Hitler si preparò ad attaccare la Polonia, consapevole che in tal modo avrebbe trascinato la Germania in una guerra con Gran Bretagna e Francia. Frattanto l’alleanza italo-tedesca (Asse) aveva assunto carattere apertamente militare, con la firma del cosiddetto patto d’acciaio. All’alba del 1 settembre 1939 la Polonia veniva attaccata da panzer e da aerei tedeschi. Nel giro di un mese la conquista e la spartizione del territorio polacco venivano portate a termine. Il 3 settembre l’Inghilterra, seguita da Francia, dichiaravano guerra alla Germania. L’URSS, oltre alle province orientali polacche, occupò anche Lettonia, Litania ed Estonia. Il 9 aprile 1940, i tedeschi sferrarono l’attacco alla Danimarca e in un solo giorno occuparono il territorio danese e i maggiori porti strategici della Norvegia. All’alba del 10 maggio vennero attaccati anche Belgio e Olanda. Era poi a volta della Francia e il 4 giugno venne sferrato l’attacco contro Parigi, conclusosi con l’occupazione della capitale francese dieci giorni dopo. L’1 giugno anche l’Italia dichiarò guerra alla Francia. In Africa l’Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Avevano poi attaccato la Grecia (28 ottobre 1940), ma l’inaspettata controffensiva greca li aveva respinti in Albania e solo l’intervento tedesco nei Balcani portò nell’aprile successivo all’occupazione dell’intero territorio.
L’opposizione politica e militare non aveva tardato a organizzarsi, dando vita a un grande movimento di resistenza antifascista operando in tutti i paesi occupati. A partire dalla metà del 1940 gran parte dell’Europa continentale, fatta eccezione per pochi stati neutrali, era dominata dalla Germania, e nel quinquennio 1940-1945 le economie nazionali europee furono assoggettate alla necessità belliche del Reich tedesco. A partire dall’estate del 1941 i comunisti si gettarono con favore nella lotta armata, assumendone la direzione di vari paesi. Sino alla fine del 1941 sembrò che le sorti della guerra volgessero in favore dell’Asse: al controllo dell’Europa occidentale si era aggiunto quello dei Balcani, conquistati dai tedeschi nell’aprile 1941; gran parte del Nord Africa era in mano alle forze italo-tedesche, che avevano costretto gli inglesi in ritirata. In realtà Hitler, nonostante la massiccia offensiva aerea condotta nell’estate 1940, la battagli d’Inghilterra, e i distruttivi bombardamenti sulle città inglesi, non era riuscito a piegare la resistenza inglese.
Il 25 giugno 1941, senza dichiarazione di guerra, Hitler attaccò l’Unione Sovietica. L’Opera Barbarossa era stato studiato a lungo. Il calcolo secondo cui entro l’autunno la Russia sarebbe crollata si dimostrò sbagliata, come già lo erano stati un secolo e mezzo prima i piani strategici di Napoleone.
Contemporaneamente entravano in guerra il Giappone e gli Stati Uniti, quando il 7 dicembre 1941, i giapponesi attaccarono la base navale statunitense di Pear Harbor (Hawai). Il fronte orientale continuò a spostarsi avanti e indietro lungo una lnea vastissima.
Dopo l’incredibile e vincente attacco a Pearl Harbor, il Giappone doveva dare seguito al proprio atto d’aggressione, per raggiungere quegli obiettivi che nel linguaggio politico dei suoi leader venivano definiti come Sfera della Coprosperità . Essi comprendevano tutte quelle risorse essenziali (petrolio, caucciù e stagno in primis) che una volta ottenuti avrebbero garantito la possibilità di continuare la guerra contro gli Stati Uniti. Le materie prime di cui necessitavano le industrie pesanti giapponesi erano però, in massima parte, su territori appartenenti alle tradizionali potenze coloniali europee: Francia, Olanda e Regno Unito. Mentre i francesi, già duramente provati dalla sconfitta nella madrepatria, decideranno di consegnare l’Indocina senza lotta, il fiero temperamento degli olandesi e soprattutto dei britannici non permetterà la stessa conclusione per le Indie Occidentali e la Malesia. Nella visione a lungo termine della politica del Giappone in Asia, l’attacco ai colonialisti bianchi e la loro cacciata rientrava nel normale ordine d’idee di una nazione che volesse diventare egemone nel proprio continente. Ora, si trattava solo di anticipare i tempi.
Gli Inglesi furono i primi ad essere attaccati, nei loro possedimenti di Hong Kong. La ricca colonia, situata sulla costa cinese, era il vanto dell’Impero Britannico fino all’entrata in Cina dei giapponesi. Con la guerra cino-giapponese anche i commerci inglesi dovettero ridimensionarsi e, dal punto di vista tattico, l’isola di Victoria e i New Territories divennero indifendibili. Ma abbandonare dei sudditi di sua Maestà senza combattere sarebbe stata un’onta troppo grande da accettare, perciò fu organizzata una resistenza simbolica che si ridusse a sei battaglioni di fanteria. Lo scontro cominciò all’improvviso il giorno 8 Dicembre 1941. Con gli attacchi sulla città si moltiplicarono gli incendi e si provocò il panico tra la popolazione civile, non preparata alla violenza della guerra. Il governatore inglese, Mark Young, decise di chiedere la resa proprio il giorno di Natale 1941. La città di Singapore venne portata ad esempio di perfezione difensiva, paragonandola alla rocca di Gibilterra. Si era discusso lungamente sulla necessità di trasformare il suo porto in una vera e propria base navale già prima della perdita delle postazioni in Cina e i lavori, fortemente accelerati, vennero portati a termine appena in tempo. Venne trascurata solo la zona che dava sulla punta della penisola malese, giudicata troppo impervia per costituire una posizione d’assalto. Ad aumentare il senso di sicurezza arrivò anche un rapporto dell’Intelligence Service inglese, che classificava l’esercito giapponese come arretrato e poco equipaggiato. Solo la marina, secondo il giudizio delle spie inglesi, avrebbe potuto recare qualche danno se non adeguatamente contrastata. Proprio per evitare ciò, si mosse lo stesso Churchill. Dopo le disfatte europee, aveva assoluta necessità di conservare un minimo d’onore almeno contro il Giappone. Decise così di creare una forza navale di pronto intervento inviando delle navi da battaglia adeguate al compito che veniva affidato loro. Dal punto di vista terrestre, le forze britanniche erano altrettanto imponenti. Il rapporto Regno Unito-Giappone di forze era quindi di 5 a 1.
La grande sproporzione che si può notare tra le truppe in campo non deve però trarre in inganno. Un elemento fondamentale non deve essere dimenticato se si vuole giudicare oggettivamente la condotta delle operazioni in Malesia e cioè l’estrema preparazione militare e morale dei giapponesi. I soldati che sbarcarono a Kota Bharu, Patani e Singora, nel nord del Golfo della Malesia, non erano giovani coscritti, come al contrario accadeva tra i Britannici. I nipponici giungevano direttamente dalle regioni di Shangai e Canton in Cina, dove erano stati provati dal fuoco delle truppe nazionaliste. S’insegnano concetti più pratici come ad esempio che non bisogna aver paura dei serpenti e delle formiche rosse (temutissime dagli inglesi), ma solo del sedalang, un possente bufalo dal carattere estremamente irascibile e di una piccola varietà di vespa di cui bastano cinque punture per andare incontro ad una morte certa. Gli inglesi erano esattamente il contrario di quanto abbiamo detto fino ad ora. Abbiamo già parlato della scarsa determinazione delle truppe indiane. Per quel che riguarda la guarnigione di Singapore, bisogna ricordare che essa era composta anche da reparti provenienti dall’Inghilterra martoriata dai bombardamenti. Al loro arrivo nell’isola, molti si erano stupiti di come lì si vivesse ancora come se non fosse in corso nessun conflitto. Si davano grandi feste con centinaia di invitati, gli uomini giocavano a golf o a cricket e le donne proseguivano le loro interminabili partite a bridge nei circoli privati. Di fronte a tanta abbondanza fu inevitabile un certo rilassamento che finì col minare la disciplina militare. Lo sbarco dei giapponesi nella penisola malese si trasformò ben presto in un eroica avanzata ad un ritmo inimmaginabile, almeno per i quartieri generali occidentali. La disposizione delle forze britanniche era la seguente: le truppe australiane vennero mantenute a sud in vicinanza di Singapore, mentre il compito di respingere l’invasione venne affidato all’undicesima divisione indiana. Il piano, denominato Matador, non tenne però conto di alcuni particolari molto importanti, tra i quali il pessimo tempo che con piogge torrenziali fiaccò il morale degli indiani e ne diminuì la resistenza. I giapponesi anzichè venir ricacciati in mare progredirono di 120 km in 60 ore. Ogni tentativo di arginare i nipponici risultò vano e per il Natale 1941utta la Malesia settentrionale cadde in mano ai soldati dell’imperatore Hirohito.
La possente forza navale che avrebbe dovuto proteggere Singapore è stata distrutta in un solo giorno. Il resto del mese di Dicembre 1941 e per tutto il mese di Gennaio 1942 è un susseguirsi di vittorie giapponesi. Le squadre sbarcate l’8 dicembre, pur senza rifornimenti, letteralmente volano sulla giungla. La spiegazione di tanta velocità di movimento è da ricercarsi nell’insensato ordine dato dagli inglesi di non distruggere i propri rifornimenti al momento della ritirata. La conquista degli aeroporti permette di sfruttare quegli aerei da guerra che l’Intelligenceervice aveva classificato come mediocri. Ora le ragioni militari e quelle politiche entrarono in rotta di collisione. Il proseguimento della guerra avrebbe comportato il trasferimento delle truppe fresche come la 18a divisione (che però aveva speso tre mesi nei viaggi per mare) in Birmania o in India, salvaguardando in questo modo le uniche vie di comunicazione ancora aperte con la Cina di Chiang Kai Schek. La realtà politica era ben diversa. I dominions d’oltre oceano avevano già speso il sangue dei propri giovani combattendo sotto la bandiera della madre patria, per venire ora abbandonati nel momento del bisogno. Come poteva mai raccontare all’opinione pubblica inglese che quella che fino al giorno prima e una fortezza inespugnabile, si era ora tramutata in una landa indifendibile? Nel dubbio su quale via seguire, Sir Winston scelse l’unica che si potesse chiedere ad un inglese: quella dell’onore. Venne ordinato di resistere sul posto fino all’ultimo uomo e di rifiutare sistematicamente le proposte di resa. Egli sperava che così come a Dunquerke anche per Singapore, una chiara sconfitta potesse essere convertita in una mezza vittoria. L’incarico di parlamentare viene affidato al maggiore Wilde che a rischio della vita si fa largo fino alle linee giapponesi per poter trattare. Yamashita accetta la resa inglese purchè sia senza condizioni e che sia lo stesso comandate sir Percival a venirla a domandare, portando a fianco della bandiera bianca la gloriosa Union Jack, la bandiera inglese. La foto che lo ritrae durante quel mortificante rito rimarrà per sempre a testimoniare una delle più grandi sconfitte britanniche.
Sul versante opposto, i Giapponesi stavano mettendo in atto un piano studiato per anni fin nei minimi dettagli. Una manovra articolata su tre grandi tentacoli avrebbe avvolto gli arcipelaghi in una morsa mortale. Il primo tentacolo si sarebbe occupato della Malesia e di Sumatra, il secondo delle Filippine e del Borneo, mentre il terzo attraverso le Molucche e Timor avrebbe minacciato l’Australia. Tale disegno si stava già compiendo prima della caduta di Singapore. In Dicembre 1942 si erano impadroniti del Borneo Occidentale e di Mindanao, in Gennaio di Celebes e del Borneo Orientale. In febbraio fu la volta di Timor. Il resto della squadra diede inizio ad un’attività che avrebbe trovato largo impiego nelle Filippine: la guerriglia. A dividere i Giapponesi dalla completa vittoria rimaneva ancora l’eterogenea flotta agli ordine dell’ammiraglio olandese Doorman. Il 1 Marzo con poche ore di ritardo causate dal sacrificio della squadra di Doorman, i giapponesi sbarcarono a Giava. Gli indonesiani che si ritenevano fedeli al governo legittimo, accolsero i giapponesi come liberatori, per trasformarsi poi nei più fedeli sostenitori della loro politica di sfruttamento dell’arcipelago. Di fronte a questo tradimento, il Generale Poorten comprese che la resistenza era inutile. Le esazioni tedesche divennero intollerabili a partire dal 1943, quando la Germania cominciò a sfruttare massicciamente il materiale umano del paesi occupati o satelliti nell’industria e nell’agricoltura tedesche, in modo da lasciare liberi i lavoratori del Reich per il servizio militare. Nel maggio del 1943 gli operai stranieri fatti affluire nelle industrie tedesche erano oltre sei milioni.
La popolazione polacca, in particolare quella ebraica, era stata sottoposta dai tedeschi alla deportazione e alla segregazione in campi di concentramento e di sterminio. L’Ungheria era entrata in guerra a fianco della Germania nazista nel 1941, ma nella primavera del 1944 era stata occupata dai tedeschi.
L’attacco all’Italia ebbe inizio il 9 luglio 1943 con lo sbarco in Sicilia delle truppe anglo-americano. Esso infatti accelerò il processo di decomposizione del regime fascista e nell’ notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 avvenne la rivolta del palazzo che portò alla destituzione e all’arresto di Mussolini. Pur rimanendo l’Italia ufficialmente alleata della Germania, il nuovo governo, cominciò a negoziare segretamente la resa. Ancor prima della resa (8 settembre 1943), l’Italia risultava un paese occupato dai tedeschi in veste da nemici che da alleati. Nel settembre 1943 l’Italia, dopo aver perso anche la colonia libica, venne occupata per la parte meridionale dagli alleati anglo-americani.
Nel corso del 1944 i russi continuarono ad avanzare per sottrarre alla Germania tutti i territori occupati, potendo contare su una superiorità numerica.
L’armistizio dell’ 8 settembre 1943 colse le forze armate italiane del Dodecaneso impreparate. Nonostante la superiorità numerica, esse furono sconfitte dopo vari combattimenti. La definitiva conquista di Leros e delle altre isole circostanti consolidò il dominio tedesco nel Dodecaneso, sino al maggio 1945. Inizia per il Dodecaneso il periodo più oscuro, lo spietato regime di terrore instaurato dal gen. Wagener successore di Kleeman, la fame, i bombardamenti, la deportazione della comunità ebrea trasformarono la “perla del Mediterraneo” in un gigantesco lager all’aperto.
L’8 settembte 1943, con l’invasione dell’esercito nazista del Sudtirolo iniziarono le sofferenze per la comunità ebraica di Merano. I Sudtirolesi, vittime della dittatura fascista, diventarono colpevoli compiacenti con i Nazisti. Con la notte dei cristalli, il 9 novembre 1938, ebbe inizio il genocidio degli Ebrei europei, pianificato dai nazisti in modo industriale. I nazisti sudtirolesi poterono emulare i loro camerati d’Oltrebrennero soltanto l’8 settembre 1943, dopo l’invasione della Wehrmacht nazista. Una parte infelice della storia sudtirolese spesso taciuta. I cinquanta Ebrei meranesi assassinati dai nazisti non figurano nella lista delle vittime sudtirolesi, e nel dopoguerra la Giunta Provinciale si è comportata come se le proprietà degli Ebrei di Merano fossero state arianizzate da stranieri; e come se fossero stati degli stranieri a radunarli ed a spedirli nei campi di sterminio del Terzo Reich. Certo i Sudtirolesi furono vittime, ma anche colpevoli. Anche per questo motivo, dopo il 1945, le autorità competenti si affrettarono a demolire il cosiddetto “campo di transito” di via Resia a Bolzano. Nel frattempo un reparto tedesco aveva liberato Mussolini, e la sua evasione portò alla nascita dello Stato fantoccio detto Repubblica di Salò. Nel giugno del 1944 veniva liberta Roma. Nell’agosto successivo veniva liberata Firenze. Mentre gli alleati avanzavano lungo la penisola italiana, veniva aperto un secondo fronte con lo sbarco in Normandia nel giugno 1944.
Dopo la sconfitta tedesca a Cassino e la liberazione di Roma da parte delle truppe alleate, il 4 giugno 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia lancia un appello per un offensiva generale: l’indicazione è quella di creare nelle zone liberate vere e proprie forme di governo amministrativo.
Queste sono le principali repubbliche partigiane che vennero formate in Italia nel 1944:
Val Ceno (Emilia) Dal 10 giugno all’11 luglio. Ingloba 10 comuni dell’alto Parmense. Si estende per oltre un quarto dell’intera provincia e comprende una popolazione di circa 40.000 abitanti;
Valsesia (Piemonte) Dall’11 giugno al 10 luglio. Si estende in tutta l’alta valle, fino a Romagnano e Gattinara; Val D’Enza e Val Parma (Emilia) Giugno-luglio. Comprende la parte alta delle due valli, dai confini con la provincia di Reggio;
Val Taro (Emilia) Dal 15 giugno al 24 luglio. Nel territorio, 240 chilometri quadrati, è incluso un lungo tratto della ferrovia Parma-La Spezia, importante per i collegamenti tedeschi fra la pianura padana e il settore occidentale della linea Gotica;
Montefiorino (Emilia) Dal 17 giugno al primo agosto. La zona è costituita dall’area montagnosa modenese e reggiana, ai confini con la Toscana e sfiora, a nord, la pianura padana. Ha un’estensione di 1.200 chilometri quadrati e una popolazione di 50.000 abitanti. Anche in questo caso le truppe nazifasciste si trovano di fronte a un ostacolo difficile da eliminare con mezzi militari; Val Maira e Val Varaita (Piemonte) Da fine giugno al 21 agosto. A nord-ovest di Cuneo;
Valli di Lanco (Piemonte) Dal 25 giugno alla fine di settembre. Si trova a circa 30 chilometri a nord-ovest di Torino;
Friuli orientale Dal 30 giugno alla fine di settembre. Si trova in provincia di Udine. La superficie è una buona parte collineare-montagnosa e la sua presenza disturba notevolmente il traffico della ferrovia Pontebbana, una linea che collega le armate germaniche con l’Austria; Bobbio (Emilia) Dal 7 luglio al 27 agosto. E’ un’area di grandissima importanza strategica perchè nel suo territorio si trova il Monte Antola dal quale si dominano le valli di Trebbia;
Carnia (Friuli) Dalla metà di luglio alla metà di ottobre. Abbraccia l’intera regione carnica. Ha un’estensione di 2.500 chilometri quadrati e comprende 41 comuni con un totale di 70.000 abitanti;
Cansiglio (Veneto) Da luglio a settembre. Estensione di 124 chilometri quadrati, 25.000 abitanti. Si colloca fra Valdobbiadene, l’altopiano di Cansiglio e tocca i confini della zona carnica;
Imperia (Liguria) Dalla fine di agosto alla metà di ottobre. E’ costituita da diversi centri della provincia di Imperia;
Ossola (Piemonte) E’ la più nota delle repubbliche partigiane. Dura dal 10 settembre al 23 ottobre. Nel suo territorio si trovano 35 comuni con 85.000 abitanti; Langhe (Piemonte) Da settembre a metà novembre. Si trova a nord-ovest di Mondovì, fra il Tanaro e il Bormida;
Alto Monteferrato (Piemonte) Dal settembre al 2 dicembre. Comprende la zona delle Langhe. Ne fanno parte 36 comuni;
Varzi (Lombardia) Dalla fine di settembre al 29 novembre. Confina con la repubblica di Torriglia e comprende il territorio nel quale s’è già estesa la repubblica di Bobbio, territorio al quale si aggiunge Varzi, la basse Valle Staffora, spingendosi fino a Godiasco, nei pressi di Voghera;
Alto Tortonese (Piemonte) Dal settembre al dicembre. Confina con aree di Torriglia e Varzi, assieme alle quali forma, praticamente, un solo, vasto territorio libero. Include le valli Borbera (fino a Pertuso), Sisola, l’alta Val Grue e Val Curone, fino a Brignano Frascata.
Nello stesso tempo, l’avanzata sovietica da Oriente si faceva sempre più inarrestabile, mentre il sistema di dominio nazista nell’Europa balcanica si sfaldava, con le vittoriose insurrezioni della Jugoslavia e della Grecia. Anche Parigi potè essere liberata (25 agosto). Il 30 aprile, dopo aver sposato Eva Braun, Hitler si uccise con lei nel bunker della Cancelleria, mentre le truppe russe erano ormai a pochi isolati. Due giorni prima Mussolini, catturato con Claretta Setacci mentre tentava la fuga in Svizzera, era stato giustiziato. Il governo fu organizzato dai partiti afferenti al CLNAI e restò in carica fino al 22 ottobre 1944, quando la regione fu riconquistata dai nazifascismi. Il 7 maggio 1945 si poneva fine alla guerra in Europa, mentre nel Pacifico essa continuò ad infuriare sino al settembre successivo, e per piegare il Giappone si ricorse all’impegno della bomba atomica. Il 6 agosto 1945 il primo ordigno nucleare venne sganciato sulla città di Hiroshima, causando circa 100000 vittime; due giorni dopo, un’altra bomba colpiva Nagasaki. Il 9 agosto 1945, l’Unione Sovietica dichiarava guerra al Giappone e l’esercito rivoluzionario coreano ne assecondava l’azione. E il 15 agosto, con la resa incondizionata dei giapponesi, si concludevano i 35 anni di dipendenza coloniale del paese. Il 2 settembre 1945 venne firmata la resa del Giappone.
Libro, European book Milano-Atlantica Junior n.9 / Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori- Il lavoro dell’uomo 2 / Internet- www.geocites.com / Internet- sudtirolo.htm