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  • La seconda guerra mondiale

    Hitler si preparò ad attaccare la Polonia, consapevole che in tal modo avrebbe trascinato la Germania in una guerra con Gran Bretagna e Francia. Frattanto l’alleanza italo-tedesca (Asse) aveva assunto carattere apertamente militare, con la firma del cosiddetto patto d’acciaio. All’alba del 1 settembre 1939 la Polonia veniva attaccata da panzer e da aerei tedeschi. Nel giro di un mese la conquista e la spartizione del territorio polacco venivano portate a termine. Il 3 settembre l’Inghilterra, seguita da Francia, dichiaravano guerra alla Germania. L’URSS, oltre alle province orientali polacche, occupò anche Lettonia, Litania ed Estonia. Il 9 aprile 1940, i tedeschi sferrarono l’attacco alla Danimarca e in un solo giorno occuparono il territorio danese e i maggiori porti strategici della Norvegia. All’alba del 10 maggio vennero attaccati anche Belgio e Olanda. Era poi a volta della Francia e il 4 giugno venne sferrato l’attacco contro Parigi, conclusosi con l’occupazione della capitale francese dieci giorni dopo. L’1 giugno anche l’Italia dichiarò guerra alla Francia. In Africa l’Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Avevano poi attaccato la Grecia (28 ottobre 1940), ma l’inaspettata controffensiva greca li aveva respinti in Albania e solo l’intervento tedesco nei Balcani portò nell’aprile successivo all’occupazione dell’intero territorio.
    L’opposizione politica e militare non aveva tardato a organizzarsi, dando vita a un grande movimento di resistenza antifascista operando in tutti i paesi occupati. A partire dalla metà del 1940 gran parte dell’Europa continentale, fatta eccezione per pochi stati neutrali, era dominata dalla Germania, e nel quinquennio 1940-1945 le economie nazionali europee furono assoggettate alla necessità belliche del Reich tedesco. A partire dall’estate del 1941 i comunisti si gettarono con favore nella lotta armata, assumendone la direzione di vari paesi. Sino alla fine del 1941 sembrò che le sorti della guerra volgessero in favore dell’Asse: al controllo dell’Europa occidentale si era aggiunto quello dei Balcani, conquistati dai tedeschi nell’aprile 1941; gran parte del Nord Africa era in mano alle forze italo-tedesche, che avevano costretto gli inglesi in ritirata. In realtà Hitler, nonostante la massiccia offensiva aerea condotta nell’estate 1940, la battagli d’Inghilterra, e i distruttivi bombardamenti sulle città inglesi, non era riuscito a piegare la resistenza inglese.
    Il 25 giugno 1941, senza dichiarazione di guerra, Hitler attaccò l’Unione Sovietica. L’Opera Barbarossa era stato studiato a lungo. Il calcolo secondo cui entro l’autunno la Russia sarebbe crollata si dimostrò sbagliata, come già lo erano stati un secolo e mezzo prima i piani strategici di Napoleone.
    Contemporaneamente entravano in guerra il Giappone e gli Stati Uniti, quando il 7 dicembre 1941, i giapponesi attaccarono la base navale statunitense di Pear Harbor (Hawai). Il fronte orientale continuò a spostarsi avanti e indietro lungo una lnea vastissima.
    Dopo l’incredibile e vincente attacco a Pearl Harbor, il Giappone doveva dare seguito al proprio atto d’aggressione, per raggiungere quegli obiettivi che nel linguaggio politico dei suoi leader venivano definiti come Sfera della Coprosperità . Essi comprendevano tutte quelle risorse essenziali (petrolio, caucciù e stagno in primis) che una volta ottenuti avrebbero garantito la possibilità di continuare la guerra contro gli Stati Uniti. Le materie prime di cui necessitavano le industrie pesanti giapponesi erano però, in massima parte, su territori appartenenti alle tradizionali potenze coloniali europee: Francia, Olanda e Regno Unito. Mentre i francesi, già duramente provati dalla sconfitta nella madrepatria, decideranno di consegnare l’Indocina senza lotta, il fiero temperamento degli olandesi e soprattutto dei britannici non permetterà la stessa conclusione per le Indie Occidentali e la Malesia. Nella visione a lungo termine della politica del Giappone in Asia, l’attacco ai colonialisti bianchi e la loro cacciata rientrava nel normale ordine d’idee di una nazione che volesse diventare egemone nel proprio continente. Ora, si trattava solo di anticipare i tempi.
    Gli Inglesi furono i primi ad essere attaccati, nei loro possedimenti di Hong Kong. La ricca colonia, situata sulla costa cinese, era il vanto dell’Impero Britannico fino all’entrata in Cina dei giapponesi. Con la guerra cino-giapponese anche i commerci inglesi dovettero ridimensionarsi e, dal punto di vista tattico, l’isola di Victoria e i New Territories divennero indifendibili. Ma abbandonare dei sudditi di sua Maestà senza combattere sarebbe stata un’onta troppo grande da accettare, perciò fu organizzata una resistenza simbolica che si ridusse a sei battaglioni di fanteria. Lo scontro cominciò all’improvviso il giorno 8 Dicembre 1941. Con gli attacchi sulla città si moltiplicarono gli incendi e si provocò il panico tra la popolazione civile, non preparata alla violenza della guerra. Il governatore inglese, Mark Young, decise di chiedere la resa proprio il giorno di Natale 1941. La città di Singapore venne portata ad esempio di perfezione difensiva, paragonandola alla rocca di Gibilterra. Si era discusso lungamente sulla necessità di trasformare il suo porto in una vera e propria base navale già prima della perdita delle postazioni in Cina e i lavori, fortemente accelerati, vennero portati a termine appena in tempo. Venne trascurata solo la zona che dava sulla punta della penisola malese, giudicata troppo impervia per costituire una posizione d’assalto. Ad aumentare il senso di sicurezza arrivò anche un rapporto dell’Intelligence Service inglese, che classificava l’esercito giapponese come arretrato e poco equipaggiato. Solo la marina, secondo il giudizio delle spie inglesi, avrebbe potuto recare qualche danno se non adeguatamente contrastata. Proprio per evitare ciò, si mosse lo stesso Churchill. Dopo le disfatte europee, aveva assoluta necessità di conservare un minimo d’onore almeno contro il Giappone. Decise così di creare una forza navale di pronto intervento inviando delle navi da battaglia adeguate al compito che veniva affidato loro. Dal punto di vista terrestre, le forze britanniche erano altrettanto imponenti. Il rapporto Regno Unito-Giappone di forze era quindi di 5 a 1.
    La grande sproporzione che si può notare tra le truppe in campo non deve però trarre in inganno. Un elemento fondamentale non deve essere dimenticato se si vuole giudicare oggettivamente la condotta delle operazioni in Malesia e cioè l’estrema preparazione militare e morale dei giapponesi. I soldati che sbarcarono a Kota Bharu, Patani e Singora, nel nord del Golfo della Malesia, non erano giovani coscritti, come al contrario accadeva tra i Britannici. I nipponici giungevano direttamente dalle regioni di Shangai e Canton in Cina, dove erano stati provati dal fuoco delle truppe nazionaliste. S’insegnano concetti più pratici come ad esempio che non bisogna aver paura dei serpenti e delle formiche rosse (temutissime dagli inglesi), ma solo del sedalang, un possente bufalo dal carattere estremamente irascibile e di una piccola varietà di vespa di cui bastano cinque punture per andare incontro ad una morte certa. Gli inglesi erano esattamente il contrario di quanto abbiamo detto fino ad ora. Abbiamo già parlato della scarsa determinazione delle truppe indiane. Per quel che riguarda la guarnigione di Singapore, bisogna ricordare che essa era composta anche da reparti provenienti dall’Inghilterra martoriata dai bombardamenti. Al loro arrivo nell’isola, molti si erano stupiti di come lì si vivesse ancora come se non fosse in corso nessun conflitto. Si davano grandi feste con centinaia di invitati, gli uomini giocavano a golf o a cricket e le donne proseguivano le loro interminabili partite a bridge nei circoli privati. Di fronte a tanta abbondanza fu inevitabile un certo rilassamento che finì col minare la disciplina militare. Lo sbarco dei giapponesi nella penisola malese si trasformò ben presto in un eroica avanzata ad un ritmo inimmaginabile, almeno per i quartieri generali occidentali. La disposizione delle forze britanniche era la seguente: le truppe australiane vennero mantenute a sud in vicinanza di Singapore, mentre il compito di respingere l’invasione venne affidato all’undicesima divisione indiana. Il piano, denominato Matador, non tenne però conto di alcuni particolari molto importanti, tra i quali il pessimo tempo che con piogge torrenziali fiaccò il morale degli indiani e ne diminuì la resistenza. I giapponesi anzichè venir ricacciati in mare progredirono di 120 km in 60 ore. Ogni tentativo di arginare i nipponici risultò vano e per il Natale 1941utta la Malesia settentrionale cadde in mano ai soldati dell’imperatore Hirohito.
    La possente forza navale che avrebbe dovuto proteggere Singapore è stata distrutta in un solo giorno. Il resto del mese di Dicembre 1941 e per tutto il mese di Gennaio 1942 è un susseguirsi di vittorie giapponesi. Le squadre sbarcate l’8 dicembre, pur senza rifornimenti, letteralmente volano sulla giungla. La spiegazione di tanta velocità di movimento è da ricercarsi nell’insensato ordine dato dagli inglesi di non distruggere i propri rifornimenti al momento della ritirata. La conquista degli aeroporti permette di sfruttare quegli aerei da guerra che l’Intelligenceervice aveva classificato come mediocri. Ora le ragioni militari e quelle politiche entrarono in rotta di collisione. Il proseguimento della guerra avrebbe comportato il trasferimento delle truppe fresche come la 18a divisione (che però aveva speso tre mesi nei viaggi per mare) in Birmania o in India, salvaguardando in questo modo le uniche vie di comunicazione ancora aperte con la Cina di Chiang Kai Schek. La realtà politica era ben diversa. I dominions d’oltre oceano avevano già speso il sangue dei propri giovani combattendo sotto la bandiera della madre patria, per venire ora abbandonati nel momento del bisogno. Come poteva mai raccontare all’opinione pubblica inglese che quella che fino al giorno prima e una fortezza inespugnabile, si era ora tramutata in una landa indifendibile? Nel dubbio su quale via seguire, Sir Winston scelse l’unica che si potesse chiedere ad un inglese: quella dell’onore. Venne ordinato di resistere sul posto fino all’ultimo uomo e di rifiutare sistematicamente le proposte di resa. Egli sperava che così come a Dunquerke anche per Singapore, una chiara sconfitta potesse essere convertita in una mezza vittoria. L’incarico di parlamentare viene affidato al maggiore Wilde che a rischio della vita si fa largo fino alle linee giapponesi per poter trattare. Yamashita accetta la resa inglese purchè sia senza condizioni e che sia lo stesso comandate sir Percival a venirla a domandare, portando a fianco della bandiera bianca la gloriosa Union Jack, la bandiera inglese. La foto che lo ritrae durante quel mortificante rito rimarrà per sempre a testimoniare una delle più grandi sconfitte britanniche.
    Sul versante opposto, i Giapponesi stavano mettendo in atto un piano studiato per anni fin nei minimi dettagli. Una manovra articolata su tre grandi tentacoli avrebbe avvolto gli arcipelaghi in una morsa mortale. Il primo tentacolo si sarebbe occupato della Malesia e di Sumatra, il secondo delle Filippine e del Borneo, mentre il terzo attraverso le Molucche e Timor avrebbe minacciato l’Australia. Tale disegno si stava già compiendo prima della caduta di Singapore. In Dicembre 1942 si erano impadroniti del Borneo Occidentale e di Mindanao, in Gennaio di Celebes e del Borneo Orientale. In febbraio fu la volta di Timor. Il resto della squadra diede inizio ad un’attività che avrebbe trovato largo impiego nelle Filippine: la guerriglia. A dividere i Giapponesi dalla completa vittoria rimaneva ancora l’eterogenea flotta agli ordine dell’ammiraglio olandese Doorman. Il 1 Marzo con poche ore di ritardo causate dal sacrificio della squadra di Doorman, i giapponesi sbarcarono a Giava. Gli indonesiani che si ritenevano fedeli al governo legittimo, accolsero i giapponesi come liberatori, per trasformarsi poi nei più fedeli sostenitori della loro politica di sfruttamento dell’arcipelago. Di fronte a questo tradimento, il Generale Poorten comprese che la resistenza era inutile. Le esazioni tedesche divennero intollerabili a partire dal 1943, quando la Germania cominciò a sfruttare massicciamente il materiale umano del paesi occupati o satelliti nell’industria e nell’agricoltura tedesche, in modo da lasciare liberi i lavoratori del Reich per il servizio militare. Nel maggio del 1943 gli operai stranieri fatti affluire nelle industrie tedesche erano oltre sei milioni.
    La popolazione polacca, in particolare quella ebraica, era stata sottoposta dai tedeschi alla deportazione e alla segregazione in campi di concentramento e di sterminio. L’Ungheria era entrata in guerra a fianco della Germania nazista nel 1941, ma nella primavera del 1944 era stata occupata dai tedeschi.
    L’attacco all’Italia ebbe inizio il 9 luglio 1943 con lo sbarco in Sicilia delle truppe anglo-americano. Esso infatti accelerò il processo di decomposizione del regime fascista e nell’ notte tra il 24 e il 25 luglio 1943 avvenne la rivolta del palazzo che portò alla destituzione e all’arresto di Mussolini. Pur rimanendo l’Italia ufficialmente alleata della Germania, il nuovo governo, cominciò a negoziare segretamente la resa. Ancor prima della resa (8 settembre 1943), l’Italia risultava un paese occupato dai tedeschi in veste da nemici che da alleati. Nel settembre 1943 l’Italia, dopo aver perso anche la colonia libica, venne occupata per la parte meridionale dagli alleati anglo-americani.
    Nel corso del 1944 i russi continuarono ad avanzare per sottrarre alla Germania tutti i territori occupati, potendo contare su una superiorità numerica.
    L’armistizio dell’ 8 settembre 1943 colse le forze armate italiane del Dodecaneso impreparate. Nonostante la superiorità numerica, esse furono sconfitte dopo vari combattimenti. La definitiva conquista di Leros e delle altre isole circostanti consolidò il dominio tedesco nel Dodecaneso, sino al maggio 1945. Inizia per il Dodecaneso il periodo più oscuro, lo spietato regime di terrore instaurato dal gen. Wagener successore di Kleeman, la fame, i bombardamenti, la deportazione della comunità ebrea trasformarono la “perla del Mediterraneo” in un gigantesco lager all’aperto.
    L’8 settembte 1943, con l’invasione dell’esercito nazista del Sudtirolo iniziarono le sofferenze per la comunità ebraica di Merano. I Sudtirolesi, vittime della dittatura fascista, diventarono colpevoli compiacenti con i Nazisti. Con la notte dei cristalli, il 9 novembre 1938, ebbe inizio il genocidio degli Ebrei europei, pianificato dai nazisti in modo industriale. I nazisti sudtirolesi poterono emulare i loro camerati d’Oltrebrennero soltanto l’8 settembre 1943, dopo l’invasione della Wehrmacht nazista. Una parte infelice della storia sudtirolese spesso taciuta. I cinquanta Ebrei meranesi assassinati dai nazisti non figurano nella lista delle vittime sudtirolesi, e nel dopoguerra la Giunta Provinciale si è comportata come se le proprietà degli Ebrei di Merano fossero state arianizzate da stranieri; e come se fossero stati degli stranieri a radunarli ed a spedirli nei campi di sterminio del Terzo Reich. Certo i Sudtirolesi furono vittime, ma anche colpevoli. Anche per questo motivo, dopo il 1945, le autorità competenti si affrettarono a demolire il cosiddetto “campo di transito” di via Resia a Bolzano. Nel frattempo un reparto tedesco aveva liberato Mussolini, e la sua evasione portò alla nascita dello Stato fantoccio detto Repubblica di Salò. Nel giugno del 1944 veniva liberta Roma. Nell’agosto successivo veniva liberata Firenze. Mentre gli alleati avanzavano lungo la penisola italiana, veniva aperto un secondo fronte con lo sbarco in Normandia nel giugno 1944.
    Dopo la sconfitta tedesca a Cassino e la liberazione di Roma da parte delle truppe alleate, il 4 giugno 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia lancia un appello per un offensiva generale: l’indicazione è quella di creare nelle zone liberate vere e proprie forme di governo amministrativo.
    Queste sono le principali repubbliche partigiane che vennero formate in Italia nel 1944:
    Val Ceno (Emilia) Dal 10 giugno all’11 luglio. Ingloba 10 comuni dell’alto Parmense. Si estende per oltre un quarto dell’intera provincia e comprende una popolazione di circa 40.000 abitanti;
    Valsesia (Piemonte) Dall’11 giugno al 10 luglio. Si estende in tutta l’alta valle, fino a Romagnano e Gattinara; Val D’Enza e Val Parma (Emilia) Giugno-luglio. Comprende la parte alta delle due valli, dai confini con la provincia di Reggio;
    Val Taro (Emilia) Dal 15 giugno al 24 luglio. Nel territorio, 240 chilometri quadrati, è incluso un lungo tratto della ferrovia Parma-La Spezia, importante per i collegamenti tedeschi fra la pianura padana e il settore occidentale della linea Gotica;
    Montefiorino (Emilia) Dal 17 giugno al primo agosto. La zona è costituita dall’area montagnosa modenese e reggiana, ai confini con la Toscana e sfiora, a nord, la pianura padana. Ha un’estensione di 1.200 chilometri quadrati e una popolazione di 50.000 abitanti. Anche in questo caso le truppe nazifasciste si trovano di fronte a un ostacolo difficile da eliminare con mezzi militari; Val Maira e Val Varaita (Piemonte) Da fine giugno al 21 agosto. A nord-ovest di Cuneo;
    Valli di Lanco (Piemonte) Dal 25 giugno alla fine di settembre. Si trova a circa 30 chilometri a nord-ovest di Torino;
    Friuli orientale Dal 30 giugno alla fine di settembre. Si trova in provincia di Udine. La superficie è una buona parte collineare-montagnosa e la sua presenza disturba notevolmente il traffico della ferrovia Pontebbana, una linea che collega le armate germaniche con l’Austria; Bobbio (Emilia) Dal 7 luglio al 27 agosto. E’ un’area di grandissima importanza strategica perchè nel suo territorio si trova il Monte Antola dal quale si dominano le valli di Trebbia;
    Carnia (Friuli) Dalla metà di luglio alla metà di ottobre. Abbraccia l’intera regione carnica. Ha un’estensione di 2.500 chilometri quadrati e comprende 41 comuni con un totale di 70.000 abitanti;
    Cansiglio (Veneto) Da luglio a settembre. Estensione di 124 chilometri quadrati, 25.000 abitanti. Si colloca fra Valdobbiadene, l’altopiano di Cansiglio e tocca i confini della zona carnica;
    Imperia (Liguria) Dalla fine di agosto alla metà di ottobre. E’ costituita da diversi centri della provincia di Imperia;
    Ossola (Piemonte) E’ la più nota delle repubbliche partigiane. Dura dal 10 settembre al 23 ottobre. Nel suo territorio si trovano 35 comuni con 85.000 abitanti; Langhe (Piemonte) Da settembre a metà novembre. Si trova a nord-ovest di Mondovì, fra il Tanaro e il Bormida;
    Alto Monteferrato (Piemonte) Dal settembre al 2 dicembre. Comprende la zona delle Langhe. Ne fanno parte 36 comuni;
    Varzi (Lombardia) Dalla fine di settembre al 29 novembre. Confina con la repubblica di Torriglia e comprende il territorio nel quale s’è già estesa la repubblica di Bobbio, territorio al quale si aggiunge Varzi, la basse Valle Staffora, spingendosi fino a Godiasco, nei pressi di Voghera;
    Alto Tortonese (Piemonte) Dal settembre al dicembre. Confina con aree di Torriglia e Varzi, assieme alle quali forma, praticamente, un solo, vasto territorio libero. Include le valli Borbera (fino a Pertuso), Sisola, l’alta Val Grue e Val Curone, fino a Brignano Frascata.
    Nello stesso tempo, l’avanzata sovietica da Oriente si faceva sempre più inarrestabile, mentre il sistema di dominio nazista nell’Europa balcanica si sfaldava, con le vittoriose insurrezioni della Jugoslavia e della Grecia. Anche Parigi potè essere liberata (25 agosto). Il 30 aprile, dopo aver sposato Eva Braun, Hitler si uccise con lei nel bunker della Cancelleria, mentre le truppe russe erano ormai a pochi isolati. Due giorni prima Mussolini, catturato con Claretta Setacci mentre tentava la fuga in Svizzera, era stato giustiziato. Il governo fu organizzato dai partiti afferenti al CLNAI e restò in carica fino al 22 ottobre 1944, quando la regione fu riconquistata dai nazifascismi. Il 7 maggio 1945 si poneva fine alla guerra in Europa, mentre nel Pacifico essa continuò ad infuriare sino al settembre successivo, e per piegare il Giappone si ricorse all’impegno della bomba atomica. Il 6 agosto 1945 il primo ordigno nucleare venne sganciato sulla città di Hiroshima, causando circa 100000 vittime; due giorni dopo, un’altra bomba colpiva Nagasaki. Il 9 agosto 1945, l’Unione Sovietica dichiarava guerra al Giappone e l’esercito rivoluzionario coreano ne assecondava l’azione. E il 15 agosto, con la resa incondizionata dei giapponesi, si concludevano i 35 anni di dipendenza coloniale del paese. Il 2 settembre 1945 venne firmata la resa del Giappone.

    Libro, European book Milano-Atlantica Junior n.9 / Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori- Il lavoro dell’uomo 2 / Internet- www.geocites.com / Internet- sudtirolo.htm

  • I regimi autoritari

    L’Italia era in preda ad una grave crisi economica. L’inflazione impoveriva operai e contadini ma anche la piccola borghesia. Molti si convinsero che quella italiana era una vittoria mutilata. I nazionalisti non volevano rinunciare alla Dalmazia e alla città di Fiume. Nel settembre 1919, il poeta Gabriele D’Anunzio si pose alla guida di legionari, occupò Fiume e ne proclamò l’annessione all’Italia. Il capo del governo Nitti, dette in quell’occasione prova di incertezza e non fece praticamente nulla. Le cose cambiarono completamente quando tornò al governo Giolitti che raggiunse un accordo con gli Iugoslavi secondo il quale:
    – l’Italia otteneva l’Istria e Zara, lasciando il resto della Dalmazia alla Iugoslavia; – Fiume diveniva uno Stato indipendente. A farsi portavoce degli interessi dei lavoratori furono le grandi organizzazioni sindacali. Anche i padroni si unirono in un sindacato.
    Giolitti era convinto che gli industriali e i proprietari terrieri dovessero trattare con i lavoratori. Molti industriali e proprietari terrieri così incominciarono ad appoggiare Mussolini. Il programma del movimento era molto confuso. Era caratterizzato da posizioni nazionalistiche, repubblicane ed anticlericali.
    I fascisti parteciparono alle elezioni del 1919. Riuscirono a presentarsi solo a Milano, ottenendo un misero risultato. Per questo organizzò delle squadre d’azione. Le squadracce fasciste erano composte in prevalenza da ex combattenti, da disoccupati, da avventurieri. Gli avversari venivano piegati a colpi di manganello. Oppure venivano obbligati a bere l’olio di ricino, un forte purgante. La polizia spesso era complice. Molti commisero l’errore di sottovalutare il pericolo rappresentato dai fascisti. Per la prima volta, i fascisti entrarono in parlamento (35 seggi).
    Il 24 ottobre 1922, Mussolini concentrò a Napoli migliaia di camicie nere, cioè i fascisti organizzati come un esercito. Si decise di prendere il potere con la forza. Il capo del governo Facta, chiese al re Vittorio Emanuele III di firmare il decreto che avrebbe fatto intervenire l’esercito. Ma il re si rifiutò e decise di affidare l’incarico a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo (30 ottobre 1922).
    Il primo governo di Mussolini (1922-24) fu sostenuto dai fascisti, dai liberali e, fino al 1923, dai popolari. In questi anni, Mussolini rispettò la legge. Perciò questa fase è detta legalitaria. Negli anni successivi egli operò per acquistare il potere in modo assoluto, smantellando progressivamente le istituzioni parlamentari. Un momento significativo, in questo senso, fu la nuova legge elettorale maggioritaria, approvata nel 1923, che assegnava due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto la maggioranza dei voti. Con questa legge si andò alle elezioni del 1924, assicurando a Mussolini una maggioranza di 403 deputati su 535.
    Anche le elezioni (6 aprile 1924) si svolsero in un clima di violenza e di irregolarità : un candidato socialista, Giacomo Matteoti, fu assassinato. Ma il re non fece nulla. Mussolini capì che poteva continuare la sua strada. In un famoso discorso del 3 gennaio 1925 assunse l’intera responsabilità politica e morale di quanto era accaduto: ”Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!”. Il 1925 è l’anno che segna la definitiva trasformazione del fascismo in una dittatura e in uno Stato totalitario Il regime fascista diventa dittatura perchè un uomo solo, Benito Mussolini, assume su di sè tutti i poteri dello Stato. Il termine totalitarismo, indica che lo Stato controlla in modo totale la società : dalla famiglia alla scuola, dal tempo libero al lavoro.
    Nel 1923 vennero sciolti tutti i partiti dell’opposizione, vennero chiusi tutti i giornali antifascisti. La trasformazione dello Stato liberale fu completata con una nuova legge elettorale (1928). Affidò al Gran Consiglio del Fascismo, l’organismo più importante, il compito di preparare una lista unica di candidati. Il posto del sindaco venne occupato da un podestà , nominato direttamente dal governo. Il compito di giudicare gli antifascisti spettava al Tribunale Speciale.
    Il fascismo però cercò anche di ottenere il consenso, cioè l’approvazione degli italiani. Nel 1937 tutte le organizzazioni giovanili furono inquadrate nella GIL (Gioventù Italiana del Littorio). L’Opera Nazionale Balila, si occupava dell’educazione dei bambini da 6 e 14 anni, alla dottrina fascista e al culto di Mussolini con marce militari, esercitazioni, sfilate, parate. Il GUF era il Gruppo degli universitari fascisti.
    Mussolini era convinto che superare il conflitto tra Stato e Chiesa gli avrebbe garantito una grande popolarità tra gli italiani. Alla fine, l’11 febbraio 1929, Mussolini e il segretario del papa Pio XI, firmarono i Patti Lateranensi. Nel 1926 però vi fu un netto cambiamento nella vita economica. Si inaugurò una politica autarchica, cioè dell’autosufficienza economica da raggiungersi comprimendo i consumi e producendo all’interno tutti i beni necessari. Per Mussolini l’espansione coloniale era necessario. Il primo obiettivo del progetto fascista fu l’Etiopia. L’invasione venne avviata nell’ottobre 1935. L’Etiopia era un paese indipendente, membro della Società delle Nazioni. L’Italia riuscì in breve tempo a piegare l’Etiopia. Il 9 Mussolini proclamò il ritorno dell’Impero a Roma. Vittorio Emanuele III divenne così re d’Italia ed imperatore d’Etiopia.
    La guerra d’Etiopia favorì l’avvicinamento di Mussolini a Hitler. La conseguenza più grave dell’alleanza tra Mussolini e Hitler fu l’introduzione in Italia di leggi razziale contro gli ebrei. Queste leggi vietavano i matrimoni misti (cioè fra ebrei e non ebrei); impedivano agli ebrei di frequentare la scuola pubblica, di fare servizio militare, di svolgere determinate professioni. Le leggi imitavano quelle introdotte in Germania da Hitler nel 1935. Ma in Italia non esisteva una tradizione antisemita, cioè di odio e persecuzione degli ebrei. Il legame tra i due dittatori fu rafforzato nel 1939 con la firma del Patto d’Acciaio. Con esso le due nazioni si impegnarono a collaborare reciprocamente nel caso di una guerra. Nel corso degli anni venti e ancor più nel decennio successivo si estende in tutta Europa il fenomeno dei regimi autoritari di cui l’Italia detiene il triste primato.
    In Ungheria, dopo la breve e fragile esperienza socialcomunista di Bela Kun degenerata in guerra civile, il potere viene assunto dall’ammiraglio Horthy che instaura una dittatura personale, rappresentante dell’oligarchia conservatrice, divenuto reggente di uno stato monarchico privo di re. A quello di Horthy succederanno altri governi autoritari. L’Ungheria fu il primo paese dell’Europa a dar vita a un regime dittatoriale di tipo fascista destinato a durare sino alla primavera del 1944, quando fu sostituito da un regime nazista direttamente controllato dai tedeschi. Gli atti terroristici contro gli ebrei non mancarono di essere incoraggiati dallo stesso re Carol II. Dopo le movimentate elezioni del 1937 il re cercò di riprendere in mano la situazione, sbarazzandosi degli in temperamenti capi delle Guardie di Ferro e delegando i poteri a un partito ispirato alla corte, il Fronte di rinascita nazionale. Era però troppo tardi per salvare dalla dissoluzione il paese, ormai infeudato alla Germania nazista.
    In Polonia in un primo tempo sembra resistere, almeno formalmente, un sistema parlamentare ma, di fatto, vi esercita un enorme potere il generale Pilsudski, nominato presidente provvisorio nel febbraio del 1919. Dopo continui cambi di guida del governo, nel 1926 Pilsudski attua un colpo di Stato, modifica la costituzione, fa eleggere un suo fedele alla presidenza della Repubblica e con la carica di primo ministro instaura una dittatura personale. La dittatura del generale viene consolidata nell’aprile del 1935 quando il varo di una nuova costituzione fa della Polonia una Repubblica presidenziale e abolisce il sistema parlamentare.
    Altri governi a carattere autoritario si costituiscono nel 1926 in Lituania e nel 1934 in Estonia e in Lettonia. L’unico paese in questa area geografica che riesce a mantenere un sistema di tipo liberale è la Cecoslovacchia. Dopo una prima fase sotto l’egemonia del Partito contadino guidato da Alessandro Stambolijski, nel 1923 questi viene assassinato durante un colpo di Stato militare guidato dal leader di estrema destra Cankov. Da allora si consolida un regime di tipo dittatoriale che porta lo Stato balcanico a schierarsi con la Germania nazista.
    La Jugoslavia si forma tra la fine del 1918 e il 1919 dall’unione tra la Serbia, la Croazia, la Slovenia, il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina. Il nuovo regno viene affidato a Pietro di Serbia e al figlio Alessandro che nell’agosto del 1921, alla morte del padre, assume il titolo di re Alessandro I° di Jugoslavia. Dopo una fase di duri scontri politici e interetnici, il 5 gennaio 1929 Alessandro I° proclama la dittatura, scioglie il parlamento e impone il suo potere su tutto il territorio nazionale. L’accentuazione di una politica tesa a soffocare ogni spinta nazionalista, unitamente all’ostilità dell’Italia, che aveva incoraggiato la nascita di un movimento fascista croato, portarono a uno stato di terrore che culminò nell’assassinio, nell’ottobre 1934, di re Alessandro. Prende il suo posto il figlio Pietro II°, sotto la reggenza del principe Paolo. Il reggente, principe Paolo, affidò la presidenza del consiglio al filo-fascista Milan Stojadinovic che operò un avvicinamento all’Italia firmando il patto di pacificazione adriatica (marzo 1937). Una svolta apertamente fascista venne operata dal suo successore Cvetkovic, che arrivò a promulgare leggi antisemite nell’ottobre 1940. In seguito (27 marzo 1941) il giovane re Pietro II assunse i pieni poteri affiancato dal generale Simovic, ma ciò non fece che accelerare i piani di invasioni hitleriani.
    Neppure in Grecia il governo democratico riuscì a mettere radici. Alla conclusione del conflitto mondiale la Grecia continua le ostilità contro la Turchia dalla quale la dividono antiche ruggini alcune mire territoriali. Nel dicembre del 1923 il re Giorgio II° è costretto ad abdicare e, pochi mesi dopo, un plebiscito popolare proclama la Repubblica alla guida della quale viene chiamato l’ammiraglio Kunduriotis. Nel marzo del 1935, a seguito di violenti scontri tra repubblicani e monarchici, viene richiamato in patria Giorgio II° e restaurata la monarchia (novembre). Nel giugno del 1936 diventa primo ministro il generale Metaxas che due mesi dopo attua un colpo di Stato e si proclama dittatore. Le sue manifeste simpatie per il fascismo non evitarono alla Grecia di essere attaccata da Mussolini il 28 ottobre 1940.
    Anche l’Albania presenta un sistema politico istituzionale di tipo dittatoriale: nel 1925 viene proclamata la Repubblica ed eletto presidente Ahmed Zogu che fa varare una costituzione di tipo autoritario. Conclusosi con l’Italia prima un trattato di amicizia (novembre 1926) poi un’alleanza (novembre 1927), Zogu cancellò ogni residua traccia di governo democratico-parlamentare. Il potere personale di Zogu viene definitivamente sancito con la sua elezione a re nel settembre del 1928, praticamente vassallo dell’Italia.
    Negli anni venti la Spagna è un paese con una struttura economica agricola organizzata prevalentemente sulla grande proprietà terriera e, in alcune regioni, sulla piccola proprietà contadina. Dal punto di vista politico vige una monarchia costituzionale con un parlamento nazionale (le Cortes) sostanzialmente privo di poteri. Nel 1923 una ribellione anticoloniale scoppiata in Marocco trova totalmente impreparate le truppe spagnole di stanza. L’inchiesta subita dall’esercito viene considerata un “affronto” dal capitano generale della Catalogna, il generale Miguel Primo de Rivera che minaccia di marciare sulla capitale. L’azione di forza viene evitata soltanto perchè il re Alfonso XIII decide di affidare il governo al militare ribelle. Si instaura così una dittatura clerico-militare. La dittatura, che nel 1926 stringe un trattato di amicizia con Mussolini, si protrae fino alla fine degli anni venti. Nel gennaio 1930 il dittatore si dimise. Il 14 aprile 1931 venne proclamata la repubblica. Il nuovo governo si mostrò troppo debole e troppo poco mogeneo. Josè Antonio Primo di Riviera, figlio dell’ex dittatore fece numerosi adepti. Le elezioni del febbraio 1936 videro la vittoria delle sinistre riunite nel Fronte Popolare. La vittoria scatenò la rivolta dei militari di destra e dei falangisti e si trasformò in una guerra civile. Il governo nazionalista presieduta dal generale Franco, insediandosi a Burgos, era stato riconosciuto da Italia e Germania.
    Il Portogallo nel dopoguerra è una società arretrata ben distante dagli antichi fasti vissuti all’epoca delle grandi scoperte geografiche e delle rotte commerciali per le americhe. Nel luglio del 1932 viene nominato primo ministro l’economista cattolico Antonio de Oliveira de Salazar. Questi instaura un regime autoritario anch’esso, come in Spagna, fondato sull’appoggio della Chiesa e dell’esercito. La dittatura clerico-autoritaria segna la vita portoghese per quasi mezzo secolo.
    Il 12 novembre 1918, viene proclamata la Repubblica austriaca. Nel 1919 si svolgono le elezioni per l’assemblea costituente e viene eletto cancelliere il giurista Karl Renner. La grave crisi economica che colpisce l’Austria viene risolta dall’intervento delle Società delle nazioni. Le agitazioni dei nazisti che vogliono l’annessione alla Germania non smettono. Nel febbraio del 1938 Schuschnigg incontra Hitler senza riuscire a far valere le proprie posizioni. Costretto alle dimissioni viene sostituito da Seyss-Inquart, capo del partito nazista austriaco. Nel marzo le truppe tedesche invadono l’Austria e viene proclamata l’annessione al Reich (Anschluss), confermata dopo pochi giorni da un plebiscito.
    Rimasti neutrali durante la guerra, i paesi scandinavi ne avevano risentito sul piano economico ma non su quello politico. La democrazia aveva messo salde radici e dovunque si era avuta una notevole affermazione dei nuovi partiti socialisti.
    Superato il momento di maggiore crisi dei primi anni venti la Germania, grazie agli ingenti investimenti esteri, vive, tra il 1925 e il 1929, un’eccezionale ripresa economica. Alla fine degli anni venti l’economia tedesca torna a occupare un posto di primo piano nel sistema internazionale. Il riconquistato benessere non si traduce però in un serio consolidamento della debole democrazia repubblicana. Nel 1925, alla morte del socialdemocratico Ebert, viene eletto alla presidenza del Reich il vecchio maresciallo von Hindenburg, un conservatore vicino agli interessi della grande industria. Le forze democratiche riescono a ottenere un ultimo importante successo nelle elezioni politiche del 1928 quando si affermano i partiti socialista e cattolico e si forma il governo di coalizione del socialdemocratico Muller. Il crollo di Wall Street ha conseguenze drammatiche per l’economia tedesca: all’inizio degli anni trenta i disoccupati raggiungono quota sei milioni. Nelle elezioni del 1930 si afferma inaspettatamente un piccolo partito di estrema destra, il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, guidato da Adolf Hitler, che conquista 107 seggi e sei milioni e mezzo di voti. Chi sono i nazisti? Nel 1920 il trentunenne militare austriaco Adolf Hitler, imbevuto di idee antisemite e antidemocratiche, assume la guida di un piccolo gruppo estremista, il Partito dei Lavoratori tedeschi. Con un programma di stampo ultra nazionalista e autoritario, il partito nazionalsocialista (nome datogli dallo stesso Hitler) nel 1921 crea una propria organizzazione militare, le Squadre d’assalto (Sturmabteilungen, SA) e nel novembre del 1923 tenta senza successo un colpo di Stato a Monaco. Il fallimento del putsch costa a Hitler la condanna a cinque anni di carcere, di cui sconta solo nove mesi durante i quali scrive Mein Kampf, il testo contenente il suo sconcertante programma politico. Uscito dal carcere Hitler elabora una nuova tattica per il suo partito: lo instrada sul piano costituzionale e crea una nuova organizzazione militare più disciplinata, i Reparti di protezione (Schutzstaffeln, le famigerate SS). Come abbiamo visto, la crisi del 1929 offre l’occasione ai nazionalsocialisti di affermarsi sulla scena tedesca, occasione colta con il successo alle elezioni dell’anno successivo.
    Dopo l’importante successo ottenuto nelle elezioni del 1930 il partito nazionalsocialista e il suo leader Adolf Hitler raccolgono il consenso della grande industria tedesca e si preparano a sferrare l’ultimo attacco alla democrazia di Weimar. Intanto il governo del socialdemocratico Muller nella primavera del 1930 era stato costretto a cedere il posto al cattolico conservatore Heinrich Bruning: nel 1932 in occasione delle elezioni presidenziali si confrontano i due candidati nazionalisti Hindenburg e Hitler; ottiene la vittoria il vecchio maresciallo ma l’ascesa al potere del leader nazista è soltanto rimandata. Nel corso dell’anno, infatti, Bruning è costretto alle dimissioni e il nuovo cancelliere Von Papen scioglie il parlamento e indice nuove elezioni. Il successo del partito di Hitler è enorme: con 230 seggi diventa il primo partito e Hitler chiede per sè il cancellierato. Le nuove elezioni ridimensionano parzialmente il peso del Partito nazionalsocialista che tuttavia resta il maggiore partito; si consuma allora l’ultimo atto della Repubblica di Weimar. Viene chiamato a ricoprire la carica di cancelliere il generale Kurt von Schleicher ma dopo pochi mesi fallisce il suo tentativo: il 30 gennaio 1933 diventa cancelliere del Reich Adolf Hitler a capo di un ministero composto da nazisti, nazional-tedeschi e alcuni tecnici.
    Il leader nazista, decide di sciogliere per l’ennesima volta il parlamento. Le organizzazioni militari naziste e la polizia colpiscono duramente i comunisti e i socialdemocratici. Hitler, che punta tutto su di una vittoria eclatante del suo partito, tenta un colpo spettacolare: la notte del 27 febbraio, pochi giorni prima delle elezioni, un gruppo di nazisti provoca l’incendio del parlamento nazionale, il Reichstag. L’obiettivo è quello di far ricadere sui comunisti la responsabilità dell’atto terroristico in modo da consolidare nella borghesia tedesca la già diffusa paura di un’imminente azione rivoluzionaria bolscevica. Le elezioni invero non danno la maggioranza assoluta al partito nazista però gli garantiscono un numero di seggi sufficiente a confermare la carica di cancelliere a Hitler. Questi, nel giro di pochi giorni liquida le istituzioni democratiche: fa arrestare tutti i deputati comunisti e fa approvare dal parlamento una legge che estende i poteri del governo.
    Dopo il conferimento di ampi poteri al cancelliere Adolf Hitler, nel 1933 si conclude la distruzione della Repubblica di Weimar e la costruzione del regime totalitario del Terzo Reich. Nel giro di pochi mesi viene abolita la struttura federale dello Stato e centralizzato il potere, vengono sciolte le organizzazioni sindacali e perseguitati tutti gli esponenti antinazisti, il Partito nazionalsocialista viene dichiarato per legge l’unico partito del paese.
    Il 26 aprile 1933 nacque la temibile GESTAPO, la polizia segreta, la quale, insieme alle SA, diede il via, in tutto il paese, a terrificanti azioni di repressione; il 14 luglio, il partito nazional-socialista divenne l’unico consentito mentre tutti i movimenti della defunta repubblica di Weimar vennero eliminati. La dittatura fu consolidata il 2 agosto 1934, quando, alla morte di Hindenburg, Hitler si addossò la duplice carica di presidente e primo ministro; meno di due mesi prima, il 30 giugno, nella cosiddetta “notte dei lunghi coltelli”, su ordine del fuhrer, le SS di Himmler avevano massacrato, in un drammatico regolamento di conti, Rohm ed i vertici delle SA, sospettati di cospirazione ai danni del potere centrale.Da quel momento le squadre d’assalto, i camerati della prima ora, coloro che avevano condiviso l’ascesa al potere del nazismo, uscirono di scena insieme alle loro famigerate camicie brune, per far posto all’ordine nero delle SS dello stesso Himmler, che avrebbero dato vita, negli anni successivi, ai più terrificanti e macabri massacri che la storia ricordi, divenendo, tragicamente, il cinico e zelante braccio armato di una folle ideologia. Nasce ufficialmente il Terzo Reich.
    Una ferrea ritualità politica piega al conformismo ideologico del regime ogni momento della vita del cittadino tedesco sin dagli anni dell’infanzia; sotto la bandiera di una supposta superiorità razziale e intellettuale il tedesco viene educato alla guerra con l’obiettivo di dominare il mondo. Gli antinazisti, quando non vengono uccisi o imprigionati, sono costretti all’esilio o al silenzio.
    La razza ariana, di cui i tedeschi sono gli eredi, si era affermata nei secoli attraverso il dominio sulle razze biologicamente “inferiori”, individuate in particolare negli ebrei e negli slavi. Appena giunto al potere il Fuhrer fa promulgare le leggi sulla cittadinanza del Reich, fondate sull’appartenenza di sangue, e le leggi per la protezione del sangue e dell’onore tedesco che proibiscono i matrimoni dei tedeschi con gli ebrei, dichiarano nulli quelli già contratti e dispongono altre norme discriminatorie nei confronti dei cittadini tedeschi di religione ebraica. Per i nazisti ebreo era: chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità Ebraica al 15 Settembre 1935, o vi si fosse iscritto successivamente; chiunque fosse sposato con un ebreo o un’ebrea al 15 settembre 1935 o successivamente a questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un ebreo al o dopo il 15 settembre 1935.
    Vi erano poi coloro che non venivano classificati come ebrei, ma che avevano una parte di sangue ebreo e venivano classificati come Mischlinge (ibridi). I Mischlinge venivano ufficialmente esclusi dal Partito Nazista e da tutte le organizzazioni del Partito (per esempio SA, SS, etc.). Benchè venissero arruolati nell’esercito tedesco, non potevano conseguire il grado di ufficiali. Era inoltre proibito loro di far parte dell’Amministrazione Pubblica e svolgere determinate professioni (alcuni Mischlinge erano, in ogni caso, esonerati in determinate circostanze). In questo periodo furono milioni le persone soppresse dalla follia razziale nei confronti non solo degli ebrei. La maggior parte delle autorità generalmente accettano la cifra approssimativa di sei milioni a cui si devono sommare 5 milioni circa di civili non ebrei uccisi. Tra i gruppi assassinati e perseguitati dai nazisti e dai loro collaboratori, vi erano: zingari, serbi, membri dell’intellighentia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità , tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, o persone definite “anti sociali”, come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti. La maggior parte delle persone soppresse passarono per i campi di sterminio, che erano campi di concentramento con attrezzature speciali progettate per uccidere in forma sistematica.
    Per sottrarsi alla sentenza di morte imposta dai Nazisti, gli ebrei potevano solamente abbandonare l’Europa occupata dai tedeschi. Secondo il piano Nazista, ogni singolo ebreo doveva essere ucciso. Nel caso di altri “criminali” o nemici del Terzo Reich, le loro famiglie non venivano coinvolte. Di conseguenza, se una persona veniva eliminata o inviata in un campo di concentramento, non necessariamente tutti i membri della sua famiglia subivano la stessa sorte. Gli ebrei, al contrario, venivano perseguitati in virtù della loro origine familiare indelebile.
    Nonostante il nazismo avesse cominciato a gettare la maschera, il consenso di Hitler e del suo movimento, negli anni pre-bellici, raggiunse livelli trionfali. Il fuhrer aveva infatti trasformato un paese alla fame, distrutto, umiliato, in una nazione che stava ritrovando l’antica potenza ed i fasti perduti; la miseria degli anni venti, la disoccupazione, il collasso economico, erano ormai soltanto un ricordo; Hitler infiammava le folle con discorsi esaltanti la grandezza della Germania, di una nazione destinata a vendicare le umiliazioni subite e a riconquistare un posto di prim’ordine in Europa e nel mondo.Il nazionalismo cancellò l’inflazione, fece ritrovare ai tedeschi il benessere perduto: anche grazie al potenziamento dell’industria bellica, tutti lavoravano, ogni famiglia poteva vivere serenamente, le città erano più floride ed eleganti che mai, degne cornici per i rappresentanti della razza perfetta.
    Hitler procedette immediatamente al riarmo della Germina. Il 7 marzo 1936 rioccupò la Renania, che secondo le condizioni di Versailles doveva rimanere smilitarizzata. Hitler riusciva a dare l’impressione ai tedeschi di una rivincita rispetto alla sconfitta del 1918. L’Italia iniziò la conquista dell’Etiopia e si avvicinò alla Germania. Parallelamente Hitler raggiunse un’intesa con il Giappone. Infine nel 1937 si costituì l’Asse Roma-Berlino-Tokyo. Il 12 marzo 1938 le truppe naziste occuparono l’Austria e il mese seguente un plebiscito ratificò l’annessione. I nazisti, pretendevano anche il controllo dei Sudeti, una regione della Cecoslovaccha dove vivevano circa 3 milioni di tedeschi. Nel 1938 così anche i sudeti entrarono a far parte del Terzo Reinch. A marzo, Hitler occupò la Boemia e la Moravia, due regioni che facevano parte della Cecoslovacchia. E questa volta non c’erano minoranze tedesche da difendere. Hitler cominciò a rivendicare Danzica e il corridoio polacco che avrebbe consentito di unire la Prussica orientale al resto del paese. Nel frattempo, l’Italia fascista aveva seguito l’esempio dei nazisti occupando l’Albania (aprile 1939). L’accordo più inaspettato fu quello che venne firmato il 23 agosto tra i ministri degli esteri russo e tedesco. Al trattato fu aggiunto una parte segreta nella quale i due dittatori si accordavano per la spartizione della Polonia. Hitler era convinto che questa volta Francia e Inghilterra non avrebbero avuto il coraggio di affrontare una guerra. Si sbagliava!

    Libro, Editrice La Scuola- Storia per gli istituti professionali / Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori- Il lavoro dell’uomo 2 / CD, ACTA- Mille anni di storia (Novecento n.2) / Libro, European book Milano-Atlantica Junior n.9 / Internet- www.123point.net/001topzin.html / Internet- Il XX secolo

  • Gli anni venti

    Il periodo compreso tra la fine del 1918 e l’estate del 1920 è caratterizzato da una imponente avanzata del movimento operaio europeo, tale da far parlare, riferendosi a questi due anni, di un biennio rosso. I lavoratori organizzati nei sindacati, che conoscono un vistoso incremento di iscritti, ma anche in nuovi istituti di aggregazione creati dal basso, danno vita a una imponente ondata di agitazioni che permette di difendere o migliorare i livelli reali delle retribuzioni e di ottenere la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore a parità di salario, obiettivo raggiunto in questo periodo nei principali Stati europei.
    In Francia e in Inghilterra, paesi vincitori e già dotati di istituti democratici capaci di contenere la pressione del movimento operaio, l’ondata rossa si traduce in un forte incremento elettorale dei partiti socialisti e nella conquista di primi fondamenti di protezione sociale. Nei paesi vinti, Germania, Austria e Ungheria, nei quali la sconfitta militare si accompagna al cambiamento di regime, la mobilitazione operaia dà vita a veri e propri tentativi rivoluzionari, rapidamente stroncati.
    Con l’unica eccezione degli Stati Uniti, tutti i paesi coinvolti nella Grande Guerra escono dal conflitto in condizioni di grave dissesto economico. Le enormi spese di guerra hanno inghiottito un’ incredibile quantità di risorse, che nè le tasse, nè i debiti interni ed esteri sono stati sufficienti a coprire. I governi sono stati costretti a stampare carta moneta in eccedenza mettendo in moto un rapido processo inflazionistico, che, negli anni del dopoguerra, rende concreta la minaccia di un dissesto finanziario. L’interruzione delle usuali correnti di traffico hanno fortemente ridimensionato la tradizionale supremazia commerciale dell’Europa, a favore degli Stati Uniti e del Giappone. Inoltre Gran Bretagna e Francia subiscono la perdita di importanti partner commerciali europei, come la Germania, economicamente dissestata, l’Impero austro-ungarico, smembrato in nuovi Stati, la Russia, isolata in seguito alle vicende rivoluzionarie.
    L’esperienza vissuta nei campi di battaglia e nelle trincee dai 65 milioni di uomini impegnati nella guerra rende assai problematico il ritorno alla vita civile. Durante la loro assenza le donne si sono in gran numero sostituite ai propri fratelli e mariti nel lavoro dei campi, nelle fabbriche e negli uffici. Inoltre, le esigenze delle industrie di guerra hanno chiamato dalle campagne nuovi lavoratori non qualificati, soprattutto donne e ragazzi al di sotto dell’età di leva. I semplici soldati, appartenenti per lo più al bracciantato agricolo e agli strati urbani inferiori, fanno fatica a ricollocarsi nel mercato del lavoro a causa dalla diffusa disoccupazione e alimentano la tensione sociale. Gli ufficiali che tornano a casa, abituati durante la guerra a essere rispettati per il prestigio dei loro gradi e a esercitare un ruolo di comando, non sanno adattarsi a una vita civile in cui non godono di nessuna considerazione. Le penose condizioni materiali in cui hanno combattuto, l’oppressione psicologica del pericolo e dei sacrifici quotidiani alimenta in loro la convinzione di aver maturato un credito di fronte alla società . A ciò si uniscono, presso i vincitori, l’esaltazione e le pretese prodotte dalla vittoria, e, presso i vinti, la depressione e il risentimento per la sconfitta.
    In questo clima nasce il movimento combattentistico, costituito da una miriade di associazioni che portano avanti la rivendicazione della rivalutazione dei sacrifici di guerra.
    Tra il 1919 e il 1929 la produzione industriale statunitense crebbe del 70%. Fu soprattutto l’automobile a farla da padrona. Il mondo degli affari fu lasciato completamente libero dal governo. I presidenti repubblicani, che guidarono il paese in quegli anni, restarono fedeli alla linea del non intervento dello Stato nell’economia. Lo sviluppo dell’economia era però insidiato dal rischio della sovrapproduzione: cioè dal pericolo che la produzione fosse eccessiva e che molte merci rimanessero invendute. I coltivatori, incontravano sempre maggiori difficoltà a vendere i loro prodotti. Il mondo delle banche e della finanzia sembrava non avere questi problemi. In particolare la Borsa una straordinaria crescita. Addirittura tra il 1927 e il 1929 il valore delle azioni si quadruplicò. Nel 1929 cominciarono i primi segnali della crisi. Le industrie si ritrovarono con una quantità crescente di merce invendute. Le azioni fermarono bruscamente la loro salità . Tra il 24 e il 28 ottobre 1929, migliaia di americani videro i loro risparmi andare in fumo nella Borsa di Wall Street a New York. Al crollo in Borsa seguì presto una grande depressione economica: cioè ogni fase discendente, di crisi e vita economica. Le banche in difficoltà non concessero più prestiti. File di uomini e donne senza lavoro si allungavano davanti ai centri di assistenza per avere un pasto caldo. La crisi durò fino al 1932.
    Roosvelet, nuovo presidente americano, seppe ridare fiducia e speranza a milioni di americani. Egli stravinse nelle elezione del 1936 e potè procedere nella sua politica. Roosvelet propose un piano di risanamento. Questo piano, chiamato New Deal, cioè nuovo corso, aveva tra i suoi obiettivi il superamento della dissocupazione e il miglioramento di vita. In sintesi, si tratta dell’idea che il sistema economico sia ormai divenuto troppo complesso per essere gestito secondo i criteri tradizionali del liberalismo, che ripone totale fiducia nei meccanismi spontanei del mercato, e che sia perciò necessario un intervento regolatore da parte dello stato. La diffusione dello sport nella prima metà del XX secolo non è stata favorita solo dal crescente interesse popolare o dagli interessi legati al mercato e all’industria. Spesso il successo dello spettacolo e della pratica sportiva è dipeso dall’atteggiamento dei governi che hanno visto nella competizione agonistica la possibilità di imporre modelli e di giustificare la propria superiorità culturale, sociale e di razza. Il caso più eclatante di tale dinamica è rappresentato dall’importanza che lo sport assume per i regimi totalitari dell’Italia e della Germania. In Italia l’incidenza sempre più profonda dello sport nel costume e nella società è utilizzato con successo dalle autorità fasciste. Gli ottimi risultati raggiunti, soprattutto nel calcio con le vittorie ai mondiali del 1934 e 1938, consolidano il regime mussoliniano e gli offrono una nuova base di consenso. In Germania il regime hitleriano trasforma i giochi olimpici del 1936 in un grande spettacolo di massa e in un grande strumento di propaganda. Le Olimpiadi sono la trasposizione in chiave moderna dei riti pagani propri della tradizione germanica. Il regime rovescia la tradizionale concezione olimpica fondata sul cosmopolitismo, sul pacifismo e sulla festa per trasformarla in palcoscenico privilegiato per dimostrare la superiorità della razza ariana.

    CD, ACTA- Mille anni di storia (Novecento n.1) / Libro, Editrice La Scuola- Storia per gli istituti professionali

  • Il crollo della Germania e del Giappone

    Nella conferenza di Teheran svoltasi alla fine del novembre 1943 parteciparono Roosevelt, Churchill e Stalin e si discusse riguardo all’apertura di un nuovo fronte che fu deciso in Normandia nonostante Churchill pensasse che fosse più opportuno aprirlo nei Balcani.
    Il fronte italiano venne declassato, probabilmente dipese anche da questo gli anni impiegati per la liberazione italiana.
    Si discusse pure del futuro assetto dell’Europa: i Paesi vincitori avrebbero diviso la Germania in Stati; la Russia teneva i territori occupati con il patto Ribbentrop-Molotov e la Polonia avrebbe integrato parte del territorio tedesco.
    Con gli accordi monetari firmati a Bretton Woods nel luglio 1944 fu definito un sistema di cambi fisso che aveva come suo punto di riferimento non più solo l’oro ma anche il dollaro che diventava in questo modo il fondamentale mezzo di scambio dell’economia capitalista occidentale.
    Mentre i Russi nella prima metà del 1944 riconquistavano le città occupate dai tedeschi, gli alleati comandati da Eisenhower, il 6 giugno sbarcavano in Normandia. L’operazione vide impegnati più di mezzo milione di soldati approdati utilizzando una poderosa flotta. Il 15 agosto si aprì un’ulteriore fronte, questa volta nel sud della Francia “operazione Avil” al quale aderirono pure le forze della “Francia liberata” comandate dal generale De Gaulle. Il 24 agosto 1944 dopo più di due anni di occupazione tedesca, Parigi veniva liberata.
    Hitler decise di resistere ad oltranza sperando nelle armi di nuova concezione (missili V1 e V2) capaci di colpire direttamente il suolo Inglese. La guerra però era perduta. Si pensò di eliminare Hitler e il 20 luglio si ci era quasi riusciti. L’attentato però fallì e moltissime furono le fucilazioni e gli arresti ordinati da Hitler sempre più desideroso di continuare nel conflitto.
    Adesso gli americani erano indecisi su da farsi: da una parte si voleva liberare prima il Belgio e l’Olanda per poi passare all’occupazione della Germania; l’altra parte preferiva occupare subito Berlino per poi eliminare i rimasugli di resistenza nazista.
    Non appariva chiaro il comportamento tenuto dai Russi davanti a Varsavia che sapendo del loro arrivo era insorta sotto la guida della resistenza non comunista rimasta in contatto con il governo in esilio a Londra. Le truppe russe restarono ad attendere, nei sobborghi di Varsavia, consentendo ai nazisti la repressione dell’insurrezione. Rimase così il dubbio se ciò fosse accaduto per difficoltà militari o per annientare le forze del movimento antinazista i ispirazione non comunista.
    I governi filotedeschi di Romania, Bulgaria e Ungheria, conclusero armistizi con gli alleati. Churchill e Stalin nell’incontro di Mosca dell’ottobre 1944 definirono le sfere di influenza: Romania e Bulgaria sotto influenza russa; la Grecia sotto controllo Inglese; Ungheria e Jugoslavia divise in ugual modo tra Inghilterra e Russia.
    A Yalta nel febbraio 1945 si discusse della Polonia; l’accordo raggiunto fu però assai vago e prevedeva la formazione di un governo costituito da antinazisti e successivamente gli elettori polacchi avrebbero dovuto decidere da soli il loro governo. In realtà accordi segreti lasciavano il via libera all’avanzata russa.
    Si parlò anche della Germania e della divisione in zone d’occupazione a cui doveva seguire una completa smilitarizzazione. Si stabilì che a governarla dovesse esserci un Consiglio di Sicurezza composta da 16 membri + 5 appartenenti a Usa, Urss, Cina, Francia ed Inghilterra e le decisioni dovevano essere prese con il consenso unanime delle grandi potenze mondiali.
    Mentre gli angloamericani fronteggiavano l’ultima disperata controffensiva tedesca nelle Ardenne, l’esercito russo avanzava da est. Le città tedesche furono bombardate per mesi e mentre gli angloamericani si erano stanziati come d’accordo nella linea del fine d’Elba, i russi entravano nell’ormai distrutta Berlino dove Hitler insieme ad altri gerarchi nazisti si era dato la morte all’interno del bunker della cancelleria.
    In Italia veniva varcata la linea Gotica e le varie città, sotto l’appello del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia si liberarono; prima Bologna, poi Milano, Genova e Torino. Il CLNAI assunse i poteri civili e militari delle città liberate.
    Mussolini in fuga verso la Svizzera venne arrestato dai partigiani e fucilato.
    L’8 maggio 1945 la Germania con Donitz firmava la resa incondizionata che poneva fine alla guerra in Europa.
    Sul fronte orientale, per evitare la lunga durata e le inevitabili perdite umane, Henry Truman, successo a Roosevelt, si prese la responsabilità ed utilizzò le terribili bombe atomiche facendole sganciare su Hiroshima e Nagasaki intorno il 10 agosto 45. Il 2 settembre il Giappone firmava la resa incondizionata mentre si dava inizio all’era atomica!.

  • La guerra in Italia e la resistenza

    Il deterioramento del rapporto tra fascismo e opinione pubblica fu causato dal fallimento militare e dai sacrifici che dovette sostenere la povera gente. Tutto ciò spinse gli italiani a credere che la guerra fosse inutile e che responsabile di questo malessere fosse Mussolini ed il Fascismo.
    L’opinione popolare finiva per coincidere con quella della monarchia e degli alti gradi dell’esercito, convinti che il prolungarsi della guerra avrebbe esposto le istituzioni a grave rischi. Riprese così l’opposizione antifascista, da ricordare il Partito d’Azione il cui obiettivo era quello di riunire la tradizione liberal-democratica ed esigenze del moderno socialismo creando una nuova Repubblica fondata su una nuova Costituzione.
    Da ricordare pure gli scioperi del marzo 1943 sollevati, contro il regime, dal partito comunista, unico rimasto operante ma clandestino, a cui aderirono gli operai della FIAT e di altre fabbriche.
    Nel frattempo a Roma si cercava la soluzione più rapida per mettere fine al Regime ed uscire dalla guerra. Le forze antifasciste si riorganizzarono e tramite Bonomi fecero sentire la loro voce presso il Re. Caduta Pantelleria il 10 luglio gli americani sbarcarono in Sicilia.
    Mussolini nell’incontro con Hitler del 19 luglio, preferì non affrontare il discorso di una pace separata dell’Italia e ciò indusse il Re ad accelerare i tempi di una destituzione di Mussolini. Il 19 luglio veniva bombardata Roma.
    Con la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, tenutasi nella notte tra il 24 e il 25 luglio, Ciano, Grandi e Bottai, preventivamente accordati, rivedevano il ruolo di Mussolini (in pratica le dimissioni) e affidavano tutti i poteri alla Corona. Nel pomeriggio del 25 luglio il Re incontrò Mussolini e gli comunicò la sua volontà di sostituirlo con il maresciallo Pietro Badoglio. Alla fine dell’incontro, ad aspettare il Duce, vi era un drappello di carabinieri che lo arrestarono e lo portarono a Ponza.
    Per una sorta di congiura era caduto il fascismo. Badoglio si rivelò subito un fallimento e le sue decisioni disastrose. Nel messaggio radio del 25 luglio Badoglio dichiarava di proseguire la guerra con la Germania. I tedeschi preoccupati della cattura di Mussolini, a scopo cautelativo, fecero affluire in Italia notevoli contingenti militari che assunsero di fatto il controllo militare dello Stato.
    Finiti questi 45 giorni (periodo che va dalla caduta del fascismo, 25 luglio, all’armistizio), gli alleati passavano dalla Sicilia alla Calabria. L’armistizio “senza condizioni” veniva firmato tra l’americano Eisenhower e Castellano a Cassibile il 3 settembre 1943 ma annunciato solo l’8.
    Senza lasciare alcun ordine, il Re e Badoglio cercarono di mettersi in salvo lasciando Roma per raggiungere Pescara e successivamente Brindisi, protetti dagli alleati. La Capitale rimase quindi nelle mani dei tedeschi , i quali furono vanamente contrastati da deboli eserciti o da cittadini scesi spontaneamente in strada.
    Molti soldati furono catturati dai tedeschi, gli altri senza ordini, non sapendo cosa fare cercarono in ogni modo di tornare vivi a casa.
    Il 12 settembre 1943, Mussolini trasferito a Campo Imperatore, venne liberato magistralmente dai tedeschi e nei giorni successivi, lui, annunciò nel territorio occupato dai tedeschi, la nascita della Repubblica Sociale Italiana (Salò). Questo però non era il Mussolini di una volta, anche nei filmati luce a noi pervenuti, si nota che la sua forte personalità era pesantemente oppressa dal controllo tedesco. L’unico gesto clamoroso che fece, fu il processo intentato a Verona contro De Bono, il suo genero, Galeazzo e Ciano, i quali furono fucilati con l’accusa di tradimento.
    Gli alleati giunsero a Napoli il 1 ottobre 1943 dopo che la popolazione aveva già cacciato da sola i tedeschi. Fino al giugno 1944 i combattimenti tra alleati e tedeschi si svolsero lungo la linea GUSTAV che divideva i territori liberati e restituiti all’amministrazione italiana con la nascita del “Regno del Sud” da quelli ancora occupati dai tedeschi.
    In ottobre il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania, così da entrare nelle grazie americane e spianare la strada ad eventuali trattative di pace.
    Il congresso dei partiti comunisti che si tenne a Bari nel gennaio 1944, ritenne essenziale, per ritornare alla democrazia, l’abdicazione del Re e la costituzione di un governo espressione di tutte le forze democratiche.
    Le opposizioni a questo tipo di soluzione erano appoggiate anche dagli alleati che temevano un’incontrollabile crisi politica. Questa situazione di forte tensione si sbloccò a marzo con la “Svolta di Salerno” con la quale l’URSS riconobbe il governo Badoglio costringendo gli USA a fare lo stesso e contemporaneamente il leader comunista Pietro Togliatti affermò di essere pronto a collaborare senza pregiudizi con Badoglio ed il Re. In aprile fu costituito il nuovo governo con a capo Badoglio, appoggiato dalle forze antifasciste e dal Re il quale si impegnava a trasferire i propri poteri al figlio Umberto, non appena Roma fosse stata liberata. Si stabilì inoltre che, del mantenimento o meno della monarchia si sarebbe discusso solo alla fine della guerra e con un referendum popolare.
    Dopo lo sbarco di Anzio avvenuto nel gennaio del 1944 ci vollero più di sei mesi per liberare Roma a causa dell’accanitissima resistenza tedesca. Ad agosto si liberò pure Firenze; poi il fronte si stabilizzò lungo l’Appennino tosco-emiliano (linea GOTICA) superato solo nell’aprile del 1945.
    A Roma dopo che i poteri erano passati dal Re al figlio Emanuele, si ebbe la formazione di un governo Bonomi appoggiato dai socialisti, dai comunisti, dai democratici, dagli azionisti, dai liberali e dai democratici che avevano dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale.
    Sull’evoluzione della situazione politica pesava adesso, anche l’andamento della lotta partigiana sviluppatesi in tutta l’Europa e soprattutto nell’Italia del centro-nord che ancora era in mano tedesca.
    Per la loro guerriglia si distinsero le Brigate Garibaldi e le Brigate Giustizia e Libertà legate agli ideali di Carlo Rosselli e del partito d’Azione. La resistenza assunse un enorme significato morale e politico e voleva l’affermazione di nuove istituzioni politiche e sociali. Ciò agitava i comandi alleati preoccupati dell’avvento delle teorie socialiste e proprio per questo motivo non aiutarono molto i partigiani anzi li invitarono ad abbandonare la lotta.

  • 1942-43: una svolta nel conflitto

    Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella loro avanzata in territorio Sovietico, la gran parte delle forze tedesche era concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio Stalingrado. La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però passarono alla controffensiva; con tre armate l’esercito tedesco venne accerchiato e nonostante l’ordine contrario di Hitler il comandante tedesco Von Paulus decise di arrendersi.
    Con Stalingrado la seconda guerra mondiale registrava una svolta decisiva. La Russia di Stalin, confortata dall’enorme prestigio acquisito, cominciava a pensare ad iniziative offensive verso i Paesi dell’Europa orientale.
    In Africa settentrionale l’esercito Inglese guidato da Mongomery, attaccò le truppe italo-tedesche ad El Alamein. Da quella sconfitta iniziò la ritirata delle truppe italo-tedesche che persero pure la Libia a favore di Mongomery.
    Contemporaneamente forze americane guidate da Eisenhower sbarcavano in Marocco appoggiati da contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa i tedeschi procedevano con l’occupazione militare della Francia di Vichy.
    In Africa, nel maggio 1943, venivano conquistati dagli americani il Marocco e l’Algeria; e grazie all’arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia.
    Presero avvio con il 1943 le conferenze interalleate nella quali venivano discusse le imminenti questioni del conflitto. La prima di queste si tenne a Casablanca tra Churchill e Roosevelt che fece emergere “quella questione del secondo fronte” che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla conclusione del conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a concentrare lo sforzo militare in uno Sbarco in Francia per aprire un nuovo fronte contro la Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno sbarco nei Balcani così da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di quell’area.
    Lo sbarco in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943, tra Roosevelt e Churchill, si presentava come un fronte di secondaria importanza rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di compromesso imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni strategico – politiche degli Usa, dell’Inghilterra e dell’URSS.
    Le operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel sacrificare uomini e mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l’intera penisola imponendo enormi sofferenze al popolo italiano.

  • L’operazione Barbarossa e gli Usa in guerra

    Con l’operazione Barbarossa, che per la necessità di concludere prima la guerra nei Balcani iniziò in ritardo, Hitler decise di attaccare l’Urss impiegando un’enorme schieramento di mezzi. Anche l’Italia partecipò a questa spedizione con il suo esercito.
    La natura del conflitto si evidenziava dalle brutalità delle devastazioni nei territori occupati e dal trattamento riservato ai prigionieri. La II guerra mondiale fu vissuta dai russi come una grande guerra patriottica contro i tedeschi.
    L’esercito tedesco conquistò in breve tempo città importanti giungendo a pochi chilometri da Leningrado e da Mosca. Con l’arrivo dell’inverno, l’offensiva tedesca però poteva dirsi esaurita senza che la Russia si fosse arresa, infatti le truppe russe passarono al contrattacco riuscendo a far arretrare io tedeschi di almeno 200 chilometri.
    Nel 1941 anche gli Usa entrarono in guerra. Roosevelt, per aiutare ulteriormente Francia ed Inghilterra nel conflitto, estese la normativa CASH AND CARRY (paga e porta via) anche al materiale bellico e fece approvare dal congresso le nuove leggi LEND AND LEASE (affitti e prestiti) che consentiva di fornire aiuti militari senza un pagamento immediato.
    Nella carta atlantica, firmata da Roosevelt e Churchill, si ha l’intesa tra Usa e Gran Bretagna desiderosi di annientare la tirannia nazista.
    Mentre vi era l’ipotesi di un ingresso ufficiale degli Usa in guerra contro la Germania, il Giappone sorprese tutti e conquistò Cina ed Indocina.
    Usa ed Inghilterra reagirono con il blocco delle forniture economiche intimando al Giappone di fermare la propria avanzata in Cina e di riconoscere il governo nazionalista cinese. Il 7 dicembre senza alcun preavviso aerei siluranti giapponesi distrussero la flotta statunitense nel porto di Pearl Harbour nelle Hawaii.
    L’attacco agli Usa fu seguito dalla dichiarazione di guerra all’Inghilterra. La guerra adesso poteva davvero dirsi mondiale!

  • La seconda guerra mondiale

    La “strana guerra” e l’ingresso dell’Italia nel conflitto

    L’Italia, consapevole della sua impreparazione ad un conflitto decise di dichiararsi potenza non belligerante. In modo simile si dichiararono pure gli Stati Uniti e il Giappone.
    La guerra, appena iniziata era diversa rispetto alla I guerra mondiale, le truppe si muovevano in modo più rapido grazie all’utilizzo di mezzi di trasporto e di combattimento veloci. Inoltre l’utilizzo di bombardamenti aerei su vasta scala e il perfezionamento dei sommergibili rendevano la guerra ancora più dura.
    Dopo l’occupazione polacca, la Russia spostò il suo fronte in Finlandia per conquistare l’istimo di Carelia al fine di proteggere meglio la città di Leningrado. Dopo un breve combattimento, la Finlandia cedette l’istimo e contemporaneamente Hitler conquistava la Norvegia e la Danimarca per potere lottare con l’Inghilterra da posizioni più favorevoli.
    Sul fronte ovest, si parlò di “Strana Guerra” infatti sia le truppe anglofrancesi che quelle tedesche stavano ferme, senza combattere, rispettivamente lungo la linea fortificata di Marginot e lungo la linea di Siegfried.
    Sottovalutando i progressi fatti dalla macchina bellica tedesca, i poveri francesi, avevano concentrato tutte le loro forze solo sulla linea di Marginot.
    Il 10 maggio 1940 cominciò finalmente anche la guerra su questo fronte. L’esercito tedesco invase il Belgio e l’Olanda sfondò la linea anglofrancesi. Sotto i bombardamenti tedeschi, gli inglesi riuscirono a malapena a mettere in salvo utilizzando qualunque imbarcazione il loro esercito e parte di quello francese abbandonando però tutto il loro materiale bellico nelle spiagge. Il 4 Giugno 1940 le preparatissime truppe tedesche erano già a Parigi costringendo i francesi a chiedere un armistizio che firmeranno nello stesso vagone dove qualche anno prima avevano fatto firmare la capitolazione alla Germania Guglielmina.
    L’armistizio firmato dal francese Petain divise la Francia in due: la parte nord comprendente i 2/3 della popolazione andava alla Germania, la parte meridionale, con capitale Vichy veniva affidata al nuovo capo di Stato Petain il quale instaurava un governo autoritario incline a collaborare coi nazisti.
    Ad un trattato così umiliante si ribellava De Gaulle il quale dai microfoni di Radio Londra il 18 giugno ’40 esortava i francesi alla resistenza.
    In pochi giorni era crollato l’esercito più solido del continente e lo stato che fino a poco prima era considerato il punto di riferimento per la vita culturale e politica europea.
    Superando ogni perplessità grazie anche alle difficoltà Francesi, Benito Mussolini in un celebre discorso annunciava, il 10 giugno ’40 al popolo italiano, l’entrata in guerra.
    Contemporaneamente in Inghilterra al posto del remissivo Chamberlain, saliva Churchill. L’Inghilterra dopo la caduta della Francia si era trovata da sola contro le potenze dell’asse, i territori occupati (Belgio, Olanda, Francia, Danimarca, Norvegia, Polonia) e i nuovi governi filofascisti (Spagna, Ungheria, Romania, Portogallo, Bulgaria). Non vedendo nella Germania la capacità di essere uno stato guida per l’Europa capace di garantire un futuro di pace, Churchill rifiutò qualsiasi trattato e affermò di voler combattere fino all’annientamento del nemico tedesco.
    Hitler preparò il progetto di invasione dell’Inghilterra denominato “Operazione Leone Marino“. L’aviazione tedesca doveva distruggere le città e i centri nevralgici inglesi demoralizzando la popolazione.
    La popolazione inglese, rinvigorita dai discorsi di Churchill si riorganizzò e in breve tempo riuscì ad apportare ai nemici, grazie all’invenzione del radar, perdite tali da convincere Hitler a rimandare il progetto.
    Falliva così ogni probabile speranza di guerra lampo e il conflitto diventava sempre più grande e coinvolgeva sempre più potenze.
    L’Italia intraprese una guerra autonoma parallela,In caso di vittoria, avrebbe avuto il dominio sul Mediterraneo. Ciò voleva dire confrontarsi subito con gli inglesi sia sul piano navale che su quello terrestre. Inizialmente l’Italia ebbe delle vittorie navali, ma già nella seconda parte del ’40 gli inglesi mostrarono la loro superiorità attaccando la base di Taranto e rendendo impossibili i rifornimenti per i militari in Africa.
    Sul fronte africano, i primi scontri furono favorevoli per gli Italiani guidati dal Duca Amedeo D’Aosta. Il nostro obiettivo era quello di conquistare l’Egitto, colonia inglese importantissima, spostandoci dalla Libia.
    Le truppe stanziate in Libia e guidate da Graziani, inizialmente vinsero, ma gli inglesi con la loro controffensiva fecero retrocedere gli italiani di 1000 km.
    Il 28 ottobre 1940 si decise di invadere la Grecia, ma il progetto si rivelò un fallimento a causa del territorio aspro e dell’accanita resistenza.
    Contemporaneamente i Greci attaccavano il porto di Valona in Albania. Grazie all’aiuto tedesco, gli italiani riuscirono a riprendere in mano la situazione e Hitler conquisto la Jugoslavia, la Grecia e Creta.
    I tedeschi si spostarono sul fronte africano, riconquistarono la Libia ma ciò non servì a bilanciare la perdita dell’Africa Orientale subita dall’Italia quando nel maggio ’41 gli Inglesi occuparono l’Etiopia rimettendo sul trono il Negus Haile Selassie.
    Ogni illusione di guerra parallela andava scemando mostrando l’Italia in un ruolo di subalternità.
    Nel patto Tripartito firmato da Germania, Italia, Giappone a Berlino il 27 settembre ’40 veniva descritto il modo con cui le potenze si dovevano dividere il mondo: alla Germania, l’Europa settentrionale, all’Italia il predominio sul Mediterraneo, al Giappone il controllo dell’Asia orientale.

  • L’incontro di Monaco

    La crisi Americana si ripercuotè in Germania facendo vacillare la già precaria Repubblica di Weimar. Le spinte conservatrici ed autoritarie si accentuarono; una prova tangibile di ciò fu l’ascesa di Hindenburg e la formazione di gruppi paramilitari.
    A differenza del Fascismo, che non aveva fin dal principio un programma ben delineato, il Nazismo fondava le proprie solide basi nel “Mein Kampf” l’opera che Hitler scrisse durante il suo anno di prigionia. Il testo riprendeva molto le teorie di Rosenberg e Chamberlain e affermava che tutte le vicende umane potessero essere interpretate come un eterno conflitto tra razze superiori, ariani, e razze inferiori, ebrei. Il concetto di razza doveva essere inteso proprio come biologico – genetico. A capo della razza Ariana doveva esserci il Fuhrer, un capo capace di interpretare le esigenze del popolo.
    Le esigenze primarie dovevano essere quella dello spazio vitale e quella che doveva vedere unito nello stesso territorio tutte le popolazioni germaniche. Inoltre il movimento era anticomunista in quanto l’ideologia ugualitaria è frutto delle tendenze livellatrici e mortificanti delle razze inferiori.
    Nelle elezioni del 1928 il nazismo non ebbe molto successo, appena il 2,6 % dei voti. Man mano che la crisi economica si faceva più dura, crescevano i consensi e nelle elezioni del 1930 i nazisti ebbero oltre 6 milioni di voti diventando il secondo partito dopo i socialdemocratici.
    Come avvenne per il fascismo, anche il nazismo si servì delle squadre SS e SA per incutere timore nell’opposizione e nella popolazione in generale. Memore della sfortunata impresa di Monaco, Hitler non tentò mai il colpo di stato, ma cerco sempre di fare affluire nel suo partito tutte le forze nazionalistiche e conservatrici.
    Dopo la figura incolore di Bruning, alle presidenziali del 1932 venne rieletto Hindenburg. A tali elezioni si era presentato pure Hitler ma a lui non toccarono più del 37% dei voti.
    Alle elezioni politiche dello stesso anno i nazisti ottennero oltre 13 milioni di voti e si affermarono come I partito del paese. Furono le pressioni della grande industria, della finanza e della proprietà terriera a indurre Hindenburg ad assegnare ad Hitler la guida del governo e ad indire nuove elezioni per il 5 marzo 1933.
    Le violenze da parte delle SS e delle SA si fecero sempre più evidenti e culminarono con l’incendio del Reichstag di cui però vennero incolpati i comunisti. In seguito a quest’avvenimento, furono emanate le 28 leggi eccezionali con le quali si limitavano le libertà civili e veniva dichiarato fuori legge il partito Comunista.
    Alle elezioni del 1933, Hitler non ebbe il successo sperato, ma grazie all’appoggio dei gruppi nazionalisti riuscì ugualmente ad avere la maggioranza.
    Subito dopo fece approvare la legge dei pieni poteri che porto alla liquidazione dell’opposizione e all’abolizione dei Lander ridotti a entità amministrative dipendenti dal governo centrale.
    Il 30 giugno nella notte conosciuta come “notte dei lunghi coltelli”, utilizzando le SS Hitler fece uccidere i principali capi della cosiddetta sinistra nel partito (SA) che agitavano ancora l’idea di una rivoluzione sociale.
    Qualche mese dopo le elezioni Hindenburg morì. Hitler decise di non sostituirlo e nonostante mantenesse solo la nomina di cancelliere in pratica assunse anche la carica di presidente.
    A poco a poco tutta la vita tedesca cominciò ad essere controllata dal regime che tra l’altro cominciò a mettere in pratica alcuni dei punti presenti nel programma come ad esempio quello della bonifica razziale; vennero bruciati tutti i libri ebrei ritenuti fautori di teorie democratiche e socialiste.
    Anche in Germania come in Italia il regime andò alla ricerca del consenso. Moltissimi erano i discorsi del Fuhrer trasmessi via radio, le grandi adunate e i campi di maggio adornati con splendide coreografie rappresentanti i simboli del potere.
    La liquidazione dei rimasugli d’opposizione era stata affidata alla Gestapo, una polizia segreta che prendeva gli oppositori e li deportava in campi di lavoro.
    Con le leggi di Norimberga del 1935, gli ebrei furono privati della cittadinanza tedesca e gli vennero ridotte altre libertà.
    Il 9 novembre nella Notte dei cristalli, molti ebrei furono deportati in campi di lavoro, incendiate sinagoghe e attività ebraiche.
    L’industria tedesca venne agevolata dal rigido inquadramento dei lavoratori in strutture cooperative guidate dal partito. La ripresa economica tedesca era affidata pure a un vasto programma di lavori pubblici e di riarmo.
    Hitler mostrò subito la sua volontà nel rivedere il trattato di Versailles e dopo avere firmato un patto a 4 con Italia, Inghilterra e Francia per il mantenimento della pace, decise di abbandonare la Conferenza di Ginevra sul disarmo nell’ottobre del ’33 e poco dopo fece uscire la Germania dalla Società delle Nazioni.
    Il 25 luglio 1934 un gruppo di Nazisti austriaci guidati da Hitler assassinò il cancelliere austriaco Dollfuss sperando nella confusione di potere facilitare l’annessione dell’Austria alla Germania. Mussolini, ancora vicino ad Inghilterra e Francia, si fece garante dell’indipendenza austriaca mandando truppe alla frontiera del Brennero.
    Il ’35 fu l’anno definitivo del riarmo tedesco, la popolazione del Saar decise dopo un referendum di tornare alla Germania. Hitler fregandosene del trattato di Versailles ripristinò la leva obbligatoria e procedette al riarmo aereo e terrestre.

  • La Germania di Weimar e il problema delle riparazioni

    La difficile fase iniziale della Repubblica di Weimar sembrò superata già nel 1921, quando il sistema industriale tedesco aveva riacquistato l’importanza che aveva avuto nell’anteguerra.
    Nello stesso anno venivano fissate le riparazioni di guerra: circa 132 miliardi di marchi-oro, cifra assolutamente spropositata per le possibilità di pagamento tedesche. Le riparazioni erano state volute prevalentemente dalla Francia, desiderosa di lasciare la Germania in una posizione di subalternità ancora per parecchi decenni. Inoltre vi erano i debiti con gli USA contratti da Francia ed Inghilterra per i quali ogni richiesta da parte tedesca di una riduzione della cifra veniva rifiutata.
    All’inizio del 1923, a causa di un ritardo nel pagamento di una rata da parte dei tedeschi, la Francia decide, insieme al Belgio, di occupare il ricco bacino carbonifero della Ruhr. L’orgoglio della popolazione tedesca si tradusse in un rifiuto del lavorare.
    Il desiderio tedesco di rivincita andava crescendo e l’8 novembre del 1923 si tento il “Putsch di Monaco” organizzato da Hitler in persona all’interno di una birreria bavarese. Il colpo di stato non andò a segno e Hitler venne arrestato e condannato ad un anno di carcerazione; durante quel periodo scrisse il “Mein Kampf” in cui esponeva le sue idee sulla razza tedesca, che avrebbe poi divulgato ed applicato durante il periodo del regime in Germania.
    L’occupazione della Ruhr e la conseguente decisione dei tedeschi di astenersi dal lavoro, provocò nel 1923 una crescita smisurata dell’inflazione in Germania; il marco giunse a valere fino ad un trilionesimo del valore che aveva nel 1914 e solo con l’inizio del 1924 la Germania iniziò a riprendersi.
    Sia gli Usa che l’Inghilterra non avevano mai approvato l’occupazione francese della Ruhr e misero appunto dei piani per salvare l’economia tedesca dalla bancarotta.
    Con il piano Dawes, gli Usa concedevano nuovi prestiti per consentire alla Germania di riavviare le industrie.
    Con il piano Young al posto del vecchio marco ne veniva creato un altro scambiato a 1000 miliardi di marchi vecchi; facendo in modo che non si ripetesse la situazione precedente che aveva causato l’inflazione.
    Il nuovo ministro degli esteri tedesco firmò insieme a quello francese il Trattato di Locarno in base al quale le frontiere occidentali tedesche non dovevano essere mai più violate. Sempre nello stesso anno (1926) la Germania entrava a far parte delle società delle Nazioni.
    Con il patto di Briand-Kellogg, Francia ed Usa si impegnavano a non ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie internazionali, ma di rivolgersi ad un tribunale internazionale a cui aderirono altre 57 Nazioni tra cui Germania e Urss.
    Il trattato di Locarno, riguardava solo la frontiera occidentale tedesca e non quella orientale per la quale non esisteva nulla. Locarno lasciava così presagire eventuali mire espansionistiche tedesche verso est.
    Alle elezioni presidenziali tedesche a causa dell’intransigenza dei comunisti, che non appoggiarono il candidato socialdemocratico al ballottaggio, salì il conservatore, eroe della I guerra mondiale, Hindenburg. Nelle elezioni generali successive però i socialdemocratici ebbero la meglio riuscendo ad equilibrare le forze.
    La Repubblica di Weimar, fondata su basi troppo deboli, presentava, al suo interno, interessi troppo divergenti. I gruppi paramilitari andavano aumentando sempre di più facendo sulla piccola borghesia sempre più sensibile, dopo l’inflazione, ai richiami all’ordine e all’onore da riscattare.