli occhi di tutti. Lo sfruttamento dell’atomo significa la liberazione di un’energia immensa, ma per la prima volta l’umanità ha avuto la possibilità di distruggere completamente se stessa e il pianeta su cui vive.
    L’uomo è sceso sulla Luna. La Terra di colpo è diventata piccola. Grazie ai satelliti possiamo assistere in diretta a fatti nel momento stesso che accadono a migliaia di chilometri di distanza. Dopo il lancio del primo Sputnik sovietico, nel 1957, ha inizio l’invio nello spazio di satelliti con funzioni scientifiche e civili anzichè militari. Nel 1960 gli Stati Uniti lanciano il primo satellite meteorologico, il Tiros I, con lo scopo di trasmettere alla terra dati riguardanti i movimenti nuvolosi attorno al pianeta ed eventuali cicloni. Nel campo spaziale e della ricerca astronomica si possono infine annoverare le varie sonde, sia americane (Mariner e Viking), sia sovietiche (Salijut). L’uso dei satelliti (il primo, l’Echo I, viene lanciato nel 1960) risolve il problema delle telecomunicazioni. Sono strumenti collocati in orbita geostazionaria e funzionano da ripetitori per segnali radio televisivi e telefonici.
    Internet è una rete informatica ideata nel 1969 da un gruppo di scienziati e ricercatori americani i quali, su iniziativa del Ministero della Difesa degli Stati Uniti, elaborarono un circuito di comunicazione per fini militari in grado di resistere agli effetti di un bombardamento atomico. Esso collegava quattro università : Stanford, Los Angeles, Santa Barbara e Utah. Nel 1985 Internet si trasformò in un servizio di massa. Fino al 1997/98, i provider facevano pagare un prezzo, sotto forma di abbonamneto annuo, a tutti coloro che volevano collegarsi. Ma forse la novità più sconvolgente, la possiamo cogliere nell’avvento dell’informatica. Non c’è campo della vita umana che non sia stato o non sia sempre più attraversato dell’informatica. L’automazione ha sconvolto la vita degli uffici, l’introduzione dei robot e quella delle fabbriche. Nuove prospettive nascono dal semplice abbinamento di settori diversi. E’ questo ad esempio il caso della telematica, il cui termine indica l’interazione tra i computers e la telecomunicazioni.
    La cultura di massa è nata con la seconda rivoluzione industriale. Con la terza però ha invaso tutto il pianeta. Ora il mondo è un vilaggio globale, dominato dallo schermo televisivo. Dopo decenni di sperimentazioni da parte di èquipe scientifiche di vari Paesi (principalmente Stati Uniti, Gran Bretagna e alcuni ricercatori di origine russa), nel novembre 1936 all’Alexandra Palace di Londra si inaugura la prima trasmissione televisiva quotidiana della BBC. Negli Stati Uniti la televisione fa la sua prima comparsa pubblica nell’aprile del 1939 all’Esposizione Universale di New York. Tra il 1954 e il 1956 altri diciannove paesi, fra i quali l’Italia, avviano la loro programmazione televisiva. Il colore fa la sua comparsa in America fin dal 1952 mentre in Europa i tempi sono molto più lunghi. Nel 1962, con il satellite americano Telestar, si rende possibile realizzare trasmissioni in diretta destinate all’intero pianeta.
    Un’altra novità degli anni sessanta è il videoregistratore amatoriale, che permette di registrare su nastro direttamente dall’apparecchio televisivo i programmi trasmessi.
    Il primo modello di telefono cellulare, vale a dire in grado di trasmettere il segnale senza passare attraverso la linea a terra, viene testato nel 1978. Nella seconda metà degli anni ottanta i telefonini cominciano ad essere prodotti e commercializzati. In Italia sono messi in vendita nel 1990. Nel lasso di tempo tra il 1994 e il 1997 il numero di abbonati al mondo quasi si triplica. Aumenta, al contempo, l’evoluzione tecnologica. I nuovi telefoni cellulari sono di dimensioni sempre più ridotte, sono sempre più potenti e ricchi di accessori: dalla segreteria telefonica ai messaggi scritti, dal fax alla possibilità di collegarsi a Internet.

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  • La rivoluzione Iraniana

    Nel corso del secondo dopoguerra l’Iran è considerato dalle potenze occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti, uno stato affidabile, in quanto interessato a contenere sia una possibile espansione sovietica, sia l’estremismo nazionalistico arabo.
    Dal 1953 l’Iran è governato dallo scià (imperatore) Reza Pahlavi, promotore di una politica di modernizzazione tendente a fare del Paese una grande potenza militare dell’area mediorientale. Il tentativo di trasformazione non ottiene tuttavia gli effetti sperati e non contribuisce affatto a migliorare le condizioni di vita della popolazione. Nel gennaio del 1978 Pahlavi, abbandonato ormai anche dagli Stati Uniti, è costretto a lasciare il Paese.
    Cacciato lo scià , la guida dell’Iran viene assunta dall’ayatollah Khomeini, massima autorità religiosa e principale esponente dell’opposizione. Il 1° aprile, dopo essere tornato in patria dall’esilio di Parigi, Khomeini proclama l’istituzione della Repubblica islamica, approvata plebiscitariamente mediante referendum. Viene con ciò istituito un sistema politico che intende applicare le norme morali, religiose e penali previste dal Corano, e in cui lo Stato assume caratteri teocratici, fondendosi l’autorità religiosa con quella politica.
    All’inizio degli anni ottanta l’Iran si trova in gravissima difficoltà : da un lato è isolato internazionalmente; dall’altro è alle prese con un’economia in profonda crisi. Nel tentativo di sfruttare questa situazione, nel settembre del 1980 l’Iraq lo attacca, al fine di strappargli alcuni territori da tempo contesi tra i due Paesi e particolarmente ricchi di petrolio. Nel condurre l’attacco il dittatore iracheno Saddam Hussein gode dell’appoggio di gran parte del mondo arabo e delle potenze occidentali, che sperano con ciò in una rapida fine della Repubblica islamica.
    La guerra assume ben presto un andamento non previsto. L’Iran riesce infatti, nel giro di poco tempo, a imporre all’interno un ulteriore irrigidimento autoritario e la militarizzazione dell’intera società , reprimendo sanguinosamente ogni opposizione e organizzando la vita di tutto il Paese in funzione della vittoria del conflitto. Il conflitto ha termine dopo otto anni e dopo un milione di morti, nel luglio 1988, quando, al termine di lunghe e difficili trattative, i due Paesi firmano l’armistizio proposto dall’ONU che sancisce il ritorno allo status quo ante.

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  • Rapporti fra occidente e Islam dal 1990 al 2001

    Prima guerra del golfo: Il conflitto militare che nel 1990-91 oppone l’Iraq, responsabile dell’invasione nell’agosto 1990 dello Stato del Kuwait, ad una coalizione di Stati organizzata e gestita dagli USA, si inserisce all’interno del contesto di tensioni, guerre e conflitti che caratterizzano le vicende politiche della regione mediorientale negli ultimi trent’anni, in particolare nell’area del Golfo Persico. In questa regione vengono infatti a sovrapporsi tensioni di tipo religioso, conflitti politici e, soprattutto, forti interessi economici derivanti dall’abbondante presenza di giacimenti petroliferi (il 30% circa di tutta la produzione mondiale). L’ONU condanna l’invasione irachena, minacciando in un primo momento l’embargo economico nei confronti dell’Iraq e successivamente intimando il ritiro delle truppe dal Kuwait entro il 15 gennaio 1991. In un crescendo continuo di tensione politica e mobilitazione diplomatica e militare, gli USA decidono la spedizione di un contingente di circa quattrocentomila uomini in Arabia Saudita, stato confinante con Iraq e Kuwait, ottenendo come risposta il trattenimento come ostaggi in Iraq di molti cittadini dei Paesi occidentali. A ventiquattro ore dallo scadere dell’ultimatum imposto dall’ONU, nella notte tra il 16 e il 17 gennaio, la forza multinazionale militare organizzata attorno agli USA inizia a bombardare zone dell’Iraq e obiettivi militari del Kuwait occupato, mentre gli iracheni rispondono lanciando missili su Arabia Saudita e Israele. Dopo un mese e dieci giorni di bombardamenti aerei quotidiani e continui su Iraq e Kuwait, alla fine di febbraio cominciano le operazioni di terra. Nel giro di poche settimane l’esercito iracheno è costretto a ritirarsi dalle zone occupate, con una perdita notevole di vite umane e lasciando migliaia di prigionieri. Smentendo le previsioni e resistendo a molteplici pressioni politiche interne e internazionali il presidente americano Bush, regista dell’intera operazione di intervento occidentale nel Golfo, dopo il ritiro iracheno, decide di bloccare l’offensiva della forza multinazionale, senza intervenire direttamente in Iraq: Saddam Hussein può restare quindi a capo dello Stato mediorientale.
    Guerra dell’Afghanistan: Nel 1995 nasce il gruppo armato dei Taliban (studenti), addestrati in Pakistan per creare un governo islamico unito in Afghanistan, che dal 1996 occupa la capitale. I Taliban governano secondo l’interpretazione del corano: impediscono l’istruzione alle donne, proibiscono la musica, il cinema e l’alcool, praticano la mutilazione, la fustigazione e le esecuzioni in pubblico. Contro i Taliban lotta il Fronte Unito di Opposizione: chiunque sia sospettato di appartenervi viene imprigionato e torturato. Le donne sono la maggioranza. Negli ultimi tre anni di regime dei Talebani, queste donne vivono un’esistenza al limite della sopravvivenza perchè gli editti dei Talebani vietano loro di lavorare fuori casa. Cosi’ migliaia di donne povere sono costrette a chiedere l’elemosina di nascosto o a vendere i propri corpi. Mani e piedi sono amputate davanti a migliaia di persone come punizione per piccoli furti, uomini e donne sono lapidati a morte per crimini morali come l’adulterio, donne sono picchiate in pubblico per il solo fatto di essere donne, in un mondo di uomini – ma anche uomini sono umiliati e malmenati per non avere una barba sufficientemente lunga, come vogliono i fondamentalisti.
    I Talebani hanno preso il potere grazie al sostegno dei paesi vicini, incluso il Pakistan. Questi hanno preferito che vi fosse una vera e propria guerra al suo interno. L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi e il Pakistan, ma anche la comunità internazionale ha le sue responsabilità , avendo più o meno dormito negli ultimi sette anni e permesso questi eccidi. Attualmente il 90% del Paese è in mano dei Talibani (che appoggiano i Ceceni contro la Russia e addestrano i terroristi internazionali). Il regime è nelle mani dello sceicco cieco Mullah Mohammad Omar e vive nell’isolamento internazionale, dopo le sanzioni Onu dell’estate del 1998. Il Mullah è la guida spirituale dei Talebani: Omar ha 63 anni, è stato ferito a un occhio nella guerra contro gli invasori sovietici, risiede a Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, non lontano dal confine con il Pakistan, e ha sposato una figlia di Osama Bin Laden. Non esistono sue fotografie. Per legge, l’unico collegamento a Internet del Paese è nel suo ufficio.
    11 settembre 2001, ore 9: attacchi terroristici alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono a Washington. E’ il più grave attentato della storia. I morti sono oltre 5 mila, un bilancio ancora provvisorio. Bush ottiene pieni poteri dal Congresso e annuncia l’operazione libertà duratura: “Colpiremo i terroristi e chi li ospita”. Le indagini portano a individuare i responsabili in Afghanistan: Bin Laden e i Talebani. 7 ottobre 2001, circa un mese dopo, intorno alle 18.25 italiane gli Usa e la Gran Bretagna, sotto l’egida dell’Onu e con il consenso di un’ampia coalizione mondiale, sferrano l’attacco alle basi dei terroristi in Afghanistan, con missili e bombe. Il 13 novembre i mujiaheddin dell’Alleanza del nord liberano Kabul. Il 27 novembre si apre la conferenza di pace a Bonn, sotto l’egida dell’Onu, per decidere il futuro del nuovo Afghanistan. Il 5 dicembre, dopo 9 giorni di trattative, le fazioni afgane raggiungono finalmente un accordo sul governo di transizione che sarà guidato dal capo pashtun Hamid Karzai: un’intesa storica, che mette fine a 23 anni di ostilità . L’Onu decide di mandare una missione di pace a Kabul, a cui partecipa anche l’Italia.
    Seconda guerra del golfo: All’indomani del primo anniversario delle stragi dell’11 settembre, il presidente George Bush all’assemblea delle Nazioni Unite tiene un lungo discorso sull’Iraq davanti alla Assemblea delle Nazioni Unite in cui chiede l’appoggio della comunita’ internazionale per ottenere il disarmo di Saddam Hussein. L’8 novembre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approva all’unanimita’ la risoluzione 1441 che offre all’Iraq l’ultima occasione per il disarmo, rafforza il regime di ispezioni e avverte Baghdad del rischio di serie conseguenze a seguito delle violazioni dei suoi obblighi. Il 27 novembre gli ispettori tornano al lavoro in Iraq dopo quattro anni. Il 5 febbraio il segretario di Stato americano Colin Powell presenta al Consiglio di Sicurezza un dossier sui legami fra Baghdad e la rete terroristica di al Qaeda. 14 febbraio: nuovo rapporto degli ispettori al Consiglio di sicurezza: Blix cita molti esempi della collaborazione di Baghdad, anche se ricorda che mancano le prove sulla distruzione di antrace e gas nervino e altre armi non convenzionali. Il 16 marzo, al termine del vertice delle Azzorre tra i leader di Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna chiedono alle Nazioni Unite di lanciare un ultimatum all’Iraq. In caso contrario avvertono che l’uso della forza e’ legittimato della Risoluzione 1441, approvata all’unanimita’ dal Consiglio di sicurezza. Da Baghdad (18 marzo) Saddam Hussein respinge l’ultimatum. La Casa Bianca dichiara che anche se il Rais lascera’ il paese le forze Use entreranno ugualmente. Il 20 marzo, quando in Italia è notte e sono passate da poco le 3, scatta l’attacco missilistico americano.

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  • L’Italia dal 1945 agli anni novanta

    Dopo la liberazione dell’invasore tedesco e la definitiva sconfitta della dittatura fascista (aprile 1945), l’Italia torno unita e indipendente. Ma come doveva essere la nuova Italia: una monarchia o una repubblica? Dal punto di vista morale le condizioni del paese erano disastrose.Eppure gli italiani seppero reagire affrontando con operosità e fiducia questa drammatica situazione.
    Il 2 giugno 1946, gli italiani furono chiamati a scegliere tra monarchia e repubblica. In questa occasione votarono per la prima volta le donne. Gli italiani scelsero la repubblica. 12.718.641 votarono a favore della repubblica, mentre 10.718.502 si espressero per il mantenimento della monarchia.
    La I repubblica: Il 2 giugno 1946 gli italiani elessero anche un’Assemblea Costituente: un parlamento che doveva scrivere il testo della nuova Costituzione dello Stato. Nel dicembre del 1947 venne approvata la nuova Costituzione repubblicana, che entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Il 18 aprile gli italiani vennero chiamati alle urne per eleggere il primo parlamento repubblicano. Sotto la guida di Alcide De Gasperi, nel dopoguerra la Dc è divenuta il maggiore partito italiano. La Dc ottenne il 48.5 per cento dei voti e la maggioranza asoluta dei seggi alla Camera; i comunisti e i socialisti uscirono sconfitti, ottenendo il solo il 31 per cento dei suffragi. De Gasperi, nonostante la DC avesse la forza di governare da sola, scelse di coinvolgere nella maggioranza i partiti di centro. Nel 1950, il governo cercò di affrontare il problema dell’arretratezza del Meridione istituendo la Cassa per il Mezzogiorno.
    Negli anni ’50 la maggior parte degli italiani si guadagnava ancora da vivere nei settori tradizionali (piccole aziende, piccolo commercio, agricoltura). Ma nel periodo 1958-1963 prese via il cosiddetto miracolo italiano: in meno di due decenni l’Italia divenne uno dei paesi più industrializzati del mondo. E proprio l’auto era uno dei prodotti principali dell’industria italiana. Il boom economico non coinvolse il Sud. La prova più evidente fu la grande emigrazione di contadini meridionali verso le città industriali del Nord. A partire dal 1963 la DC e i partiti di centro non poterono più continuare sulla maggioranza assoluta dei parlamentari.
    Alla fine degli anni Sessanta, l’Italia conobbe un periodo di grande lotte sociali condotte prima dagli studenti e poi dagli operai. Già nel 1966-67 gli studenti universitari organizzarono le prime manifestazioni. Questa contestazione era rivolta contro la società nel suo complesso. L’autunno caldo prese il via in settembre con lo sciopero nazionale dei metalmeccanici. La rchiesta avanzata del movimento operaio di una profonda trasformazione dei rapporti di lavoro nelle fabbriche venne accolta dai parlamentari. Nel maggio 1970, la camera approvò lo Statuto dei Lavoratori. Iniziò il cupo periodo del terrorismo politico che ha insanguinato il paese per tutti gli anni Settanta.
    Un grave fattore di disgregazione e di instabilità fu rappresentato negli anni settanta dal terrorismo. La cosiddetta strategia della tensione, finalizzata a favorire nel paese una svolta autoritaria, fu inaugurata il 12 dicembre 1969 dalla bomba che esplose in una banca in piazza Fontana a Milano. Seguirono altre gravissime stragi, ad opera di un terrorismo nero, di marca fascista. Con la metà degli anni settanta si avviò invece un terrorismo rosso, praticato da gruppi di estrema sinistra. Punto massimo fu il rapimento e l’assassinio del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro (9 maggio 1978), ad opera delle Brigate rosse. Avvalendosi di speciali decreti antiterrorismo e di normative che riducevano la pena ai terroristi pentiti, gli organi di polizia e la magistratura riuscirono, nel giro di alcuni anni, a sgominare le organizzazioni terroristiche.
    Negli anni Settanta, il segretario del PCI, Enrico Berlinguer, elaborò la strategia detta del compromesso storico: essa mirava alla collaborazione di governo tra DC e PCI per superare la crisi della democrazia italiana. I frequenti scandali, l’inefficienza delle istituzioni, la grave crisi economica, finivano per porre al centro delle polemiche il trentennio di potere della DC. La crisi dell’egemonia democristiana aveva come conseguenza, nel 1981, la costituzione di un governo guidato, per la prima volta, da un laico: il segretario del Partito Repubblicano Italiano Giovanni Spadolini. Nel 1985 il democristiano Francesco Cossiga veniva eletto a grande maggioranza presidente della Repubblica, succedendo al Quirinale all’anziano Sandro Pertini. Cossiga affidava l’incarico di capo del governo ad Andreotti.
    All’inizio degli anni Novanta, il sistema politico italiano venne scosso da una crisi senza precedenti. Alla presidenza della Repubblica veniva eletto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro, esponente gradito a un vasto schieramento di forze politiche. Scalfaro conferiva l’incarico di governo al socialista Amato. Le indagini, condotte da Antonio Di Pietro e degli altri partiti magistrati della procura di Milano, hanno messo in luce una fitta rete di tangenti, favori e accordi illegali fra politici e imprenditori. I giornali chiamano tangentopoli questo intreccio tra politica e affari

    La seconda repubblica: La bufera di tangentopoli ha travolto la moltissimi partiti, che sono scomparsi dalla scienza politica.
    Al loro posto sono nati altri partiti. Il PCI è divenuto PDS nel 1991, la DC si trasformò in Partito Popolare Italiano (PPI), riprendendo il nome adottato dal partito cattolico del 1919. L’estrema destra ha abbandonato i legami con il fascismo e riconosciuto esplicitamente il valore della democrazi. Il MSI (Movimento Sociale Italiano) dava origine ad Alleanza Nazionale (AN), mentre sparivano formazioni di lunga tradizione quali il Psi, il Psdi e il Pli.
    In qualche caso sono nati partiti del tutto nuovi. Anzitutto Lega Nord, che proponeva un’organizzazione federale per lo stato italiano, ha ottenuto un significativo risultato alle elezioni del 1992. Quindi Forza Italia, una formazione politica d’ispirazione liberale, che l’imprenditore Silvio Berlusconi ha creato dal nulla, portandola ad una clamorosa affermazione alle elezioni del 1994.
    Alle elezioni del 1994 si sono affrontati soprattutto:
    • il Polo delle libertà : formato da FI, AN, Lega Nord e CCD;
    • i progressisti: costituiti da PDS, Rifondazione comunista e altri partiti di centro e di sinistra.
    La vittoria è andata al Polo il 20 maggio. Questo governo ha avuto una vita difficile e breve. Infatti è caduto nel dicembre 1994. E’ così è nato un governo formato da tecnici, cioè personalità non provenienti dai partiti, guidato da Lamberto Dini. Gli italiani sono tornati a votare nel 1996. Questa volta la vittoria è andata all’Ulivo, guidato da Romano Prodi. Nell’ottobre 1998 cade il governo Prodi. Il presidente Scalfaro incarica, Massimo D’Alema, segretario dei Democratici di sinistra, a formare un governo appoggiato da sette partiti. Nel maggio 1999 Carlo Azeglio Ciampi viene eletto presidente della repubblica. A dicembre del 1999 dimissioni lampo del presidente del Consiglio Massimo D’Alema, che ottiene il reincarico e la fiducia del Parlamento. Ad aprile 2000 il presidente del Consiglio si dimette. Giugliano D’Amato, ricevuto l’incarico dal capo dello Stato, forma un nuovo governo.
    Alle elezioni politiche del 12 maggio del 2001 la Casa delle Libertà (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Biancofiore, Lega Nord, Nuovo PSI) si prende la rivincita sull’Ulivo (Ds, Margherita, Girasole, Partito dei Comunisti Italiani). Il ticket Silvio Berlusconi-Gianfranco Fini batte quello ulivista costituito dall’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli e dal diessino Piero Fassino Democratici di Sinistra, e Forza Italia registra un notevole successo, raccogliendo circa il 30 perc ento dei consensi globali. Il centrodestra torna al governo del Paese, grazie anche alla rinnovata alleanza con la Lega di Bossi (che riceve in cambio alcune poltrone strategiche dell’esecutivo: Giustizia, Welfare e Riforme) e alle divisioni del centrosinistra.

    Libro, Editrice La Scuola- Storia per gli istituiti professionali / Internet- Romacivica / Internet- La repubblica: storia d’Italia dal 1945 a oggi

  • Il sessantotto e le nuove frontiere del costume

    Come abbiamo visto, le società occidentali conobbero nel dopoguerra una lunga fase di sviluppo che ebbe come suoi elementi portanti la crescità economica, che si traduceva in aumento di reddito e dei consumi. Questo equilibrio iniziò a entrare in crisi alla fine degli anni sessanta, con l’esplosione di quel movimento generalizzato di protesta chje, nel linguaggio storico-politico, è comunemente indicato come il Sessantotto. Il Sessantotto interessò gli Stati Uniti, l’Europa occidentale, l’America latina, il Giappone e si fece sentire anche al di là della cortina di ferro, in Cecoslovacchia.
    Abbiamo visto che uno dei più rilevanti fenomeni sociali del dopoguerra fu la scolarizzazione di massa, che trasformò l’istruzione media e superiore da privilegio di un’elitè in un bene accessibile, almeno in linea di principio, ai giovani di tutte le fascie sociali. La scolarizzazione di massa portò con se l’emergere di un nuovo soggetto sociale, i giovani, portatore di bisogni, ideali e progetti desitinati a entrare rapidamente in conflitto con l’ordine politico e il sistema dei valori dominanti. Il Sessantotto fu unifatti un movimento essenzialmente giovanile, nato nelle università . La scuola fu dunque l’ambito nel quale maturò il movimento di protesta. Una scuola che era diventata di massa, ma non aveva modificato nella sostanza la propria impostazione: rimaneva elitaria nella concezione, neo metodi, nelle strutture, come quando era riservata a un’elitè di privilegiati.
    La contestazione giovanile iniziò negli Stati Uniti. Qui l’aumento della produzione e della ricchezza sociale aveva reso ancora più stridente il contrasto con le ampie aree di povertà e di ingiustizia tuttora esistenti nel paese. Nel 1964, grazie ad alcune inchieste ufficiali, gli americani scoprirono che oltre il 40 per cento di loro viveva al di sotto della soglia della povertà .
    Nel corso degli anni sessanta, la protesta della popolazione nera aprì drammatiche lacerazioni nella società americana: Martin Luther King, leader del movimento non violento per l’integrazione razziale e la parità dei diritti, fu assassinato nel 1968.
    La protesta giovanile dilagò nelle università dal 1966. Essa esprimeva esigenze e obiettivi: l’impegno per i diritti civili a fianco della popolazione ners; il rifiuto della guerra del Vietnam, nella quale il governo americano statunitense andava assumendo un impegno sempre maggiore; la ribellione contro un sistema scolastico autoritario e selettivo; l’insoddisfazione per uno stile di vita ispirato ai valori della competizione e del consumo e al tempo stesso caratterizzato dall’appiattimento di ogni aspirazione ideale e dal conformismo. Dal punto di vista politico e ideologico, il Sessantotto non ebbe un carattere marcato: al suo interno trovavano posto sia gli intellettuali di sinistra, sia gli hippies, i figli dei fiori, che predicavano il rifiuto della civiltà dei consumi, la non vioenza, la vita comunitaria.
    In Europa il movimento di contestazione giovanile, che ebbe il suo momento culminante nelle grandi manifestazioni parigine del maggio 1968 assunse un carattere più decisamente politico e ideologico e si tradusse in una critica globale del sistema capitalistico. Questo poteva essere modificato non attraverso riforme, ma esclusivamente attraverso un rovesciamento tradizionale. Alcuni elementi comuni caratterizzavano il Sessantotto europeo: l’egualitarismo (lotta contro ogni gerarchia); l’internazionalismo (impegno contro la guerra del Vietnam, sostegno alle lotte di liberazione dei popoli del Terzo Mondo); la polemica contro il revisionismo, cioè contro ogni visione riformista del marxismo; la ricerca di un’alleanza con la classe operaia.
    Vale la pena di sottolineare quest’ultimo aspetto: alla contestazione studentesca si unì infatti (particolarmente in Italia e Francia) un vasto movimento rivendicativo che vedeva come protagonista lìoperaio-massa, cioè il lavoratore non specializzato, addetto alla catena di montaggio, che era divenuto la figura ormai prevalente nella grande industria. In questo movimento, insieme a esigenze di carattere economico (aumento dei salari, richieste di servizi sociali), si esprimeva l’insofferenza diffusa verso l’alienazione derivante da un lavoro monotono e ripetitivo e verso la struttura gerarchica della fabbrica. La protesta operaia rendeva dunque evidente la crisi dell’organizzazione tayloristica del lavoro.
    Sul fronte politico il movimento mondiale rifluisce ma le sue conquiste su quello sociale e culturale proseguono senza sosta. Sono soprattutto i rapporti tra i sessi a uscirne rivoluzionati. Entra in crisi il pilastro del sistema sociale che fino a quel momento aveva retto il mondo: la famiglia. Se in Inghilterra e nel Galles nel 1938 si poteva registrare un divorzio ogni 58 matrimoni, a metà degli anni ottanta ce n’è uno su 2,2 fra i nuovi. Lo stesso accade in Belgio, Francia e Olanda dove tra il 1970 e il 1985 i divorzi triplicano.
    Si comincia a concepire una vita autonoma fuori dal matrimonio. Tra il 1960 e il 1980 la percentuale di single rispetto alle famiglie cresce dal 12% al 22% e supera il 25% nel 1991. La liberazione dei costumi sessuali porta anche ad accettare (cosa impensabile prima della metà del secolo) la procreazione fuori dal matrimonio. Un caso limite, ma indicativo della tendenza in atto, è la Svezia dove nel 1985 la metà delle nascite non ha alle spalle un matrimonio.
    La rivoluzione sessuale tocca anche le società più conformiste. In Italia, caratterizzata da una forte tradizione cattolica, il divorzio viene legalizzato nel 1970. Nel referendum del 1974 gli abrogazionisti sono sonoramente sconfitti. Lo stesso per l’aborto: autorizzato nel 1978, viene confermato da un referendum nel 1981. D’altronde già nel 1971 in Italia era stata autorizzata la vendita di contraccettivi. Nel 1975 poi viene riformato il codice civile nella parte che disciplina il diritto di famiglia e si introduce una normativa basata sulla parità tra i sessi. E’ possibile convivere senza sposarsi. Negli anni cinquanta lo fa solo una donna inglese su cento, negli anni ottanta sono ventuno. Queste tendenze non riguardano soltanto l’area occidentale ma, in misure peculiari caso per caso, anche quella socialista, nonchè l’America Latina.
    E’ il movimento femminista a spingere nella direzione di una liberalizzazione dei costumi sessuali, che è poi soprattutto una liberazione della donna dal giogo di secoli di cultura maschilista e patriarcale. Nel 1973 Betty Friedan, fondatrice dell’American National Organization for Women, organizza il primo congresso nazionale delle femministe. La relazione dei lavori del congresso delle femministe americane del 1977 a Houston viene proposta come base per la discussione sulle politiche sociali del governo statunitense.

    Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori / CD, ACTA- Mille anni di storia (Il novecento 4)

  • Gli anni novanta in Europa

    Molti osservatori occidentali, e la stessa opinione pubblica, erano convinti che, caduto il muro di Berlino, dissolto l’Urss, indette libere elezioni in tutti i paesi ex comunisti, il passaggio alla democrazia liberale e all’economia di mercato sarebbe stato rapido e sostanzialmente indolore. La realtà si è mostra più complessa e drammatica. Dal punto di vista economico, il passaggio all’economia di mercato (privatizzazione delle imprese, liberalizzazioni dei prezzi, apertura verso l’estero) ha avuto gravi conseguenze immediate: caduta delle esportazioni e balzo delle importazioni, con conseguente passivo delle bilance dei pagamenti; inflazione e svalutazione della moneta; crescita del debito estero; rallentamento del prodotto interno lordo e della produzione industriale; chiusura di stabilimenti, linceziamenti e forti dazi di dissocupazione.
    Il vuoto politico creato dal crollo dell’Unione Sovietica ha poi aperto uno scenario di instabilità , caratterizzata dall’emergere di nuove aspirazioni nazionali e di sanguinosi conflitti interetnici. Ciò è accaduto sia negli stati multietnici nati dopo la prima guerra mondiale dalla dissoluzione degli imperi asburgico e ottomano, sia nell’ex-Urss, che aveva ereditato le compagine multinazionale dall’impero zarista. Caduto il governo centrale sovietico, conflitti a lungo sopiti sono riesposi. La stessa Russia una repubblica federativa multietnica, il governo guidato da Eltsin ha tentato di reprimere ogni tendenza separatista all’interno: l’episodio più grave è stata la sanguinosa guerra per riconquistare la Cecenia, che aveva dichiarato la propria indipendenza da Mosca (guerra conclusasi dopo un faticoso compromesso alla metà del 1996).
    Dopo il 1945 Tito, capo della Resistenza, aveva rinsaldato i legami tra i popoli dell’ex Jugoslavia, malgrado le violenze commesse durante la guerra, in particolare dagli ustascia croati e dai cetnici serbi. Dimostrando l’assurdità della tesi dell’odio ancestrale, Tito ha scommesso sulla coesione.
    Diceva: “La Jugoslavia ha sei repubbliche, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo partito”.
    Dopo la sua morte, nel 1980, venne meno anche l’autorità del partito comunista, che aveva saputo tener testa all’Unione sovietica e costruire la “patria dell’autogestione operaia”. Il principio di una presidenza a rotazione, della durata di un anno, attribuita a turno a ciascuna delle sei repubbliche, indebolì la Federazione. A tutto questo è venuta ad aggiungersi la crisi del debito estero, che ha provocato migliaia di scioperi e forti tensioni tra le regioni ricche (Slovenia e Croazia) e le altre. Così, all’inizio degli anni Novanta all’interna della confederazione iugoslava si fece sempre più rilevante il nazionalismo: nel 1991 la Slovenia e la Croazia si dichiararono indipendenti, l’anno successivo Macedonia e Bosnia-Erzegovina.
    Serbia e Montenegro invece decisero di proseguire federate, dandosi una nuova costituzione e accarezzando apertamente mire espansionistiche verso i territori delle ex-consociate. Quando, nel 1989, in occasione del sesto centenario della sconfitta serba da parte dei turchi, Slobodan Milosevic pronunciò nel Kosovo un discorso carico d’odio davanti a un milione di persone, suscitò una fiammata di fanatismo nazionalista. Altri demagoghi Franjo Tudjman in Croazia e Alja Izetbegovic in Bosnia risposero con toni altrettanto razzisti. Gli scontri, di inaudita ferocia, sono iniziati tra Croati e Serbi, i quali dichiararono di sostenere la minoranza serba in Croazia, e successivamente sono scoppiati nella Bosnia-Erzegovina tra Serbi, Croati e Bosniaci. Nella primavera del 1992 nella Bosnia-Erzegovina, la guerra civile vide contrapporsi le milizie serbe e croate (i cui rispettivi governi progettavano di spartirsi la regione) e quelle musulmane, in un crescendo di violenze, di crudeltà e di massacri (particolarmente efferate sono state le operazioni di pulizia etnica condotte dai serbi di Bosnia), che hanno investito e sconvolto la popolazione civile. L’Unione europea si rivelò immatura e incapace di cogliere l’occasione per affermarsi, sul suo stesso continente, come una potenza capace di imporre la pace, se necessario con la forza. Per cercare di imporre una tregua alle fazioni in lotta, e soprattutto per bloccare i massacri nelle città nelle città bosniache, l’ONU ha inviato un contigente militare, che ha insediato il proprio quartiere generale a Sarajevo. Ma nonostante la presenza dei caschi blu, le truppe dell’Onu, la guerra è continuata. L’ONU deliberò un embargo commerciale, prolifero e aereo, alla Serbia, sospese nel 1995. Solo a seguito di un più deciso intervento della comunità internazionale si è giunti nel 1995 a un accordo di pace, che fa della Bosnia-Erzegovina uno stato unitario, ma composti di due parti di estensioni quasi equivalenti, la Federazione croato-musulmana e la Repubblica serbo-bosniaca. Il governo di Belgrado normalizzò le relazioni con le ex-consociate. Nel luglio 1997 il parlamento federale elesse presidente della repubblica Milosevic. Il principale ostacolo al raggiungimento della pace è costituito dalla difficoltà di tracciare i confini nella Bosnia-Erzegovina, dove le tre comunità da tempo vivono mescolate.
    Il Kosovo, la cui popolazione è costituita per il 90% da albanesi (musulmani e di discendenza non slava) è una regione povera e sovrappopolata. La costituzione del 1984 le aveva concesso lo statuto di provincia in seno alla Serbia, con un grado di autonomia che la assimilava a una repubblica, dotata di diritto di veto. Questo statuto fu abolito da Slobodan Milosevic nel 1989. I kosovari, privati dei loro diritti, hanno inoltre subito gli attacchi di gruppi fascistoidi provenienti da Belgrado, sostenuti dalla polizia e dall’esercito, che cercavano di provocare un esodo di massa. A fronte di questi eventi, la strategia della Lega democratica del Kosovo di Ibrahim Rugova eletto presidente della repubblica in occasione di elezioni dichiarate illegali da Belgrado consisteva nel costruire pacificamente una società parallela, con l’obiettivo di sostituirsi allo stato. Ma una formazione assai più radicale, l’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), emersa in piena luce da circa un anno, moltiplica gli attentati e reclama l’indipendenza.
    Un intervento militare da parte della NATO nel marzo 1998. La guerra durò 77 giorni. L’8 giugno il vertice dei ministri del G8, riunita a Colonia, definì i punti dell’accordo di pace, che prevedeva l’impegno dei paesi membri dell’ONU nella salvaguardia dell’integrazione iugoslava. Sotto la minaccia degli attacchi aerei della Nato, Milosevic ha firmato, nell’ottobre 1998, un accordo con il quale si impegna a ritirare il proprio esercito e autorizza l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (Osce) a insediare nella regione la Missione di verifica del Kosovo (Mvk) con circa 1600 osservatori non armati. Ma questo accordo non ha impedito che nel gennaio scorso si verificasse una nuova esplosione di violenza. L’Unione europea ha giustamente rifiutato l’indipendenza del Kosovo. Sarebbe irresponsabile incoraggiare il frazionamento dell’Europa in micro-stati, e soffiare sul fuoco nella regione (un altro focolaio è quello della Macedonia, la cui popolazione comprende una minoranza albanese del 30%).
    Ma l’Ue ha anche ragione di esigere che Belgrado revochi l’abolizione dello statuto del Kosovo. Il 26 settembre 2000 si svolgevano elezioni presidenziali, che vedevano le vittorie di Kostuma, avversario di Milosevic. Nel 2002 Serbia e Montenegro stipulavano un accordo di federazione, che dava vita a una nuova entità statuale con un unico presidente, un parlamento e un Consiglio dei ministri federale. L’accordo include anche il mantenimento del seggio unico alle Nazioni Unite e la futura adesione all’UE. Il nome del nuovo Stato è Serbia e Montenegro, con l’eliminazione del nome Iugoslavia. Nel febbraio 2003 il parlamento iugoslavo approvava la costituzione della nuova unione all’interno della quale le due repubbliche avranno in comune difesa e politica estera, ma non la valuta.
    Drammatico e sanguinoso fu anche il corso degli avvenimenti in Romania, dove il segretario comunista Ceausescu aveva costruito una dittatura personale. Qui la protesta, duramente repressa, sfociò in una guerra civile, con migliaia di morti in tutto il paese. La vigilia di Natale del 1989 Ceausescu e la moglie Elena vennero catturati e giustiziati al termine di un processo sommario trasmesso in diretta televisiva.
    In Ungheria e in Bulgaria la crisi del regime e la transizione a un nuovo assetto politico avvennero senza scosse violente.
    La Cecoslovacchia dovette subire il problema della coesistenza fra le regioni boeme e quelle slovacche. A differenza di quanto accadde in altre regioni d’Europa, il dissidio venne risolto senza conflitti: l’1 gennaio 1993 il paese si divise formalmente in due stati sovrani, la repubblica ceca e la repubblica Slovacca.

    CD, Rizzoli Larousse- Enciclopedia Multimediale / Libro, Bulgarini- Attraverso i territori / Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori- Il lavoro dell’uomo 2 / Internet-pbmstoria

  • Dittature e democrazie in centro America e sud America

    Nel 1979 in Nicaragua la coalizione guidata dal Fronte sandinista, movimento rivoluzionario d’ispirazione socialista caratterizzato da un’impostazione politica vicina alle posizioni cubane, dà vita ad un’insurrezione che porta alla caduta della lunga dittatura militare d’Anastasio Somoza. Sono soprattutto gli USA a contrastare l’esperimento sandinista, promuovendo il boicottaggio economico del Nicaragua e, soprattutto, appoggiando la guerriglia dei contras, movimenti armati di destra oppositori del regime. Nel 1984 alle elezioni presidenziali si afferma Daniel Ortega, candidato delle sinistre. Nel 1990, dopo un decennio di guerra civile, la vittoria elettorale di uno schieramento di centro-destra, capeggiato da Violeta Chamorro e appoggiato dagli USA, che alleggeriscono quindi la loro pressione sul Paese, contribuisce a un abbassamento della tensione.
    Il Salvador conosce, a partire dal 1962, una Repubblica presidenziale. Nel 1972 è eletto presidente della Repubblica il conservatore Molina, mai riconosciuto dall’opposizione politica comunista, democristiana e nazional-rivoluzionaria (che denuncia brogli alle elezioni e continue violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia). Nel 1977 viene quindi eletto il generale C. Humberto Romero, che inizia una campagna di repressione delle opposizioni politiche, utilizzando anche corpi speciali, i famigerati squadroni della morte. Nel 1979, in un contesto ormai di vera e propria guerra civile, un gruppo di militari si impadronisce del potere con un colpo di Stato, provocando un duro inasprimento della guerra civile, in un clima di tensione causato anche dal fallimento della riforma agraria avviata negli anni precedenti. Alla fine del 1980 Duarte viene chiamato a presiedere la giunta militare. Alle elezioni del 1984 sconfigge il candidato delle destre D’Aubuisson, mentre il Fronte guerrigliero Farabundo Martì, attraverso la sua ala legalitaria, inizia le prime trattative per la realizzazione di un piano di pace nel Paese. La situazione si aggrava nuovamente nel 1989, quando il leader delle forze conservatrici Cristiani diventa presidente della Repubblica, dopo elezioni boicottate dalla sinistra e dai guerriglieri. I colloqui di pace continuano con la partecipazione dell’ONU nel 1991-92, ma solo nel 1995 il presidente Armando Calderòn Sol dichiara ufficialmente compiuto il processo di pacificazione del Paese.
    Il Guatemala viene governato fino al 1986 da una serie di giunte militari a carattere dittatoriale, che negli anni settanta attuano una politica di repressione nei confronti dei contadini indios (il 60% di tutta la popolazione nazionale), vicina a un vero e proprio genocidio. Le giunte militari combattono inoltre la guerriglia filocubana attiva nel Paese, organizzata sia come movimento militare sia come struttura terroristica. Nel 1985, l’elezione di un’Assemblea costituente e di un presidente della Repubblica (il democristiano Cerezo) contribuiscono all’avvio di un lento processo di democratizzazione, reso difficile dalla critica situazione economica del Paese.
    Proprietà inglese fino al 1974 quando raggiunge l’indipendenza, l’isola di Grenada assume nel corso degli anni settanta posizioni politiche filocubane. La costruzione di un aeroporto turistico, finanziato con la collaborazione del governo cubano, a provocare l’intervento militare degli USA, in occasione di un attentato, nel 1983, che provoca la morte di Bishop. Gli USA nel giro di pochi giorni conquistano l’isola e sostituiscono al regime filocastrista un governo di centro-destra, tuttora al potere.
    A Haiti il regime dittatoriale di Jean Claude Duvalier, figlio di F. Duvalier (dittatore di Haiti nel periodo 1957-71), crolla nel 1986 dando inizio a un processo di democratizzazione fortemente contrastato dai militari. Nel 1991 tuttavia un colpo di Stato dei militari rovescia il governo Aristide, in carica dal marzo 1990, per instaurare un regime militare. I militari lasciano il potere solo nel 1994 in seguito ad un intervento delle truppe americane che riporta Aristide al potere.
    In seguito alla dissoluzione dei regimi comunisti nell’Europa orientale e alla crisi generale del socialismo a livello mondiale, ma anche a causa di notevoli difficoltà economiche e di tensioni negli equilibri sociali del Paese, Cuba ha recentemente modificato alcune delle linee-guida della propria impostazione politica ed economica. Il regime ha deciso di aprirsi, cautamente, all’ingresso di capitali occidentali nel Paese e a forme moderate di economia concorrenziale e capitalista. Dal 1993 è stato reso legale il possesso di dollari ed è stata firmata una serie di accordi di cooperazione tra l’isola caraibica e l’Unione Europea.
    Un evento di particolare importanza per il processo di apertura del regime e per la sua immagine a livello internazionale è stata la visita a Cuba, nel gennaio 1998, di papa Giovanni Paolo II.
    In Argentina, nel 1973, il candidato peronista Hector Campora vince le elezioni presidenziali e apre la strada al ritorno in patria dell’anziano Perà³n. Questi e la sua seconda moglie Maria Estela Martinez (Isabelita) vengono eletti alla fine dello stesso anno presidente e vicepresidente della Repubblica. Alla morte di Perà³n nel 1974 è la moglie ad assumere la presidenza, concentrandosi principalmente sulla repressione della guerriglia dell’Erp e dei Montoneros e accentuando, con la chiusura per tre mesi del Parlamento nel 1976 e la destituzione di vari ministri, il carattere autoritario del suo potere.
    Nel marzo 1976 un colpo di Stato rovescia la Perà³n, instaurando una dittatura militare capeggiata prima dal generale Videla, poi da Nola, infine, dall’11 dicembre 1976, dal generale Galtieri. L’episodio di questa fase della storia argentina che ha più colpito l’opinione pubblica internazionale è la vicenda dei desaparecidos, i circa trentamila oppositori politici del regime sequestrati, torturati e fatti letteralmente sparire tra il 1976 e il 1979 dalle forze di polizia.
    Nel 1982 cade il regime dittatoriale, principalmente a causa della dura sconfitta subita dall’Argentina nella guerra delle Falkland-Malvinas, l’ultimo tentativo del regime di riconquistare consenso tra la popolazione.
    Nel corso dei primi anni novanta l’Argentina è stata protagonista di un processo di modernizzazione economica, che ha contribuito a sollevare alcune aree e settori del Paese dallo stato di arretratezza che aveva caratterizzato il decennio precedente, principalmente a causa dell’immensa inflazione. Dal 1995 si è tuttavia riproposta una situazione di grave crisi economica e finanziaria, che i piani di intervento governativi non riescono a risolvere.
    L’esperienza riformatrice in Cile del governo di Unidad Popular, presieduto da Allende nel triennio 1970-73, aveva rappresentato un esperimento politico molto originale nella storia contemporanea dell’America Latina, basato sulla democratizzazione del Paese e sulla lotta all’arretratezza economica. Le tensioni emergono chiaramente e direttamente nell’estate del 1973, quando il Cile, messo in ginocchio da un enorme sciopero antigovernativo ad opera dei camionisti, assiste al colpo di Stato del generale Pinochet, leader delle forze di destra; l’11 settembre questi si impadronisce del potere, instaurando una giunta militare, reprimendo con la forza la resistenza democratica, e provocando la morte del presidente Allende. La dittatura di Pinochet dura fino al 1988: un quindicennio di violenza e repressione politica, di indebitamento e impoverimento economico. Dopo le prime elezioni libere del 1989, il Cile attraversa una difficile fase di transizione verso la democrazia.
    Dal 1964 al 1985, il Brasile è governato per circa un ventennio da una dittatura di tipo militare, particolarmente dura nella repressione dell’opposizione fino alla metà degli anni settanta, in coincidenza con lo sviluppo nel Paese di movimenti guerriglieri di impostazione maoista e guevarista. Nel quindicennio 1970-85 il Brasile avvia un contraddittorio tentativo di modernizzazione economica (il cosiddetto “miracolo economico”), basato sull’indebitamento con l’estero (in primo luogo con gli USA) al fine di favorire l’industrializzazione. Quest’ultima si compie tuttavia effettivamente solo in alcune aree, rendendo competitivi a livello internazionale alcuni settori dell’economia brasiliana, ma creando squilibri e sacche di povertà e arretratezza in molte regioni agricole e nelle metropoli, le quali si accrescono vertiginosamente proprio in questi anni. Il centro dello sviluppo brasiliano è la regione del Sudeste, mentre la zona del Nordeste è la più arretrata economicamente e socialmente disgregata.
    I tentativi di risanamento economico, come nel caso del piano varato nel 1986 dal presidente Sarney e, tre anni più tardi, da Collor de Mello, ottengono tuttavia scarsi risultati: il Brasile, nonostante l’ingresso nel 1991 nel Mercosur, il mercato comune del Sudamerica, stenta a risollevarsi da una crisi economica che produce una realtà sociale tra le più drammatiche e difficilmente gestibili del continente latino-americano.
    Dal 1964 in Bolivia si sussegue una serie di dittature, colpi di Stato e giunte militari che guidano il Paese praticamente fino al 1982, quando H. Silez Suazo instaura un governo di tendenza democratica.
    Fino al 1974 la Colombia è caratterizzata dall’alternanza al governo di conservatori e liberali, più volte autori di svolte autoritarie e colpi di Stato. Negli anni settanta il regime liberale mette in pratica diverse forme di repressione, tra cui torture e assassini politici. Verso la metà degli anni ottanta la Colombia è sconvolta da vere e proprie guerre tra i clan che detengono il controllo del mercato della droga, conflitti che provocano in pochi anni migliaia di morti.
    Dal 1968 al 1975, in seguito alla rivoluzione del 3 ottobre 1968, il Perù è retto da un governo militare di sinistra con a capo Alverado, il quale imposta una politica di nazionalizzazione economica, soprattutto nei settori del petrolio e delle banche, fortemente contrastata dagli USA. Nel 1975 Alverado viene destituito a favore del generale Morales Bernandez, di tendenze conservatrici. Nel 1980 è eletto presidente il generale Terry, ma la sua riforma liberale e soprattutto la sua presidenza non riescono ad arginare la guerriglia di Sendero Luminoso, un’organizzazione maoista attiva dalla fine degli anni sessanta e molto forte in diverse regioni del Paese. Nel 1990 è eletto presidente Fujimori (di origine giapponese) che, forte del sostegno delle forze armate, realizza nel 1992 una sorta di colpo di Stato, sciogliendo il Parlamento. La guerriglia di Sendero Luminoso ha ricevuto un colpo piuttosto duro con l’arresto nel 1992 del suo leader, Guzman. Fujimori è stato riconfermato presidente nel 1995.

  • La decolonizzazione in Africa, Asia, Centro America e Oceania

    Dopo la seconda guerra mondiale Francia e Gran Bretagna non erano più in grado di mantenere il controllo dei loro imperi coloniali, già in decadenza dopo il 1918. Contemporaneamente nelle colonie si diffondevano dottrine politiche che giustificavano la lotta dei popoli sfruttati contro le potenze coloniali.
    Le nuove compagini statali che sorgono generalmente entro i confini delle vecchie colonie e su inadatti modelli istituzionali europei, mostrano sin dall’inizio la loro fragilità , in particolare a causa dei complicati problemi di convivenza fra le diverse etnie presenti all’interno di uno stesso territorio statale. In qualche gruppo di intellettuali e di politici si manifesta l’aspirazione all’unità africana, o almeno a organizzazioni e federazioni regionali, ma rivalità tribali e personali, spesso alimentate dai cospicui gruppi di coloni bianchi che non intendono rinunciare alle posizioni acquisite, impediscono ogni reale progresso su questa strada.
    Le premesse di questo processo sono da ricercare, innanzitutto, nel secondo conflitto mondiale: nel corso dell’occupazione giapponese prende a formarsi una classe dirigente indigena intenzionata a non accettare il ritorno dei dominatori europei; e quando i nipponici, nell’estate del 1945, proclamano l’indipendenza di tutte le colonie occupate nel corso del conflitto, essa costituisce il nucleo dirigente di quegli agguerriti movimenti nazionalisti che le potenze occidentali devono fronteggiare sin dall’immediato dopoguerra.
    E’ il caso, ad esempio, della Birmania, dove gli inglesi indicono nel 1947 elezioni per un’assemblea costituente, la quale rifiuta l’integrazione del paese nel Commonwealth; e, ancora, dell’Indonesia, dove gli olandesi in un primo momento riconoscono la Repubblica Indonesiana proclamata da Ahmed Sukarno, e poi danno il via a una vasta azione repressiva che incontra la dura resistenza della popolazione civile solidale con le forze di Sukarno, sino al riconoscimento dell’indipendenza nel 1949. Anche l’India ottiene l’indipendenza in questa fase (1947), ma vi giunge in modo affatto diverso. Il suo abbandono da parte inglese, infatti, non è una conseguenza della guerra, quanto piuttosto della grande azione svolta, sin dai primi anni ’20, dalla grande figura di Ghandi e dal suo discepolo politico Pandit Nehru. L’India, inoltre, costa ormai alle casse di Londra ben più di quanto la declinante potenza inglese possa permettersi e di quanto non le renda: già nel 1939 gli investimenti di capitali britannici in questo Paese si erano molto ridotti e solo un terzo del commercio estero inglese si svolgeva con esso. Vengono creati due stati separati: Unione Indiana e Pakistan. Il Kashmir, abitato in prelevanza da musulmani, entra a far parte dell’Unione Indiana. Inizia la guerra tra India e Pakistan per il suo possesso.
    La proclamazione dell’indipendenza dell’India portò nel 1951 alla cessione di Chandernagor da parte dell’India francese. Nel 1954 gli altri territori furono trasferiti all’Unione Indiana de facto.
    L’India Portoghèse, ex provincia d’oltremare del Portogallo è occupata dall’Unione Indiana nel 1961.
    Il Vietnam ha ottenuto l’indipendenza solo dopo una lunga guerra (1945-1954). Dopo la guerra il Vietnam è stato diviso in due Stati indipendenti (1954): una repubblica comunista nel nord; e una repubblica alleata dell’Occidente.
    1822: La società americana di colonizzazione, fondata nel 1816 in Liberia, comincia a insediarsi nell’area schiavi neri liberati.
    1847: Viene fondata la repubblica di Liberia
    1914: Marshall è sotto mandato giapponese.
    1919: Il territorio del Camerun è diviso in due zone che la Società delle Nazioni affida come mandati alla Francia e alla Gran Bretagna. Palau passa al Giappone.
    1923: Il Belgio riceve un mandato sulla Nigeria e viene proclamata unita al Congo belga
    1945: Indonesia, Laos, Mongolia e Vietnam diventano indipendenti. La Mauritania e le Comore diventano territorio d’oltremare francese. Palau è sotto tutela dell’ONU con amministrazione degli USA.
    1946: Dahomey, Congo, Costa d’Avorio e Madagascar diventano territori d’oltremare francese.
    1947: Marshall è affidata dall’ONU alla tutela americana. Indipendenza della Trasgirdania.
    1948: L’ex Africa del sud-ovest tedesca viene occupato dal Sudafrica. Fondazione della Corea del nord e del sud. La Birmania proclamano l’indipendenza.
    1949: Indipendenza del Bhutan. La Costa d’Avorio è autonoma.
    1950: Il Ciad diventa autonomo. La Somalia viene amministrata dalla Gran Bretagna.
    1951: Il Mozambico diventa provincia d’oltremare portoghese. Le Samoa orientali sono aministrate dagli Stati Uniti.
    1952: La Nuova Zelanda diventa uno stato indipendente
    1953: Il Laos è indipendente
    1954: Il Capo Verde è provincia metropolitana portoghese.
    1955: L’Angola diventa provincia portoghese
    1956: Gabon, Madagascar, Niger e Togo sono autonomi dalla Francia. In Marocco viene proclamata l’indipendenza.
    1958: Madagascar, Mali e Niger assumono lo status di repubblica autonoma, nell’ambito della Comunità francese. La Mauritania e la Guinea sono indipendenti.
    1959: La Somalia è sotto tutela italiana. Singapore è indipendente.
    1960: Cipro, Mauritania, Nigeria, Somalia, Angola, Burkina Faso, l’ ex Camerun francese, Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Madagascar, Kuwait diventano indipendenti.
    1961: Il Camerun inglese viene suddiviso tra l’ex Camerun francese (sud) e la Nigeria (nord). Sierra Leone, Tanganika e Zanzibar e Kuwait diventano indipendenti.
    1962: Il Nyssaland abbandona la federazione, costituita dalla Gran Bretagna. La Giamaica, Barbados, Trinidad e Tobago e le Samoa occidentali diventono indipendenti.
    1963: L’Angola e Kenya sono indipendenti
    1964: Il Nyassaland diventa indipendente con il nome di Malawi. La Rhodesia del Nnord ottiene l’indipendena con il nome di Zambia.
    1965: Le Maldive sono indipendenti. Indipendenza dello Zambia, dello Zimbabwe e della Gambia. Giamaica proclama la propria indipendenza.
    1966: L’attuale Gibuti, ha assunto il nome di Territorie Francais de Afars et des Issas con lo status di territorio d’oltremare francese. Barbados, la Guynea britannica sono indipendenti.
    1968: Maurizio, Tanganika, Micronesia e Nauru sono indipendenti
    1969: La Nuova Guinea olandese viene unita all’Indonesia
    1970. Qatar, Figi e Tonga sono indipendenti. Viene occupato il Sahara spagnolo dal Marocco.
    1971: Il Bhutan, il Qatar, Baherin e gli Emirati Arabi Uniti diventano indipendenti
    1973. La Guinea Bissau è indipendente. Le Bahamas, colonia inglese, diventa indipendente.
    1975: L’Angola, il Capo Verde, il Mozambico, la Guinea Bissau, Sao Tome e Principe, il Suriname, la parte orientale della Guynea è indipendente. Timor orientale si proclama indipendente, però è annessa all’Indonesia.
    1976: Il Gibuti e le Seicelle sono indipendenti. Si forma nell’ex Sahara spagnolo un movimento nazionalista che proclama la repubblica araba democratica sahariana.
    1977: Gibuti è indipendente
    1978: Antiche colonie inglesi, Salomone e Tuvalu sono indipendenti
    1979: Ex- colonie britanniche Saint Lucia, Saint Vicent e Granadine e Kiribati sono indipendenti
    1980: Vanuatu ottiene l’indipendenza.
    1981: Antigua e Barbadua diventano indipendenti
    1983: Ex- colonia britannica, Saint Kits e Nevis è indipendente
    1990: La Namibia è indipendente
    1994: Palau è indipendente
    1997: La Gran Bretagna restituisce Hong Kong alla Cina
    1999: Gli Stati Uniti restituiscono il canale di Panamà a Panamà . Il Portogallo restituisce Macao alla Cina. Altre date relativi all’argomento vengono raccontati in modo più specifico in altri capitoli.

    CD, ACTA- Mille anni di storia (Novecento n.3)

  • Il Sacro Romano Impero Germanico

    Nel 962 l’incoronazione di Ottone I sanciva la nascita del Sacro Romano Impero Germanico. L’accordo che venne stabilito tra Ottone I e papa Giovanni XII andava a tutto vantaggio della dinastia sassone che si arrogava il diritto di intervenire nella scelta dei pontefici e di determinare le scelte politiche. Ottenuto questo risultato, Ottone si volse verso quello che restava il suo obiettivo: l’assoggetamento della grande feudalità . A questo scopo fece leva sulla rivalità che opponeva i feudatari laici e quelli ecclesiastici. L’imperatore scelse di appoggiare questi ultimi nella consapevolezza che i vescovi-conti, per i quali non vigeva il principio dell’ereditarietà dei feudi (che alla morte tornavano all’imperatore). Ottone si volse a rendere stabili i confini dell’impero. In Italia furono sottomessi i principi longobardi. Nel 973 morì Ottone I e gli succedette il figlio Ottone II. Il nuovo imperatore dovette immediatamente affrontare una ribellione dei duchi di Baviera. La rivolta venne domata nel 978. Non meno complessa era la situazione in Italia, dove una rivolta di nobili romani avevano deposto il papa Benedetto VI. L’imperatore scese in Italia e riuscì a riportare l’ordine riportando il pontefice sul trono. Muore nel 983. Ottone III succedette al padre sotto la reggenza della madre Teofania e della nonna Adelaide. Le due reggenti dovettero combattere contro Enrico di Baviera. La ribellione venne domata nel 986. Muore nel 1002. A Ottone succedette il cugino Enrico di Baviera, figlio di quell’Enrico che si era ribellato più volte al padre e a lui. Il marchese di Ivrea Arduino si faceva incoronare re d’Italia. Questa incoronazione non rappresentava tanto il risveglio di un improbabile sentimento nazionale, quanto una reazione laica contro lo strapotere della feudalità ecclesiastica. Nel 1004 l’imperatore scese in Italia e si fece incoronare re per tornarsene immediatamente in Germania a causa della turbolenza feudatarie. Morì nel 1024. La morte di Enrico estinse la dinastia sassone e i feudatari germanici, nel desiderio di darsi un sovrano più legato alla realà della Germania, elessero Corrado di Franconia. Il re Rodolfo III di Provenza legò il proprio regno ai domini della dinastia imperiale tedesca di Franconia (Corrado II il Salico [1033]) e i diritti sul regno di Arles si trasmisero ai successori fino al 1378. I sovrani tedeschi furono però di fatto assenti dalla Provenza, dove le varie signorie feudali e cittadine si svilupparono godendo di notevole autonomia. Nel 1032 la Svizzera viene integrata nel Sacro Romano Impero Germanico. Corrado emanò nel 1037 la Constutio de feudis con la quale riconosceva l’ereditarietà dei feudi minori. Il suo gesto non gli dava tuttavia nessun vantaggio. Tentò allora, scendendo a Roma, di stringere un alleanza con il Papato. Questo progetto venne vanificato dall’aristocrazia romana e Corrado, rientrato in Germania, vi morirà nel 1039. L’epoca in cui salì al trono il successore di Corrado II era dominato dallo sviluppo del movimento cluniacense. Questa tendenza religiosa si proponeva di rinnovare la Chiesa, eliminandone alcuni degli aspetti deteriori, quali la vendita dei beni spirituali e il concubinaggio dei preti. Enrico III, consapevole dell’importanza che, per la stabilità dell’impero, aveva una Chiesa rinnovata, appoggiò il movimento. Nel contempo, dopo aver liberato la Santa Sede dal controllo dell’aristocrazia romana, la asservì completamente ai suoi fini, facendo eleggere una serie di papi germanici, che gli sarebbero stati estremamente fedeli.
    La conseguenza di maggiore portata storica della ripresa economica e demografica fu il ritorno della città a un ruolo economicamente e politicamente dominante. Di conseguenza, nell’Italia settentrionale si era assistito ad una continua perdità del potere da parte dei feudatari. Il Comune era, all’origine, un’associazione privata tra i rappresentati delle famiglie più influenti della città , che aveva come obiettivo la conquista di autonomia rispetto al feudatario (per esempio, non sottostare a un determinato contributo). Ben presto però i Comuni iniziarono a esercitare il potere politico all’interno delle città , creando organi di governo. Fu la forma del Comune consolare che in seguito, nel corso del XIII verrà sotituito dal Comune podestarile, retto cioè da un podestà chiamato da fuori per tenere a freno le lotte che si scatenarono fra i diversi gruppi sociali della città . Si crearono, nel complesso universo comunale italiano, due fazioni: i guelfi, alleati del papa, e i ghibellini dell’imperatore. Nel 1056 muore Enrico III e gli succede il figlio Enrico IV. Enrico IV prese poi una decisione: quella di nominare i vescovi a seconda delle proprie esigenze. Nel 1075, Gregorio VII ribadì il divieto per ogni laico di nominare vescovi sotto pena di scomunicazione. Nel 1076, in un sinodo raduno a Worma, fece deporre Gregorio VII che, un mese dopo, scomunicava l’imperatore. Enrico IV si recò con una debole scorta presso il castello ed attese per tre giorni all’aperto sotto la neve di essere ricevuto dal Papa. Questi, resosi conto dell’abilità della mossa del suo avversario, tentò di non riceverlo. Alla fine dovette accoglierlo, assolverlo e ritirare la scomunica. Rientrato in Germania, Enrico fronteggiò vittoriosamente Rodolfo di Svevia, che in sua assenza, era stato eletto nuovo re. Nel 1081 Enrico scese in Italia dove si assicurò l’alleanza dei comuni dell’Italia settentrionale. Il papa Urbano II riuscì a mettere contro l’imperatore anche il figlio di questi, Corrado, che fece fidanzare con la figlia del re normanno di Sicilia, Ruggero d’Altavilla. Corrado venne tuttavia deposto dal padre che nominò suo erede il secondogenito Enrico. La situazione mutò a causa di una insurrezione dell’alta nobiltà ed Enrico IV venne imprigionato dal figlio, che aveva trovato appoggio nel nuovo Papa Pasquale II. Riuscito a fuggire, l’imperatore morì. L’alleanza fra Pasquale II e il nuovo imperatore non durò a lungo. Enrico V scese nel 1110 in Italia ed il Papa, consapevole di non potergli resistere con le armi, gli propose di rendergli tutti i feudi ecclesiastici purchè solo al Papato venisse riconosciuta la facoltà di investire i vescovi. Alla morte di Enrico V, la Germania fu travagliata da guerre per la successione. Enrico V aveva designato come suo successore Federico di Hohenstaufen, duca di Svevia, ma una parte dei grandi di Germania aveva eletto come re Lotario II di Suplimburgo, duca di Sassonia. Da principio ebbe la meglio Lotario II, poi prese soppravento Corrado III (1138-1152), che inizio la Casa sveva. Lotario II non mancò di intervenire nelle questioni italiane, ma senza preoccuparsi delle novità comunali. Invece Corrado III non mise mia piede nella penisola. Naturalmente, della negligenza del primo e dell’assenza del secondo i Comuni non persero tempo per ingrandirsi a spese dei grandi feudatari. Morto l’imperatore Corrado III, gli successe al trono il nipote Federico I (1152-1190). Egli potè dedicare i primi due anni di regno alla sistemazione interna della Germania. Desiderando un ritorno alla legalità , si trovò a più riprese a lottare contro i comuni. Con lo scopo di rendere noto il programma della sua nuova politica, Federico, nel dicembre, convocò una Dieta a Roncaglia, luogo tra Lodi e Piacenza. In quell’occasione l’imperatore annunciò ai convenuti, feudatari e rappresentanti dei Comuni, che tutte le usurpazioni di quei diritti che competevano all’imperatore dovevano considerarsi come non avvenute e ritornare al legittimo detentore. I Comuni non accettarono. Federico, che era venuto in Italia con forze relativamente esigue, insufficienti per affrontare Milano, sdegnato per l’ormai aperta disobbedienza dei Comuni, si sfogò distruggendo alcuni dei Comuni minori. Federico poi andò a Pavia, citò che assieme a poche altre, per odio verso le altre città concorrenti, si era schierato con lo Svevo e, quivi, cinta nell’aprile del 1155 la corona ferrea, si mosse verso Roma per ricevere dal Papa Adriano IV la corona imperiale. La seconda discesa, in cui l’imperatore venne agguerrito di un forte esercito, segnò la più decisiva offensiva imperiale e il momento della massima umiliazione per i Comuni. Nel 1158 Federico venne in Italia con il fermo proposito di rendere esecutivi i decreti della Dieta di Roncaglia. Milano e parecchie altre città cacciarono i rappresentanti dell’imperatore sfidando la sua rappresaglia. La reazione del Barbarossa fu terribile. Per prima cosa egli attaccò Crema, che, dopo aver sopportato sei mesi di barbaro assedio, si arrese e fu distrutta dalle fondamenta (1160). In quell’occasione si arrivò al punto che ostaggi e prigionieri cremaschi vennero legati alle torri d’assedio per fare in modo che gli assediati non colpissero, ma i difensori di Crema, nel furore della battaglia, superarono ogni sentimento di pietà . Poi fu la volta di Milano. Contro Milano Federico ebbe l’aiuto di Como, Novarra, Pavia e Cremona, tutte città che avevano dovuto subire l’egemonia della capitale lombarda. La resistenza dei milanesi durò quasi due anni e poi fu costretta ad arrendersi pe la fam (1162). Federico decise di distruggere la città , nonostante tutti gli abitanti, con il capo cosparso di cenere, a piedi scalzi e reggendo in mano un crocifisso, fossero venuti al campo imperiale a chiedere misericordia. Ma quel che è peggio è che il Barbarossa destinò a questo compito i Comuni minori suoi alleati, aizzando in tal modo le discordie italiane. Per il momento le deliberazioni della Dieta di Roncaglia divennero esecutive in tutta l’Italia settentrionale. Nel frattempo, con la morte di Adriano IV, avvenuta nel 1159, il dissidio con il Papato si era inasprito trasformandosi in uno scisma. Federico I, fedele ai suoi alleati, aveva addirittura tentato di influire sull’elezioni del nuovo pontefice, ma avevano eletto il più deciso esponente della corrente anti-imperiale, Alessandro III (1159-1181), che scomunicò l’imperatore. I comuni dell’Italia settentrionale, diedero vita ad un vasto movimento di alleanze. Federico da principio si preoccupò più del Papa che dei Comuni. Ma finalmente le altre città si accorsero che il programma imperiale non era anti-milanese bensì anti-comunale. Da quel momento anche i Comuni ostili alla capitale lombarda si vennero coalizzando. Altre due successive discese del Barbarossa non fecero che accelerare l’amalgamarsi delle forze a lui contrarie. Lo scontro frontale e conclusivo si ebbe durante la quinta discesa del Barbarossa nel 1174. I due eserciti si trovavano di fronte per la prima volta a Montebello, presso Voghera, ma il risultato non fu definitivo. Lo scontro finale avvenne a Legnano, tra il Ticino e l’Olona, il 29 maggio 1176, L’esercito della Lega Lombarda stava ormai ripiegando quando infransero l’urto della cavalleria nemica decidendo le sorti della battaglia. La vittoria dei comuni era completata. Federico fu costretto a venire a patti con la Chisa per la situazione che si era venuta creare in Germania, dove i feudatari ecclesiastici si rifiutavano di sostenerlo ulteriormente se non avesse fatto pace con il Papa. Nel 1190 morì Federico I. Avvenne così che Enrico VI si trovò ad essere quasi contemporaneamente re di Sicilia e Sacro Romano Imperatore. Enrico VI s’insedio sul trono dell’Italia meridionale, nonostante che le popolazioni locali tentassero d’impedirglielo e gli contrapponessero un discendente degli Altavilla. Enrico tentò di proseguire la lotta contro i Comuni tramite il governo di vicari tedeschi. Le ambizioni di Enrico VI finirono per allarmare i Comuni e specialmente il Papa, il cui territorio si sarebbe serrato entro l’impero svevo. Nel 1197, però, morì improvvisamente il giovane imperatore tedesco e l’anno successivo lo seguiva la moglie Costanza; il figlio Federico, in ancor tenerissima età , si trovò orfano di entrambe i genitori; la sua tutela era stata affidata dalla madre morente al nuovo pontefice Innocenzo III. I Comuni cacciarono i vicari tedeschi; in Germania si riaccesero le lotte fra i grandi feudatari; nel regno di Sicilia, i contrasti tra le fazioni e l’intervento del Papa e delle città marinare nell’intento di trarre profitto della confusa situazione, provocarono il caos. La Dieta di Francoforte fin dal 1196 aveva riconosciuto come re di Germania il figlio di Enrico VI, Federico, che aveva allora appena due anni e che Enrico aveva affidato al fratello Filippo di Svevia per l’incoronazione. Ma la morte di Enrico VI aveva reso imprudente il viaggio del bambino. Incominciò allora la contesa fra Filippo di Svevia, incoronato re di Germania a Mangoza, e Ottone di Brunswick, incoronato con la stessa corona a Colonia. Il contrasto tra Ottone e Filippo offrì alla diplomazia papale l’occasione d’intervenire nelle cose di Germania. Con lo scopo di eliminare una volta per tutte il pericolo di un’unione tra la corona imperiale e quella siciliana, Innocenzo III appoggiò Ottone che, nel 1209, ottenne il titolo d’imperatore. L’appoggio del Papa fu pagato da Ottone di Brunswick con la cosiddetta Capitolazione di Neuss, con la quale s’impegnava a concedere al Papato tutte quelle terre sulle quali, nel secolo VIII, era nato lo stato Pontificio. Ottone si impegnava inoltre a rinunziare a quel minimo di ingerenza nelle elezioni vescovili; a riconoscere il vassallaggio che subordinava il regno di Sicilia alla Chiesa in conseguenza dell’antica investitura concessa dal Papa ai Vichinghi. Ma, dopo l’incoronazione, il neo-imperatore Ottone VI si comportò ben diversamente. Innocenzo III lo scomunicò si accostò ai nemici di Ottone IV, contrapponendo a costui il giovane di cui era stato tutore e che aveva appena compiuto i diciotto anni: Federico II. In cambio dell’appoggio papale il giovanissimo Svevo aveva dovuto promettere di non riunire la corona imperiale a quella siciliana, di cedere allo Stato pontificio alcuni territori della penisola. Lasciata la reggenza del regno di Sicilia alla moglie Costanza d’Aragona, Federico andò in Germania a Magonza il 9 dicembre 1212. Poi egli combattè l’avversario e alleati. La battaglia decisiva, che vide vittorioso Federico e lo insignì del supremo potere imperiale, fu combattuta a Bouvines il 27 luglio 1214. Si è già spiegato come ogni sforzo del Papato avesse lo scopo di dividere le due corone. Federico, non rinunziando al regno di Sicilia, riacesse la lotte tra l’impero e i comuni: l’imperatore, nemico al Papato e ai Comuni, e il Pontefice alleato con questi. I Comuni, allarmati, avevano già stretto a San Zenone, presso Mantova, un nuovo patto tra loro, che fu la seconda Lega Lombarda. La situazione si aggravò quando Federico affrontò decisamente quei Comuni che gli erano ostili. Un aiuto davvero inaspettato venne a Federico da un feudatario dell’Italia settentrionale Ezzelino III da Romano. Approfittando della confusione e delle lotte interne tra le fazioni, costui sottomise parecchie città nel territorio di Treviso e Verona, gettando così le basi di una vasta Signoria. Il 27 novembre 1237 l’imperatore riportò a Cortenuova una decisiva vittoria sulla Lega. In Germania, affrontò e sedò una ribellione mossagli dal figlio Enrico; questi fu battuta e condotto prigiero in un casrtello della Puglia dove morì nel 1242. Federico dette in moglie ad Ezzelino la figlia Selvaggia ed elevò il figlio Enzo a Re di Sardegna. Nel 1239 il papa Gregorio IX lanciò una seconda scomunica contro Federico. Il Pontefice si mise anche alla testa di una coalizione antimperiale formata dai Comuni e dalle repubbliche marinare. Federico agì allora con incredibile audacia: nel 1241 fece assalire dai pisani, fedelissimi ghibellini, e dalla sua flotta siciliana quella genovese, che poetava i vescovi francesi al Concilio romano. A Gregorio IX succedette Innocenzo IV. Il Concilio, non essendosi potuto riunire a Roma, fu tenuto nel 1245 a Lione, in cui l’imperatore fu scomunicato per la terza volta. Successivamente, nel giro di pochi anni, sul capo dell’imperatore cadde ogni genere di disgrazie. Le truppe imperiali questa volta furono battute dai Comuni (1247). Il 13 dicembre 1250, colto da violenti febbri, Federico II morì nel suo castello di Fiorentino in Puglia. Da questo momento le storie d’Italia e di Germania si dividono e si complicano. Sembrò che Manfredi, figlio del defunto imperatore, potesse risollevare le sorti del Casato: egli, sulle orme dell’eredità paterna, condusse un’abile politica antipapale e anticomunale. Nell’Italia settentrionale, Manfredi trovò un alleato per la sua guerra nel già nominato Ezzelino da Romano. La sua condotta crudelissima alla fine provò la reazione delle forze guelfe, che nella battaglia di Cassano d’Adda nel 1259 lo vinsero e lo catturarono; Erzellino morì in prigione: essendosi strappato le bande e riaperto le ferite, si lasciò morire dissanguato. La rivincita ghibellina si ebbe in Toscana, presso Siena, nella battaglia di Montaperti.
    Dopo la morte di Federico II di Svevia (febbraio 1250) il pontefice Innocenzo IV, in forza del dominio che il Papato aveva sul Mezzogiorno per effetto del vassallaggio vichingo, decise di offrire la corona di Napoli al fratello di Luigi IX di Francia, Carlo d’Angiò, purchè rinunciasse al diritto di nomina e di giurisdizione sugli ecclesiastici e alla possibilità di unire la corona di Napoli con quella imperiale, come invece era avvenuto con Federico II. Seguì la battaglia di Benevento nel 1266, in cui, nonostante una valorosa resistenza, Manfredi venne battuto e ucciso. Una settimana dopo la vittoria a Benevento su Manfredi, il 7 marzo 1266, l’angioino entrò trionfante in Napoli. Fu quella la prima volta in cui la città ospitò una corte e assunse la dignità di capitale: i nuovi sovrani si preoccuparono soprattutto del miglioramento della rete stradale e dell’abbellimento della città (fontane e bagni pubblici). Carlo I pensava solo ai suoi interessi politici. Incrementò anche il legame con il re d’Ungheria Bela IV, unendo in matrimonio i figli Carlo e Isabella con quelli del sovrano ungherese, Maria e Ladislao.
    Morto Manfredi, rimaneva in Germania un ultimo rampollo della casa sveva, il figlio di Corrado IV, Corradino, che aveva circa quindici anni. Incitato dai ghibellini a riconquistare il regno di Sicilia, egli lasciò la sua terra. Carlo d’Anngiò lo affrontò e lo sconfisse nella battaglia di Tagliacozzo, in Abruzzo. Egli si rifugiò nel castello di Astura, sotto la protezione di un membro della famiglia feudataria di Frangipane. Ma quel nobile lo tradì e lo consegnò per denaro nelle mani dell’Angioino.
    Ma anche Carlo d’Angio’ venne presto in contrasto con il pontefice per la sua ambizione e irritò con il suo malgoverno il popolo siciliano che si ribello’ nei Vespri Siciliani.

    Libro, European book Milano-Atlantica junior n.7 / Libro, European book Milano-Atlantica junior n.8 / Internet- La storia di Napoli