Tag: Nazismo

  • I regimi autoritari

    L’Italia era in preda ad una grave crisi economica. L’inflazione impoveriva operai e contadini ma anche la piccola borghesia. Molti si convinsero che quella italiana era una vittoria mutilata. I nazionalisti non volevano rinunciare alla Dalmazia e alla città di Fiume. Nel settembre 1919, il poeta Gabriele D’Anunzio si pose alla guida di legionari, occupò Fiume e ne proclamò l’annessione all’Italia. Il capo del governo Nitti, dette in quell’occasione prova di incertezza e non fece praticamente nulla. Le cose cambiarono completamente quando tornò al governo Giolitti che raggiunse un accordo con gli Iugoslavi secondo il quale:
    – l’Italia otteneva l’Istria e Zara, lasciando il resto della Dalmazia alla Iugoslavia; – Fiume diveniva uno Stato indipendente. A farsi portavoce degli interessi dei lavoratori furono le grandi organizzazioni sindacali. Anche i padroni si unirono in un sindacato.
    Giolitti era convinto che gli industriali e i proprietari terrieri dovessero trattare con i lavoratori. Molti industriali e proprietari terrieri così incominciarono ad appoggiare Mussolini. Il programma del movimento era molto confuso. Era caratterizzato da posizioni nazionalistiche, repubblicane ed anticlericali.
    I fascisti parteciparono alle elezioni del 1919. Riuscirono a presentarsi solo a Milano, ottenendo un misero risultato. Per questo organizzò delle squadre d’azione. Le squadracce fasciste erano composte in prevalenza da ex combattenti, da disoccupati, da avventurieri. Gli avversari venivano piegati a colpi di manganello. Oppure venivano obbligati a bere l’olio di ricino, un forte purgante. La polizia spesso era complice. Molti commisero l’errore di sottovalutare il pericolo rappresentato dai fascisti. Per la prima volta, i fascisti entrarono in parlamento (35 seggi).
    Il 24 ottobre 1922, Mussolini concentrò a Napoli migliaia di camicie nere, cioè i fascisti organizzati come un esercito. Si decise di prendere il potere con la forza. Il capo del governo Facta, chiese al re Vittorio Emanuele III di firmare il decreto che avrebbe fatto intervenire l’esercito. Ma il re si rifiutò e decise di affidare l’incarico a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo (30 ottobre 1922).
    Il primo governo di Mussolini (1922-24) fu sostenuto dai fascisti, dai liberali e, fino al 1923, dai popolari. In questi anni, Mussolini rispettò la legge. Perciò questa fase è detta legalitaria. Negli anni successivi egli operò per acquistare il potere in modo assoluto, smantellando progressivamente le istituzioni parlamentari. Un momento significativo, in questo senso, fu la nuova legge elettorale maggioritaria, approvata nel 1923, che assegnava due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto la maggioranza dei voti. Con questa legge si andò alle elezioni del 1924, assicurando a Mussolini una maggioranza di 403 deputati su 535.
    Anche le elezioni (6 aprile 1924) si svolsero in un clima di violenza e di irregolarità : un candidato socialista, Giacomo Matteoti, fu assassinato. Ma il re non fece nulla. Mussolini capì che poteva continuare la sua strada. In un famoso discorso del 3 gennaio 1925 assunse l’intera responsabilità politica e morale di quanto era accaduto: ”Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!”. Il 1925 è l’anno che segna la definitiva trasformazione del fascismo in una dittatura e in uno Stato totalitario Il regime fascista diventa dittatura perchè un uomo solo, Benito Mussolini, assume su di sè tutti i poteri dello Stato. Il termine totalitarismo, indica che lo Stato controlla in modo totale la società : dalla famiglia alla scuola, dal tempo libero al lavoro.
    Nel 1923 vennero sciolti tutti i partiti dell’opposizione, vennero chiusi tutti i giornali antifascisti. La trasformazione dello Stato liberale fu completata con una nuova legge elettorale (1928). Affidò al Gran Consiglio del Fascismo, l’organismo più importante, il compito di preparare una lista unica di candidati. Il posto del sindaco venne occupato da un podestà , nominato direttamente dal governo. Il compito di giudicare gli antifascisti spettava al Tribunale Speciale.
    Il fascismo però cercò anche di ottenere il consenso, cioè l’approvazione degli italiani. Nel 1937 tutte le organizzazioni giovanili furono inquadrate nella GIL (Gioventù Italiana del Littorio). L’Opera Nazionale Balila, si occupava dell’educazione dei bambini da 6 e 14 anni, alla dottrina fascista e al culto di Mussolini con marce militari, esercitazioni, sfilate, parate. Il GUF era il Gruppo degli universitari fascisti.
    Mussolini era convinto che superare il conflitto tra Stato e Chiesa gli avrebbe garantito una grande popolarità tra gli italiani. Alla fine, l’11 febbraio 1929, Mussolini e il segretario del papa Pio XI, firmarono i Patti Lateranensi. Nel 1926 però vi fu un netto cambiamento nella vita economica. Si inaugurò una politica autarchica, cioè dell’autosufficienza economica da raggiungersi comprimendo i consumi e producendo all’interno tutti i beni necessari. Per Mussolini l’espansione coloniale era necessario. Il primo obiettivo del progetto fascista fu l’Etiopia. L’invasione venne avviata nell’ottobre 1935. L’Etiopia era un paese indipendente, membro della Società delle Nazioni. L’Italia riuscì in breve tempo a piegare l’Etiopia. Il 9 Mussolini proclamò il ritorno dell’Impero a Roma. Vittorio Emanuele III divenne così re d’Italia ed imperatore d’Etiopia.
    La guerra d’Etiopia favorì l’avvicinamento di Mussolini a Hitler. La conseguenza più grave dell’alleanza tra Mussolini e Hitler fu l’introduzione in Italia di leggi razziale contro gli ebrei. Queste leggi vietavano i matrimoni misti (cioè fra ebrei e non ebrei); impedivano agli ebrei di frequentare la scuola pubblica, di fare servizio militare, di svolgere determinate professioni. Le leggi imitavano quelle introdotte in Germania da Hitler nel 1935. Ma in Italia non esisteva una tradizione antisemita, cioè di odio e persecuzione degli ebrei. Il legame tra i due dittatori fu rafforzato nel 1939 con la firma del Patto d’Acciaio. Con esso le due nazioni si impegnarono a collaborare reciprocamente nel caso di una guerra. Nel corso degli anni venti e ancor più nel decennio successivo si estende in tutta Europa il fenomeno dei regimi autoritari di cui l’Italia detiene il triste primato.
    In Ungheria, dopo la breve e fragile esperienza socialcomunista di Bela Kun degenerata in guerra civile, il potere viene assunto dall’ammiraglio Horthy che instaura una dittatura personale, rappresentante dell’oligarchia conservatrice, divenuto reggente di uno stato monarchico privo di re. A quello di Horthy succederanno altri governi autoritari. L’Ungheria fu il primo paese dell’Europa a dar vita a un regime dittatoriale di tipo fascista destinato a durare sino alla primavera del 1944, quando fu sostituito da un regime nazista direttamente controllato dai tedeschi. Gli atti terroristici contro gli ebrei non mancarono di essere incoraggiati dallo stesso re Carol II. Dopo le movimentate elezioni del 1937 il re cercò di riprendere in mano la situazione, sbarazzandosi degli in temperamenti capi delle Guardie di Ferro e delegando i poteri a un partito ispirato alla corte, il Fronte di rinascita nazionale. Era però troppo tardi per salvare dalla dissoluzione il paese, ormai infeudato alla Germania nazista.
    In Polonia in un primo tempo sembra resistere, almeno formalmente, un sistema parlamentare ma, di fatto, vi esercita un enorme potere il generale Pilsudski, nominato presidente provvisorio nel febbraio del 1919. Dopo continui cambi di guida del governo, nel 1926 Pilsudski attua un colpo di Stato, modifica la costituzione, fa eleggere un suo fedele alla presidenza della Repubblica e con la carica di primo ministro instaura una dittatura personale. La dittatura del generale viene consolidata nell’aprile del 1935 quando il varo di una nuova costituzione fa della Polonia una Repubblica presidenziale e abolisce il sistema parlamentare.
    Altri governi a carattere autoritario si costituiscono nel 1926 in Lituania e nel 1934 in Estonia e in Lettonia. L’unico paese in questa area geografica che riesce a mantenere un sistema di tipo liberale è la Cecoslovacchia. Dopo una prima fase sotto l’egemonia del Partito contadino guidato da Alessandro Stambolijski, nel 1923 questi viene assassinato durante un colpo di Stato militare guidato dal leader di estrema destra Cankov. Da allora si consolida un regime di tipo dittatoriale che porta lo Stato balcanico a schierarsi con la Germania nazista.
    La Jugoslavia si forma tra la fine del 1918 e il 1919 dall’unione tra la Serbia, la Croazia, la Slovenia, il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina. Il nuovo regno viene affidato a Pietro di Serbia e al figlio Alessandro che nell’agosto del 1921, alla morte del padre, assume il titolo di re Alessandro I° di Jugoslavia. Dopo una fase di duri scontri politici e interetnici, il 5 gennaio 1929 Alessandro I° proclama la dittatura, scioglie il parlamento e impone il suo potere su tutto il territorio nazionale. L’accentuazione di una politica tesa a soffocare ogni spinta nazionalista, unitamente all’ostilità dell’Italia, che aveva incoraggiato la nascita di un movimento fascista croato, portarono a uno stato di terrore che culminò nell’assassinio, nell’ottobre 1934, di re Alessandro. Prende il suo posto il figlio Pietro II°, sotto la reggenza del principe Paolo. Il reggente, principe Paolo, affidò la presidenza del consiglio al filo-fascista Milan Stojadinovic che operò un avvicinamento all’Italia firmando il patto di pacificazione adriatica (marzo 1937). Una svolta apertamente fascista venne operata dal suo successore Cvetkovic, che arrivò a promulgare leggi antisemite nell’ottobre 1940. In seguito (27 marzo 1941) il giovane re Pietro II assunse i pieni poteri affiancato dal generale Simovic, ma ciò non fece che accelerare i piani di invasioni hitleriani.
    Neppure in Grecia il governo democratico riuscì a mettere radici. Alla conclusione del conflitto mondiale la Grecia continua le ostilità contro la Turchia dalla quale la dividono antiche ruggini alcune mire territoriali. Nel dicembre del 1923 il re Giorgio II° è costretto ad abdicare e, pochi mesi dopo, un plebiscito popolare proclama la Repubblica alla guida della quale viene chiamato l’ammiraglio Kunduriotis. Nel marzo del 1935, a seguito di violenti scontri tra repubblicani e monarchici, viene richiamato in patria Giorgio II° e restaurata la monarchia (novembre). Nel giugno del 1936 diventa primo ministro il generale Metaxas che due mesi dopo attua un colpo di Stato e si proclama dittatore. Le sue manifeste simpatie per il fascismo non evitarono alla Grecia di essere attaccata da Mussolini il 28 ottobre 1940.
    Anche l’Albania presenta un sistema politico istituzionale di tipo dittatoriale: nel 1925 viene proclamata la Repubblica ed eletto presidente Ahmed Zogu che fa varare una costituzione di tipo autoritario. Conclusosi con l’Italia prima un trattato di amicizia (novembre 1926) poi un’alleanza (novembre 1927), Zogu cancellò ogni residua traccia di governo democratico-parlamentare. Il potere personale di Zogu viene definitivamente sancito con la sua elezione a re nel settembre del 1928, praticamente vassallo dell’Italia.
    Negli anni venti la Spagna è un paese con una struttura economica agricola organizzata prevalentemente sulla grande proprietà terriera e, in alcune regioni, sulla piccola proprietà contadina. Dal punto di vista politico vige una monarchia costituzionale con un parlamento nazionale (le Cortes) sostanzialmente privo di poteri. Nel 1923 una ribellione anticoloniale scoppiata in Marocco trova totalmente impreparate le truppe spagnole di stanza. L’inchiesta subita dall’esercito viene considerata un “affronto” dal capitano generale della Catalogna, il generale Miguel Primo de Rivera che minaccia di marciare sulla capitale. L’azione di forza viene evitata soltanto perchè il re Alfonso XIII decide di affidare il governo al militare ribelle. Si instaura così una dittatura clerico-militare. La dittatura, che nel 1926 stringe un trattato di amicizia con Mussolini, si protrae fino alla fine degli anni venti. Nel gennaio 1930 il dittatore si dimise. Il 14 aprile 1931 venne proclamata la repubblica. Il nuovo governo si mostrò troppo debole e troppo poco mogeneo. Josè Antonio Primo di Riviera, figlio dell’ex dittatore fece numerosi adepti. Le elezioni del febbraio 1936 videro la vittoria delle sinistre riunite nel Fronte Popolare. La vittoria scatenò la rivolta dei militari di destra e dei falangisti e si trasformò in una guerra civile. Il governo nazionalista presieduta dal generale Franco, insediandosi a Burgos, era stato riconosciuto da Italia e Germania.
    Il Portogallo nel dopoguerra è una società arretrata ben distante dagli antichi fasti vissuti all’epoca delle grandi scoperte geografiche e delle rotte commerciali per le americhe. Nel luglio del 1932 viene nominato primo ministro l’economista cattolico Antonio de Oliveira de Salazar. Questi instaura un regime autoritario anch’esso, come in Spagna, fondato sull’appoggio della Chiesa e dell’esercito. La dittatura clerico-autoritaria segna la vita portoghese per quasi mezzo secolo.
    Il 12 novembre 1918, viene proclamata la Repubblica austriaca. Nel 1919 si svolgono le elezioni per l’assemblea costituente e viene eletto cancelliere il giurista Karl Renner. La grave crisi economica che colpisce l’Austria viene risolta dall’intervento delle Società delle nazioni. Le agitazioni dei nazisti che vogliono l’annessione alla Germania non smettono. Nel febbraio del 1938 Schuschnigg incontra Hitler senza riuscire a far valere le proprie posizioni. Costretto alle dimissioni viene sostituito da Seyss-Inquart, capo del partito nazista austriaco. Nel marzo le truppe tedesche invadono l’Austria e viene proclamata l’annessione al Reich (Anschluss), confermata dopo pochi giorni da un plebiscito.
    Rimasti neutrali durante la guerra, i paesi scandinavi ne avevano risentito sul piano economico ma non su quello politico. La democrazia aveva messo salde radici e dovunque si era avuta una notevole affermazione dei nuovi partiti socialisti.
    Superato il momento di maggiore crisi dei primi anni venti la Germania, grazie agli ingenti investimenti esteri, vive, tra il 1925 e il 1929, un’eccezionale ripresa economica. Alla fine degli anni venti l’economia tedesca torna a occupare un posto di primo piano nel sistema internazionale. Il riconquistato benessere non si traduce però in un serio consolidamento della debole democrazia repubblicana. Nel 1925, alla morte del socialdemocratico Ebert, viene eletto alla presidenza del Reich il vecchio maresciallo von Hindenburg, un conservatore vicino agli interessi della grande industria. Le forze democratiche riescono a ottenere un ultimo importante successo nelle elezioni politiche del 1928 quando si affermano i partiti socialista e cattolico e si forma il governo di coalizione del socialdemocratico Muller. Il crollo di Wall Street ha conseguenze drammatiche per l’economia tedesca: all’inizio degli anni trenta i disoccupati raggiungono quota sei milioni. Nelle elezioni del 1930 si afferma inaspettatamente un piccolo partito di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, guidato da Adolf Hitler, che conquista 107 seggi e sei milioni e mezzo di voti. Chi sono i nazisti? Nel 1920 il trentunenne militare austriaco Adolf Hitler, imbevuto di idee antisemite e antidemocratiche, assume la guida di un piccolo gruppo estremista, il Partito dei Lavoratori tedeschi. Con un programma di stampo ultra nazionalista e autoritario, il partito nazionalsocialista (nome datogli dallo stesso Hitler) nel 1921 crea una propria organizzazione militare, le Squadre d’assalto (Sturmabteilungen, SA) e nel novembre del 1923 tenta senza successo un colpo di Stato a Monaco. Il fallimento del putsch costa a Hitler la condanna a cinque anni di carcere, di cui sconta solo nove mesi durante i quali scrive Mein Kampf, il testo contenente il suo sconcertante programma politico. Uscito dal carcere Hitler elabora una nuova tattica per il suo partito: lo instrada sul piano costituzionale e crea una nuova organizzazione militare più disciplinata, i Reparti di protezione (Schutzstaffeln, le famigerate SS). Come abbiamo visto, la crisi del 1929 offre l’occasione ai nazionalsocialisti di affermarsi sulla scena tedesca, occasione colta con il successo alle elezioni dell’anno successivo.
    Dopo l’importante successo ottenuto nelle elezioni del 1930 il partito nazionalsocialista e il suo leader Adolf Hitler raccolgono il consenso della grande industria tedesca e si preparano a sferrare l’ultimo attacco alla democrazia di Weimar. Intanto il governo del socialdemocratico Muller nella primavera del 1930 era stato costretto a cedere il posto al cattolico conservatore Heinrich Bruning: nel 1932 in occasione delle elezioni presidenziali si confrontano i due candidati nazionalisti Hindenburg e Hitler; ottiene la vittoria il vecchio maresciallo ma l’ascesa al potere del leader nazista è soltanto rimandata. Nel corso dell’anno, infatti, Bruning è costretto alle dimissioni e il nuovo cancelliere Von Papen scioglie il parlamento e indice nuove elezioni. Il successo del partito di Hitler è enorme: con 230 seggi diventa il primo partito e Hitler chiede per sè il cancellierato. Le nuove elezioni ridimensionano parzialmente il peso del Partito nazionalsocialista che tuttavia resta il maggiore partito; si consuma allora l’ultimo atto della Repubblica di Weimar. Viene chiamato a ricoprire la carica di cancelliere il generale Kurt von Schleicher ma dopo pochi mesi fallisce il suo tentativo: il 30 gennaio 1933 diventa cancelliere del Reich Adolf Hitler a capo di un ministero composto da nazisti, nazional-tedeschi e alcuni tecnici.
    Il leader nazista, decide di sciogliere per l’ennesima volta il parlamento. Le organizzazioni militari naziste e la polizia colpiscono duramente i comunisti e i socialdemocratici. Hitler, che punta tutto su di una vittoria eclatante del suo partito, tenta un colpo spettacolare: la notte del 27 febbraio, pochi giorni prima delle elezioni, un gruppo di nazisti provoca l’incendio del parlamento nazionale, il Reichstag. L’obiettivo è quello di far ricadere sui comunisti la responsabilità dell’atto terroristico in modo da consolidare nella borghesia tedesca la già diffusa paura di un’imminente azione rivoluzionaria bolscevica. Le elezioni invero non danno la maggioranza assoluta al partito nazista però gli garantiscono un numero di seggi sufficiente a confermare la carica di cancelliere a Hitler. Questi, nel giro di pochi giorni liquida le istituzioni democratiche: fa arrestare tutti i deputati comunisti e fa approvare dal parlamento una legge che estende i poteri del governo.
    Dopo il conferimento di ampi poteri al cancelliere Adolf Hitler, nel 1933 si conclude la distruzione della Repubblica di Weimar e la costruzione del regime totalitario del Terzo Reich. Nel giro di pochi mesi viene abolita la struttura federale dello Stato e centralizzato il potere, vengono sciolte le organizzazioni sindacali e perseguitati tutti gli esponenti antinazisti, il Partito nazionalsocialista viene dichiarato per legge l’unico partito del paese.
    Il 26 aprile 1933 nacque la temibile GESTAPO, la polizia segreta, la quale, insieme alle SA, diede il via, in tutto il paese, a terrificanti azioni di repressione; il 14 luglio, il partito nazional-socialista divenne l’unico consentito mentre tutti i movimenti della defunta repubblica di Weimar vennero eliminati. La dittatura fu consolidata il 2 agosto 1934, quando, alla morte di Hindenburg, Hitler si addossò la duplice carica di presidente e primo ministro; meno di due mesi prima, il 30 giugno, nella cosiddetta “notte dei lunghi coltelli”, su ordine del fuhrer, le SS di Himmler avevano massacrato, in un drammatico regolamento di conti, Rohm ed i vertici delle SA, sospettati di cospirazione ai danni del potere centrale.Da quel momento le squadre d’assalto, i camerati della prima ora, coloro che avevano condiviso l’ascesa al potere del nazismo, uscirono di scena insieme alle loro famigerate camicie brune, per far posto all’ordine nero delle SS dello stesso Himmler, che avrebbero dato vita, negli anni successivi, ai più terrificanti e macabri massacri che la storia ricordi, divenendo, tragicamente, il cinico e zelante braccio armato di una folle ideologia. Nasce ufficialmente il Terzo Reich.
    Una ferrea ritualità politica piega al conformismo ideologico del regime ogni momento della vita del cittadino tedesco sin dagli anni dell’infanzia; sotto la bandiera di una supposta superiorità razziale e intellettuale il tedesco viene educato alla guerra con l’obiettivo di dominare il mondo. Gli antinazisti, quando non vengono uccisi o imprigionati, sono costretti all’esilio o al silenzio.
    La razza ariana, di cui i tedeschi sono gli eredi, si era affermata nei secoli attraverso il dominio sulle razze biologicamente “inferiori”, individuate in particolare negli ebrei e negli slavi. Appena giunto al potere il Fuhrer fa promulgare le leggi sulla cittadinanza del Reich, fondate sull’appartenenza di sangue, e le leggi per la protezione del sangue e dell’onore tedesco che proibiscono i matrimoni dei tedeschi con gli ebrei, dichiarano nulli quelli già contratti e dispongono altre norme discriminatorie nei confronti dei cittadini tedeschi di religione ebraica. Per i nazisti ebreo era: chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità Ebraica al 15 Settembre 1935, o vi si fosse iscritto successivamente; chiunque fosse sposato con un ebreo o un’ebrea al 15 settembre 1935 o successivamente a questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un ebreo al o dopo il 15 settembre 1935.
    Vi erano poi coloro che non venivano classificati come ebrei, ma che avevano una parte di sangue ebreo e venivano classificati come Mischlinge (ibridi). I Mischlinge venivano ufficialmente esclusi dal Partito Nazista e da tutte le organizzazioni del Partito (per esempio SA, SS, etc.). Benchè venissero arruolati nell’esercito tedesco, non potevano conseguire il grado di ufficiali. Era inoltre proibito loro di far parte dell’Amministrazione Pubblica e svolgere determinate professioni (alcuni Mischlinge erano, in ogni caso, esonerati in determinate circostanze). In questo periodo furono milioni le persone soppresse dalla follia razziale nei confronti non solo degli ebrei. La maggior parte delle autorità generalmente accettano la cifra approssimativa di sei milioni a cui si devono sommare 5 milioni circa di civili non ebrei uccisi. Tra i gruppi assassinati e perseguitati dai nazisti e dai loro collaboratori, vi erano: zingari, serbi, membri dell’intellighentia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità , tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, o persone definite “anti sociali”, come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti. La maggior parte delle persone soppresse passarono per i campi di sterminio, che erano campi di concentramento con attrezzature speciali progettate per uccidere in forma sistematica.
    Per sottrarsi alla sentenza di morte imposta dai Nazisti, gli ebrei potevano solamente abbandonare l’Europa occupata dai tedeschi. Secondo il piano Nazista, ogni singolo ebreo doveva essere ucciso. Nel caso di altri “criminali” o nemici del Terzo Reich, le loro famiglie non venivano coinvolte. Di conseguenza, se una persona veniva eliminata o inviata in un campo di concentramento, non necessariamente tutti i membri della sua famiglia subivano la stessa sorte. Gli ebrei, al contrario, venivano perseguitati in virtù della loro origine familiare indelebile.
    Nonostante il nazismo avesse cominciato a gettare la maschera, il consenso di Hitler e del suo movimento, negli anni pre-bellici, raggiunse livelli trionfali. Il fuhrer aveva infatti trasformato un paese alla fame, distrutto, umiliato, in una nazione che stava ritrovando l’antica potenza ed i fasti perduti; la miseria degli anni venti, la disoccupazione, il collasso economico, erano ormai soltanto un ricordo; Hitler infiammava le folle con discorsi esaltanti la grandezza della Germania, di una nazione destinata a vendicare le umiliazioni subite e a riconquistare un posto di prim’ordine in Europa e nel mondo.Il nazionalismo cancellò l’inflazione, fece ritrovare ai tedeschi il benessere perduto: anche grazie al potenziamento dell’industria bellica, tutti lavoravano, ogni famiglia poteva vivere serenamente, le città erano più floride ed eleganti che mai, degne cornici per i rappresentanti della razza perfetta.
    Hitler procedette immediatamente al riarmo della Germina. Il 7 marzo 1936 rioccupò la Renania, che secondo le condizioni di Versailles doveva rimanere smilitarizzata. Hitler riusciva a dare l’impressione ai tedeschi di una rivincita rispetto alla sconfitta del 1918. L’Italia iniziò la conquista dell’Etiopia e si avvicinò alla Germania. Parallelamente Hitler raggiunse un’intesa con il Giappone. Infine nel 1937 si costituì l’Asse Roma-Berlino-Tokyo. Il 12 marzo 1938 le truppe naziste occuparono l’Austria e il mese seguente un plebiscito ratificò l’annessione. I nazisti, pretendevano anche il controllo dei Sudeti, una regione della Cecoslovaccha dove vivevano circa 3 milioni di tedeschi. Nel 1938 così anche i sudeti entrarono a far parte del Terzo Reinch. A marzo, Hitler occupò la Boemia e la Moravia, due regioni che facevano parte della Cecoslovacchia. E questa volta non c’erano minoranze tedesche da difendere. Hitler cominciò a rivendicare Danzica e il corridoio polacco che avrebbe consentito di unire la Prussica orientale al resto del paese. Nel frattempo, l’Italia fascista aveva seguito l’esempio dei nazisti occupando l’Albania (aprile 1939). L’accordo più inaspettato fu quello che venne firmato il 23 agosto tra i ministri degli esteri russo e tedesco. Al trattato fu aggiunto una parte segreta nella quale i due dittatori si accordavano per la spartizione della Polonia. Hitler era convinto che questa volta Francia e Inghilterra non avrebbero avuto il coraggio di affrontare una guerra. Si sbagliava!

    Libro, Editrice La Scuola- Storia per gli istituti professionali / Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori- Il lavoro dell’uomo 2 / CD, ACTA- Mille anni di storia (Novecento n.2) / Libro, European book Milano-Atlantica Junior n.9 / Internet- www.123point.net/001topzin.html / Internet- Il XX secolo

  • L’incontro di Monaco

    La crisi Americana si ripercuotè in Germania facendo vacillare la già precaria Repubblica di Weimar. Le spinte conservatrici ed autoritarie si accentuarono; una prova tangibile di ciò fu l’ascesa di Hindenburg e la formazione di gruppi paramilitari.
    A differenza del Fascismo, che non aveva fin dal principio un programma ben delineato, il Nazismo fondava le proprie solide basi nel “Mein Kampf” l’opera che Hitler scrisse durante il suo anno di prigionia. Il testo riprendeva molto le teorie di Rosenberg e Chamberlain e affermava che tutte le vicende umane potessero essere interpretate come un eterno conflitto tra razze superiori, ariani, e razze inferiori, ebrei. Il concetto di razza doveva essere inteso proprio come biologico – genetico. A capo della razza Ariana doveva esserci il Fuhrer, un capo capace di interpretare le esigenze del popolo.
    Le esigenze primarie dovevano essere quella dello spazio vitale e quella che doveva vedere unito nello stesso territorio tutte le popolazioni germaniche. Inoltre il movimento era anticomunista in quanto l’ideologia ugualitaria è frutto delle tendenze livellatrici e mortificanti delle razze inferiori.
    Nelle elezioni del 1928 il nazismo non ebbe molto successo, appena il 2,6 % dei voti. Man mano che la crisi economica si faceva più dura, crescevano i consensi e nelle elezioni del 1930 i nazisti ebbero oltre 6 milioni di voti diventando il secondo partito dopo i socialdemocratici.
    Come avvenne per il fascismo, anche il nazismo si servì delle squadre SS e SA per incutere timore nell’opposizione e nella popolazione in generale. Memore della sfortunata impresa di Monaco, Hitler non tentò mai il colpo di stato, ma cerco sempre di fare affluire nel suo partito tutte le forze nazionalistiche e conservatrici.
    Dopo la figura incolore di Bruning, alle presidenziali del 1932 venne rieletto Hindenburg. A tali elezioni si era presentato pure Hitler ma a lui non toccarono più del 37% dei voti.
    Alle elezioni politiche dello stesso anno i nazisti ottennero oltre 13 milioni di voti e si affermarono come I partito del paese. Furono le pressioni della grande industria, della finanza e della proprietà terriera a indurre Hindenburg ad assegnare ad Hitler la guida del governo e ad indire nuove elezioni per il 5 marzo 1933.
    Le violenze da parte delle SS e delle SA si fecero sempre più evidenti e culminarono con l’incendio del Reichstag di cui però vennero incolpati i comunisti. In seguito a quest’avvenimento, furono emanate le 28 leggi eccezionali con le quali si limitavano le libertà civili e veniva dichiarato fuori legge il partito Comunista.
    Alle elezioni del 1933, Hitler non ebbe il successo sperato, ma grazie all’appoggio dei gruppi nazionalisti riuscì ugualmente ad avere la maggioranza.
    Subito dopo fece approvare la legge dei pieni poteri che porto alla liquidazione dell’opposizione e all’abolizione dei Lander ridotti a entità amministrative dipendenti dal governo centrale.
    Il 30 giugno nella notte conosciuta come “notte dei lunghi coltelli”, utilizzando le SS Hitler fece uccidere i principali capi della cosiddetta sinistra nel partito (SA) che agitavano ancora l’idea di una rivoluzione sociale.
    Qualche mese dopo le elezioni Hindenburg morì. Hitler decise di non sostituirlo e nonostante mantenesse solo la nomina di cancelliere in pratica assunse anche la carica di presidente.
    A poco a poco tutta la vita tedesca cominciò ad essere controllata dal regime che tra l’altro cominciò a mettere in pratica alcuni dei punti presenti nel programma come ad esempio quello della bonifica razziale; vennero bruciati tutti i libri ebrei ritenuti fautori di teorie democratiche e socialiste.
    Anche in Germania come in Italia il regime andò alla ricerca del consenso. Moltissimi erano i discorsi del Fuhrer trasmessi via radio, le grandi adunate e i campi di maggio adornati con splendide coreografie rappresentanti i simboli del potere.
    La liquidazione dei rimasugli d’opposizione era stata affidata alla Gestapo, una polizia segreta che prendeva gli oppositori e li deportava in campi di lavoro.
    Con le leggi di Norimberga del 1935, gli ebrei furono privati della cittadinanza tedesca e gli vennero ridotte altre libertà.
    Il 9 novembre nella Notte dei cristalli, molti ebrei furono deportati in campi di lavoro, incendiate sinagoghe e attività ebraiche.
    L’industria tedesca venne agevolata dal rigido inquadramento dei lavoratori in strutture cooperative guidate dal partito. La ripresa economica tedesca era affidata pure a un vasto programma di lavori pubblici e di riarmo.
    Hitler mostrò subito la sua volontà nel rivedere il trattato di Versailles e dopo avere firmato un patto a 4 con Italia, Inghilterra e Francia per il mantenimento della pace, decise di abbandonare la Conferenza di Ginevra sul disarmo nell’ottobre del ’33 e poco dopo fece uscire la Germania dalla Società delle Nazioni.
    Il 25 luglio 1934 un gruppo di Nazisti austriaci guidati da Hitler assassinò il cancelliere austriaco Dollfuss sperando nella confusione di potere facilitare l’annessione dell’Austria alla Germania. Mussolini, ancora vicino ad Inghilterra e Francia, si fece garante dell’indipendenza austriaca mandando truppe alla frontiera del Brennero.
    Il ’35 fu l’anno definitivo del riarmo tedesco, la popolazione del Saar decise dopo un referendum di tornare alla Germania. Hitler fregandosene del trattato di Versailles ripristinò la leva obbligatoria e procedette al riarmo aereo e terrestre.

  • Fascismo: la politica estera di Mussolini

    In questo campo si notavano diverse contraddizioni che avevano contraddistinto il fascismo (tra continuazione e rottura con il liberalismo). Mussolini, da un lato aveva sempre in mente i piani di revisione dei trattati di pace; dall’altro, non voleva opporsi al volere delle grandi potenze europee di Francia e Inghilterra. Da uomo realista qual’era, si rendeva conto delle disparità tra la sua nazione e le altre due, ma il suo obiettivo restava comunque quello di far raggiungere all’Italia il medesimo loro livello sia economico che militare. Non rinunciava a gesti esteriori come nel caso dell’occupazione dell’isola di Corfù avvenuta dopo l’assassinio di un suo generale sul fronte greco – albanese, e che il duce abbandonò solo dopo la mediazione inglese. A seguito poi di una trattativa con la Jugoslavia, Mussolini firmò il trattato di Roma, e Fiume divenne città italiana.
    Fino al patto di Locarno la diplomazia italiana aveva sostanzialmente mantenuto una rigorosa applicazione dei trattati di pace e il principale obiettivo era quello di mantenere indipendente l’Austria, per scongiurare un’annessione con la Germania. Tale trattato, pur avendo definito i confini occidentali della Germania, lasciava molte libertà su quelli orientali, e di questa situazione ambigua ne volle trarre vantaggio il governo fascista, con il ministro Dino Grandi. Vennero stipulati una serie di trattati e di patti d’amicizie con le regioni balcaniche (Albania, Ungheria, Romania, Bulgaria) e con l’avvento in questi paesi di governi filofascisti, il regime inaugurò una politica di sostegno alle nazioni sconfitte, in rottura con la tradizione liberale. Nonostante le ambizioni espansionistiche del duce, non vi fu mai vera rottura con le grandi democrazie occidentali. La situazione cominciò a mutare con l’affermarsi del nazismo in Germania e con la ripresa della politica espansionistica giapponese. Hitler in particolare voleva anch’egli una revisione dei trattati di pace; Mussolini si ritrovava così con un agguerrito riferimento internazionale. Tuttavia però decise di muoversi ancora verso un’intesa con Francia e Inghilterra, per paura di iniziative tedesche in Austria e firmò, nel 1933 il patto a quattro tra Italia, Germania, Francia e Inghilterra con l’impegno di una revisione dei trattati.
    Le proteste scatenate dall’URSS e dagli stati balcanici indussero però la Francia a limitare la revisione di tale trattato all’interno della Società delle Nazioni, rendendo inattuabili i disegni mussoliniani di una revisione consensuale dei trattati di pace. Rimase però in lui un atteggiamento di protezione verso l’indipendenza austriaca, favorito anche dalla politica antitedesca francese. La Francia firmò infatti con Mussolini un trattato che prevedeva ufficialmente una rettifica dei confini somali, ma ufficiosamente dava il via libera all’Italia per la conquista dell’Etiopia.
    La guerra d’Etiopia era dettata da due principali motivi: la crescente disoccupazione, causa della crisi economica (quindi la colonizzazione era ritenuta una valida alternativa all’emigrazione); e la necessità da parte del regime di ostentare una militarizzazione (seppur superficiale) di un atto importante di politica estera. Con grande propaganda quindi si diede avvio alle operazioni militari, condotte prima da De Bono e poi da Badoglio sul fronte eritreo, e da Graziani su quello somalo.
    Conclusa vittoriosamente e brevemente la guerra, scattarono subito le ripercussioni internazionali. In particolare l’opinione pubblica inglese si dimostrò ostile a questo atto e nonostante un tentativo di rendere l’Etiopia protettorato italiano (rifiutato dal popolo inglese), la Società delle Nazioni condannò l’Italia a delle sanzioni economiche che, per quanto blande, furono usate dal regime per fini propagandistici.

  • Heidegger Martin

    Martin Heidegger (1889-1976) è il massimo rappresentante dell’esistenzialismo europeo. Professore universitario ha legato la sua vita al nazismo.
    Un giorno, mentre scartabellava nella biblioteca dell’università, trova delle opere interessantissime di Kierkegaard. E’ infatti a Heidegger che si deve la riscoperta di Kierkegaard e del suo pensiero filosofico.
    Per Heidegger questa scoperta fu fondamentale perché secondo lui, Kierkegaard è riuscito a capire l’uomo nella sua categoria fondamentale: la possibilità; infatti la vita dell’uomo è caratterizzata dall’angoscia (sentirsi abbandonati nel mondo). Questo aspetto sarà la caratteristica fondamentale dell’esistenzialismo.
    Questa corrente si basa sull’analisi dell’esistenza umana. Quindi l’esistenzialismo è quella corrente che ha come oggetto l’esistenza, sullo studio di questa, incidono il pensiero di Husserl, Kierkegaard, Nietzsche (per l’interpretazione della vita come irrazionalità), +Pascal (che parla dell’uomo visto come canna al vento), ma anche scrittori come Dostoieski e Kafka.
    I caratteri principali dell’estetismo sono: interpretare l’esistenza umana come “abbandonata nel mondo” e vedere la ragione ùnell’interpretazione “apofantica” di Husserl.
    Questo movimento si sviluppa nel periodo compreso tra le due guerre; in Italia come rappresentanti avremo Abbagnano ed Enzo Paci.
    Le opere fondamentali per Heidegger sono “Essere e tempo” e “Cos’è la metafisica”.

    Prima fase del suo pensiero
    Egli affermava che l’”Essere” per ciascuno di noi è sempre un “Esserci” = Dasein (non esistere il mio essere ma un essere nel mondo).
    Noi possiamo essere in due modi nel mondo:
    Con angoscia “vita autentica” essere abbandonati nel mondo, non avere alcuna certezza, vita abbandonata nell’indeterminato.
    Con cura “vita inautentica” ci prendiamo “cura” di qualsiasi cura per non pensare all’angoscia; ci creiamo tanti pensieri.
    Però questa è una vita inautentica perché non ci riporta al nostro vero essere. Caratteristica di questa vita inautentica è la “chiacchiereta” = vuoto (parlare a vuoto, parlare di niente, di cose vuote).
    La vita autentica invece ci dovrebbe fare capire la nostra vera condizione, che è quella di esseri abbandonati nel mondo. L’angoscia è modalità di presenza nel nulla, comporta il delineare la nostra esistenza che è “vivere per la morte“: la morte è l’unica nostra vera certezza; “Noi camminiamo, ma dove conducono i nostri passi? Da nessuna parte, solo verso la morte”.
    Se ci divertiamo, se lavoriamo, se facciamo qualsiasi cosa, allora stiamo conducendo una vita non autentica perché ci discosta dal nostra +vero essere che è la morte.
    Però, si può passare tutta la vita pensando solo alla morte, senza far nulla per non condurre una vita inautentica? E’ impossibile vivere così e ognuno quindi si dà da fare.
    Allora Heidegger afferma: “La morte è lo scacco del nostro esistere”. Se io tutta la vita conduco un’esistenza inautentica, qual è allora il mio momento autentico? Solo la Morte. Ma io non ci sono più nel momento della morte, ma in effetti è il momento della morte, ma in effetti è il momento in cui io ci sono veramente.
    “Quindi io sono nel momento in cui non sono” che cosa sono allora io? Nella mia solitudine esistenziale il vero essere è la morte.

    Seconda fase del suo pensiero
    Ma per scoprire l’essere di ognuno di noi, in questa seconda fase, lui delinea una via alternativa. Durante questo periodo Heidegger scopre Holderlin e la poesia (linguaggio dell’essere e l’uomo è il custode della casa dell’essere. Quindi la poesia è l’espressione del nostro essere. (Ogni manifestazione dell’uomo è poesia). L’uomo con la poesia esprime la sua esistenza. Ognuno di noi si deve sentire custode di se stesso, della sua poesia. L’uomo deve cercare di valorizzare la sua propria vita : il valore della sua vita è fare poesia (linguaggio come poesia).
    Il nostro valore è la ricerca dell’essere come linguaggio poetico. “La poesia è il linguaggio dell’essere l’uomo è il custode della casa dell’essere”. Tutti noi possiamo fare poesia perché è espressione del nostro essere. L’uomo deve cercare di valorizzare la propria vita. Il valore dell’uomo è il linguaggio ed egli se ne deve fare custode.
    La tecnica via via uccide l’uomo che diviene oggetto della tecnica. Il tempo per Heidegger è l’orizzonte dell’essere (è una linea non definitiva).
    Nei momenti conclusivi del suo pensiero fece degli attacchi a ciò che succedeva intorno a lui. Fu sconvolto dalla scienza e dalla tecnica (in questo periodo si crea la bomba atomica). Lui fa delle riflessioni sui prodotti che si stavano realizzando in senso critico: ha paura del valore che sta assumendo la tecnica la quale si è ormai inserita in tutti i campi della vita.
    La tecnica per Heidegger uccide l’uomo perché sposta lo sguardo dal problema esistenziale dell’uomo alla scienza.

  • Marcuse Herbert

    Nel 1922 un gruppo di intellettuali di orientamento marxista fondò a Francoforte “l’Istituto per la Ricerca Sociale”. Esso fu diretto dall’economista Kurt Gerlach, a cui successe nel 1924 il professore si scienze politiche Karl Grunberg, fondatore dell’”Archivio per la storia del socialismo e del movimento operaio”. Un impulso nuovo alla scuola di Francoforte fu impresso da Max Horkheimer quando nel 1930 fu nominato direttore. Nella “Rivista per la ricerca sociale” da lui fondata, venne elaborata la “teoria critica della società” che si apprestò a fornire delle acute analisi della società contemporanea.
    Dopo l’avvento del nazismo, il gruppo si trasferì a Ginevra e poi a Parigi, stabilendosi infine negli Stati Uniti. Nel 1950 Horkheimer ritornò in Germania ridando vita all’Istituto.
    I contributi sociologici collettivi più significativi sono stati gli “studi sull’autorità e la famiglia” e quelli su “La personalità autoritaria”. Fecero parte dell’Istituto pure Franz Neuman e Herbert Marcuse.

    Il pensiero di Marcuse ha ottenuto un largo consenso, specie da parte dei giovani durante la fine degli anni sessanta. Le sue opere fondamentali sono: “Eros e civiltà” e soprattutto “l’Uomo ad una dimensione”. In essa Marcuse sostiene tre tesi:

    1. La società contemporanea reprime i desideri e la creatività dell’uomo;
    2. Tale società è andata via via integrando tutti i ceti sociali e pertanto nega l’autonomia e la libertà individuale;
    3. Esistono determinate forze sociali in grado di condurre un processo di liberazione sociale.

    Secondo Marcuse tale repressione è legata allo sviluppo dell’odierna società “opulenta”. L’inconscio è il luogo ove si trovano le tracce delle nostre fantasie e dei nostri desideri repressi, e l’arte è la forma di comunicazione che dà voce a queste esigenze di libertà.
    L’eros è creatività non repressa né utilizzata a fini di dominio ma di espansione della libertà umana, e la filosofia ha un compito eminentemente critico, cioè quello di indicare gli ostacoli da superare per raggiungere la liberazione umana.
    Nella seconda opera citata, egli sostiene che il controllo esercitato dalla società è oggi così elevato che l’uomo si può definire a una sola dimensione: quella si supina accettazione del potere, essendogli stata sottratta la facoltà di decidere autonomamente.
    Di fronte a questa situazione, l’unica possibilità di liberazione è affidata a quei gruppi sociali emarginati: ceti e uomini del tutto estranei a questa società pertanto disposti a opporvi un “rifiuto totale”.

  • Friedrich Nietzsche e il superuomo

    La fine dell’800 segna il consolidamento del positivismo. Ma accanto a questa sicurezza si sviluppa una mentalità culturale critica nei riguardi della scienza. Una mentalità che esalta la coscienza, che avverte l’analisi psicologica. Il progresso scientifico non ha portato felicità. L’uomo cerca dentro sé l’equilibrio. E’ il periodo del decadentismo (in Francia). Si avverte che mancano le certezze. Chi si occupa di questa problematica è Nietzsche che con la sua filosofia intende cambiare tutto quello in cui si è precedentemente creduto.
    “Io non sono un uomo, sono una dinamite; dopo di me si contraddirà come mai si è contraddetto; io ho la coscienza di essere la coscienza della crisi europea”. “Il positivismo è stupido”.
    Dal 900 in poi tutta la filosofia sarà interessata dalla ricerca di nuovi valori.
    Nietzsche nasce nel 1884 presso Rocken. Studia filosofia ed insegna in Svizzera. La prima opera, forse la più organica, è “La nascita della tragedia”. Fu un cultore dei classici greci. Tutte le sue altre opere sono scritte per aforismi ne consegue che per comprenderne bene il significato è necessario un lavoro di interpretazione (Ermeneutica).
    Scrisse pure: “Considerazioni inattuali”, “Umano troppo umano”, “La gaia scienza”, “La genealogia della morale”, “Così parlò Zaratustra” (dedicata ad un riformatore dei costumi), “La volontà di potenza”. Queste opere non furono pubblicate da lui, ma dalla sorella che modificò qualcosa.
    Soffrì di disturbi nervosi: vagò molto per l’Europa ma si stabilì in Italia e più esattamente in Liguria. Visse aiutato da Paul Ree col quale conobbe un’esule russa, (Salonè) studiosa di Freud. Tutti e tre vissero insieme e in questo periodo scrisse “Al di là del bene e del male” che introduceva ad una nuova etica. Successivamente Lou Salonè e Paul Ree scapparono, lasciando Nietzsche in preda a fortissimi disturbi mentali. Venne ricoverato a Torino ove morì nel 1900. Egli rappresenta uno spartiacque tra la filosofia antica e quella seguente.
    Seguendo il pensiero di Schopenhauer, affermò che la vita è irrazionale. Adesso si può o come diceva Schopenhauer, fuggire, o come dice appunto Nietzsche gli si può sorridere.
    Il suo pensiero venne influenzato pure dalla musica di Wagner, che forte e vibrante esaltava in lui sentimenti.
    Quando Wagner affronta il suo secondo momento, Nietzsche preferisce abbandonarlo. Da questo momento in poi Nietzsche si dedicherà alla “Carmen di Bizet”. Il suo pensiero può essere suddiviso in tre fasi:

    1. La nascita della tragedia – nella quale la presenza dei cori era di fondamentale importanza.
    2. La morte di Dio, il nichilismo – la morte della metafisica non significa il nulla.
    3. Invenzione di nuovi valori per controbattere il nichilismo – essi sono:
    * L’eterno ritorno. Fu critico nei confronti della storia, ma la salvò.
    * Il superuomo o oltreuomo.
    * La volontà di potenza.

    Non è possibile definire Nietzsche il filosofo del nazismo. Egli ha avuto parole dure: “Lo Stato è un mostro che puzza: guardatevi da questo mostro”. Egli è il filosofo dell’individualismo. E’ critico contro tutti anche nei confronti del cristianesimo (ma non con Cristo che era considerato il superuomo).

    La prima fase

    Egli si interessava molto ai classici Greci, notò che la tragedia greca è nata dal coro. Esso può essere l’unico protagonista: se noi pensiamo alle Baccanti, queste si basano sul coro. Il coro è stato quindi l’inizio della tragedia: rappresenta la musica, il coinvolgimento nella necessità dell’azione tragica.
    Nella tragedia Socrate individua due spiriti:

    * il primo: Apollino o Apollo, figlio di Zeus con il tempio a Delo. Apollo significava colui che porta luce. Era abbinato all’immagine dell’equilibrio e dell’armonia. Il vero significato della vita si può cogliere nell’arte.
    * Il secondo: è lo spirito Dionisiaco; Dionisio era il Dio del vino, questo sta ad indicare l’ebbrezza, la passione, l’istinto

    La tragedia greca è nata dall’unione dei due spiriti; Dionisio, rappresenta il si alla vita, con tutte le conseguenze. E’ il senso di non essere presenti della trasgressione.
    Euripide per Nietzsche ha tradito la tragedia perché troppo razionale. Egli ha voluto fare una tragedia per la massa, con il linguaggio della massa. Egli aveva presente due spettatori: Euripide stesso e l’altro che con la sua razionalità ha condannato a morte la vitalità: Socrate. Anch’egli è traditore perché ha allontanato il pensiero dell’uomo dall’aggancio alla vita per buttarlo tutto nelle braccia della ragione e da questo momento per l’umanità è finita, comincia il distacco dalla vita.
    L’amicizia con Wagner finisce quando questo, gli manda la sua opera: il Parsifal. Parsifal era un folle, che grazie al cristianesimo si riporta alla realtà. Wagner gli sembra un traditore poiché con il Parsifal aveva tradito il disprezzo comune nei confronti del cristianesimo visto come negazione della vita. I cristiani infatti hanno risentimento verso chi si gode la vita e tra l’altro hanno pure una morale da schiavi, da gregge.

    La seconda fase

    La seconda fase si apre con “La gaia scienza”. L’impianto è identico a quello di “Così parlo Zaratustra”. E’ ambientato nella piazza del mercato: un uomo arriva e dice che Dio è morto e che l’avevamo ucciso noi.
    Zaratustra invece, giunto al tramonto, scende nella piazza, nella massa. La morte di Dio rappresenta la fine dei valori tradizionali, delle certezze. L’abbiamo ucciso noi, perché è finito quel periodo. E’ anche la fine dell’etica.
    I nostri valori, se prima erano della rinuncia, adesso devono essere vitalità. Ciascuno di noi deve dire di si alla vita, deve seguire il vitalismo. Se Dio è morto siamo di fronte al nichilismo, al nulla; dobbiamo inventarci nuovi valori. Nel momento della morte di Dio si è vista la coscienza infelice di Hegel. In questo momento di lacerazione, Nietzsche, cancella quello che c’è stato prima, ma salva la storia:

    * archeologia – l’uomo trova qualcosa da venerare;
    * monumentale – dimostra la grandezza dell’uomo;
    * critica – perché l’uomo soffre e ha bisogno di liberazione.

    Rompe quindi con la storia tradizionale. La liberazione dell’uomo è dunque uno degli obiettivi di Nietzsche.
    Spesso sembra che Nietzsche abbia scritto per allucinazioni. La sua filosofia è la “Trasmutazione” dei valori.
    Il verbo volontarismo, unisce Schopenhauer (volontà), Kierkegaard (possibilità) e Nietzsche (amor fati e nichelismo passivo e attivo).

    La terza fase

    E’ la fase in cui è più evidente il conflitto tra morale da schiavi e aristocratica. Quella aristocratica corrisponde al vitalismo (dire si alla vita), quella da schiavi e quella cristiana (di costante rinuncia).
    Questo si vede nell’opera “Così parlò Zaratustra”. “Vi scongiuro fratelli, non mettete la testa nella sabbia, innalzatela! Non siate come cammelli (che sopportano), ma leoni, leoni che ridono (aristocratici e superiori rispetto alle piccolezze della vita). L’uomo è una corda tesa sull’abisso tra la scimmia e il superuomo, ossia tra materialità, piccolezza e l’oltre-uomo, ossia la tensione all’infinito, che può diventare quello che guida”. Si diventa così esprimendo ciascuno di noi la volontà di potenza, ossia ciascuno di noi cerca di fare di se stesso il massimo, fare coincidere volontà e potenza.
    L’unico imperativo è io voglio non più (tu devi) ma in particolare “Divieni ciò che sei esprimi al massimo la tua natura”
    La nostra caratteristica è l’amor fati: significa essere inseriti nella legge dell’eterno ritorno, l’unica legge cosmologica: “Tutto ciò che è avvenuto avverrà, tutto ritorna”.
    Quando Zaratustra, col nano sulle spalle che indica la pesantezza della quotidianità, si ferma sulla porta con su scritto “attimo”, con l’eternità dietro e davanti, nota l’aquila che vola e il serpente che striscia piedi, entrambi in senso circolare, che rappresentano la metafora dell’eterno ritorno.
    In Nietzsche non c’è nulla di storico. E’ un eroe per la realizzazione della vita.
    “Le virtù non sono quelle che vi hanno insegnato (sopportazione, tolleranza). La vera virtù è il contrasto, l’affrontar”. Ognuno di noi deve esaltare se stesso “guardatevi da coloro che vogliono insegnarvi la virtù, il rispetto sociale e delle leggi.
    Lo Stato è la più grande menzogna. Alla fine quindi non si salva proprio niente. Ciascuno deve realizzare la propria volontà di potenza, deve tendere ad essere il super-uomo.
    Zaratustra scese in piazza perché era giunto al tramonto, era pieno, e doveva dare agli altri. Nietzsche rappresenta la fine dell’etica tradizionale dei valori.

    Approfondimento: Ricchard Wagner

    La sua produzione si colloca nella prima metà dell’800. Egli compose solo musica per il teatro. L’opera d’arte doveva essere poesia, musica e teatro come nelle tragedie greche. Lamentava l’invasione dell’opera italiana. L’opera italiana era caratterizzata da una struttura a pezzi chiusi, si dà spazio alla melodia e al virtuosismo vocale, ma non si dà spazio alla poesia. Gli argomenti sono variazioni sul tema dell’amore contrastato.
    Wagner oppone a questo, un melodramma basato sulla melodia infinita, in modo da rendere impossibile qualsiasi singola estrapolazione.
    Per realizzare questa melodia infinita, egli usa il cromatismo, ovvero il cambiamento continuo di tonalità.
    Si ha una concezione della musica che tende all’infinito, senza un accordo risolutivo.
    La musica per Schopenhauer è il culmine delle arti. Essa si può considerare come l’oggettivazione della realtà: ascoltando i suoni si è trascinati in un’avventura di cui si conosce l’inizio ma non la fine.

    Tristano e Isotta
    Isotta, regina d’Irlanda, è catturata da Tristano per condurla dal re di Cornovaglia. Per errore di filtro, Isotta si innamora di Tristano e, nonostante fosse sposa del re Marche, continua la relazione con lui. Tristano viene ucciso dal re che, venuto a sapere del filtro, concede il perdono ad Isotta e muore di una morte mistica.

    Rapporto Wagner – Nietzsche
    Nietzsche rimase folgorato dall’idea di Wagner. Nella cerchia di Wagner erano contenti della presenza di Nietzsche.
    La concezione della musica come unione di poesia, musica e teatro, si sposava con la concezione di Nietzsche.
    La musica di Wagner è fortemente descrittiva.

  • Greci: origini e sviluppo

    Origine

    Tra il quinto e il terzo millennio a.C. la penisola balcanica fu abitata da popolazioni marittime provenienti dall’Asia, anche se alcuni ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di cacciatori e pastori neolitici in Tessaglia, Grecia Centrale e a Creta. A partire dal secondo millennio a.C., un popolo guerriero d’origine indoeuropea, gli achei, cominciò a estendere il proprio dominio sulla penisola.

    Fondatori di Micene, Corinto e Argo, gli achei conquistarono Atene, la parte orientale del Peloponneso, invasero Creta e saccheggiarono Troia.

    La loro economia era fondata sull’agricoltura e sull’allevamento. All’interno della società, re, nobili e guerrieri, proprietari delle terre migliori, esercitavano il dominio su agricoltori, artigiani e pastori.

    Verso l’anno 1000 a.C., la civiltà micenea soccombette di fronte agli invasori dorici – che avevano armi di ferro sconosciute agli achei – i quali si amalgamarono alla popolazione sottomessa e resero la loro lingua comune a tutta la regione.

    La topografia prevalentemente montuosa della penisola favorì la nascita di città-stato chiamate polis, all’interno delle quali governava un re coadiuvato da un consiglio di anziani, entrambi appartenenti all’aristocrazia militare. I contadini erano obbligati a pagare un tributo in natura; se il raccolto non era sufficiente divenivano servi o erano venduti come schiavi insieme alla loro famiglia.

    Nonostante le differenze sociali esistenti, i greci ebbero una concezione originale dell’essere umano. Considerato da tutte le civiltà precedenti un semplice strumento della volontà degli dei o dei re, l’essere umano acquista nella filosofia greca il valore di individuo. Il concetto di cittadino, come individuo facente parte di una polis, senza che su questo influisca l’appartenenza o la nobiltà, costituisce uno degli apporti fondamentali della cultura greca.

    Le polis greche si allearono e si combatterono tra loro per un certo periodo. Ciò nonostante, i popoli ellenici riconobbero l’avere una stessa nazionalità attraverso la comunione di elementi come i giochi olimpici, la religione e la lingua, tra gli altri aspetti.

    Nell’VIII secolo a.C., la maggior parte delle città-stato entrò in crisi, sia a causa della decadenza del potere dei monarchi (che furono progressivamente sostituiti da magistrati scelti tra la nobiltà), sia per la scarsità di terre fertili e la crescita demografica e tutto questo generò grandi tensioni sociali. La crisi diede l’impulso ai greci per la colonizzazione del Mediterraneo, dando origina a un commercio molto attivo e alla diffusione del greco come lingua commerciale.

    Intorno all’anno 760 a.C., i greci fondarono delle colonie nel sud dell’ Italia, nel golfo di Napoli e in Sicilia. Frenati dai fenici e dagli etruschi, i greci non riuscirono mai a dominare l’intera Sicilia o il sud dell’Italia, tuttavia la loro influenza culturale segnò profondamente l’evoluzione successiva delle popolazioni della penisola italica.

    A partire dalla colonizzazione, la struttura sociale e politica delle polis si trasformò. I commercianti, arricchiti dall’espansione marittima, si mostrarono poco disposti a lasciare il governo nelle mani della nobiltà e insieme ai contadini fecero pressioni per partecipare al governo e poter prendere decisioni. Atene, una delle città più prospere della penisola, iniziò allora un processo di trasformazioni politiche che condusse, tra il VII e il VI secolo a.C., a una progressiva democratizzazione delle sue strutture governative. In tal senso, nell’anno 594 a.C. un riformatore chiamato Solone istituì la legge scritta, un tribunale di giustizia e un’assemblea di 400 rappresentanti eletti, secondo il loro patrimonio, incaricata di legiferare sui problemi della città.

    Contemporaneamente Sparta, l’altra grande polis della regione, ebbe uno sviluppo nettamente diverso, con il consolidamento di uno stato oligarchico, dotato di una ferrea struttura sociale e politica. La società spartana fu completamente militarizzata a causa dell’importanza dell’esercito, fattore determinante per l’espansione e l’annessione dei territori limitrofi.

    Nell’anno 540 a.C. i persiani iniziarono ad avanzare in Asia Minore e conquistarono alcune città greche. La ribellione di queste città, sostenute prima da Atene e poi da Sparta, diede luogo a varie guerre, conosciute come le guerre persiane, che culminarono nella sconfitta della Persia verso il 499 a.C. Queste guerre servirono a consolidare il potere di Atene nella regione, la quale attraverso la Lega di Delo, esercitò la sua influenza politica ed economica sulle altre polis.

    Le guerre contro i persiani, nelle quali le triremi ateniesi giocarono un ruolo fondamentale, fecero sì che i rematori (appartenenti agli strati più bassi della società ateniese), diventati indispensabili per la difesa di Atene, potessero reclamare un miglioramento delle loro condizioni di vita e maggiori diritti politici. Dopo un periodo nel quale l’oligarchia ateniese riuscì a recuperare il potere politico, nell’anno 508 a.C., un riformatore chiamato Clistene, aumentò a 500 il numero dei membri dell’Assemblea della polis e la convertì nel principale organo di governo. La partecipazione all’Assemblea fu aperta a tutti i cittadini liberi della polis stessa. Tuttavia, la democrazia ateniese permetteva la partecipazione effettiva di una minoranza della popolazione e fondava la sua prosperità sull’utilizzo di un’enorme quantità di schiavi, per cui gli storiografi la definiscono come una democrazia schiavista.

    Nell’anno 446 a.C. l’arconte o governatore ateniese Pericle concertò con Sparta la Pace dei Trenta Anni, secondo la quale si stabilirono le zone di influenza di ciascuna città: la Lega ateniese e quella del Peloponneso.

    Durante il governo di Pericle, nel V secolo a.C., Atene si convertì nel centro commerciale, politico e culturale della regione. Il dominio sul commercio marittimo e la conseguente prosperità permisero a Pericle di promuovere nuove riforme di carattere democratico. Fu il periodo dei filosofi come Anassagora, dei drammaturghi come Sofocle, Eschilo, Euripide, Aristofane e di Fidia, considerato il migliore scultore greco. In questa epoca i greci raggiunsero un importante sviluppo sul piano scientifico. Molte delle loro conoscenze in campo medico e astronomico sono oggi ampiamente superate, tuttavia gli apporti dati alla geometria e alla matematica sono indispensabili alla maggior parte delle scienze moderne.

    Nella seconda metà del V secolo a.C. vi furono continui scontri tra Sparta e Atene per il controllo della regione. Le lotte di questo periodo sono conosciute come guerre del Peloponneso. Il logorio di entrambe permise ai macedoni, sotto il regno di Filippo II (359-336 a.C.), di conquistare quel territorio. Alessandro Magno (336-323 a.C.) conquistò nuovi territori ed estese l’influenza ellenica al nord dell’Africa e della penisola arabica, passando dalla Mesopotamia e giungendo sino in India. Questo impero costruito da Alessandro Magno in un periodo di undici anni, contribuì alla diffusone della cultura greca in Oriente. Durante gli anni della conquista vennero fondate diverse città commerciali e Alessandro Magno promosse la fusione della cultura greca con quella dei popoli conquistati, dando origine al periodo conosciuto con il nome di ellenismo. Alla morte di Alessandro Magno, l’impero macedone crollò, mentre successive guerre e ribellioni continuarono ad agitare la penisola.

    La decadena greca provocata dalle dispute interne, e di conseguenza le devastazioni e l’impoverimento, facilitarono l’avanzata dei romani. Dopo varie guerre di conquista – quelle macedoni si prolungarono dal 215 al 168 a.C. – i romani stabilirono il proprio dominio sulla Grecia verso l’anno 146 a.C.

    Sotto l’impero romano la Grecia conobbe il cristianesimo (III secolo) e dovette subire varie invasioni. Formò parte dell’impero d’Oriente (395 d.C.), il cui dominio terminò nel 1204 con la formazione dell’impero latino d’Oriente che divise la regione in feudi. Nel 1504 in seguito allo scisma della Chiesa romana, i cristiani greci accordarono l’obbedienza agli ortodossi di Costantinopoli.

    In turchi invasero e conquistarono la Grecia nel 1460, dividendola in sei province costrette a pagare un tributo. La dominazione fu mantenuta per 400 anni, nonostante le ribellioni interne e i tentativi esterni di cacciare i turchi (principalmente furono incursioni condotte da Venezia, ansiosa di assicurarsi un territorio strategico per il commercio con l’Oriente). Solo nel 1718, la pace di Passarowitz consacrò l’integrazione della Grecia nell’impero ottomano.

    Nel 1821 una sollevazione greca riuscì a liberare Tripolitza, dove un’assemblea nazionale scrisse una Costituzione e dichiarò l’indipendenza. Il tentativo fu represso nel sangue dai turchi che, aiutati dall’Egitto, nel 1825 recuperarono il dominio della città.

    Desiderose di allontanare i turchi dalle proprie frontiere, Russia, Francia e Gran Bretagna firmarono nel 1827 il Trattato di Londra che esigeva l’autonomia della Grecia. La Turchia rifiutò e, in quello stesso anno, la flotta alleata sconfisse quella turco-egiziana. Nel 1830, il Patto di Londra dichiarò la totale indipendenza della Grecia che, tuttavia, dovette cedere il territorio della Tessaglia.

    Nei decenni seguenti le potenze europee intrapresero una sorda lotta per il controllo della penisola e interferirono nei suoi affari interni, appoggiando re compiacenti ai loro interessi. Così si succedettero Ottone di Baviera (1831-1862), favorevole alla Russia, e Giorgio I (1864-1913), sostenuto dagli inglesi.

    Il colpo di stato capeggiato dal generale Eleutherios Vinizelos nel 1910 diede luogo alla firma di una Costituzione (1911) che istituì una monarchia parlamentare. Durante le due guerre mondiali, golpe militari successivi portarono al governo simpatizzanti dell’una o dell’altra parte in conflitto.

    Sconfitta l’occupazione tedesca nel 1944, una parte importante del paese rimase nelle mani della guerriglia comunista, diretta dal generale Markos Vifiades, che aveva avuto una parte rilevante nella resistenza al nazismo. Con l’appoggio di britannici e nordamericani, il governo attuò una repressione contro i comunisti fino a giungere allo sterminio nel 1949.