Tag: antico regime

  • Diario della Rivoluzione Francese: 1794

    2 Gennaio 1794 *** 13 Nevoso Anno II

    LA VANDEA:

    – I vandeani perdono Noirmoutier.


    8 Gennaio 1794 *** 19 Nevoso Anno II

    LA COMUNE:

    – Robespierre attacca il poeta Fabre D’Eglantine, al Club dei Giacobini, accusandolo di scarsa moralita’ e di affarismo a spese della Rivoluzione. Ha fatto man bassa sui fondi della Compagnia delle Indie in liquidazione.

    PHILIPPE FRANCOIS NAZAIRE FABRE detto FABRE D’EGLANTINE. Nato a Carcassonne il 21/7/1750 e ghigliottinato a Parigi il 6/4/1794.

    Universalmente riconosciuto come il poeta della Rivoluzione, autore, sin dalla giovinezza, di opere poetiche e teatrali, costantemente fischiate e respinte dalla critica; in realta’ dovrebbe essere ricordato come uno dei piu’ noti intrallazzatori della Rivoluzione, che gli offri’ il destro per procacciarsi lauti ed illeciti guadagni.

    Il suo nome e’ comunque legato alle nuove denominazioni attribuite ai mesi del calendario rivoluzionario.

    Ingaggiato da una compagnia ambulante di commedianti, trascina la sua giovinezza di citta’ in citta’, dando ovunque prova della sua enorme vanita’ e costantemente impegnato ad esibire le sue doti di “don giovanni di provincia”.

    Approdato a Parigi nel 1789, sente che il momento gli e’ propizio. Si lega con Danton e con Marat; entra a far parte del Club dei Cordelieri e del Club dei Giacobini e poi, all’inizio del 1791, offre segretamente, alla Corte, per la strabiliante cifra di tre milioni, di creare, in seno al movimento giacobino, una corrente favorevole alla monarchia. Nell’Agosto del 1792, con un incredibile colpo di fortuna, viene nominato Ministro della Giustizia e fa man bassa su tutti i quattrini che direttamente o indirettamente riesce a controllare. Nello stesso tempo si pone all’attenzione del popolo come uno dei piu’ accaniti, intransigenti e furibondi rivoluzionari di sinistra.

    Dopo la carica di ministro, riceve altri prestigiosi incarichi, grazie ai quali riesce a violare, impunito, tutte le norme della malversazione, della speculazione piu’ smodata, della corruzione e della appropriazione indebita.

    Robespierre lo tiene d’occhio e all’inizio del 1794 lo fa arrestare, aprendosi cosi’ la strada anche contro Danton, protettore di Fabre, in piu’ occasioni.


    9 Gennaio 1794 *** 20 Nevoso Anno II

    LA VANDEA:

    – Esecuzione del capo vandeano D’Elbée fatto prigioniero a Noirmoutier.


    – LA CONVENZIONE:

    – Decreto di espulsione delle famiglie nobili da Parigi, dalle citta’ fortificate e da quelle portuali militari.


    11 Gennaio 1794 *** 22 Nevoso Anno II

    Esecuzione del vescovo costituzionale Lamourette, gia’ deputato dell’Assemblea Legislativa e principale autore della riconciliazione fittizia del 7 Luglio 1792, detta “bacio di Lamourette”.


    LA CONVENZIONE:

    – Denuncia del vandalismo rivoluzionario da parte del vescovo costituzionale Grégoire, preoccupato per la distruzione del patrimonio artistico nazionale, e che fa anche decretare la sostituzione del latino con il francese per le iscrizioni sui monumenti pubblici.


    12 Gennaio 1794 *** 23 Nevoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Denuncia, da parte del deputato giacobino Amar, degli intrallazzi finanziari di Fabre D’Eglantine, che verra’ arrestato il giorno dopo.


    16 Gennaio 1794 *** 27 Nevoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto che ribattezza Marsiglia in Ville-sans-Nom. E’ una punizione per lo spirito contro-rivoluzionario che pervade la citta’.


    17 Gennaio 1794 *** 28 Nevoso Anno II

    LA VANDEA:

    – Creazione, da parte del generale Turreau, delle “colonne infernali” destinate a distruggere la Vandea. La meta’ della popolazione del dipartimento, che contava 300.000 persone, verra’ massacrata.


    19 Gennaio 1794 *** 30 Nevoso Anno II

    LA CORSICA:

    – Arrivo degli inglesi in Corsica, chiamati da Paoli capo del movimento secessionista dell’isola.


    28 Gennaio 1794 *** 9 Piovoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Couppé sullo stato delle biblioteche nazionali.


    29 Gennaio 1794 *** 10 Piovoso Anno II

    LA VANDEA:

    – Morte del giovane capo vandeano La Rochejaquelein nella battaglia di Nouaillé.




    1 Febbraio 1794 *** 13 Piovoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto che istituisce la Commissione Nazionale delle Armi e delle Polveri della Repubblica.


    LA VANDEA:

    – Elezione di Stofflet alla testa di cio’ che resta dell’armata vandeana.


    2 Febbraio 1794 *** 14 Piovoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Voulland a favore della liberazione del Generale Ronsin e del funzionario ministeriale Vincent, che sono liberati malgrado l’opposizione degli “Indulgenti”. Erano stati arrestati nel Dicembre 1793, in quanto esponenti irriducibili della corrente hebertista.


    4 Febbraio 1794 *** 16 Piovoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Approvata la legge per l’abolizione della schiavitu’ nelle colonie.


    5 Febbraio 1794 *** 17 Piovoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Robespierre sui “principi di morale politica” che devono guidare la Convenzione nella amministrazione della Repubblica. Egli, in sostanza, fa l’apologia della Virtu’ repubblicana e del Terrore.


    6 Febbraio 1794 *** 18 Piovoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Richiamo del commissario Carrier da Nantes. Le notizie circa le stragi operate da Carrier nella regione preoccupano la C.N.


    Promozione di Napoleone Bonaparte al grado di generale di brigata per i meriti acquisiti sul campo nella presa di Tolone.

    JEAN-BAPTISTE CARRIER, nato a Yolet il 16/3/1756 e ghigliottinato a Parigi il 16/12/1794.

    E’ passato alla storia come il Missionario del Terrore o anche l’Angelo Sterminatore, giustificando ampiamente questa sinistra fama.

    Sino al 1792 e’ un “nessuno”, piccolo impiegato e poi procuratore di Aurillac. Sempre a caccia di soldi, taciturno, triste, solito ad affogare nell’alcool la sua naturale malinconia.

    Nell’Agosto del 1792 riesce, in qualche modo, a farsi eleggere deputato alla Convenzione Nazionale. Inviato in missione in Normandia, nell’estate del 1793, per controllare i moti federalisti e contro-rivoluzionari di matrice girondina, da’ una buona prova delle sue capacita’ e la Convenzione lo rimanda in missione con pieni poteri, sempre nel 1793, in Bretagna per combattere l’insurrezione monarchica.

    Installato a Nantes, con 13 aiutanti e circa 70 guardie, la sua latente follia affiora in tutta la sua virulenza, tanto che si stima abbia fatto almeno 3.500 vittime in sei mesi. (Altri, con molta esagerazione, parlano addirittura di 18.000 vittime tra le quali 2.000 bambini e 764 donne). Ma oltre che per il numero delle vittime la storia lo ricorda per i suoi metodi di sterminio di massa particolarmente fantasiosi ed efferati.

    Sua e’ l’invenzione dei battelli a valvola; sono battelli carichi di prigionieri ben legati, fatti affondare al largo, con i quali liquida qualche migliaio di preti refrattari, condannati cosi’ al supplizio dell’acqua, da lui contrapposto al supplizio del rogo, caro alla chiesa nei secoli precedenti.

    Altra trovata e’ stata quella dei matrimoni repubblicani, dove un uomo ed una donna, nudi e legati insieme, venivano gettati a morire nella Loira “fiume repubblicano”.

    Infine alcuni autori (non si sa quanto attendibili e/o documentati) riferiscono anche di (??)“donne fuse vive”(??) allo scopo di ricavarne un grasso speciale, per uso dermatologico.

    Non trascura neanche gli aspetti finanziari ed in pochissimi mesi mette a terra l’economia cittadina con tasse e requisizioni spinte alla follia.

    Richiamato a Parigi ed arrestato, viene rinviato a giudizio e durante il processo difendera’ la liceita’ delle sue azioni con estremo vigore, ribattendo a tutte le accuse della C.N.. La ghigliottina lo mettera’ a tacere il 16/12/1794.


    10 Febbraio 1794 *** 22 Piovoso Anno II

    Jacques Roux, promotore del movimento degli “arrabiati”, arrestato il 5/9/1793 ed in attesa di processo, si suicida in carcere per evitare la ghigliottina.


    12 Febbraio 1794 ***24 Piovoso Anno II

    Discorso di Momoro al Club dei Cordelieri contro i giacobini e contro Robespierre accusati di “moderatismo”.

    ANTOINE FRANÇOIS MOMORO, nato a Besançon nel 1756 e ghigliottinato a Parigi il 24/3/1794.

    Libraio e stampatore a Parigi, aderisce con entusiasmo alla Rivoluzione e si auto-proclama primo tipografo della liberta’ e come tale riceve l’esclusiva di tutti i lavori di stampa della Comune.

    E’ uno dei membri piu’ influenti del Club dei Cordelieri, responsabile, con altri, dei tragici eventi del Campo di Marte, il 17/7/1791.

    Dopo il 10 Agosto 1792 gli viene affidata anche l’organizzazione di tutte le feste rivoluzionarie parigine. E’ lui che ha inventato il motto:

    LIBERTE-EGALITE-FRATERNITE

    ed ottiene dalla Municipalita’ che detto motto venga scolpito su tutte le facciate degli edifici pubblici.

    Robespierre lo fa arrestare, il 13/3/1794, con una serie di accuse tra le quali una abbastanza curiosa: avrebbe organizzato il culto della dea Ragione utilizzando una statua scolpita ad immagine e somiglianza di …sua moglie che, i contemporanei giudicavano donna “affascinante, incantevole e splendida”.



    16 Febbraio 1794 *** 28 Ventoso Anno II

    SENS:

    – Il cardinale Lomenie De Brienne, vescovo di Sens, muore di spavento mentre la gendarmeria repubblicana lo arresta.


    20 Febbraio 1794 *** 2 Ventoso Anno II

    Decisione degli aderenti al Club dei Cordelieri di pubblicare un loro giornale L’Ami du Peuple. Non usciranno che due numeri.


    22 Febbraio 1794 *** 4 Ventoso Anno II

    Discorso di Hébert al Club dei Cordelieri che denuncia lo scarso senso rivoluzionario non solo degli “Indulgenti” (dantoniani) ma anche degli “Addormentati” (robespierriani).

    Secondo gli Hebertisti la Rivoluzione sta languendo e non sono state attuate quelle riforme che il popolo si attendeva. Fame e disoccupazione regnano ancora sovrane, aggravate anche dallo stato di belligeranza del paese.

    JACQUES RENE HEBERT, nato ad Alençon il 15/11/1757 e ghigliottinato a Parigi il 24/3/1794.

    Uomo politico di mediocre levatura, ricopre incarichi di qualche importanza alla Comune di Parigi, ma la sua fama di rivoluzionario e’ grande in virtu’ della sua volgarita’, che egli manifesta sia come oratore che come giornalista e redattore del foglio PERE DUCHENE. E’ una volgarita’ spinta all’estremo che piace al popolino il quale ama sentire dire “pane al pane” senza mezzi termini. Questa sua volgarita’ gli consente di raccogliere il favore degli strati piu’ umili della popolazione che applaude i suoi discorsi di una estrema veemenza e che, come politico, lo collocano alla sinistra della stessa sinistra robespierriana.

    Robespierre lo teme per la sua capacita’ di trascinare le masse negli atti piu’ cruenti delle manifestazioni rivoluzionarie; si sente scavalcato dall’estremismo di Hébert e fara’ di tutto per mandarlo sulla ghigliottina. Questo e’ uno sbaglio che alienera’ il favore di un grosso strato della popolazione a Robespierre, al momento della resa dei conti del 9 Termidoro.


    26 Febbraio 1794 *** 8 Ventoso II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Saint-Just, su istigazione di Robespierre, sul sequestro dei beni dei sospetti; e’ un atto preparatorio alla prossima approvazione delle “Leggi di Ventoso“.


    2 Marzo 1794 *** 12 Ventoso Anno II

    Appello alla insurrezione lanciato dallo hebertista Ronsin al Club dei Cordelieri.


    3 Marzo 1794 *** 13 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Secondo rapporto di Saint-Just e voto dei decreti costituenti le “Leggi di Ventoso“.

    Questi decreti prevedono che i beni, appartenenti agli emigrati ed ai sospetti (c.a. 300.000 persone), vengano sequestrati e distribuiti gratuitamente ai piu’ indigenti, sulla base di liste approntate a cura delle varie Municipalita’ del paese. Il previsto lavoro di espropriazione e di redistribuzione e’ tale che questi decreti non verranno mai applicati.


    4 Marzo 1794 *** 14 Ventoso Anno II

    Nuovo appello alla insurrezione al Club dei Cordelieri; questa volta da parte di Carrier, di ritorno da Nantes ed ancora a piede libero.


    6 Marzo 1794 *** 16 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Barère che denuncia per cospirazione sia gli “Indulgenti” che i pretesi “Insorgenti” (appartenenti al gruppo degli hebertisti) del Club dei Cordelieri.


    Collot D’Herbois cerca di riprendere il controllo della situazione al Club dei Giacobini; una parte dei suoi membri, quella piu’ estremista, aveva tentato di unirsi al Club dei Cordelieri.


    7 Marzo 1794 *** 17 Ventoso Anno II

    Delegazione di giacobini condotta da Collot D’Herbois al Club dei Cordelieri per tentare una riconciliazione e stabilire una linea di condotta politica comune.


    9 Marzo 1794 *** 19 Ventoso Anno II

    Discorso di Vincent al Club dei Cordelieri contro Collot D’Herbois e contro i seguaci di Robespierre, definiti “cromwellistes”.


    La situazione conflittuale sorta in seno ai Clubs da origine ad una ripresa dell’agitazione nelle sezioni parigine.


    In un suo discorso Saint-Just apologizza il Terrore: “Il Terrore non e’ piu’ un fatto contingente, esso e’ la condizione necessaria per istituire la Repubblica democratica. Una Repubblica infatti si costruisce con la distruzione di quanto le e’ contrario.”


    11 Marzo 1794 *** 21 Ventoso Anno II

    Preparazione di una insurrezione da parte dei Cordelieri denunciata al Comitato di Salute Pubblica e di Sicurezza Generale, controllato, in buona parte, da esponenti giacobini.


    13 Marzo 1794 *** 23 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Saint-Just sulle “congiure contro il popolo francese e la liberta’”. Denuncia come complottatori al servizio dello straniero sia gli “Indulgenti” che gli “Esagerati” (gli Insorgenti del Club dei Cordelieri).


    – La C.N. ordina l’arresto di Hébert, Momoro, Ronsin, Vincent e molti altri cordelieri.


    15 Marzo 1794 *** 25 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Discorso di Robespierre nel quale proclama che “tutte le fazioni dovranno perire insieme”.

    Robespierre sta attuando un suo piano di eliminazione di tutte le correnti politiche che con il loro estremismo minano la sua popolarita’.


    16 Marzo 1794 *** 26 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Amar sulle malversazioni di Fabre D’Eglantine, arrestato il 13 Gennaio.


    17 Marzo 1794 *** 27 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Discorso di Saint-Just (per conto di Robespierre) contro Hérault De Séchelles e Simond che vengono arrestati, accusati di complottare contro la Rivoluzione.


    18 Marzo 1794 *** 28 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Su richiesta di Saint-Just viene ordinato l’arresto di Chaumette, un personaggio da tempo inviso a Robespierre.


    19 Marzo 1794 *** 29 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Emanato un decreto di “interdizione” dell’esercizio delle elemosine.


    20 Marzo 1794 *** 30 Ventoso Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Su richiesta di Saint-Just viene ordinato l’arresto del Generale Hoche, membro del Club dei Cordelieri. Egli sara’ liberato qualche giorno dopo la caduta di Robespierre, il 4 Agosto.


    21 Marzo 1794 *** 1 Germinale Anno II

    Al Tribunale Rivoluzionario e’ iniziato il processo degli “hebertisti”, arrestati il 13 Marzo; ad essi vengono mescolati, per comprometterli, dei banchieri stranieri, degli aristocratici e dei controrivoluzionari. L’accusa e’ di complotto contro la Convenzione Nazionale a favore di potenze nemiche straniere.


    24 Marzo 1794 *** 4 Germinale Anno II

    Condanna a morte ed esecuzione immediata di tutti gli accusati del processo degli “hebertisti” salvo un delatore, il medico Laboureau, indotto a fornire prove di comodo all’accusa. I condannati a morte sono 18.


    27 Marzo 1794 *** 7 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto che sopprime l’Armata Rivoluzionaria, costituita il 5/9/1793, giudicata favorevole alle idee hebertiste.


    – Richiamo di Fouché inviato in missione a Lione, il 30/10/1793, con il compito di reprimere i moti contro-rivoluzionari.


    – Arresto di Condorcet a Bourg-la-Reine, accusato di cospirare contro la Repubblica.


    28 Marzo 1794 *** 8 Germinale Anno II

    Per evitare il patibolo Condorcet si suicida in carcere con il veleno.


    30 Marzo 1794 *** 10 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – In base ad un rapporto di Saint-Just (portavoce di Robespierre), giudicato tanto stupido quanto falso, viene decretato l’arresto di Danton e di Delacroix, Desmoulins e Phelippeau, tutti esponenti della corrente dantoniana della “indulgenza e della riconciliazione nazionale.


    1 Aprile 1794 *** 12 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Costituzione di un Ufficio di Polizia presso il Comitato di Salute Pubblica con compiti che sconfinano nel dominio del Comitato di Sicurezza Generale, che diventa percio’ ostile a Robespierre, promotore di questa iniziativa.


    – Rapporto di Carnot che critica, non apertamente, gli atteggiamenti dittatoriali di Robespierre: “Sventura ad una repubblica dove il merito di un uomo e la sua virtu’ saranno diventati necessari”.


    2 Aprile 1794 *** 13 Germinale Anno II

    PARIGI:

    – Presso il Tribunale Rivoluzionario inizia il processo ai “dantoniani” ai quali vengono volontariamente mescolati, per comprometterli, degli affaristi ed anche il Generale Westermann, macellaio della Vandea.


    – Arresto della femminista Claire Lacombe e dello “arrabiato” Leclerc.

    La Rivoluzione ha sempre avuto un atteggiamento maschilista. I movimenti femministi, come quello organizzato da Claire Lacombe, che reclamava parita’ di diritti con gli uomini, sono sempre stati osteggiati. Le donne non avevano diritto al voto, salvo alcune rare eccezioni dovute al censo o al particolare impegno rivoluzionario.


    3 Aprile 1794 *** 14 Germinale Anno II

    PARIGI:

    – Interrogatorio, al Tribunale Rivoluzionario, di Danton il quale, deciso a vendere cara la pelle, si difende con veemenza ed insulta tutti i giudici.


    – Durante tutto il processo Robespierre se ne rimane chiuso in casa per un “esurimento nervoso”.


    4 Aprile 1794 *** 15 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto, richiesto da Saint-Just, che esclude dai dibattiti processuali chiunque insulti la giustizia ed i suoi rappresentanti. Questo decreto ha permesso di ridurre Danton al silenzio e di condannarlo a morte.

    Saint-Just e’ stato molto chiaro: Viviamo in un momento troppo tempestoso per occuparci della giustizia; noi dobbiamo pensare alla causa dello Stato.


    5 Aprile 1794 *** 16 Germinale Anno II

    Esecuzione della condanna a morte di Danton, Desmoulins e degli altri Indulgenti.

    Prima di morire Danton si raccomanda al boia: “Mostra bene la mia testa al popolo. Ne vale la pena!”

    Con la morte di Danton, l’unico uomo superstite e veramente forte della Rivoluzione e’ ora Robespierre.

    Cadute le fazioni e le teste che potevano ostacolarlo, ora il potere ed il carisma di Robespierre si identificano con la Repubblica stessa.


    8 Aprile 1794 *** 19 Germinale Anno II

    Robespierre continua, implacabile, a fare il vuoto intorno a se, eliminando tutti coloro che possono ostacolarlo sulla strada verso la dittatura. Ora e’ la volta di Fouché, rientrato a Parigi, a sorbirsi le accuse di Robespierre, nella sede del Club dei Giacobini.

    JOSEPH FOUCHE’, Duca di Otranto, nato a Pellerin il 21/5/1759 e morto a Trieste il 26/12/1820.

    Professore di matematica e di fisica ad Arras dove, nel 1788, fa la conoscenza di Robespierre. Entra in politica a Nantes, come membro della Societa’ degli Amici della Costituzione e successivamente viene eletto deputato alla Convenzione Nazionale, malgrado fosse noto per la sua totale incapacita’ oratoria.

    Piu’ che ai discorsi sulla tribuna della C.N. preferisce farsi assegnare diverse missioni in Provincia, per promuovere il reclutamento forzoso dei coscritti, per sedare movimenti contro-rivoluzionari, per applicare tasse sui ricchi e procedere ad una opera sistematica di decristianizzazione del popolo. E’ suo il libro”Riflessioni sulla Educazione Pubblica” dove si batte per una “educazione su basi filosofiche in netto contrasto con l’odiosa influenza della religione”. In missione a Digione, cerca di far sparire tutti i segni esteriori della religione ed impone a tutti i preti di sposarsi entro il termine massimo di un mese.

    Ligio ed ubbidiente all’etica del Terrore, come era espressa da Robespierre, in seguito si allontana da quest’ultimo per le accuse che egli gli muove al Club dei Giacobini, l’8 Aprile 1794, e si defila per qualche mese evitando cosi’ la ghigliottina.

    Dopo la morte di Robespierre, da’ un nuovo slancio, non senza traversie, alla sua carriera politica, legandosi a Barras che gli affida incarichi di polizia (la sua vera vocazione). Complice di Napoleone Bonaparte nel colpo di stato del 9/11/1799, diviene Ministro della Polizia e conservera’ questo incarico sino alla fine dei suoi giorni, malgrado l’alternarsi dei governi e delle situazioni politiche. Napoleone lo ha nominato duca. Muore lasciando ai suoi eredi una immensa fortuna.


    10 Aprile 1794 *** 21 Germinale Anno II

    Al Tribunale Rivoluzionario inizia il processo detto della “Cospirazione del Lussemburgo” (sezione parigina), che raggruppa insieme ex partigiani di Hébert, di Danton e diverse persone di altre correnti politiche.


    11 Aprile 1794 *** 22 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Grégoire sullo stato delle biblioteche nazionali.


    13 Aprile 1794 *** 24 Germinale Anno II

    Il Tribunale Rivoluzionario emette il verdetto del processo detto della “Cospirazione del Lussemburgo”: 7 assoluzioni e 19 condannati a morte tra i quali Chaumette, la vedova di Hébert, il vescovo spretato Gobel, il generale Dillon e Lucille Desmoulins.

    Sulla uccisione di Lucille Desmoulins, moglie di Camille Desmoulins, ghigliottinato qualche giorno prima, alcuni storici hanno scorto i segni di una fosca vendetta messa in atto da Robespierre.

    Si sostiene che Desmoulins e Robespierre avessero conosciuto Lucille in una stessa particolare occasione. Alla serrata corte dei due pretendenti l’adorable petite blonde avrebbe preferito Camille a Maximilien; da qui’ una furibonda gelosia, covata per anni, che avrebbe indotto Robespierre a vendicarsi facendo accusare Lucille di cospirazione mentre, in realta’, la donna non si era mai occupata di politica.

    Un’altra versione sostiene che Robespierre si fosse innamorato di Adele, sorella di Lucille, ma che il matrimonio fosse andato in fumo in quanto Lucille, diffidente, avrebbe dissuaso la sorella dall’unirsi a tanto individuo.


    14 Aprile 1794 *** 25 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Su richiesta di Robespierre, la C.N. ordina il trasferimento delle spoglie di J.J.Rousseau al Pantheon.


    15 Aprile 1794 *** 26 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Saint-Just sulla organizzazione generale della polizia della Repubblica con la proposta di provvedere ad una piu’ marcata centralizzazione.


    19 Aprile 1794 *** 30 Germinale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Ordinato il richiamo di 21 rappresentanti in missione, nei vari dipartimenti, sospettati di eccessi e di malversazioni finanziarie.


    LA GUERRA:

    – Trattato de L’Aia con il quale l’Inghilterra si impegna a pagare il soldo a 62.000 soldati prussiani, impegnati nella guerra contro la Repubblica.

    Sugli eccessi dei rappresentanti in missione si puo’ citare un caso emblematico: Tolone. I rappresentanti Barras, Robespierre (Augustin), Freron e Salicetti hanno fatto terra bruciata. Dei 30.000 abitanti, presenti prima della Rivoluzione, se ne contano ora 7.000.


    20 Aprile 1794 *** 1 Floreale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Billaud-Varenne sulla “teoria del governo democratico” e dove si annuncia il proposito di mettere fine alla guerra una volta liberato il territorio nazionale. Il rapporto mette anche in guardia contro le ambizioni espansionistiche e attacca indirettamente Robespierre: “Tutto il popolo geloso della sua liberta’ deve stare in guardia contro le virtu’ stesse degli uomini che occupano posti eminenti”.

    Questo e’ il secondo attacco rivolto alla persona di Robespierre che non perde occasione per proporsi come esempio di virtu’ e di incorruttibilita’.


    22 Aprile 1794 *** 3 Floreale Anno II

    Esecuzione di Malesherbes, di sua figlia, del genero, dei suoi nipoti e di 2 segretari personali.


    Esecuzione degli ex deputati Le Chapelier, Thouret ed Espremesnil, accusati di eccessivo moderatismo e di essere agenti al soldo di potenze straniere.

    Malesherbes aveva 73 anni e viveva in ritiro. E’ stato giustiziato con l’intera famiglia perche’, a suo tempo, si era offerto di assumere la difesa di Luigi XVI, nel corso del suo processo.


    26 Aprile 1794 *** 7 Floreale Anno II

    Scontro tra Saint-Just e Carnot al Comitato di Salute Pubblica; Saint-Just accusa Carnot di legami con alcuni aristocratici e lo minaccia di ghigliottina. Carnot apostrofa Saint-Just (e implicitamente Robespierre che lo manipola) di essere un “ridicolo dittatore”.


    28 Aprile 1794 *** 9 Floreale Anno II

    Esecuzione di La-Tour-Du-Pin, ex Ministro della Guerra.


    1 Maggio 1794 *** 12 Floreale Anno II

    LA GUERRA:

    – Disfatta degli spagnoli a Boulou.


    4 Maggio 1794 *** 12 Floreale Anno II

    PARIGI:

    – Ondata di rivendicazioni salariali contro l’inflazione galoppante. I manovali chiedono 3 lire e 15 soldi contro gli attuali 48 soldi giornalieri.

    I carpentieri pretendono 8 lire al giorno.

    E’ stata ordinata la precettazione di alcune categorie collegate ai trasporti dei generi di prima necessita’.


    7 Maggio 1794 *** 18 Floreale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Robespierre, l’Incorrutibile, sui “Principi di Morale Politica che devono guidare la Convenzione nella amministrazione della Repubblica”. Egli torna a ribadire quanto gia’ espresso il 5 Febbraio.

    – Robespierre, il Virtuoso, fa decretare che “il popolo francese riconosce l’esistenza dell’Essere Supremo e l’immortalita’ dell’anima”.

    In effetti, sostituisce lo svalutato credo cristiano con un nuovo credo volto all’adorazione di un dio, non ben definito e della Dea Ragione.

    – Fa istituire delle feste per onorare queste nuove divinita’.

    – Dichiara testualmente: “L’ateismo e’ immorale ed aristocratico. L’idea dell’Essere Supremo e della immortalita’ dell’anima e’ un richiamo costante alla giustizia. Essa e’ dunque sociale e repubblicana.


    8 Maggio 1794 *** 19 Floreale Anno II

    Esecuzione capitale di 26 appaltatori di imposte (Fermiers Généraux), operanti nei vari dipartimenti, tra i quali Lavoisier, padre della chimica moderna.

    Un presidente del Tribunale Criminale, certo Coffinal, ha cosi’ commentato la condanna a morte di Lavoisier: – La Repubblica non ha bisogno di sapienti ne di chimici. –


    10 Maggio 1794 *** 21 Floreale Anno II

    Esecuzione di Mme Elisabeth, sorella di Luigi XVI, accusata di complotto con gli emigrati. Dopo il 10/8/1792 era stata scoperta e sequestrata la sua corrispondenza con il Conte d’Artois.


    Arresto di Pache, vecchio Ministro della Guerra e Sindaco di Parigi, rimpiazzato, come sindaco, da un robespierrista fidato e sincero: Lescot Fleuriot.

    Con l’esecuzione di Mme Elisabeth la famiglia reale e’ ridotta a due soli superstiti:

    . LOUIS CHARLES (Luigi XVII) di anni 9 e

    . MARIA THERESA (Madame ROYALE) di anni 16

    entrambi figli di Luigi XVI e di Maria Antonietta, rinchiusi nella prigione del Tempio.


    11 Maggio 1794 *** 22 Floreale Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Barère sui modi piu’ opportuni per “estirpare la Mendicita’”.

    – E’ stato istituito il Libro della Beneficenza Nazionale a favore di poveri, ammalati ed invalidi. Sono previsti indennizzi da 15 a 25 soldi giornalieri.


    20 Maggio 1794 *** 1 Pratile Anno II

    LA GUERRA:

    – L’armata delle Alpi conquista il Moncenisio.


    Il deputato Collot D’Herbois sfugge ad un attentato, messo in atto da un fanatico, un certo Admirat, mediante colpi di arma da fuoco.


    22 Maggio 1794 *** 3 Pratile Anno II

    Arresto di Thérésa Cabarrus, amante e convivente di Tallien, per comportamenti scandalosi.


    LA CORSICA:

    – Conquista di Bastia da parte delle truppe inglesi.

    JEANNE MARIE IGNACE THERESA CABARRUS (1773-1835)

    Tanto disponibile quanto bella, ha trascorso buona parte della sua vita transitando nelle alcove dei piu’ prestigiosi artefici della Rivoluzione. La qual cosa le ha concesso di aumentare la sua fortuna, gia’ notevole per lasciti e dotazioni paterne. Al suo primo matrimonio (1788) con il Marchese di Fontenay disponeva di una dote di 500.000 lire.

    Nel 1792 divorzia e si stabilisce a Bordeaux dove diventa l’amante di Tallien, allora rappresentante in missione. Rientrata a Parigi, al seguito di Tallien, il Comitato di Salute Pubblica ordina il suo arresto per condotta immorale(!)

    Ritornata libera, dopo il 9 Termidoro, diventa una delle donne piu’ in vista di Parigi (la chiamavano Notre-Dame de Thermidor), sposa Tallien ma, poco dopo, passa nel letto dell’astro nascente Barras, nuovo uomo forte del regime e, successivamente, in quello del banchiere Ovrard. Nel 1802 divorzia da Tallien.

    Nel 1805 si risposa con il Conte di Caraman e finalmente si mette tranquilla anche perche’ una incipiente obesita’ rende meno appetibili le sue grazie. Oltre tutto, le sue scorribande amorose le avevano fruttato 11 figli, che crescera’ e curera’ amorevolmente sino al giorno della sua morte.


    23 Maggio 1794 *** 4 Pratile Anno II

    E’ stata arrestata una giovane ragazza, Cecile Renault, che aveva chiesto un colloquio privato con Robespierre. Perquisita cautelativamente e’ stata trovata in possesso di due coltelli, nascosti sotto le vesti, mediante i quali, si sospetta volesse attentare alla vita dell’uomo politico.

    La faccenda e’ rimasta piuttosto oscura; si suppone fosse l’emissaria di un gruppo di 8 deputati della Convenzione decisi a far fuori l’Incorruttibile.


    26 Maggio 1794 *** 7 Pratile Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Barère sui “crimini dell’Inghilterra verso il popolo francese” e conseguentemente:

    – Decreto che proibisce di fare prigionieri tra i soldati inglesi o quelli hannoveriani.


    27 Maggio 1794 *** 8 Pratile Anno II

    Esecuzione di Jourdan, detto Mozza-Teste, divenuto il “macellaio di Avignone”, durante i massacri del 16 Ottobre 1791.


    28 Maggio 1794 *** 9 Pratile Anno II

    LA GUERRA:

    – Ripresa di Collioure, Saint-Elne e Port-Vendres da parte dell’armata francese dei Pirenei.


    1 Giugno 1794 *** 13 Pratile Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Barère sui criteri fondamentali della educazione repubblicana e rivoluzionaria.


    – Fondazione della Scuola di Marte al posto della esistente Scuola militare.


    2 Giugno 1794 *** 14 Pratile Anno II

    LA GUERRA:

    – Battaglia navale al largo di Ouessant. L’ammiraglio Villaret De Joyeus perde 7 navi tra cui “il Vendicatore del popolo”, ma un convoglio di 200 bastimenti carichi di grano americano supera il blocco navale inglese e giunge a Brest.


    3 Giugno 1794 *** 15 Pratile Anno II

    La ghigliottina viene trasferita, dall’attuale postazione nei pressi delle Tuileries, in Piazza della Bastiglia. Ci restera’ solo pochi giorni per la protesta degli abitanti del quartiere, che non ne gradiscono la presenza.

    Nei pochi giorni di permanenza verranno comunque giustiziate 73 persone e i loro corpi finiranno nella fossa comune del cimitero di Santa Margherita.

    Lo spostamento si e’ reso necessario per un impellente problema di igiene. Il suolo sotto il palco non assorbe piu’ il sangue versato ed il caldo incombente manda il terreno pregno in rapida putrefazione, con l’emissione di uno spaventoso odore che si diffonde ovunque. Le palate di calce viva sono solo un palliativo.

    A cio’ si aggiungano le mute di cani randagi che si aggirano intorno allo spiazzo, attratti dal tanfo, e sostituiti, di notte, da legioni di topi, enormi pantegane, che sbucano dagli scarichi fognari della Senna. Le stesse guardie, poste a vigilare il patibolo, devono tenersi alla larga per non essere aggredite.


    4 Giugno 1794 *** 16 Pratile Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Elezione all’unanimita’ di Robespierre quale presidente della CN.


    – Rapporto del deputato Grégoire sulla necessita’ di abolire il “patois” (dialetto molto comune) ed imporre l’uso esclusivo della lingua francese.

    L’abolizione del patois incontrera’ una sorda e inaspettata resistenza, sopratutto nelle campagne; anche letterati come Stendhal e Balzac troveranno, anni dopo, qualcosa da ridire su questo provvedimento.

    Stesse difficolta’ rallenteranno la diffusione del Sistema Metrico Decimale.


    8 Giugno 1794 *** 20 Pratile Anno II

    Viene celebrata, in Campo di Marte, una grandiosa festa dell’Essere Supremo. I parigini in costume e la Convenzione al completo, capeggiata da Robespierre, danno vita ad una suggestiva cerimonia, con una straordinaria coreografia ideata dal pittore David.

    L’Hymne a l’Etre Suprême, di Desorgues e Gossec, viene cantato da 2.400 coristi accompagnati da 600 orchestrali; tra le decine di direttori d’orchestra impegnati nella cerimonia era presente anche Luigi Cherubini.

    Questa festa e’ il culmine, l’apoteosi della Rivoluzione ed anche di Robespierre, con la sua fama di “virtuoso e di incorruttibile”. In seguito diventeranno sempre piu’ consistenti i sospetti che Robespierre aspiri alla dittatura e questo lo portera’ alla fine, al tragico epilogo del 10 Termidoro.


    10 Giugno 1794 *** 22 Pratile Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto del deputato Couthon sul funzionamento del Tribunale Rivoluzionario, che contiene in germe quella che verra’ definita la “Legge di Pratile”. E’ stata soppressa la competenza dei Tribunali Dipartimentali a giudicare sui reati di natura politica; in questo modo il Tribunale Rivoluzionario di Parigi acquista un potere assoluto.
    Questa legge accelera le procedure processuali e sopprime tutte le garanzie previste a favore degli accusati compreso il diritto di essere assititi da un avvocato.
    Dietro al rapporto Couthon si cela Robespierre che esige un voto immediato ed unanime della nuova legge. I deputati della C.N., terrorizzati dal crescendo di minacce e di esecuzioni, si inchinano ma non perdoneranno questa nuova imposizione dittatoriale.


    Pubblicazione del primo numero del “Bulletin des Lois”.

    La ghigliottina viene trasferita, dalla Piazza della Bastiglia alla Place du Trone Renverse (ex piazza del Trono ed oggi Place de la Nation). Il montaggio del patibolo viene fatto in una piazzetta adiacente (Place de l’Ile de la Reunion), sotto un folto gruppo di alberi che assicurano agli spettatori una confortevole ombra.

    Lo smaltimento dei cadaveri avverra’ in due fosse comuni del vicino chiostro di S. Agostino, trasformato per l’occasione in un cimitero; si trova nelle vicinanze del villaggio di Picpus, appena fuori le mura, ed e’ con questo nome che il cimitero viene ricordato.

    Prima di essere gettati nelle fosse comuni i cadaveri venivano completamente denudati ed i capi di vestiario scrupolosamente inventariati. In seguito venivano consegnati ad istituti di assistenza che provvedevano a lavarli ed a distribuirli ai poveri.

    E’ stato stabilito che nelle fosse sono finiti 1308 giustiziati cosi’ ripartiti:











    UOMINIDONNE
    579 Popolani123 Popolane
    178 Militari.
    136 Borghesi.
    115 Preti 16 Monache
    108 Nobili 51 Nobili
    1118 TOTALE190 TOTALE

     




    11 Giugno 1794 *** 23 Pratile Anno II

    Questo e’ il giorno in cui inizia, come generalmente si ritiene, il Grande Terrore. Dal 3 Aprile 1793 al 10 Giugno 1794, in 430 giorni, il Tribunale Rivoluzionario ha pronunciato 1251 condanne a morte; dall’11 Giugno al 27 Luglio 1794, in soli 47 giorni, ne pronuncera’ 1376.


    LA CONVENZIONE:

    – Come freno alla legge del 22 Pratile, votata dalla CN, viene decretato il diritto, riservato alla sola assemblea, di fare arrestare i suoi membri.

    Un contemporaneo commentava: “Accade ormai di pensare che morire sul patibolo rientri tra le funzioni della vita civile.”


    12 Giugno 1794 *** 24 Pratile Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Intervento di Couthon e di Robespierre per chiedere la revoca dell’aggiunta, votata il giorno prima, che protegge i membri dell’assemblea dal pericolo di essere arrestati indiscriminatamente.

    Robespierre, minaccioso, annuncia che chiedera’ la testa degli “intriganti” che complottano contro la Rivoluzione, ma non fa nessun nome, lasciando cadere la minaccia su tutta l’Assemblea. I deputati della C.N. cedono ancora una volta alla nuova costrizione ma manifestano una sorda ostilita’ nei confronti di Robespierre.


    13 Giugno 1794 *** 25 Pratile Anno II

    Cecile Renault, arrestata il 23 Maggio e sospettata di aver voluto attentare alla vita di Robespierre, e’ stata condotta alla ghigliottina vestita con la camicia rossa dei parricidi.


    E’ stato ghigliottinato anche Roch Marcandier, ex segretario di Camille Desmoulins.


    19 Giugno 1794 *** 1 Messidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Approvata l’emissione di 1 miliardo e 205 milioni di nuovi assegnati.


    21 Giugno 1794 *** 3 Messidoro Anno II

    LA CORSICA:

    – Una Consulta offre la corona dell’Isola al re Giorgio III d’Inghilterra.


    25 Giugno 1794 *** 7 Messidoro Anno II

    LA GUERRA:

    – Le truppe della C.N. prendono Charleroi.


    26 Giugno 1794 *** 8 Messidoro Anno II

    LA GUERRA:

    – Gli austriaci vengono sconfitti a Fleurus da parte del Generale Jourdan.

    Durante le battaglie di Charleroi e di Fleurus sono stati utilizzati per la prima volta i palloni aerostatici, in funzione di osservatori aerei.

    L’invenzione risale ai fratelli Mongolfier che avevano eseguito la loro prima ascensione ad Annonay nel 1782.


    29 Giugno 1794 *** 11 Messidoro Anno II

    Violenta rissa al Comitato di Salute Pubblica. Billaud-Varenne, Carnot e Collot D’Herbois trattano Robespierre da dittatore. Robespierre lascia la riunione e si rifiutera’ di partecipare alle attivita’ del Comitato sino al 22 Luglio 1974. E intanto cova la sua vendetta.


    1 Luglio 1794 *** 13 Messidoro Anno II

    Robespierre denuncia al Club dei Giacobini una cospirazione ordita contro di lui dalla C.N., dal Comitato di Salute Pubblica e dal Comitato di Sicurezza Generale.


    4 Luglio 1794 *** 16 Messidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Apologia del Terrore da parte di Barère durante un suo discorso alla C.N.


    8 Luglio 1794 *** 20 Messidoro Anno II

    LA GUERRA:

    – Presa di Bruxelles da parte dei Generali Jourdan e Pichegru.


    9 Luglio 1794 *** 21 Messidoro Anno II

    Discorso di Robespierre, al Club dei Giacobini, nel quale nega l’esistenza di liste di proscrizione, compilate da lui, ma si rifiuta di dire i nomi di quei presunti traditori della Rivoluzione dei quali intende chiedere la testa. E’ una spada di Damocle che preoccupa parecchi esponenti politici.


    11 Luglio 1794 *** 23 Messidoro Anno II

    Esclusione di Dubois-Crancé dal Club dei Giacobini su richiesta di Robespierre, che gli rimprovera la sua relativa clemenza contro gli insorti, durante l’assedio di Lione.


    14 Luglio 1794 *** 26 Messidoro Anno II

    Viene celebrata, senza clamori ed in tono minore, la festa commemorativa della presa della Bastiglia.


    Esclusione di Fouché dal Club dei Giacobini, su richiesta di Robespierre.


    17 Luglio 1794 *** 29 Messidoro Anno II

    PARIGI:

    – Sono state ghigliottinatie 6 carmelitane del convento di Compiègne accusate di fanatismo religioso e di macchinazioni contro la Repubblica.

    Erano state arrestate a Compiègne nel 1792 e tradotte a Parigi per essere processate.

    Dopo 112 anni, nel 1906, la chiesa ci ripensa e le beatifica.


    21 Luglio 1794 *** 3 Termidoro Anno II

    Arresto di Bouchotte, popolare capo dei Sanculotti.


    22 Luglio 1794 *** 4 Termidoro Anno II

    Seduta di conciliazione tra il Comitato di Salute Pubblica ed il Comitato di Sicurezza Generale, con la mediazione di Barère e di Saint-Just.


    23 Luglio 1794 *** 5 Termidoro Anno II

    Seconda seduta dei Comitati di Salute Pubblica e di Sicurezza Generale in presenza di Robespierre. La riconciliazione si rivelera’ ben presto fittizzia.


    Il Generale Alexandre De Beauharnais e’ stato ghigliottinato.

    Il Generale De Beauharnais era stato processato in quanto ritenuto responsabile del disastro militare legato all’assedio di Mayence, il 23/7/1793.




    La consorte, Josephine Tascher De La Pagerie, era stata anche lei arrestata e rinchiusa nella prigione Des Carmes, sospettata di complottare contro la Rivoluzione. Verra’ liberata il 28/7/1794, lo stesso giorno dell’esecuzione di Robespierre. La vedova Beauharnais, sara’ la futura moglie di Napoleone Bonaparte.




    24 Luglio 1794 *** 6 Termidoro Anno II

    Discorso di Couthon al Club dei Giacobini, che celebra la riconciliazione ma, secondo lo stile proprio di Robespierre, dichiara necessario sacrificare alcune teste, senza precisare quali.


    LA GUERRA:

    – Presa di Anversa e di Liegi da parte delle truppe della C.N.


    25 Luglio 1794 *** 7 Termidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Minacciato di arresto, su richiesta di Robespierre, Dubois-Crancé perora la sua causa davanti alla C.N. che gli concede tre giorni di tempo in attesa che i Comitati di Salute Pubblica e quello di Sicurezza Generale facciano un rapporto circostanziato su di lui, prima di eventualmente metterlo in stato di accusa.

    Furore di Robespierre che non avendo potuto ottenere il suo arresto immediato, prepara nella notte un grande discorso contro i presunti traditori della Rivoluzione.


    Esecuzione del poeta André Chénier, arrestato e processato in quanto sospettato di sentimenti contro-rivoluzionati e critiche verso gli atteggiamenti estremisti del Club dei Giacobini.

    Sulla esecuzione di André Chénier gravano alcune ombre. Il fratello minore Marie-Joseph, anch’egli scrittore e poeta, giacobino, considerato il poeta “quasi” ufficiale della Rivoluzione, pur potendo, non ha mosso un dito per salvare il fratello. Tra i due esistevano dei dissapori di natura politica.


    26 Luglio 1794 *** 8 Termidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Violento discorso di Robespierre per reclamare la punizione dei “traditori” e l’epurazione del Comitato di Salute Pubblica e del Comitato di Sicurezza Generale. La C.N.,terrorizzata, vota, in un primo tempo, a favore del discorso, ma i deputati Billaud-Varenne e Cambon contrattaccano e Robespierre, ancora una volta, rifiuta di indicare i nomi di quelli di cui domanda la testa. La C.N. ritira il suo voto iniziale e rinvia l’esame del discorso di Robespierre ai Comitati in questione.


    27 Luglio 1794 *** 9 Termidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – E’ la resa dei conti. Gli eventi precipitano, la C.N. si scuote dai timori che avevano frenato le sue iniziative e vota per l’arresto immediato di Robespierre, di suo fratello Augustin, di Saint-Just, di Couthon e di Lebas.

    L’arresto non dura molto; essi sono liberati da un gruppo di loro partigiani giacobini e condotti allo Hôtel de Ville, al fine di proteggerli. Ma e’ subito evidente che la mobilitazione popolare, sulla quale Robespierre ed i suoi fedelissimi facevano conto, si rivela molto debole. Il popolo resta indifferente a questa nuova situazione.


    Anzi, diffusasi la voce che Robespierre e’ stato destituito, nella rue Saint-Antoine, la folla, stanca di sangue, ferma le ultime carrette con 46 condannati condotti al patibolo, stacca i cavalli ed incita i morituri, frastornati ed increduli, a fuggire e mettersi in salvo.

    Quasi subito pero’ interviene un gruppo di armati, comandati da tale Henriot, che ricostituiscono la colonna ed i 46 disgraziati verranno uccisi, prima di notte, e gettati nella fossa del Picpus.

    Si e’ molto discusso sui motivi, veri o presunti, che hanno minato la popolarita’ di Robespierre tanto da condurlo alla morte.

    In quei giorni correva voce che Robespierre mirasse ad un accordo di pace segreto con l’Austria ed alla restaurazione sul trono di Luigi XVII, del quale sarebbe divenuto il “reggente”.

    Altra voce era quella che l’Incorruttibile avesse elargito determinati favori ad una certa Catherine Theot, anziana donna che si riteneva possedesse poteri profetici e divinatori, in cambio di una pubblica profezia sull’avvento di un nuovo “messia” che, guarda caso, si chiamava proprio Robespierre.

    Queste e tante altre motivazioni, riportate sui libri di storia, danno, in realta’, solo il senso del profondo disagio e del vuoto che Robespierre era riuscito a creare intorno a se’.


    28 Luglio 1794 *** 10 Termidoro Anno II

    In mattinata, alle ore 10.30, le Guardie Nazionali, fedeli alla Convenzione e comandate da Barras, si impadroniscono, senza trovare resistenza, dello Hôtel de Ville ed arrestano numerosi dirigenti giacobini fedeli a Robespierre.

    Il fratello di Robespierre, Augustin, nel tentativo di sfuggire alla cattura, si getta da una finestra e si fracassa sul selciato, dove verra’ raccolto moribondo. Anche Maximilien cerca di opporre resistenza, ma un colpo di pistola, sparato dalla guardia Merda, gli fracassa la mascella.

    Tutti i prigionieri catturati, 22, vengono condotti alla Conciergerie per un formale atto di riconoscimento della loro identita’ e poi avviati alla ghigliottina, tra la folla che organizza una gazzarra selvaggia, ed immediatamente giustiziati.

    Strano destino quello dei fratelli Robespierre:

    . entrambi avvocati

    . entrambi giacobini (Augustin era solo una figura secondaria succube del carisma del fratello)

    . entrambi deputati

    . giustiziati nello stesso momento

    . giustiziati, ambedue, gia’ moribondi.

    CHARLES ANDRE MERDA, nato a Parigi il 10/1/1770 e morto l’8/9/1813 nella battaglia della Moscova.

    Semplice gendarme della Guardia Nazionale, fara’ una brillante carriera militare grazie a quel colpo di pistola che ha fracassato la mascella dell’Incorruttibile. Napoleone Bonaparte lo promuovera’ colonnello e Barone dell’Impero.


    Particolarmente drammatica e’ stata l’esecuzione di Georges Auguste Couthon, uno dei fedelissimi di Robespierre. Couthon era paralitico, deformato dall’artrosi e inchiodato su di una sedia a rotelle; e’ stato ghigliottinato coricato su di un fianco.


    29 Luglio 1794 *** 11 Termidoro Anno II

    Prosegue la reazione anti-giacobina con l’esecuzione di 70 persone appartenenti alla Comune, tra gli urli di una folla frastornata che non sa piu’ esattamente cosa vuole.

    In totale i robespierristi ghigliottinati sono stati 106.


    31 Luglio 1794 *** 13 Termidoro Anno II

    Terminano le esecuzioni di massa. In un mese e mezzo sono state eseguite 1306 esecuzioni. La media e’ stata di circa 30 persone al giorno, ma in alcuni casi, la ghigliottina si e’ avvicinata a punte di quasi 100 decapitazioni.

    Ora la macchina verra’ smontata e nuovamente trasferita in Place de la Revolution, lato sud-ovest.

    Un macello del genere, senza precedenti nella storia della Rivoluzione, ha comportato seri problemi per lo smaltimento dei cadaveri. Durante la permanenza della ghigliottina in Place du Trone Renverse, una fila interminabile di carrette ha fatto la spola tra il patibolo e la fossa del Picpus lasciandosi dietro una scia sanguinosa.

    Si racconta anche (ma forse non e’ vero) che il boia Sanson ed i suoi figli, in questa occasione, abbiano battuto il record, poco invidiabile, di 12 esecuzioni in 13 minuti.


    5 Agosto 1794 *** 18 Termidoro Anno II

    Le porte delle carceri si spalancano lasciando liberi migliaia di sospetti contro i quali non risultano accuse specifiche.

    La reazione popolare alla caduta di Robespierre e’ stata immediata e corale; la gente era ormai stanca di una virtu’ repubblicana fondata sulla ghigliottina.

    Nei giorni che seguono i festeggiamenti diventano frenetici: si balla e si canta ovunque, compreso le prigioni ed i cimiteri.

    Vengono organizzati i balli delle vittime dove chiunque abbia avuto un ghigliottinato in famiglia puo’ partecipare gratis e mangiare a sazieta’.

    Robespierre detestava i balli e li riteneva immorali; quando proprio non poteva vietarli ne limitava la durata dalle ore 16,00 alle 23,00.

    L’illuminazione pubblica di Parigi, (circa 4.500 lampade ad olio) malamente gestita durante il Terrore, e’ stata completamente ripristinata.

    Quelli che dalla Rivoluzione sono stati finanziariamente favoriti ostentano in pubblico un lusso sfrenato; Madame Cabarrus/Tallien frequenta teatri e balli con il seno nudo ricoperto da una cascata di diamanti. Non e’ la sola: Madame Hamelin, Madame Recamier, Josephine Beauharnais ed altre (les merveilleuses) fanno a gara a chi si veste di provocanti trasparenze, tanto da non poter stabilire con certezza se siano nude o ancora vestite.

    L’euforia non e’ solo parigina; anche i nuovi ricchi delle altre citta’ fanno a gara di stravaganze. La morale robespierrista viene facilmente accantonata ed e’ subito evidente l’enorme contrasto tra la miseria popolare rimasta immutata e la ricchezza ostentata dagli speculatori della Rivoluzione.

    Il numero dei divorzi sale alle stelle: si cambia moglie o marito con la stessa facilita’ con cui si cambia un vestito.


    9 Agosto 1794 *** 22 Termidoro Anno II

    NIZZA:

    – Il Generale Bonaparte viene arrestato sotto l’accusa di essere un complice di Robespierre, al quale si era indirettamente legato, mediante la sua amicizia con il di lui fratello Augustin e con altri robespierristi.


    10 Agosto 1794 *** 23 Termidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Votato un decreto di riorganizzazione del famigerato Tribunale Rivoluzionario.


    15 Agosto 1794 *** 28 Termidoro Anno II

    LA GUERRA:

    – La nuova linea del telegrafo ottico Liegi-Parigi trasmette la notizia della resa di Quesnoy, nelle Fiandre.


    16 Agosto 1794 *** 29 Termidoro Anno II

    LA VANDEA:

    – Istruzioni di Carnot, per le trattative con i ribelli, in previsione di una amnistia generale per tutti i vandeani.


    20 Agosto 1794 *** 3 Fruttidoro Anno II

    NIZZA:

    – Prosciolto dalle accuse di complicita’ con Robespierre, il Generale Bonaparte viene liberato. Si congeda dal servizio militare, dal quale restera’ assente per oltre un anno.


    24 Agosto 1794 *** 7 Fruttidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Disposizioni per la riorganizzazione delle attivita’ del governo le cui attribuzioni sono ripartite in 16 comitati.


    – Cambacérès viene eletto presidente del Comitato di Salute Pubblica. Richiesto di un parere sulla eventuale liberazione del Delfino e di sua sorella, ancora detenuti nel Tempio, dichiara esplicitamente: “ C’e’ meno pericolo a tenere prigionieri gli appartenenti alla famiglia reale che a lasciarli liberi“.


    26 Agosto 1794 *** 9 Fruttidoro Anno II

    Esce “La coda di Robespierre” satira di Méhée De La Touche.


    29 Agosto 1794 *** 12 Fruttidoro Anno II

    Prima manifestazione anti giacobina, condotta dalla cosidetta “Gioventu’ dorata”, sui boulevards di Parigi.

    Iniziano timidamente le prime reazioni all’egemonia giacobina ed all’etica del Terrore che hanno dominato la scena nell’ultimo periodo. Queste reazioni andranno crescendo, poco alla volta, sino a degenerare in una nuova forma di terrore: Il Terrore Bianco.


    30 Agosto 1794 *** 13 Fruttidoro Anno II

    LA GUERRA:

    – La riconquista di Cond&eacute-sur-Escaut conclude la liberazione totale del territorio nazionale da tutte le occupazioni straniere.


    PARIGI:

    – E’ scoppiata la polveriera situata presso il campo militare di Grenelle. Lo stabilimento, diretto dal chimico Chaptal, produceva 35.000 libbre di polvere al giorno. E’ stata una tragedia immane: lo scoppio ha causato oltre 1.000 morti.


    31 Agosto 1794 *** 14 Fruttidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto che sottomette la capitale ad un regime amministrativo speciale; il Governo assume direttamente la gestione di Parigi, eliminando di fatto il potere della Comune.


    1 Settembre 1794 *** 15 Fruttidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decretata la fondazione del Museo dei Monumenti Francesi, allo scopo di ricuperare e salvaguardare il patrimonio artistico nazionale scampato al vandalismo rivoluzionario.


    3 Settembre 1794 *** 17 Fruttidoro Anno II

    Pubblicazione del primo numero del “Journal de la liberte” di Gracchus Babeuf.


    10 Settembre 1794 *** 24 Fruttidoro Anno II

    Aggressione e tentativo di uccisione del deputato Tallien, da parte di elementi giacobini.

    Merlin De Thionville ne approfitta per denunciare i giacobini come i “Cavalieri della Ghigliottina”.


    11 Settembre 1794 *** 25 Fruttidoro Anno II

    Ricomparsa de “L’orateur du Peuple” di Fréron.


    13 Settembre 1794 *** 27 Fruttidoro Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Primo rapporto del deputato Grègoire sui danni causati dal vandalismo rivoluzionario.


    15 Settembre 1794 *** 29 Fruttidoro Anno II

    Pubblicazione del primo numero di “L’ami du peuple” del maratista Chasles.


    17 Settembre 1794 *** 1 Complementare Anno II

    LA GUERRA:

    – Inizio dell’assedio di Maestricht da parte del Generale Kléber.


    18 Settembre 1794 *** 2 Complementare Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto che sopprime il pagamento delle retribuzioni di stato ai preti e delle spese di manutenzione degli edifici religiosi. Con questo decreto si realizza la separazione di fatto tra stato e chiesa.

    Il provvedimento e’ stato preso per impedire di far rivivere un “culto salariato” dallo Stato. Sopratutto quello cattolico dichiarato servile per natura, ausiliare del dispotismo per essenza e causa di abbruttimento della specie umana.


    21 Settembre 1794 *** 5 Complementare Anno II

    LA CONVENZIONE:

    – Discorso di Merlin De Thionville che descrive il Club dei Giacobini come un “covo di briganti”.


    Inumazione dei resti di Marat al Pantheon.


    23 Settembre 1794 *** 2 Vendemiaio Anno III

    LA GUERRA:

    – Il Generale Jourdan conquista Aix-la-Chapelle.


    1 Ottobre 1794 *** 10 Vendemiaio Anno III

    Violenti scontri, nelle sezioni parigine, tra i fautori e gli avversari del Terrore.

    Mentre i poveri si azzuffano la fame resta una costante della Rivoluzione.

    Mancando di cibi piu’ sostanziosi, un operaio addetto ai lavori pesanti dovrebbe disporre almeno di 2 libbre di pane al giorno (3400-3600 calorie); all’inizio dell’anno la razione media era di una libbra ed i questi ultimi giorni e’ stata ulteriormente ridotta a 250 grammi.

    Intanto l’inflazione corre: i prezzi dei beni di prima necessita’ sono il doppio di quelli del 1789.

    – Il costo del pane si aggira intorno ai 4 soldi la libbra,

    – Una libbra di bue o di montone costa 14 soldi,

    – una libbra di vitello 15 soldi,

    – una libbra di maiale fresco 15 soldi,

    – una libbra di maiale salato 1 lira.


    3 Ottobre 1794 *** 12 Vendemiaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Attacco del deputato Legendre contro Bar&egravere, Billaud-Varenne e Collot D’Herbois, esponenti giacobini.


    Arresto di alcuni capi sanculotti a Parigi.


    5 Ottobre 1794 *** 14 Vendemiaio Anno III

    Cambiamento del titolo al giornale di Babeuf che diventa “Le tribun du peuple”.


    6 Ottobre 1794 *** 15 Vendemiaio Anno III

    LA GUERRA:

    – Presa di Cologne da parte dell’armata francese Sambre-et-Meuse.

    (Cologne = Köln, Colonia)


    10 Ottobre 1794 *** 19 Vendemiaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Creazione di una scuola normale per istitutori, per sopperire alle esigenze di una istruzione pubblica che, per troppi anni, era stata monopolio del clero.


    11 Ottobre 1794 *** 20 Vendemiaio Anno III

    Trasferimento dei resti di J.J.Rousseau al Pantheon.


    15 Ottobre 1794 *** 24 Vendemiaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Emesso un decreto con le normative ed i suggerimenti necessari per abolire la mendicita’.


    16 Ottobre 1794 *** 25 Vendemiaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Decreto che proibisce le affiliazioni ed i collegamenti tra societa’ e gruppi politici.


    22 Ottobre 1794 *** 1 Brumaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Creazione della Scuola Centrale dei Lavori Pubblici, embrione della futura Scuola Politecnica.


    – Discussione sui cattivi raccolti dell’annata. Il paese non riesce a liberarsi dallo spettro della fame che, da alcuni anni, perseguita la popolazione.


    23 Ottobre 1794 *** 2 Brumaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Merlin De Douai sui crimini commessi da Carrier a Nantes.


    LA GUERRA:

    – Presa di Coblenza da parte del Generale Marceau.


    29 Ottobre 1794 *** 8 Brumaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Istituzione di una commissione di 21 membri per indagare prima dell’eventuale arresto di un deputato. Costituzione della prima di queste commissioni per decidere sull’arresto del deputato Carrier.

    Questa garanzia di pre-indagine era sempre stata osteggiata da Robespierre.


    9 Novembre 1794 *** 19 Brumaio Anno III

    PARIGI:

    – Attacco al Club dei Giacobini da parte di gruppi di Moscardini.

    Gioventu Dorata – Moscardini.

    Gruppi di pressione politica, formati prevalentemente da giovani, presenti in tutto il paese, di stampo monarchico e contro-rivoluzionario, promotori e partecipanti ai primi moti insurrezionali in varie citta’, nei primi anni della Rivoluzione.

    Presenti a Parigi, nella misura di 2000-3000 individui, dopo il Termidoro cominciano a manifestarsi apertamente, distribuendo bastonate agli esponenti della sinistra ed in particolar modo ai giacobini.

    Tollerati, ma non riconosciuti, come movimento politico, devono il loro nome allo strano vestiario indossato ed al loro linguaggio snob ed affettato. Fondamentalmente erano di estrazione borghese ed il loro luogo di ritrovo preferito era il Caffe’ Chartres, sotto i portici di Palais-Royal.


    11 Novembre 1794 *** 21 Brumaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto della commissione dei 21 favorevole alla messa in stato di accusa del deputato Carrier.


    Nuovo attacco dei Moscardini al Club dei Giacobini.


    12 Novembre 1794 *** 22 Brumaio Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Dopo i tafferugli tra giacobini e moscardini, verificatesi nei giorni precedenti, viene decretata la sospensione delle sedute del Club dei Giacobini.


    19 Novembre 1794 *** 29 Brumaio Anno III

    Trattato a Londra tra Inghilterra e Stati Uniti per combattere i corsari francesi e per istituire un blocco delle coste del paese.

    Quella dei corsari era una attivita’ prevista e sostenuta dallo stato con apposite autorizzazioni: le patenti di corsa.

    Il loro compito era quello di attaccare e saccheggiare i mercantili appartenenti a paesi nemici della Francia, spartendo poi il bottino con l’autorita’ dello stato.

    Durante la Rivoluzione i capitani corsari sostituirono assai bene gli ufficiali di marina, di estrazione nobile ed emigrati.
    Uno dei piu’ celebri corsari dell’epoca, a partire dal 1795, fu il leggendario Capitan Surcouf.

    Altro celebre corsaro e’ stato Georges Pleville le Pelley, nato nel 1726, in seguito promosso ammiraglio e poi nominato Ministro della Marina nel Luglio 1797. (970716)


    20 Novembre 1794 *** 30 Brumaio Anno III

    LA GUERRA:

    – Disfatta degli spagnoli alla Montagne-Noire. Il Generale Dugommier perde la vita nella battaglia.


    23 Novembre 1794 *** 3 Glaciale Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Messa in stato di accusa del deputato Carrier votata all’unanimita’, meno 2 voti.


    2 Dicembre 1794 *** 12 Glaciale Anno III

    LA VANDEA:

    – Amnistia generale promessa dalla C.N. ai vandeani ed agli Chouans che depositeranno le armi entro un mese.


    3 Dicembre 1794 *** 13 Glaciale Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Creazione di una commissione composta da 16 deputati per completare la Costituzione del 1793 integrandola con leggi organiche.


    4 Dicembre 1794 *** 14 Glaciale Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – E’ stata formulata una domanda di messa in stato di accusa del deputato Lebon.


    8 Dicembre 1794 *** 18 Glaciale Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Atto di reintegrazione nei ranghi della C.N. di 73 deputati girondini sopravvissuti alle persecuzioni di massa dell’Ottobre 1793.


    11 Dicembre 1794 *** 21 Glaciale Anno III

    LA GUERRA:

    – La marina francese riprende l’isola della Guadalupa agli inglesi.


    14 Dicembre 1794 *** 24 Glaciale Anno III

    LA GUERRA:

    – Inizio dell’assedio di Mayence da parte del Generale Kl&eacuteber.


    16 Dicembre 1794 *** 26 Glaciale Anno III

    Condanna a morte ed esecuzione di Carrier.


    Il Terrore Bianco si fa sentire, particolarmente in provincia, nel Midi e nelle citta’ che maggiormente erano state colpite dal Terrore rivoluzionario.


    24 Dicembre 1794 *** 4 Nevoso Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Abolizione delle leggi del maximum che imponevano limiti al prezzo delle derrate ma anche ai livelli salariali, per contenere l’inflazione.


    27 Dicembre 1794 *** 7 Nevoso Anno III

    LA CONVENZIONE:

    – Rapporto di Merlin De Douai che chiede la messa in stato di accusa di Barère, Billaud-Varenne, Collot D’Herbois e Vadier. Costituzione della prevista commissione di 21 membri per decidere in merito.


    La Rivoluzione, intesa in senso stretto, ha esaurito gran parte dei suoi slanci dopo gli eventi del Termidoro. A parte gli inevitabili sussulti che saranno ancora percepiti, negli anni a venire, si puo’ tentare di fare un primo, parziale, bilancio dei mutamenti sociali generati da questo straordinario periodo.
























    ANTICO REGIMENUOVO REGIME

    Nessun diritto naturale riconosciuto all’individuo in quanto tale.

    Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

    Nessun statuto o Costituzione scritta.

    Una Costituzione scritta, anche se ancora imperfetta.

    I tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario concentrati nelle mani della monarchia.

    I tre poteri: legislativo esecutivo e giudiziario separati e tra di loro indipendenti.

    Il potere del re e’ assoluto, di diritto divino ed ereditario.

    Il capo dello stato e’ eletto dal popolo.

    Nessuna assemblea legislativa, popolare o istituzionale.

    Assemblea legislativa eletta dal popolo.

    Poteri locali diversi, complicati ed esercitati da pubblici ufficiali, proprietari o ereditieri delle loro cariche.

    Poteri locali uniformi, esercitati da pubblici ufficiali dipendenti e stipendiati dal potere centrale.

    Disuguaglianza di fronte alle imposte: nobilta’ e clero largamente o totalmente esenti.

    Eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alle imposte.

    Disuguaglianza delle imposte, tasse e gabelle nell’ambito delle diverse provincie.

    Uniformita’ di applicazione del carico fiscale in tutto il paese.

    Imposte dirette a carico esclusivo del Terzo Stato.

    Imposte dirette a carico di tutti i cittadini.

    Giustizia amministrata da vari poteri: reale, clericale, signorile.

    Giustizia amministrata da un solo potere.

    Giudici proprietari delle loro cariche.

    Giudici dipendenti e retribuiti dal potere centrale.

    Giustizia a pagamento.

    Giustizia gratuita.

    Norme di diritto non uniformi nelle varie provincie.

    Norme di diritto uniformi in tutto il paese.

    Concordato del 1516 che rende lo stato succube della chiesa.

    Separazione totale tra stato e chiesa.

    Il clero imponeva proprie tasse (decime) al Terzo Stato.

    Abolizione delle decime e dei privilegi clericali.

    Diritti feudali gravanti sulle terre.

    Abolizione dei diritti feudali.

    Esistenza di dogane interne.

    Abolizione delle dogane interne.

    Pesi e misure differenti in ogni provincia.

    Adozione del sistema metrico decimale.

    Lavoro professionale, artigianale, ecc. controllato e regolato dalle corporazioni.

    Abolizione delle corporazioni e libera concorrenza.


    Tutto cio’ ha avuto un costo. Nessuno potra’ mai dire con precisione quante siano state le vittime della Rivoluzione.

    Le cifre riportate sono LARGAMENTE INDICATIVE e vengono evidenziate solo per dare un ordine di grandezza.

    Come al solito storia e numeri non vanno d’accordo; praticamente non esistono fonti numeriche sicure per determinare la reale entita’ delle vittime della Rivoluzione. Per mettere insieme delle cifre piu’ o meno attendibili occorre affidarsi ad una miriade di fonti parziali, non sempre sicure, ed operare aggiustamenti e compensazioni a volte anche discutibili.






























    LUOGODETTAGLIN. VITTIME

    PARIGI

    Moti nei faubourgs

    100

    Presa della Bastiglia

    100

    Campo di Marte

    50

    Presa delle Tuileries

    800

    Massacri nelle prigioni

    1.200

    Ghigliottinati = Place Concorde

    1.119

    Ghigliottinati = Place Nation

    1.306

    Ghigliottinati = Altri

    380

    Totale Parigi

    5.055

    PROVINCIA

    La Grande Paura

    400

    Emigrati morti o uccisi in seguito

    1.400

    Massacri nelle prigioni

    450

    Uccisi senza processo in varie circostanze

    12.000

    Repressioni varie: Avignone, Lione, Nantes, Tolone, ecc.

    18.500

    Morti di fame e di paura

    7.000

    Ghigliottinati = nella Loira Inferiore

    3.580

    Ghigliottinati = altre provincie

    10.220

    Terrore Bianco nel Midi

    14.600

    Totale Provincia

    68.150

    LA VANDEA

    Insorti, Chouans, donne, bambini

    150.000

    Soldati repubblicani

    87.000

    Totale Vandea

    237.000

    GUERRE DI CONFINE

    Fronti diversi

    290.000

    RIEPILOGO

    Parigi

    5.055

    Provincia

    68.150

    Vandea

    237.000

    Guerre

    290.000

    TOTALE INDICATIVO

    600.205


    Un attento, cortese lettore mi ha segnalato alcune cifre delle quali prendo atto ma, purtroppo, non essendo splittate, non mi consentono di aggiustare il “tiro” sulla tabella, che ritengo ancora abbastanza attendibile, salvo dimostrazione del contrario.

    Alla fine queste cifre servono solo a dare una sensazione dell’enorme tributo di vite umane sacrificate per la conquista di alcuni diritti elementari dell’uomo che oggi ci sembrano del tutto naturali, scontati e a volte banali.

    Gli anni che seguono vedranno, con alterne vicende e con spregiudicati colpi di stato, consolidarsi il potere della nuova classe emergente, la vera vincitrice della Rivoluzione: la Borghesia.

  • Diario della Rivoluzione Francese: 1791

    3 Gennaio 1791

    A.N.C.:

    – Intimazione agli ecclesiastici, che ancora non l’hanno fatto, di prestare giuramento alla C.C.C. entro 24 ore.


    4 Gennaio 1791

    A.N.C.:

    – Rifiuto della maggior parte dei deputati ecclesiastici di prestare giuramento.


    12 Gennaio 1791

    Occupazione del principato di Liegi da parte delle truppe austriache e ristabilimento dell’autorita’ del principe-vescovo.


    13 Gennaio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che regolamenta la liberta’ di espressione degli scrittori ed attori teatrali.


    16 Gennaio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che cambia il nome del “Maresciallato di Francia” (organo di polizia ordinaria) in Gendarmeria Nazionale.


    18 Gennaio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che stabilisce la liberta’ di commercio con il Senegal.


    20 Gennaio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto sulla riorganizzazione della giustizia nei comuni, cantoni e dipartimenti.


    30 Gennaio 1791

    Qualcosa sul piano Fersen e’ trapelato. Denuncia dei progetti di fuga della famiglia reale al Club dei Giacobini da parte di Dubois-Crance’.


    2 Febbraio 1791

    Inizio delle elezioni, presso le assemblee elettorali dei dipartimenti, dei vescovi costituzionali, cioe’ di quelli che hanno giurato la C.C.C.


    19 Febbraio 1791

    LA CORTE:

    – Le “Mesdames”, due sorelle di Luigi XV e zie di Luigi XVI, abbandonano Parigi e partono per l’esilio. Non faranno pero’ molta strada.


    21 Febbraio 1791

    A.N.C.:

    – L’iniziativa delle Mesdames induce l’Assemblea a dare inizio alla discussione di una legge sulla emigrazione.


    23 Febbraio 1791

    Il principe di Conde’, emigrato subito dopo la presa della Bastiglia e stabilitosi a Worms, crea ed organizza una “Armata degli Emigrati” destinata a riportare la Francia all’antico regime.

    LOUIS JOSEPH DE BOURBON principe di CONDE’. Nato a Parigi il 9/8/1736 e morto a Parigi il 13/5/1818.

    Principe di sangue reale, molto ricco, con una carriera militare di tutto rispetto, si impegna a fondo nella costituzione di una armata di emigrati che dovrebbe affiancare altri eserciti per la riconquista della Francia ed il ripristino degli antichi poteri.

    Le armate austriache e prussiane non apprezzano molto e diffidano degli sforzi di CONDE’ e cercano, in vari modi, di tenerlo in disparte o subordinato.

    Congedata la sua armata e rientrato a Parigi dopo la restaurazione, fara’ costruire a sue spese l’attuale Camera dei Deputati: Palais Bourbon.


    24 Febbraio 1791

    Consacrazione a Parigi dei primi vescovi costituzionali da parte di Talleyrand, deputato e vescovo di Autun.

    CHARLES MAURICE DE TALLEYRAND-PERIGORD. Nato a Parigi il 2/2/1754 e morto a Parigi il 17/5/1838.

    Di lui si e’ scritto tutto il bene e tutto il male possibile: diavolo zoppo, banderuola, salvatore della patria e servitore emerito dello Stato. Vescovo di Autun e miscredente, viene eletto deputato agli Stati Generali nell’ordine del clero, ma e’ proprio lui che si batte con fermezza in Assemblea per la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici e per la Costituzione Civile del Clero. Sostituendosi all’autorita’ del papa consacra nel 1791 i primi vescovi costituzionali.

    La sua vita e’ una continua avventura politica e diplomatica nella quale si muove sempre con estrema abilita’ e scaltrezza.

    Si dice che, prima di morire, si sia riconciliato con la chiesa che aveva contribuito a fare a pezzi; molti pero’ ritengono fosse troppo intelligente per fare una cosa simile.


    27 Febbraio 1791

    JALES:

    – L’esercito interviene e disperde i 20000 monarchici armati che si erano riuniti in questo campo il 18/8/1790.


    28 Febbraio 1791

    A.N.C.:

    – Le “Mesdames”, zie del re, che avevano tentato di emigrare alla chetichella il 19 Febbraio, sono state bloccate dalla gendarmeria e custodite ad Arnay-le-Duc.

    Un intervento di Mirabeau in Assemblea fara’ loro concedere il permesso di
    proseguire per Roma.

    In Assemblea si discute sui provvedimenti da prendere per arginare il fenomeno della emigrazione.


    LA COMUNE:

    – Moti nel faubourg Saint-Antoine, causati dai soliti impellenti motivi e distruzione, da parte della folla, del parapetto del Donjon di Vincennes. Il tumulto e’ sedato dall’arrivo di La Fayette e della Guardia Nazionale.


    Assembramento alle Tuileries di 400 aristocratici armati solamente di pugnali. La Fayette interviene e li arresta tutti quanti.

    Sono i cosidetti “Cavalieri del Pugnale”: gruppo di nobili, ingenui quanto velleitari, che erano intenzionati ad asseragliarsi alle Tuileries per intervenire, in qualsiasi momento, in difesa del re e della regina.


    2 Marzo 1971

    A.N.C.:

    – Soppressione delle corporazioni, dei gruppi professionali, dei dazi e delle sovvenzioni; creazione delle patenti per l’esercizio delle professioni.


    3 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che manda in fonderia tutta l’argenteria sequestrata alla chiesa.


    5 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che crea una Alta Corte provvisoria ad Orléans.


    7 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Discussione su di una nuova legge sulla reggenza, tendente ad escluderne le donne.


    10 Marzo 1791

    Il papa Pio VI condanna pubblicamente la Costituzione Civile del Clero con l’enciclica “Quod Aliquantum”.


    12 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che ordina la compilazione di liste di ecclesiastici giurati e non giurati (refrattari).


    13 Marzo 1791

    Scarcerazione dei 400 “Cavalieri del Pugnale” arrestati il 28 Febbraio.


    15 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Rottura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede.


    Elezione di Gobel come vescovo costituzionale di Parigi.

    JEAN-BAPTISTE JOSEPH GOBEL, nato a Thann (Alto Reno) l’1/9/1727 e ghigliottinato a Parigi il 13/4/1794.

    Gesuita, appassionato collezionista d’arte sino quasi a rovinarsi finanziariamente, riesce a rimettersi in sesto mediante incarichi ben remunerati, in alcune diocesi.

    Viene eletto vescovo costituzionale con ben 500 voti contro le poche decine raccolti da altri che concorrevano all’incarico. Malgrado la sua matrice religiosa e’ un membro molto attivo del Club dei Giacobini e si batte a favore del matrimonio dei preti cattolici.

    Avido di denaro e di potere, commette parecchi abusi nella sua veste di commissario civile in provincia. Richiamato a Parigi, si dimette dalla carica di vescovo costituzionale e finisce sotto processo accusato di cospirazione contro la Repubblica e di “ateismo” e quindi ghigliottinato.


    19 Marzo 1791

    DOUAI:

    – Tumulti e sommosse.


    20 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che sopprime la Convenzione delle Imposte ed i Monopoli in generale.


    27 Marzo 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che affida l’amministrazione del Tesoro Pubblico ad un comitato di tesoreria composto da commissari nominati dal re.


    28 Marzo 1791

    LA COMUNE:

    – Chiusura del club monarchico “Amici della Costituzione” su ordine della Municipalita’ parigina.


    29 Marzo 1791

    Il deputato Mirabeau si ammala gravemente. Voci non controllate attribuiscono la malattia ad un avvelenamento voluto dalla Corte.


    TOLOSA:

    – Moti controrivoluzionari.


    2 Aprile 1791

    Morte di Mirabeau. La notizia provoca grande costernazione tra le classi popolari che lo avevano sempre considerato come un grande sostenitore della Rivoluzione. I suoi tonanti interventi, in Assemblea, a favore dei diritti del popolo, erano noti in tutta la Francia.


    3 Aprile 1791

    LA COMUNE:


    – Proposta del Dipartimento di Parigi all’A.N.C. di trasformare la chiesa di Sainte-Geneviève, ancora in costruzione e non ancora consacrata al culto cattolico, in Pantheon e seppellirvi Mirabeau per primo. La proposta viene accettata e sara’ approvata il 10 seguente.



    – Decretati anche tre giorni di lutto pubblico.



    4 Aprile 1791

    Si svolge il funerale di Mirabeau ed il trasporto dei suoi resti mortali al Pantheon. Si e’ trattato di un rito celebrativo grandioso: una vera apoteosi. Anche la partecipazione popolare e’ stata imponente tanto che la bara ha potuto raggiungere la sua destinazione finale solo nella tarda serata.


    5 Aprile 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che stabilisce la spartizione in parti uguali tra gli eredi nei casi di successione non intestata.

    Praticamente, da questa data, il matrimonio diventa un “contratto” civile e pubblico.


    13 Aprile 1791

    Condanna reiterata della Costituzione Civile del Clero da parte del papa.


    17 Aprile 1791

    LA CORTE:

    – Il re celebra la pasqua con il cardinale Montmorency, prete refrattario. L’atto viene recepito come una vera e propria provocazione.

    Sino al 1790 Montmorency era stato elemosiniere di corte, una delle tante cariche parassitarie eliminate dalla Rivoluzione.


    18 Aprile 1791

    LA CORTE:

    – Mentre il re e la famiglia si recano a Saint-Cloud, la carrozza viene fermata da militi della Guardia Nazionale e da manifestanti che non hanno gradito la scelta di Montmorency e la ritengono una provocazione.

    La Fayette interviene per sbloccare la situazione ma i militi della Guardia Nazionale, che pure erano ai suoi ordini, rifiutano di obbedire ed il re e’ costretto a rientrare alle Tuileries.


    21 Aprile 1791

    A seguito dell’atto di insubordinazione del 18 Aprile, La Fayette rassegna le sue dimissioni dalle funzioni di comandante della Guardia Nazionale di Parigi.


    22 Aprile 1791

    Su richiesta dei delegati di 42 dei 60 battaglioni della Guardia Nazionale Parigina, La Fayette ritira le sue dimissioni.


    27 Aprile 1791

    A.N.C.:

    – Decreto sulla organizzazione delle funzioni e delle responsabilita’ ministeriali.


    Appare il primo numero del “Logographe” giornale fondato da Duport e da Charles Lameth.


    3 Maggio 1791

    Dopo la rottura delle relazioni diplomatiche con il Vaticano ed i reiterati attacchi del papato contro la C.C.C., Pio VI e’ bruciato in effigie, a Palais Royal, da gruppi di dimostranti. Non avendo ottenuto delle scuse “ufficiali” per questo episodio, il nunzio apostolico Dugnani lascia in gran fretta la Francia.


    Dalla sua sede di Amburgo, dove era riparato dopo la presa della Bastiglia, il Barone di Breteuil (890711) invia una lettera a Leopoldo II d’Austria, pregandolo di prendere posizione in merito all’episodio del 18 Aprile, dal quale appare evidente come il re sia prigioniero delle forze rivoluzionarie.


    7 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Inizio del dibattito sulla organizzazione politica ed amministrativa delle colonie.


    9 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Discussione del progetto del deputato Le Chapelier che chiede di vietare la presentazione di petizioni da parte di cittadini passivi (non contribuenti) e di organizzazioni collettive in genere.

    La legge Chapelier, mentre garantisce la liberta’ di lavoro per qualsiasi cittadino, proibisce comunque qualsiasi tipo di associazione o di coalizione operaia.


    10 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Ultime puntualizzazioni e creazione definitiva dell’Alta Corte incaricata di giudicare sui crimini contro la sicurezza dello stato.


    15 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Fine del dibattito sulle colonie che si risolve con il mantenimento della schiavitu’.


    16 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto, su proposta di Robespierre, che vieta ai deputati dell’Assemblea di ripresentarsi alle elezioni nella prossima legislatura. (Decreto di non rieleggibilita’)


    17 Maggio 1791

    LA COMUNE:

    – Espulsione del Club dei Cordelieri, da parte della municipalita’ parigina, dall’omonimo convento nel quale si era insediato il 27 Aprile 1790. E’ una palese ritorsione contro le prese di posizione estremiste di Marat e di Desmoulins.


    18 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Autorizzata l’emissione di 600 milioni di assegnati.


    22 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Votata la legge Le Chapelier che regolamenta il diritto di petizione.(910509)

    Il diritto di petizione all’Assemblea e’ diventato un grosso problema che rischia di ritardare i lavori parlamentari. L’Assemblea deve sovente interrompere la propria attivita’ istituzionale per esaminare le rivendicazioni piu’ strane che i cittadini propongono ai deputati. Un cittadino ha inviato una petizione per essere autorizzato dall’Assemblea a sposare sua …suocera.


    24 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Decisione di inviare tre mediatori per cercare di porre fine al conflitto tra i rivoluzionari installati ad Avignone ed i controrivoluzionari cattolico/monarchici di Carpentras.


    29 Maggio 1791

    LA CORTE:

    – Il generale Bouille'(900831) aveva segretamente promesso l’appoggio delle sue truppe per proteggere una eventuale fuga del re. Una lettera di Fersen lo avverte che la fuga del re, ritenuta imminente, e’ rimandata di qualche giorno.


    30 Maggio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che ordina il trasferimento dei resti mortali di Voltaire al Pantheon.


    1 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Viene ripresa la discussione sul tipo di pena capitale da adottare. Il deputato Peletier-De-Saint-Fargeau ripropone e fa votare la scelta della decapitazione.


    5 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che toglie al re il “Diritto di Grazia”.


    9 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Elezione di Adrien Duport come presidente del Tribunale Criminale di Parigi.


    10 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Elezione di Robespierre quale Pubblico Accusatore al Tribunale Criminale di Parigi.


    12 Giugno 1791

    Il lavoro dell’Assemblea Nazionale Costituente volge al termine; si prevede di promulgare la nuova Costituzione per il prossimo Settembre. Pertanto viene dato inizio alle elezioni primarie per designare gli elettori che avranno il compito di scegliere i deputati della futura Assemblea Legislativa.


    13 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che esige dagli ufficiali una dichiarazione di obbedienza e di fedelta’ alla nuova Costituzione.


    14 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Voto della legge Le Chapelier che abolisce le corporazioni e vieta gli scioperi e le coalizioni operaie.


    15 Giugno 1791

    Dopo quasi due anni di permanenza a Torino il Conte d’Artois si trasferisce a Coblenza; il Principe di Conde’ e le truppe dell’Armata degli Emigrati restano a Worms.


    19 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che autorizza l’emissione di 600 milioni di assegnati.


    20 Giugno 1791

    La fuga del re.

    Si stava preparando da tempo ed erano stati studiati diversi piani di fuga poi sempre accantonati per l’indecisione del re. Alla fine Maria Antonietta si impone ed obbliga il marito a seguire il piano di Fersen, preparato nei minimi dettagli, basato sull’appoggio del generale Bouille’ e sul principio che il sovrano non doveva abbandonare il territorio francese, al fine di preservare sia il prestigio della monarchia che quello che restava dell’autorita’ reale.

    La famiglia reale avrebbe quindi dovuto asseragliarsi nella piazza forte di Montmedy (prossima al confine con il Lussemburgo), sotto la protezione delle truppe di Bouille’, che aveva disposto lungo il percorso 6 reggimenti di cavalleria.

    Tutte le uscite delle Tuileries erano presidiate da militi della Guardia Nazionale agli ordini di La Fayette; non si sa da quali porte la famiglia reale sia uscita. Si sospetta che La Fayette, al corrente del piano, abbia favorito la fuga nella segreta speranza di essere poi, in assenza del sovrano, nominato “Capo dello Stato o Reggente”.

    20 Giugno

    I primi ad uscire sono stati la “governante”, Madame de Tourzel, ed i bambini che salgono su di una vettura a nolo condotta dal conte Fersen e che si arresta poco lontano, in un luogo tranquillo (rue de l’Echelle), in attesa degli altri. Successivamente escono Madame Elisabeth, il re e la regina che, a piedi e separatamente, raggiungeranno la vettura di Fersen.

    21 Giugno

    La famiglia si ricongiunge verso mezzanotte e mezzo, in ritardo sulla tabella di marcia perche’, strada facendo, la regina si e’ persa.

    Superata la barriera di Saint-Martin, stranamente priva di sorveglianza, i fuggitivi raggiungono la rotonda della Villette, lasciano la carrozza e salgono su una pesante berlina con un tiro a sei, appositamente costruita, che li attende fuori le mura e si avviano verso la loro destinazione, sostando in media ogni ora e mezza per il cambio dei cavalli, preventivamente predisposto nelle seguenti localita’:

    Ore 02.30 a Bondy

    Ore 04.00 a Claye-Souilly

    Ore 06.00 a Meaux

    Ore 07.30 a Saint-Jean-Les-Deux-Jumeaux

    Ore 09.00 a Bussières

    Ore 10.00 a Viels-Maisons

    Ore 11.00 a Montmirail

    Ore 12.00 a Fromentières

    Ore 13.00 a Étoges

    Ore 14.45 a Chaintrix-Bierges

    Ore 16.30 a Châlons-Sur-Marne

    Ore 18.00 a Somme-Vesle

    Ore 19.15 a Orbeval

    Ore 21.30 a Saint-Menehould

    A questo punto la fuga del re e’ praticamente terminata.


    Nella stessa notte anche “Monsieur”, conte di Provenza e la consorte si danno alla fuga in direzione di Mons. Riusciranno poi ad espatriare senza inconvenienti.


    21 Giugno 1791

    Verso le ore 7.00 si diffonde rapidamente la notizia della scomparsa della famiglia reale. L’emozione, la rabbia ed il risentimento sono grandi. La Fayette, Bailly ed altri si mettono d’accordo e fanno credere che il re sia stato “rapito”; e’ un tentativo un po’ ingenuo di salvare tutto il lavoro che era stato fatto per la nuova Costituzione di stampo monarchico.

    Solo Brissot (890728) non si inquieta, anzi si rallegra e pubblica che la sparizione della famiglia reale avrebbe comportato un risparmio annuale di almeno 25 milioni di lire di “lista civile”.

    Intanto la grande berlina reale continua il suo viaggio tra la curiosita’ della gente, che non riconosce la famiglia reale e giunge, intorno alle 21.30 alla stazione di posta di Sainte-Menehould. Qui il re viene riconosciuto da un certo Drouet, un addetto alle poste, che si lancia a cavallo nella notte e riesce a far bloccare la carrozza qualche chilometro piu’ avanti, a Varenne.

    Stranamente i militari di Bouille’, dislocati lungo il percorso, con il compito di proteggere la fuga, non intervengono e la famiglia reale viene fermata dalla Municipalita’ in attesa di disposizioni da Parigi. Si suppone che il mancato intervento sia dovuto alla popolazione di Varenne che si e’ affrettata ad elevare una barricata sul ponte che attraversa l’Aire, impedendo il passo ad un nucleo di cavalleria del Royal-Allemand dislocato nel vicino villaggio di Ratantout.

    JEAN-BAPTISTE DROUET, che ha contribuito alla cattura del re, ricevera’ un premio straordinario di 30.000 lire. Eletto piu’ tardi come deputato alla Convenzione, fara’ una carriera politica di tutto rispetto, malgrado qualche traversia. Il 30/3/1793 viene inviato, in qualita’ di commissario della Convenzione Nazionale, per procedere all’arresto del generale Dumouriez e da questi consegnato agli austriaci, dei quali rimarra’ prigioniero sino al Dicembre del 1795. Rientrato nei ranghi parlamentari viene nuovamente arrestato il 10/5/1796 e rinchiuso nella prigione dell’Abbaye, sospettato di aver partecipato al complotto di Babeuf. Il 25/8/1796 riesce ad evadere ed a raccogliere le prove della sua innocenza, tornando a sedere in Parlamento.(951226)


    Le illazioni del caso:

    – Si dice che il re viaggiasse vestito da valletto.

    – Si dice che la regina viaggiasse con un passaporto falso a nome di Baronessa De Korff.

    – Si dice che il re fosse gia’ stato riconosciuto a Chaintrix-Bierges dal mastro di posta J.B. De Lagny.

    – Si dice che il re fosse stato riconosciuto, a Saint-Menehould, anche da un attore di cabaret, un certo Guillaume.

    – Si dice che Drouet abbia riconosciuto il re rammentando l’effigie che appariva sugli assegnati o sulle monete d’oro.

    – Si dice che le berline fossero due: la seconda occupata dal seguito e dai bagagli.


    Naturalmente si tratta solo di supposizioni e/o fantasie indotte.


    22 Giugno 1791

    Alle ore 22.00 giunge la notizia dell’arresto del re a Varennes e l’Assemblea Nazionale Costituente si affretta ad inviare tre commissari:

    – Barnave

    – De La Tour Maubourg

    – Petion

    con l’incarico di riportare a Parigi i fuggiaschi.


    23 Giugno 1791

    Incontro dei commissari dell’ANC e della famiglia reale a Epernay dove era stata cautelativamente trasferita per evitare eventuali colpi di mano da parte delle truppe di Bouille’.

    Incomincia il lento viaggio di ritorno, non privo di inconvenienti.

    – A Dormans il Conte Dampierre, Cavaliere di San Luigi, protesta per l’arresto del re e viene ucciso a fucilate dalla folla inferocita. Viene decapitato e la sua testa esibita ai viaggiatori attraverso il finestrino della berlina.

    – A Bondy una grande folla circonda la berlina e apostrofa la regina come puttana ed i suoi figli come bastardi.


    Il Duca di Orléans viene ammesso come membro al Club dei Giacobini.

    Malgrado tutto, il viaggio di ritorno a Parigi si e’ tinto decisamente di rosa.
    Il deputato Petion, nella sua accurata relazione sugli eventi, lascia intendere come le lunghe ore di viaggio abbiano favorito la nascita di un “travolgente” amore tra Madame Elisabeth ed il Petion stesso, che sedeva nella medesima carrozza. Non si sa se la cosa abbia poi avuto un seguito.

    Il peggio pero’ e’ toccato al commissario Antoine Barnave che si invaghisce pazzamente della regina tanto da giungere ad un vero e proprio voltafaccia politico. Tornato a Parigi comincia una corrispondenza segreta con la sovrana con l’intento di redimerla e convertirla agli ideali di liberta’ e di uguaglianza, senza perdere di vista, naturalmente, le esigenze d’ alcova. E come se non bastasse comincia a diventare, ben presto, un difensore della monarchia e consigliere segreto del re, cosa che lo condurra’ irrimediabilmente al patibolo. (931129)


    25 Giugno 1791

    Il re rientra a Parigi. La notizia del suo arrivo si diffonde rapidamente ed una folla immensa si accalca lungo il percorso che conduce alle Tuileries.

    Per evitare eventuali manifestazioni nei faubourgs, il corteo viene dirottato ed entra in Parigi dai Champs-Élysées.

    C’e’ gente ovunque: sulla strada, sui balconi, sui tetti e sugli alberi ma e’ una folla diversa dal solito, strana e inquietante; ognuno porta un cappello ben calcato in testa e nessuno apre bocca. La carrozza reale passa in mezzo ad un tetro, cupo e spaventoso silenzio, mentre la Guardia Nazionale, dal canto suo, presenta le armi con il fucile rovesciato, in segno di profondo disprezzo.


    Il Generale Bouillé, temendo il peggio, ha pensato bene di riparare in Lussemburgo.


    L’Assemblea Nazionale Costituente ha decretato la sospensione del re da ogni sua funzione e prerogativa, sino a nuovo ordine.


    26 Giugno 1791

    A.N.C.:

    – Incarico a tre commissari:

    . D’Andre’

    . Duport

    . Tronchet

    di interrogare il re sulle circostanze della sua fuga e sulle sue modalita’ al fine anche di individuare i complici.


    27 Giugno 1791

    MONTPELLIER:

    – Petizione dei giacobini che chiedono l’istituzione della repubblica. E’ la prima volta che l’alternativa repubblicana viene messa pubblicamente sul tappeto e contrapposta ad una monarchia ormai priva di senso e scarsa di consensi.


    28 Giugno 1791

    Il Duca Philippe d’Orléans rinuncia pubblicamente a suoi eventuali diritti alla reggenza.

    Rinuncia di natura politica in quanto detti diritti erano piuttosto vaghi.


    6 Luglio 1791

    Dichiarazione dell’imperatore Leopoldo II d’Austria che chiede agli altri sovrani di unirsi a lui per esigere il rispetto della liberta’ e dell’onore del re di Francia.


    9 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che impone agli emigrati di ritornare entro due mesi in Francia.


    11 Luglio 1791

    Traslazione e sistemazione delle ceneri di Voltaire al Pantheon.

    E’stata una cerimonia grandiosa. L’urna contenente le ceneri del filosofo era disposta su di un carro trainato da 4 cavalli bianchi; e’ giunta al Pantheon dopo aver attraversato tutta la citta’, sostando per qualche minuto sulla spianata della Bastiglia.




    12 Luglio 1791

    Chaumette legge, al Club dei Cordelieri, il suo “Appello alla Nazione“, un manifesto politico ed insurrezionale.

    PIERRE GASPARD CHAUMETTE (detto Anassagora). Nato a Nevers il 24/5/1763 e ghigliottinato a Parigi il 13/4/1794.

    A 13 anni viene espulso da scuola per immoralita’ e si ingaggia come mozzo. Tra il 1782 ed il 1786 studia anatomia a Nevers e diventa assistente di un medico inglese operante in Francia. Nel 1790 approda a Parigi ed intuisce in pieno le possibilita’ che la Rivoluzione puo’ offrirgli. Membro del Club dei Cordelieri, sara’ il propugnatore di tutti i piu’ discutibili atti rivoluzionari. Il suo e’ un estremismo viscerale ed incontrollabile.

    Promuove, con altri, l’insurrezione del 20/6/1792; partecipa alla definizione della Legge sui Sospetti; partecipa alla costituzione del Tribunale Rivoluzionario ed alla promozione delle imposte sui ricchi. Forte dell’appoggio delle masse piu’ ignoranti, che vedono in lui una specie di messia, diventa un escutore zelante e spietato delle “regole” del Terrore.

    Pederasta sino al midollo, promuove una campagna contro le prostitute, talmente violenta da scandalizzare anche i membri della Convenzione, che pur non erano poi molto schizzinosi.

    Persino Robespierre lo giudica “una faina, dal muso appuntito, sempre pronto a sguazzare nel sangue” e questo gli aprira’ la strada verso la ghigliottina.


    13 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Inizio del dibattito sulla fuga del re.


    14 Luglio 1791

    La festa della “Federazione” viene celebrata, per la seconda volta, al Campo di Marte di Parigi.


    15 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che proclama il re inviolabile, cosa che lo esclude, per il momento, da ogni tipo di giudizio.


    – Altro decreto che deferisce Bouille’, in contumacia, davanti all’Alta Corte di Giustizia, per complicita’ nella fuga del re. In pratica una condanna a morte.

    Strano comportamento che persegue il complice ma non il principale colpevole.


    16 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che mantiene la sospensione del re, decisa il 25 Giugno, sino a quando non gli verra’ presentata e da lui ratificata la Costituzione.


    Crisi in seno al Club dei Giacobini; una parte dei membri si separa e da vita al Club dei Foglianti.

    La crisi e’ stata provocata dalla richiesta di decadimento della monarchia. I Foglianti, sotto l’influenza dei partigiani di La Fayette, sono contrari a questo provvedimento che porterebbe, come naturale conseguenza, alla repubblica.

    Il Club si installa nei locali del Convento dei Foglianti, in Rue Saint-Honore’, ma non avra’ vita facile. Dilaniato da discordie e da tensioni interne cessera’ la sua attivita’ dopo appena un anno di vita (10/8/1792).


    17 Luglio 1791

    La strage del Campo di Marte: un’altra giornata cruciale della Rivoluzione.

    L’idea di una repubblica, giudicata assurda ancora qualche mese prima, ha ormai conquistato il favore di una larga parte della popolazione, disgustata dal comportamento e dalla fuga del re.

    Il Club dei Giacobini si fa portavoce di questa nuova istanza e deposita, con una grande cerimonia, sull’altare della patria in Campo di Marte, una petizione nella quale si chiede l’abdicazione di Luigi XVI. La grande affluenza di popolo, oltre ogni previsione, induce la Municipalita’ ad issare la bandiera rossa della legge marziale allo Hôtel de Ville e ad ordinare a La Fayette di disperdere l’assembramento.

    La Guardia Nazionale interviene, spara sui dimostranti ed a fine giornata si conteranno almeno 50 morti.

    Parecchi ordini di cattura vengono emessi contro personalita’ di spicco che hanno organizzato e partecipato alla manifestazione.


    18 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – A seguito dei sanguinosi eventi del giorno prima, viene emesso un decreto che reprime le provocazioni all’omicidio, l’eccitazione dei cittadini alla disobbedienza, la pubblicazione e la diffusione di scritti sediziosi, monito particolarmente rivolto agli agitatori di Campo di Marte, ai loro capi ed alle loro pubblicazioni.

    Danton scappa in Inghilterra; Marat si nasconde in provincia.


    19 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che istituisce ed organizza una polizia municipale e correzionale.


    25 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che persegue, come transfughi, gli ufficiali disertori ed emigrati.


    Inizio delle negoziazioni, tra potenze europee, in vista di un congresso internazionale contro la Rivoluzione.


    28 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che riorganizza la Guardia Nazionale, territorialmente frazionata e dai compiti incerti ed, a volte, disattesi.


    30 Luglio 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che abolisce certe decorazioni e segni esteriori di distinzione di nascita.


    1 Agosto 1791

    Robespierre pubblica il suo scritto “Adresse aux Françaises”.


    4 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che mette a punto l’arruolamento di nuove milizie per le Guardie Nazionali; queste nuove reclute danno vita al cosidetto gruppo dei “volontari del 1791”.


    8 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Inizio della discussione sulla Costituzione. Malgrado i fatti del 17 Luglio si continua a discutere su di un disegno di Costituzione di stampo monarchico.


    9 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che proclama la Francia ed il suo territorio metropolitano come “indivisibile”.


    15 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che vieta di portare abiti ecclesiastici fuori dagli edifici religiosi. Misura divenuta necessaria per impedire che la presunta sacralita’ di tali abiti possa coprire loschi traffici.


    17 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che impone agli emigrati di tornare in Francia entro un mese.


    22 Agosto 1791

    LE COLONIE:

    – Inizio della insurrezione degli schiavi neri a San Domingo. E’ una protesta contro i decreti dell’Assemblea che confermano il mantenimento della schiavitu’.
    Robespierre si era sempre opposto a questi decreti che, secondo lui, coprivano di vergogna i loro stessi estensori.


    23 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Votazione di una legge organica che regolamenta la liberta’ di stampa.


    26 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Notifica della aggiudicazione del primo miliardo di beni nazionali, derivanti da proprieta’ feudali e dai beni ecclesiastici.


    27 Agosto 1791

    Incontro a Pillnitz (Sassonia) tra l’imperatore d’Austria ed il re di Prussia, in presenza dell’Elettore di Sassonia e del Conte d’Artois; pubblicazione di una dichiarazione comune di Leopoldo II e Federico-Guglielmo II nella quale affermano la loro volonta’ di mettere il re di Francia in condizioni di porre le basi di un governo monarchico; dichiarazione vaga, nei suoi tratti essenziali, ma percepita in Francia come una minaccia diretta ai partigiani della Rivoluzione.


    28 Agosto 1791

    A.N.C.:

    – Decreto sul ristabilimento della disciplina nell’esercito, sovente in preda alla ribellione ed alla disubbidienza.


    Publicazione del primo numero de “L’Ami des Citoyens” a cura di Tallien.


    29 Agosto 1791

    Inizia l’elezione dei deputati alla futura Assemblea Legislativa.

    A parte le altre limitazioni, sono stati esclusi dal diritto di voto i domestici, i valletti, i lacche’ e tutti i servitori in genere della nobilta’ e del clero. Essi sono considerati “sospetti” per definizione.


    2 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che sopprime l’Ordine degli avvocati.


    3 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Termina il dibattito sulla Costituzione.


    9 Settembre 1791

    Ritorno di Danton a Parigi. Ritenuto uno dei responsabili dell’assembramento al Campo di Marte del 17/7/1791, si era rifugiato in Inghilterra.


    13 Settembre 1791

    LA CORTE:

    – Il re sancisce la Costituzione. E’ la prima Costituzione di Francia, di stampo monarchico ed avra’ una vita breve.

    La Costituzione del 1791 essenzialmente recita:

    La Francia e’ una monarchia ereditaria diretta da un “re dei francesi”, per grazia di Dio e della legge costituzionale dello Stato.

    Il re dispone del potere esecutivo e nomina o dimette i ministri che egli puo’ e deve scegliere al di fuori dell’Assemblea Nazionale Legislativa.

    Il re ha anche la facolta’ di ritardare, sino a 4 anni, con il suo veto sospensivo, la promulgazione delle leggi votate dall’Assemblea Nazionale Legislativa.

    La sovranita’ della Nazione si esprime mediante il diritto di rappresentanza nell’unica Assemblea Legislativa.

    Il re e’ il capo supremo dell’Amministrazione e degli Eserciti e nomina gli Ambasciatori.

    L’Assemblea Legislativa propone e decreta le leggi, controlla la Spesa Pubblica, decreta la guerra e ratifica i trattati con le altre Nazioni.

    La Costituzione Civile del Clero e’ parte integrante della Costituzione di Francia.


    14 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Giuramento alla Costituzione prestato dal re davanti all’Assemblea.

    In questa occasione e’ stata concessa una amnistia generale a tutti coloro che erano in qualche modo implicati nella fuga del re.


    Integrazione nella Francia di Avignone e del Comtat Venaissin, dopo un plebiscito favorevole: su 150.000 votanti 102.000 hanno votato per l’annessione.
    Erano due colonie del papato in territorio francese.


    16 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Decreto sulla polizia di sicurezza, la giustizia criminale e le giurie.


    17 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Decreto di soppressione della Corte dei Conti.


    18 Settembre 1791

    Festa al Campo di Marte per celebrare la Costituzione.


    19 Settembre 1791

    Rappresentazione di “Riccardo Cuor di Leone” di Sedaine e Gretry al Teatro Italiano e manifestazione del pubblico a favore del re.


    20 Settembre 1791

    La folla acclama il re mentre si reca ad una rappresentazione all’Opera.


    23 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che attribuisce il comando della Guardia Nazionale a ciascuno dei comandanti delle sei regioni, a turno.


    25 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Promulgazione del Codice Penale e decreto di applicazione della pena di morte mediante decapitazione.


    Grande festa a Parigi per la nuova Costituzione. Solenne Te Deum a Notre Dame, luminarie, sfilate e balli. Il re offre un dono di 50.000 lire ai poveri.


    27 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che dichiara libero qualsiasi uomo vivente sul territorio francese, qualunque sia il suo colore; questo lascia pero’ sussistere la schiavitu’ nelle colonie, non considerate territorio metropolitano.


    – La cittadinanza francese viene accordata anche agli ebrei.


    29 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – Decreto che limita l’arruolamento e la partecipazione alla Guardia Nazionale ai soli cittadini fiscalmente attivi ed ai loro figli.


    30 Settembre 1791

    A.N.C.:

    – L’Assemblea Nazionale Costituente ha terminato i suoi compiti. Ultima seduta ed amnistia generale per tutti i colpevoli di disordini, condannati dopo il 1788.


    1 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Prima seduta dell’Assemblea Nazionale Legislativa (in breve A.N.L.) ed elezione del suo presidente: il deputato Pastoret.

    L’Assemblea conta 745 deputati cosi’ ripartiti:

    – 260 appartenenti alla Destra (foglianti, ecc.)

    – 130 appartenenti alla Sinistra (giacobini, girondini, cordelieri)

    – 355 appartenti al centro (la plane, il marais).


    LA CORTE:

    – Nomina da parte del re di un nuovo ministro della marina, Bertrand de Molleville, che succede a Thevenard.


    4 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Tutti i deputati prestano giuramento di fedelta’ alla Costituzione.


    5 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Decreto, su proposta del deputato Couthon, che abolisce i termini “sire” e “maesta’”; attribuisce al re un seggio identico a quello del presidente dell’Assemblea ed autorizza i deputati a sedersi in sua presenza.

    GEORGE AUGUSTE COUTHON, nato ad Orcet il 22/12/1755 e ghigliottinato a Parigi il 28/7/1794.

    Era definito come “la seconda anima di Robespierre”. Avvocato, pur essendo completamente paralitico agli arti inferiori, si butta in politica e ricopre incarichi importanti in provincia, specie a Lione e nel Puy-de-Dome.

    Ad ogni occasione Couthon si dichiarava fiero di condurre una lotta a morte ai santi, ai preti, alle campane ed alle reliquie.

    A Parigi, oltre ad essere deputato all’Assemblea Legislativa, fa parte del Comitato di Salute Pubblica. Avversario acerrimo del movimento girondino e sempre fedele alla politica di Robespierre del quale seguira’ la sorte il 28/7/1794.


    6 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Su proposta del deputato Hérault de Séchelles, annullamento del decreto precedente.

    MARIE JEAN HERAULT DE SECHELLES, nato a Parigi il 20/10/1759 e ghigliottinato a Parigi il 5 Aprile 1794.

    Ricco, bello, intelligente e vanitoso come un pavone, come tutta la gioventu’ aristocratica dei suoi tempi.

    A soli 18 anni esercita l’avvocatura a Parigi e nel 1785 ottiene dalla Corte (o dalla regina?) la carica di Avvocato Generale. Malgrado questi privilegi non esita, nei salotti parigini, a vantarsi come uno dei “vincitori della Bastiglia“. Il fascino che esercita sulle donne gli apre le porte a numerosi e lucrosi incarichi e la sua vita politica e’ come una banderuola che ruota dai Foglianti ai Girondini ai Montagnardi e verso quanti altri possano favorire il suo successo personale.

    Robespierre, l’incorruttibile, non lo sopporta molto e cerca di allontanarlo da Parigi e dalle parigine con alcune missioni in provincia, dove e’ quasi inevitabile non fare sbagli; poi, al suo ritorno, lo consegna al boia insieme a tanti altri.


    8 Ottobre 1791

    Dimissioni necessarie di La Fayette, da comandante della Guardia Nazionale di Parigi, in quanto ha deciso di presentarsi come candidato alla carica di sindaco della capitale, al posto di Bailly.


    9 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Rapporto dei commissari Gallois e Gensomme inviati, il luglio precedente, in Vandea e nelle Deux-Sévres, per indagare sui disordini religiosi e controrivoluzionari che si erano verificati in queste localita’.


    16 Ottobre 1791

    AVIGNONE:

    – Alcuni controrivoluzionari cattolici/monarchici hanno assassinato il Segretario Generale del Comune Lescuyer, sui gradini dell’altare della cattedrale.

    Come ritorsione, un gruppo di rivoluzionari, agli ordini di Jourdan, detto Mozza-Teste, si impadroniscono della prigione della Glaciére e massacrano decine di detenuti politici contrari alla Rivoluzione.

    MATHIEU JOUVE, detto JOURDAN MOZZA-TESTE, nato a Saint-Just nel 1749 e ghigliottinato a Parigi il 27/5/1794.

    Macellaio, maniscalco, soldato ed artista di cabaret a Parigi agli inizi della Rivoluzione. Prende parte alla presa della Bastiglia e gli viene attribuita la morte del governatore Launay.

    Tipo deciso e senza scrupoli, viene inviato dalla Rivoluzione in tutti quei luoghi ove occorre dare una “lezione”, secondo l’etica del Terrore.

    Gli vengono cosi’ attribuiti numerosi massacri in tutta la Francia, dal Comtat-Venaissin, ad Avignone, sino alle Bocche del Rodano; nessuno riuscira’ mai a quantificare il numero dei morti che gli vengono addebitati. Si parla comunque di molte centinaia.

    Alla fine fa uno sbaglio: quale comandante della Gendarmeria di Vaucluse fa arrestare un rappresentante della Convenzione, in missione. Era l’occasione che molti aspettavano per togliere di mezzo un personaggio ormai troppo pericoloso. Condotto a Parigi, viene processato e ghigliottinato in pochi minuti.


    20 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Inizio della discussione sul problema degli emigrati.


    – Proposta bellicista del deputato Brissot e dei suoi amici che propongono di prendere l’iniziativa della guerra contro gli Stati d’Europa ostili alla Rivoluzione.

    La Guerra. La Dichiarazione di Pillnitz del 27/8/1791 ha lasciato qualche segno ed ha fornito lo spunto per dare un nuovo indirizzo alla Rivoluzione.

    La situazione e’ sempre caotica: fame, carestia e disoccupazione continuano ad affliggere il paese ed a renderlo sempre meno governabile, sopra tutto in provincia.

    Alcune correnti politiche cominciano a vedere, in una possibile guerra, un momento di aggregazione dello spirito nazionalistico contro un comune nemico esterno: la guerra come distrazione e rimedio ai mali interni. Lo stato di belligeranza consentirebbe e giustificherebbe quei provvedimenti eccezionali, necessari e rigorosi, per contenere i movimenti controrivoluzionari che stanno emergendo in tutto il paese. Inoltre risolverebbe in parte il problema della disoccupazione.

    La giustificazione morale della guerra e’ quella di portare la liberta’ ed i principi rivoluzionari dell’eguaglianza a quei popoli europei ancora governati dall’assolutismo.
    Ovviamente non tutti sono daccordo.
    Robespierre ed alcuni altri preferirebbero anzitutto riportare lo stato alla governabilita’ applicando quei principi che vengono lentamente a definirsi e che saranno in seguito recepiti sotto l’etichetta di Terrore; prima eliminare i nemici interni e poi rivolgersi contro quelli esterni.

    Oltretutto Robespierre sa benissimo che gli alti gradi militari sono ancora nelle mani dell’aristocrazia e non si fida: “No, io non mi fido dei generali e, tolta qualche lodevole eccezione, dico che quasi tutti rimpiangono l’antico regime; io mi fido solo del popolo.”

    Di ben altro avviso e’ il girondino Claviére: “La mobilitazione militare serve per tenere lontano il maggior numero di uomini validi dai conflitti interni e dalle lotte sociali.”


    22 Ottobre 1791

    Proposta della “Societe Fraternelle des Halles” di dichiarare la “Patria in Pericolo”. La cosa equivale alla proclamazione di uno stato di allerta generale contro i nemici interni ed esterni della Rivoluzione ed autorizza l’adozione di provvedimenti eccezionali di ordine pubblico quali la “legge marziale” ed altre gravi restrizioni.


    Prima rappresentazione al Teatro Molière di Parigi del lavoro del Marchese De Sade “Le Comte Oxtiern ou Le Malheurs Du Libertinage”.


    25 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Discorso del deputato Vergniaud che propone di prendere l’offensiva militare contro i paesi della Dichiarazione di Pillnitz.


    31 Ottobre 1791

    A.N.L.:

    – Primo decreto contro gli aristocratici emigrati. Imposizione ai nobili di rientrare in patria pena la confisca dei loro beni immobiliari.


    – Decreto che intima a “Monsieur” fratello del re, di ritornare in Francia per non perdere i suoi eventuali diritti alla reggenza.


    LA CORTE:

    – Dimissioni del Ministro degli Affari Esterni Montmorin sostituito da Lessart.


    1 Novembre 1791

    A.N.L.:

    – Autorizzazione all’emissione di 100 milioni di assegnati portando il totale emesso a 1 miliardo e 900 milioni.


    6 Novembre 1791

    A.N.L.:

    – Discussione sul Rapporto del Direttorio del Dipartimento della Mayenne che riferisce sulla preparazione di una insurrezione controrivoluzionaria sotto la direzione di preti refrattari.


    9 Novembre 1791

    A.N.L.:

    – Altro decreto che impone agli emigrati di ritornare in Francia prima del 1/1/1792 sotto pena della confisca dei loro beni e la condanna a morte in contumacia.


    11 Novembre 1791

    LA CORTE:

    – Approvazione del re ai decreti sugli emigrati del 31 Ottobre e 9 Novembre; contemporaneamente il re sollecita i suoi fratelli a ritornare in Francia.


    12 Novembre 1791

    LA CORTE:

    – Nuovo invito del re agli emigrati a ritornare in Francia per non incorrere nelle gravi pene previste dal decreto del 9 Novembre.


    Lettera circolare dell’imperatore Leopoldo II d’Austria agli altri sovrani nella quale ribadisce la Dichiarazione di Pillnitz del 27 Agosto.


    14 Novembre 1791

    LA COMUNE:

    – Elezione di Petion come sindaco di Parigi con 6.728 voti contro i 3.126 di La Fayette; su 80.000 iscritti circa 70.000 elettori si sono astenuti dal voto.

    JEROME PETION, nato a Chartres il 2/1/1756 e morto a Saint-Magne il 18/6/1794.

    Avvocato a Chartres prima di entrare in politica, uomo di aspetto molto gradevole e grande oratore, in grado di far piangere i suoi ascoltatori.

    Deputato all’Assemblea Nazionale Costituente nelle file dell’estrema sinistra, diventa ben presto amico e confidente di Robespierre. Mentre quest’ultimo acquistera’, poco alla volta, la fama di Incorruttibile, Petion otterra’ quella di Inflessibile.

    Incaricato, con altri, di riportare a Parigi il re, catturato a Varenne, durante il viaggio si innamora di Madame Elisabeth, sorella di Luigi XVI, mettendo in serio pericolo la sua …carriera politica; al cuore non si comanda.

    La nomina a sindaco di Parigi lo condiziona e lo porta su posizioni politiche piu’ moderate, prossime a quelle dei Girondini; il suo voto contrario alla morte del re e le sue prese di posizione contro gli atteggiamenti estremistici di Marat lo mettono in sospetto e gli alienano la fiducia di Robespierre. Nel Giugno del 1794 si rifugia dalle parti di Bordeaux per sfuggire alla ghigliottina. Individuato, preferisce suicidarsi per non farsi prendere.


    25 Novembre 1791

    A.N.L.:

    – Creazione di un “Comitato di Sorveglianza Rivoluzionaria” proposto dai membri dell’Assemblea.


    LA CORTE:

    – Lettera della regina a Fersen nella quale spiega le scelte della Corte ora orientate alla politica “del peggio e della guerra esterna”.


    29 Novembre 1791

    A.N.L.:

    – Decreto che intima ai preti refrattari di prestare il giuramento civico sotto pena di essere considerati come “sospetti” di attivita’ controrivoluzionarie.


    2 Dicembre 1791

    LA CORTE:

    – Dimissioni di Duportail, Ministro della Guerra. E’ rimpiazzato dal Conte di Narbonne.


    3 Dicembre 1791

    LA CORTE:

    – I fratelli del re gli fanno sapere che rifiutano di obbedire alle sue esortazioni del 31/10 “a causa della prigionia fisica e morale in cui sua maesta’ e’ trattenuta”.


    Lettera segreta del re a Federico Guglielmo II di Prussia nella quale richiede un intervento militare, concertato con gli altri sovrani, per “arrestare i faziosi, dare modo di ristabilire un ordine di cose piu’ desiderabile, ed impedire che il male che ci travaglia possa raggiungere gli altri stati d’Europa”.

    Anche la regina ha scritto una lettera al fratello Leopoldo II d’Austria, richiedendo un intervento militare.


    5 Dicembre 1791

    COBLENZA:

    – Approvazione da parte dei fratelli del re di un piano di insurrezione in Bretagna preparato da La Rouerie, ex guardia del corpo di Luigi XVI. Il piano non verra’ attuato ma servira’ in seguito come modello per gli insorti della Vandea.


    10 Dicembre 1791

    Federico Guglielmo II, re di Prussia, ratifica la risoluzione della Dieta di Francoforte che accorda la protezione prussiana ai Principi Possessionari d’Alsazia, spogliati dai decreti rivoluzionari.


    14 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – Il re annuncia all’Assemblea di avere intimato agli Elettori di Treviri e di Magonza di disperdere gli assembramenti di emigrati, sulle loro terre, prima del 15 Gennaio 1792.
    E’ solo una mossa politica per allontanare dalla Corte determinati sospetti dell’Assemblea.


    Discorso del Ministro della Guerra Narbonne in favore della apertura di un conflitto.


    17 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – Decretata l’emissione di 300 milioni di assegnati.


    19 Dicembre 1791

    LA CORTE:

    – Approvazione, da parte del re, del decreto del 29 Novembre contro i preti refrattari.


    21 Dicembre 1791

    Nota dell’imperatore Federico Guglielmo II di Prussia al governo francese nella quale avvisa che difendera’ l’Elettore di Treves contro una aggressione militare della Francia e ribadisce gli elementi della dichiarazione di Pillnitz del 27 Agosto.


    27 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – La guerra si profila imminente. Nomina dei generali Rochambeau e Luckner come marescialli di Francia alla testa delle armate del Nord e del Reno.


    28 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – Decreto per la organizzazione di battaglioni di volontari.


    Grandi acclamazioni alla regina, al Teatro dell’Opera, dove si rappresenta “Ifigenia in Aulide” di Gluck, nel momento in cui il coro declama: “Cantiamo! Celebriamo la nostra regina!”.


    29 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – Voto di un prestito di 20 milioni di lire per la guerra.


    30 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – Discorso del deputato Isnard in favore di una “guerra indispensabile per consumare la rivoluzione”.


    31 Dicembre 1791

    A.N.L.:

    – Decreto che sopprime il tradizionale omaggio al re in occasione del nuovo anno.

  • Diario della Rivoluzione Francese: 1790

    5 Gennaio 1790

    BORDEAUX:

    – La municipalita’ di Bordeaux chiede all’Assemblea Nazionale Costituente di istituire una festa commemorativa del 14 Luglio 1789.


    7 Gennaio 1790

    VERSAILLES:

    – Moti in citta’ per fare abbassare il prezzo del pane.


    12 Gennaio 1790

    BRUXELLES:

    – Proclamazione degli “Stati Uniti del Belgio”.


    15 Gennaio 1790

    LA PROVINCIA:

    – Festa della Federazione dei Bretons e degli Angevins a Pontivy.

    Durante queste feste, il 19 Gennaio, verra’ pronunciato per la prima volta il giuramento “Vivere libero o morire”.

    LE FEDERAZIONI.

    Scomparse le strutture dell’antico regime venne a crearsi un nuovo potere municipale e borghese che senti’ ben presto il bisogno di affermare la sua appartenenza ad una comunita’.

    Le federazioni furono quindi un movimento spontaneo di aggregazione di cittadini e di varie municipalita’, inizialmente inteso come movimento di unione e di fraternita’ e, in seguito, come movimento di difesa di interessi comuni.

    L’aspetto piu’ evidente fu quello del raggruppamento e della fusione dei vari gruppi di Guardie Borghesi in raggruppamenti militari territoriali: le Guardie Nazionali Federate.

    Caduti praticamente i poteri centrali del vecchio regime, si vennero a costituire, spontaneamente, nuovi poteri locali, piu’ o meno forti, e molte volte in grado di opporsi ai decreti ed alle ordinanze dell’Assemblea Nazionale. Col tempo, questo movimento perse di importanza ed alla fine, 1793, venne considerato come un atteggiamento ostile alla Rivoluzione.


    18 Gennaio 1790

    Pubblicazione della “Denuncia contro Necker” di Marat.


    21 Gennaio 1790

    A.N.C.:

    – Il Dott. Guillotin propone di adottare, per tutti i condannati a morte, la decapitazione mediante una nuova macchina da mettere a punto.


    22 Gennaio 1790

    Battaglia dei Cordelieri. Marat con le sue pubblicazioni eversive ha nuovamente passato il segno. Le forze di polizia inviate dalla municipalita’ di Parigi per arrestarlo, si scontrano con la popolazione del distretto dei Cordelieri, che tenta di impedirne l’arresto.


    31 Gennaio 1790

    VALENCE:

    – Assemblea di gruppi federati.


    4 Febbraio 1790

    A.N.C.:

    – I deputati prestano il giuramento di fedelta’ alle istituzioni in presenza del re.


    7 Febbraio 1790

    LIONE:

    – Moti e disordini per la carestia e la disoccupazione.

    E’ terminata la demolizione della Bastiglia. Il cittadino Palloy ha eseguito il lavoro nel giro di sei mesi. Al centro della spianata e’ stato piantato un palo con sopra un berretto frigio ed un cartello che recita: Ici l’on danse.


    13 Febbraio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che proibisce i voti religiosi e sopprime gli ordini religiosi contemplativi, giudicati totalmente parassitari.


    19 Febbraio 1790

    Thomas De Mahy, sedicente marchese di Favras, e’ stato impiccato in Place de Grève dopo un processo sommario.

    Prima di essere appeso il condannato si e’ assogettato al rito, abbastanza inconsueto, della Onorevole Ammenda. Il rito, molto antico, consisteva nell’inginocchiarsi davanti al pubblico, sul sagrato di una chiesa, autocensurarsi e pentirsi, chiedendo perdono ai presenti.

    THOMAS DE MAHY era un avventuriero, nato ad Orleans il 26/3/1744.

    Godendo inizialmente di una qualche protezione da parte del Conte di Provenza, era riuscito ad intrufolarsi a Corte, dove sperava di fare quattrini. Aveva proposto piani fantasiosi di risanamento delle finanze, formazione di gruppi di “fedelissimi” al re, composti da guardie congedate o riformate, aveva cercato di mettere le mani in pasta in un certo prestito di due milioni di lire a favore del Conte di Provenza ed altre stranezze, sino ad organizzare un piano di fuga del re dalle Tuileries, che prevedeva, nella sua esecuzione, anche l’assassinio di La Fayette e di Bailly, il blocco di Parigi e l’affamamento della popolazione. Era piu’ che sufficiente per finire appeso ad una corda ben insaponata.


    20 Febbraio 1790

    Morte a Vienna dell’imperatore Giuseppe II. Gli succede il figlio Leopoldo II.


    21 Febbraio 1790

    DOLE:

    – Le Guardie Nazionali di Alsazia, Borgogna e Franca Contea si sono riunite in Federazione.


    22 Febbraio 1790

    CHATEAUROUX:

    – Moti e disordini popolari.


    23 Febbraio 1790

    A.N.C.:

    – Emissione di un decreto che istituisce l’obbligo, per i curati, di leggere in chiaro i decreti dell’Assemblea, durante le funzioni religiose.


    26 Febbraio 1790

    A.N.C.:

    – Riforma delle amministrazioni locali. Decreto che fissa il nome, l’estensione, i limiti ed i distretti degli 84 dipartimenti.


    28 Febbraio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto sulla costituzione ed il rinnovamento dell’esercito e che abolisce il monopolio della nobilta’ nella detenzione dei gradi superiori.


    7 Marzo 1790

    Federazione di tutte le milizie del dipartimento dei Vosges.


    8 Marzo 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che mantiene la schiavitu’ nelle colonie e crea le Assemblee coloniali.

    Nel 1789 la Francia vantava i seguenti possedimenti coloniali:

    – la meta’ occidentale dell’isola di San Domingo(Haiti)

    – la Martinica

    – Santa Lucia

    – la Guadalupa

    – l’isola di Tobago

    – la Guyana

    – Saint-Pierre et Miquelon

    – Senegal

    – la Luisiana (New Orleans)

    – alcuni piccoli insediamenti in Africa ed in India (Madras, Pondichery, Karikal, ecc).

    La popolazione delle colonie era composta da 55.000 bianchi, 32.000 mulatti e negri liberi e 600.000 schiavi.

    Nelle colonie la Francia esportava manufatti (tessuti ed altro) per un valore di lire 1.061.000.000 annuali e nel contempo importava:

    – zucchero: 90.000 tonn.

    – caffe: 20.000 tonn.

    – cotone: 5.000 tonn.

    – indaco: 900 tonn. (in gran parte riesportato)


    15 Marzo 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che sopprime, senza indennizzo, i diritti di signoria presuntamente usurpati allo Stato o stabiliti con la forza; mantiene invece il riscatto delle rendite fondiarie legalmente acquisite.

    – Decreto che istituisce l’uguaglianza delle spartizioni nelle successioni e sopprime il diritto di progenitura e di mascolinita’.

    – Elezione di Rabaut Saint-Etienne come presidente dell’Assemblea.


    16 Marzo 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che sopprime le famigerate “lettres de cachet”.


    17 Marzo 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che decide la vendita dei beni del clero da parte delle municipalita’, secondo le rispettive competenze territoriali.


    18 Marzo 1790

    BRUXELLES:

    – Violenti moti controrivoluzionari e sconfitta dei partigiani della rivoluzione del Dicembre 1789; molti di essi si rifugiano in Francia.(891218)


    21 Marzo 1790

    A.N.C.:

    – Decreto di soppressione delle gabelle.


    29 Marzo 1790

    Il papa Pio VI condanna, davanti al Concistoro, la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, emanata il 26 Agosto 1789.

    Atteggiamento atteso e scontato; per la chiesa l’Uomo e’ una pecora, che non ha diritti, e deve affidarsi unicamente alla guida del “buon pastore”.


    31 Marzo 1790

    Elezione di Robespierre come presidente di turno,per il mese di Aprile, del Club dei Giacobini.


    1 Aprile 1790

    Viene reso di pubblico dominio un “Libro Rosso” che contiene la lista e gli importi delle pensioni e dei trattamenti di favore elargiti dal re.

    Alcune cifre rilevate nel “Libro Rosso”:

    – a favore dei fratelli del re: 28 milioni

    – doni e gratificazioni a terzi: 6 milioni

    – pensioni e trattamenti di favore: 2 milioni

    – elemosine: 254.000 lire

    – indennita’, prestiti, anticipi: 15 milioni

    – acquisizioni, contributi: 21 milioni

    – interessi finanziari: 6 milioni

    – contatti con l’estero (altre corti?) e posta: 136 milioni(!)

    – spese varie: 2 milioni

    – spese personali del re e della regina: 11,5 milioni

    Il totale e’ di circa 230 milioni. Il salario annuale di un operaio parigino era di circa 450 lire.


    3 Aprile 1790

    Soppressione del monopolio commerciale della Compagnia delle Indie Orientali. Aveva l’esclusiva per il commercio con tutti i paesi ad est del Capo di Buona Speranza.


    5 Aprile 1790

    VANNES:

    – Moti controrivoluzionari.


    6 Aprile 1790

    NIMES:

    – Moti e disordini che oppongono cattolici, eccitati da agenti del Conte d’Artois, ai protestanti favorevoli all’A.N.C.


    9 Aprile 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che pone a carico dello stato i debiti del clero. Naturale conseguenza del fatto che i beni ecclesiastici sono stati nazionalizzati. (891102)


    14 Aprile 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che affida allo stato le spese del culto cattolico.


    17 Aprile 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che conferisce agli assegnati il valore di moneta corrente senza pero’ renderne l’uso obbligatorio; allo stesso tempo riduce l’interesse dei nuovi assegnati al 3%.


    18 Aprile 1790

    TOLOSA:

    – Manifestazione controrivoluzionaria.


    20 Aprile 1790

    NIMES:

    – Moti controrivoluzionari fomentati dai cattolici.


    27 Aprile 1790

    Costituzione della Societa’ degli Amici dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, meglio conosciuta come CLUB DEI CORDELIERI, dal nome del convento nel quale si riuniscono. I membri variano dai 300 ai 400 e tra di essi occorre ricordare Danton, Marat, Desmoulins ed altre figure di spicco della Rivoluzione. L’adesione al club costa due soldi al mese. E’ in questa sede che verranno ideati e messi in atto alcuni dei piu’ sanguinosi tumulti della Rivoluzione.

    GEORGES JACQUES DANTON, nato ad Arcis-Sur-Aube il 26/10/1759 e ghigliottinato a Parigi il 5/4/1794.

    Avvocato, aderisce con entusiasmo al movimento rivoluzionario, collocandosi sovente su posizioni decisamente estremiste. Dal 1789 al 1794 la sua attivita’ di rivoluzionario e’ quasi frenetica e tale da essere piu’ volte minacciato di arresto per aver organizzato, o aver preso parte alle manifestazioni piu’ sanguinose della Rivoluzione.

    Deputato alla Convenzione, Ministro della Giustizia, membro del famigerato Comitato di Salute Pubblica e titolare di molti altri incarichi, ha sempre guardato con favore le iniziative popolari, sovente cruenti, sostenendo che il popolo ha il diritto di soddisfare la sua “sete di sangue” e di praticare quella giustizia sommaria che va oltre le lungaggini della legge ordinaria. Sulla sua attivita’ rivoluzionaria e sulla sua complessa personalita’ sono stati scritti decine di volumi.

    Aveva sposato, in prime nozze, Gabrielle Charpentier; rimasto vedovo aveva sposato, nel Giugno 1793, Louise Gély che cerchera’ invano di temperare i suoi impulsivi slanci rivoluzionari.

    Spirito indipendente, non guarda in faccia a nessuno e finisce col guastarsi con Robespierre, che vede in lui un temibile rivale politico e lo fa arrestare nel Marzo del 1794. Viene processato, con altri, al Tribunale Rivoluzionario, con un procedimento del tutto discutibile. Danton si difende alla grande, insultando i giudici ed il loro mandante, ma non servira’ a nulla; il suo destino e’ ormai segnato.


    30 Aprile 1790

    A.N.C.:

    – Nell’ambito delle riforme del sistema giudiziario, viene decretata l’istituzione delle giurie processuali.


    1 Maggio 1790

    NIMES:

    – Moti controrivoluzionari dei cattolici.


    3 Maggio 1790

    TOLONE:

    – Moti in citta’.


    5 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che istituisce il sistema elettorale dei giudici.


    8 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che pone le basi per l’unificazione dei pesi e delle misure. Il paese si sta’ lentamente convertendo al sistema decimale.


    10 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Creazione della Commissione dei Pesi e delle Misure.

    LA CORTE:

    – Dopo molti tentativi Mirabeau e’ riuscito ad introdursi, segretamente, nell’entourage del re, al quale offre i propri servigi. Avere una talpa nell’Assemblea fa comodo al sovrano anche se non fara’ mai uso dei consigli, delle informazioni e delle proposte di questo “confidente”. Per Mirabeau questo e’ solo l’inizio del cammino verso la meta ambiziosa che si propone: diventare ministro.

    MONTAUBAN:

    – Moti controrivoluzionari da parte dei cattolici.


    12 Maggio 1790

    Fondazione della “Societa’ del 1789” di dichiarate tendenze monarchiche.


    14 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che regolamenta la vendita dei beni del clero, diventati beni nazionali nel Novembre 1789.

    – Il ministro degli Affari Esterni Montmorin informa l’Assemblea della tensione sorta tra l’Inghilterra e la Spagna e delle misure prese, segretamente, dal re per sostenere il suo cugino spagnolo.


    15 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Le iniziative segrete del re a favore della Spagna sono state ritenute inopportune e danno inizio ad un dibattito per stabilire se il diritto di pace e di guerra appartiene al re o alla nazione.


    18 Maggio 1790

    Dopo qualche mese di forzata sospensione, riappare l’”Ami du Peuple” di Marat.(900122)

    VIENNE:

    – E’ stata festeggiata la nuova autorita’ municipale di un vicino villaggio, con un rito inconsueto: la messa a dimora del primo Albero della Liberta’.

    Questo rito, largamente pubblicizzato da tutti i giornali, nel 1792 produrra’ la messa a dimora di oltre 60.000 alberi, ornati di nastri, coccarde e cappello frigio in punta. La maggior parte di essi verra’ sradicata dopo la Restaurazione.

    Questa usanza era nata in America nel 1765; in realta’ erano alberi di protesta dei coloni americani contro le vessazioni degli inglesi.


    21 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che rimpiazza i 60 distretti di Parigi con 48 nuove sezioni.


    22 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Fine del dibattito sul diritto di pace e di guerra. Viene stabilito che il diritto di decidere sulla pace e sulla guerra appartiene alla nazione ma la guerra non puo’ essere decisa che su proposta e con l’approvazione del re. Una formula molto ambigua che prelude ad una ulteriore riduzione dei poteri reali.


    23 Maggio 1790

    Marat pubblica il “Progetto di Confederazione Patriottica per Tutto il Regno”.


    24 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Decretata la costituzione del Tribunale di Cassazione.


    28 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Viene approvata la proibizione di portare la coccarda bianca e l’obbligo a tutti gli ufficiali di portare la coccarda tricolore.


    30 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto tendente ad eliminare, o quanto meno a contenere, il fenomeno della mendicita’ che sta’ dilagando in tutto il paese. In particolare, l’afflusso di mendicanti a Parigi e’ enorme. Viene stabilito di potenziare gli Ospizi dei Poveri, gia’ esistenti, e di crearne dei nuovi a totale carico dello Stato. In realta’, piu’ che di ospizi, si trattava di vere e proprie prigioni, dove gli “ospiti” venivano nutriti con “pane e zuppa” a cura di appaltatori privati. Per quelli che si sottraevano all’obbligo del soggiorno in ospizio erano previste particolari sanzioni.

    LIONE:

    – Viene celebrata una grande festa della Federazione.


    31 Maggio 1790

    A.N.C.:

    – Fine della discussione sulla Costituzione Civile del Clero. Il voto, articolo per articolo, durera’ ancora 6 settimane.


    1 Giugno 1790

    Uscita del primo numero dello “Ami du Roi”, giornale monarchico fondato dall’abate Royou.


    2 Giugno 1790

    Pubblicazione del primo numero del Junius Française di Marat.

    Si sta’ diffondendo molto rapidamente un nuovo canto repubblicano: ÇA IRA. Le parole sono del cantautore popolare Ladré e la musica e’ stata ripresa da una contro-danza molto nota del musicista Bécourt.


    Ah! Ça ira, ça ira, ça ira!

    Celui qui s’élève, on l’abaissera!

    Les aristocrates à la lanterne

    Les aristocrates on les pendra!

    ………………………………….

    ………………………………….


    3 Giugno 1790

    LE COLONIE:

    – I mulatti della Martinica si rivoltano e chiedono maggiori diritti civili.


    5 Giugno 1790

    LA COMUNE:

    – Proposta di creare una federazione che riunisca le forze armate di tutti i dipartimenti e la costituzione di una Guardia Nazionale unica.

    Pubblicazione del primo numero del Journal de la Societe de 1789 da parte di Condorcet.

    JEAN ANTOINE NICOLAS DE CARITAT marchese di CONDORCET. Nato a Ribemont il 17/9/1743 e morto a Bourg-La-Reine il 19/3/1794.

    Era un matematico di notevole fama e membro dell’Accademia delle Scienze, nonche’ filosofo illuminista e liberale. Di idee moderate, si trovo’ sempre a disagio di fronte agli eventi tumultuosi della Rivoluzione.

    Deputato alla Convenzione Nazionale si rifiuto’ di votare per la condanna a morte del re. Questo lo mise in cattiva luce e fu accusato di essere un nemico della Repubblica ed un cospiratore. Si diede alla macchia e successivamente arrestato a Bourg-La-Reine, preferi’ avvelenarsi in carcere per evitare il patibolo.


    9 Giugno 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che istituisce una festa della federazione a Parigi per il 14 Luglio 1790.


    10 Giugno 1790

    AVIGNONE:

    – Insurrezione controrivoluzionaria dove la Municipalita’, favorevole alla rivoluzione, viene contrastata da gruppi cattolici/monarchici.

    A questa data Avignone ed il territorio del Comtat Venaissin erano ancora possedimenti papali; una colonia vaticana su suolo francese amministrata da un legato pontificio.

    Esistevano anche altre numerose, piccole enclaves che verranno progressivamente integrate nel territorio metropolitano francese.


    11 Giugno 1790

    AVIGNONE:

    – Vittoria rivoluzionaria in citta’ e nel Comtat Venaissin.


    12 Giugno 1790

    AVIGNONE:

    – dopo la vittoria sui controrivoluzionari la Municipalita’ chiede la sua riunione alla Francia.


    13 Giugno 1790

    NIMES:

    – Insurrezione controrivoluzionaria e massacro di protestanti.

    STRASBURGO:

    – Viene celebrata la festa della Federazione.


    14 Giugno 1790

    NIMES:

    – Vittoria dei rivoluzionari grazie all’intervento dei contadini protestanti della vicina Cevennes.


    16 Giugno 1790

    BESANCON:

    – Celebrata la festa della Federazione.


    19 Giugno 1790

    A.N.C.:

    – Su proposta del deputato Maury, decreto di abolizione della nobilta’ ereditaria, dei titoli, degli ordini militari, insegne araldiche, livree e di tutti i segni di distinzione e di disuguaglianza tra cittadini francesi.


    26 Giugno 1790

    A.N.C.:

    – Esame della domanda di riunione di Avignone alla Francia. L’assemblea riserva e dilaziona la sua risposta per non irritare il papa dal quale si attende il gradimento sulla Costituzione Civile del Clero. Atteggiamento alquanto incomprensibile se non ingenuo: cosa ci si poteva attendere dal papa dopo la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici?

    Inizio degli incontri a Reichenbach tra i rappresentanti di Inghilterra, Austria, Prussia e Provincie Unite in vista di un eventuale intervento contro i rivoluzionari.


    27 Giugno 1790

    A.N.C.:

    – Ennesimo decreto che organizza la municipalita’ parigina e incorpora Montmartre nella capitale.


    29 Giugno 1790

    ROUEN:

    – Festa della Federazione.


    3 Luglio 1790

    Incontro segreto di Mirabeau e della regina. L’incontro e’ avvenuto a Saint-Cloud, in un castello che la regina aveva acquistato nel 1785, per suo uso privato.

    Su questo incontro la fantasia degli scrittori si e’ scatenata anche se, in realta’, non si sa nulla.

    Sesso o politica? Mistero!

    Un fatto e’ certo: che dopo questo incontro la regina manifestera’, in ogni occasione, un astio profondo ed incomprensibile verso Mirabeau.

    Qualcuno e’ giunto ad immaginare che la morte di Mirabeau, avvenuta improvvisamente nell’Aprile del 1791, sia dovuta a veleno fattogli propinare dalla regina stessa.

    Pubblicazione di un articolo di Condorcet favorevole alla concessione del voto alle donne.


    12 Luglio 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che adotta il testo definitivo della Costituzione Civile del Clero.


    14 Luglio 1790

    Grandiosa festa della Federazione al Campo di Marte di Parigi. Ultima espressione della sempre piu’ debole unione del popolo con il suo re.

    AMBURGO:

    – Festa commemorativa della presa della Bastiglia.

    Marat continua le sue pubblicazioni e da alle stampe: “L’infernale progetto dei nemici della Rivoluzione”.

    La Festa della Federazione e’ stata una delle piu’ grandi manifestazioni mai viste a Parigi, prima di allora.

    Il Campo di Marte, naturalmente piatto, venne trasformato in un grandioso anfiteatro, con imponenti lavori di movimento terra, ai quali contribuirono 12000 operai e, negli ultimi giorni, migliaia di cittadini accorsi volontariamente per completare la sistemazione del campo, al canto di Ça Ira.

    La festa, sotto una pioggia scrosciante, vide affluire 300.000 spettatori, tra cittadini e rappresentanti delle truppe federate di tutto il paese, ospitati presso le famiglie parigine.

    La cerimonia ufficiale comprendeva, oltre le solite imponenti parate militari, una messa celebrata sul campo dal vescovo Talleyrand (che, con le tasche piene di soldi, vinti al gioco la sera precedente, si divertiva come un matto, tanto da pregare l’abate Louis di non farlo ridere); una esibizione di La Fayette a cavallo che, con la spada sguainata, giura fedelta’ a questo ed a quello, tra le deliranti acclamazioni dei suoi mouchards. Anche il re giura fedelta’ alla nascente Costituzione e la regina fa la sua bella figura mostrando i suoi figli al popolo.

    La festa durera’ parecchi giorni con grandiosi banchetti da migliaia di coperti, canti, danze e fuochi d’artificio sulla spianata della Bastiglia e con l’inevitabile corollario di sbronze colossali.

    E’ rimasto celebre il banchetto di 15.000 coperti organizzato nel giardino della Muette.

    Per qualche giorno miseria, carestia e disoccupazione vengono dimenticate.

    Oggi, sul Campo di Marte si erge la Tour Eiffel.


    22 Luglio 1790

    LA CORTE:

    – Il re approva la Costituzione Civile del Clero.

    La Costituzione Civile del Clero (C.C.C.) e’ stato un atto fondamentale della Rivoluzione che priva gli ecclesiastici di ogni loro particolare privilegio o distinzione.

    La C.C.C. stabilisce la struttura gerarchica del clero cattolico nei seguenti termini:

    – 10 grandi aree metropolitane dirette da arcivescovi eletti dai cittadini

    – 83 vescovi (uno per ogni dipartimento) eletti dai cittadini

    – i curati di ciascuna parrocchia dovranno anch’essi essere eletti.

    Viene altresi’ decretata:

    – la completa indipendenza della organizzazione dal papato romano

    – l’obbligo tassativo, per tutti i religiosi, di prestare giuramento di fedelta’ alla nazione, al re ed alla Costituzione.

    La contropartita che lo stato offre e’ piu’ che generosa:

    – una rendita da 20000 a 50000 lire annuali per i vescovi e gli arcivescovi

    – da 1200 a 6000 lire annuali per ciascun curato secondo l’importanza della parrocchia assegnata.


    23 Luglio 1790

    LA CORTE:

    – Ricevimento, da parte del re, di una lettera del papa il quale preannuncia che condannera’ la Costituzione Civile del Clero. Questa lettera viene tenuta segreta.


    25 Luglio 1790

    LIONE:

    – Moti ed agitazioni di stampo monarchico.


    26 Luglio 1790

    Pubblicazione de “C’en est fait de nous!” di Marat che chiede l’esecuzione capitale di 500-600 aristocratici per salvare la Rivoluzione.


    27 Luglio 1790

    Accordo a Reichenbach tra Inghilterra, Austria, Prussia e Provincie Unite che lascia campo libero all’Austria di riprendere il Belgio ed esprime l’inquietudine di questi quattro paesi davanti all’evoluzione politica in Francia e alle sue conseguenze all’estero.


    28 Luglio 1790

    A.N.C.:

    – Secco rifiuto dell’Assemblea alla richiesta di lasciar transitare sul territorio francese le truppe austriache inviate contro il Belgio.


    30 Luglio 1790

    STENAY:

    – Rivolta degli appartenenti al reggimento “La Reine-Cavalerie”, che reclamano le loro paghe arretrate.


    31 Luglio 1790

    A.N.C.:

    – Decisi alcuni provvedimenti contro Marat e Desmoulins a causa delle loro violente istigazioni alla rivolta.


    1 Agosto 1790

    A.N.C.:

    – Viene creato un Comitato Diplomatico per controllare l’azione del re.


    3 Agosto 1790

    NANCY:

    – Inizia l’agitazione in seno ai reggimenti di Châteauvieux e di Mestre-de-Camp; anche se i soldati reclamano la paga che e’ loro dovuta, in realta’ la rivolta e’ stata fomentata da emissari del Duca d’Orleans con l’appoggio del locale Club dei Giacobini.


    8 Agosto 1790

    LE COLONIE:

    – Dispersione con la forza dell’assemblea dei coloni di San Domingo, su ordine del governatore dell’isola.


    9 Agosto 1790

    Pubblicazione di un nuovo scritto di Marat “On nous endort, prenons-y garde!”


    16 Agosto 1790

    A.N.C.:

    – Decreto contenente misure di “salutare terrore” per ristabilire la disciplina nell’esercito.

    – Creazione dei giudici di pace ed eliminazione degli antichi tribunali feudali.

    Comincia ad affiorare il concetto di TERRORE quale metodo di profilassi e rimedio contro le turbolenze sociali. Terrore invece di pane.


    18 Agosto 1790

    JALES:

    – Riunione di 20000 monarchici armati al campo di Jales nel Gard (dipartimento di Nîmes). E’ una milizia spontanea e volontaria che si propone di abbattere la Rivoluzione e ripristinare il vecchio ordine.

    Lettera di La Fayette a Bouille’, comandante dell’armata di Metz, che gli chiede di sferrare un “gran colpo” per riportare ordine a Nancy tra la popolazione ed i reggimenti in rivolta. (900803)


    21 Agosto 1790

    A.N.C.:

    – Decreto per la creazione dei tribunali militari.


    26 Agosto 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che dichiara decaduti i patti di famiglia tra i Borboni di Francia e quelli di Spagna. Erano accordi, precedentemente stipulati, tra i due rami della famiglia, per una reciproca assistenza militare.

    NANCY:

    – Continuano i moti e le agitazioni.


    29 Agosto 1790

    A.N.C.:

    – Norme per l’organizzazione dei tribunali di Parigi.


    31 Agosto 1790

    NANCY:

    – I militari della guarnigione si sono rivoltati contro gli ufficiali aristocratici.

    Bouille’ e le sue truppe entrano in citta’ e ristabiliscono l’ordine dopo una battaglia contro i soldati rivoltosi e la guardia nazionale cittadina, che si era alleata con i ribelli.

    Il sacrificio di un giovane ufficiale di nome Désilles e’ stato inutile; si era posto davanti ai cannoni nel vano tentativo di scongiurare la battaglia ed il conseguente massacro.

    Sono stati impiegati 4500 soldati regolari ed alla fine della battaglia 42 insorti verranno fucilati e/o impiccati, uno suppliziato con la ruota ed altri 41 condannati alle galere.

    FRANCOISE CLAUDE AMOUR marchese di BOUILLE’. Nato a Cluzel-Saint-Eble il 19/11/1739 e morto a Londra il 14/11/1800.

    Nato per fare il soldato, inizia la sua carriera militare a 14 anni, sotto il regno di Luigi XV, e si distingue in numerose battaglie, nelle Colonie e, successivamente, in territorio metropolitano. Il suo deciso intervento a Nancy, per domare la rivolta giacobina, gli fruttera’ una menzione di lode da parte dell’Assemblea Nazionale Costituente.

    Tuttavia egli mantiene contatti segreti con la Corte ed avra’ una parte rilevante nella fuga del re da Parigi.

    Fallito il tentativo a favore del re, si rifugia in Lussemburgo e successivamente passa al servizio dei Principi Emigrati. Muore esule a Londra.


    2 Settembre 1790

    La notizia della dura repressione operata da Bouille’ a Nancy provoca, in Parigi, parecchi disordini da parte di estremisti giacobini.


    3 Settembre 1790

    A.N.C.:

    – Voto di felicitazioni a Bouille’ per la sua azione a Nancy.


    4 Settembre 1790

    A.N.C.:

    – Dimissioni di Necker. L’Assemblea si attribuisce la direzione collegiale del Tesoro Pubblico.


    6 Settembre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto di soppressione ufficiale dei Parlamenti ed altre corti di giustizia dell’antico regime. (870819)

    ANGERS:

    – In citta’ crescono i disordini.


    7 Settembre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto per l’organizzazione degli Archivi Nazionali.


    16 Settembre 1790

    BREST:

    – Ammutinamento di alcuni equipaggi della marina militare.


    19 Settembre 1790

    Festa funebre a Parigi, al Campo di Marte, in onore dei “Difensori dell’Ordine” uccisi a Nancy. La festa e’ stata organizzata dalla Municipalita’ per commemorare i 42 giacobini fucilati da Bouille’. E’ la risposta della “strada” alla presa di posizione dell’Assemblea. (900903)


    23 Settembre 1790

    A.N.C.:

    – Creazione di una Commissione di sette deputati incaricata di riunire ed inserire nella nuova Costituzione i dispositivi di parecchi decreti approvati dall’Assemblea.


    29 Settembre 1790

    A.N.C.:

    – Approvato un decreto che trasforma gli assegnati in carta moneta e sopprime il pagamento degli interessi su gli 800 milioni di titoli che dovranno essere emessi per fare fronte al disavvanzo pubblico. Si innesca cosi’ una interminabile spirale inflazionistica.


    30 Settembre 1790

    Pubblicazione del primo numero de La Feuille Villageoise, giornale destinato alle popolazioni contadine, per la diffusione, in forma moderata, delle nuove idee sociali. E’ curato da Giuseppe Cerutti, gesuita di origine milanese.


    6 Ottobre 1790

    LA CORTE:

    – Lettera del re di Francia a suo cugino Carlo IV di Spagna dove riafferma la sua ostilita’ alla Costituzione Civile del Clero, anche se da lui approvata il 22 Luglio.


    10 Ottobre 1790

    A.N.C.:

    – Domanda di dimissioni di alcuni ministri che le sezioni di Parigi hanno scelto come candidati per l’elezione all’Assemblea.


    12 Ottobre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che scioglie l’Assemblea dei Coloni di San Domingo e riafferma la legalita’ della schiavitu’.


    13 Ottobre 1790

    Prima riunione degli Amis de la Verité al circolo del Palais Royal di Parigi.


    20 Ottobre 1790

    LA CORTE:

    – Dimissione dei Ministri del 10 Ottobre. Su consiglio di La Fayette il re li rimpiazza con:

    . Duportail alla Guerra

    . Duport-Du-Tertre alla Giustizia

    . Conte De Fleurieu alla Marina

    . De Lassart agli Interni

    . Montmorin agli Affari Esterni.


    21 Ottobre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che adotta la bandiera tricolore come emblema della Francia, al posto della vecchia bandiera bianca fiordalisata.


    24 Ottobre 1790

    Fine della tensione tra Spagna ed Inghilterra. Privato dell’appoggio della Francia, il re di Spagna accetta l’ultimatum inglese su alcune contese territoriali.


    26 Ottobre 1790

    LA CORTE:

    – Piano di Fersen per organizzare la fuga della famiglia reale presentato, in gran segreto, a Luigi XVI.

    AXEL conte di FERSEN, nato a Stoccolma il 4/9/1755 ed assassinato a Stoccolma il 20/6/1810.

    Militare di carriera svedese venuto a servire sotto la bandiera dei Borboni. Introdotto a Corte, si innamora pazzamente e ricambiato, di Maria Antonietta. E’ l’artefice e la guida del piano di fuga della famiglia reale.

    Fallito il tentativo di fuga, cerchera’, in ogni modo, ma inutilmente, di fare evadere la regina dalla prigione del Tempio.

    Rientrato alla Corte di Svezia ed immischiato in una oscura vicenda di avvelenamento del principe ereditario, viene massacrato dalla folla di Stoccolma.


    27 Ottobre 1790

    A.N.C.:

    – Approvazione della nuova Tassa sul celibato e sul nubilato, che colpisce ambo i sessi, non sposati, dopo i 30 anni di eta’. E’ un provvedimento pesante che aumenta del 25% tutte le altre tasse dovute dagli interessati.


    29 Ottobre 1790

    LE COLONIE:

    – Sollevamento dei mulatti nella parte nord dell’isola di San Domingo.


    30 Ottobre 1790

    A.N.C.:

    – Presentazione di un memoriale dei vescovi deputati all’Assemblea, redatto dall’arcivescovo Boisgelin e firmato da tutti i vescovi, esclusi Talleyrand e Gobel. Nel memoriale si chiede di attendere l’approvazione della Santa Sede prima di applicare la Costituzione Civile del Clero, il che significa rimandare, sine die, l’applicazione del provvedimento.


    11 Novembre 1790

    LE COLONIE:

    – Insurrezione ad Ile de France (oggi isola Mauritius).


    22 Novembre 1790

    L’esercito austriaco entra in Belgio e riconquista l’antico possedimento, incontrando solo una debole resistenza armata.


    23 Ottobre 1790

    UZES:

    – Scontro armato tra cattolici e la guardia nazionale.

    LE COLONIE:

    – Sollevamento degli schiavi neri a San Domingo che reclamano l’abolizione della schiavitu’.


    27 Novembre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che impone agli ecclesiastici di prestare giuramento di fedelta’ alla nazione, alla legge ed al re ed, implicitamente, alla Costituzione Civile del Clero. Gli ecclesiastici che rifiutino di prestare giuramento saranno dichiarati “refrattari”.

    – Legge che organizza il Tribunale di Cassazione la cui competenza e’ limitata a giudicare sui vizi di forma.


    29 Novembre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che sospende l’Assemblea della Martinica e decide l’invio di commissari alle Isole del Vento (Piccole Antille).


    30 Novembre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che regola la questione del pagamento delle pensioni ecclesiastiche, a favore dei preti che hanno prestato giuramento alla C.C.C.


    2 Dicembre 1790

    Entrata dell’esercito austriaco a Bruxelles.


    3 Dicembre 1790

    LA CORTE:

    – Lettera di Luigi XVI al re di Prussia Federico Guglielmo II nella quale chiede un “congresso europeo appoggiato da una forza armata” per aiutarlo a restaurare la sua autorita’.


    12 Dicembre 1790

    Completo ristabilimento del potere dell’imperatore d’Austria su tutto il Belgio.


    14 Dicembre 1790

    Nota di protesta dell’imperatore Leopoldo II d’Austria contro la spogliazione dei “PRINCES POSSESSIONNES” in Alsazia. Si trattava di principi stranieri ( di origine tedesca) che godevano di vecchi privilegi feudali su questo territorio francese. L’abolizione dei diritti feudali, decretata il 4 Agosto 1789, ha colpito anche i presunti diritti di questi principi.


    15 Dicembre 1790

    A.N.C.:

    – Soppressione degli aspetti veniali e del diritto di ereditarieta’ di alcune cariche pubbliche.


    21 Dicembre 1790

    A.N.C.:

    – Decreto che sopprime determinati appannaggi tipici della nobilta’ e del clero.

    In questo caso si tratta degli appannaggi, di 2 milioni di lire l’anno, destinati ai principi di sangue reale:

    . il conte di Provenza

    . il conte di Artois

    . il duca d’Orléans

    – Decreto che decide l’erezione di un monumento a Jean-Jacques Rousseau, padre dell’Illuminismo.


    26 Dicembre 1790

    LA CORTE:

    – Il re approva il decreto del 27 Novembre che impone al clero di prestare giuramento e di accettare la Costituzione Civile del Clero.


    27 Dicembre 1790

    A.N.C.:

    – 59 deputati ecclesiastici prestano giuramento secondo quanto previsto dalla C.C.C.


    29 Dicembre 1790

    Pubblicazione di un violento articolo di Marat contro la monarchia.

  • La rivoluzione americana

    Durante la guerra di Successione spagnola i tentativi di invasione guidati da Walker per mare e da Nicholson per terra si risolsero in un fallimento (1711) e soltanto l’Acadia, dopo essere stata perduta e riconquistata più volte, cadde definitivamente nelle mani degli Inglesi nel 1710 e fu loro ceduta dalla pace di Utrecht (1713). La Nuova Francia, che dopo le esplorazioni compiute fra il 1731 e il 1749 da La Vèrendrye si era estesa fino alle Montagne Rocciose, non disponeva della manodopera necessaria per sfruttare questo immenso territorio, essendosi l’immigrazione arrestata nel periodo delle guerre che impegnarono Luigi XIV in Europa. Nel sessantennio 1680-1740 non giunsero nella colonia più di 5.000 immigrati. Di fronte all’esigua consistenza numerica dei coloni della Nuova Francia le colonie britanniche della Nuova Inghilterra, forti, alla metà del secolo, di 1.500.000 abitanti, rappresentavano una minaccia, tanto più che la frontiera canadese sbarrava loro la strada verso l’interno; così, scoppiata la guerra dei Sette anni, l’Inghilterra decise la conquista del Canada. Per qualche tempo il generale Montcalm potè arrestare gli attacchi inglesi, riuscendo a più riprese vittorioso (presa del forte di Oswego, 1756; battaglia di Fort Carillon, 1758), ma fu sconfitto alle pianure d’Abraham (1759) dall’esercito britannico guidato dal generale Wolfe. Nel 1763 la pace di Parigi la cedeva definitivamente all’Inghilterra.
    Nel 1774 la prima legge (statuto) costituzionale (Atto di Quebec) introdusse nel campo penale il diritto inglese, ritenuto più equo, sancendo al tempo stesso la validità delle leggi francesi nel campo civile. Fu proclamata la libertà dei cattolici di professare la loro religione e la Chiesa cattolica mantenne i suoi antichi privilegi. Poco più di due secoli fa, il continente americano era un’enorme territorio poco popolato, che le grandi nazioni europee si erano divise e colonizzato solo in parte. L’intenzione dell’Inghilterra era quella di ricavare ricchezza per la madrepatria: molti cittadini britannici furono allora spinti a trasferivisi e a sviluppare col loro lavoro l’economia di quei territori, dove si sviluppò una fiorente vita economica e civile. Chi erano i coloni che si stabilivano in America? Erano rappresentati da dissidenti religiosi, come puritani, perseguitati politici, contadini rimasti senza lavoro, piccoli mercanti e artigiani, giovani esponenti della nobiltà minore; erano per lo più inglesi, ma anche francesi, scozzesi, irlandesi, tedeschi, olandesi, svedesi. Inoltre erano persone in genere emarginate in patria, spesso animate da forti ideali politico-religioso e dal desiderio di farsi una nuova vita. Da questo polo vario nacque una società più mobile e fluida di quella europea dell’Antico Regime. Di terra, in America, ce n’era in abbondanza e diveniva proprietà di chi riusciva a coltivarla, spesso cacciandone, con spietata durezza, le popolazioni indigene.
    Dal punto di vista economica e sociale queste colonie avevano una caratteristica in parte diversa. Le colonie del Sud, la Virgigna, il Maryland, la Carolina del Nord, la Carolina del Sud e la Georgia erano caratterizzate da un’economia agricola. La mano d’opera ultilizzata era formata quasi tutti da schiavi provenienti dall’Africa. Le quattro colonie del Centro (New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware) erano abitate in prevalenza da inglesi con forti minoranze di olandesi, tedeschi, irlandesi e scozzesi. Anche se proviste di una buona agricoltura, tali colonie traevano i loro guadagni soprattutto dal commercio. Trattava anche schiavi, ma normalmente non li impegavano e preferivano rivenderli al Sud. Infine, le quattro colonie del Nord (Massachusetts, Connecticut, New Hampshire e Rhode Island) costituivano la regione chiama New England. Anche queste colonie possedevano una ricca agricoltura.
    In ogni colonia risiedeva un governatore nominato dal re d’Inghilterra. Le colonie dovevano acquistare solo merci inglesi e i loro trasporti dovevano essere realizzati su navi inglesi.
    La tensione con Londra andò crescendo, sino a sfociare in ribellione quando il governo inglese, con la legge del bollo, cercò di imporre agli americani il pagamento di una tassa su giornali, tti legali, documenti commerciali. Gli americani opposero un netto rifiuto in base al principio, già sostenuto dai rivoluzionari inglesi nel Seicento, che non può essere tassato chi non gode di rappresentanza politica e le colonie non avevano rappresentanza eletti al parlamento inglese. Nel 1774 il parlamento inglese impose alle colonie di acquistare solo il tè importato dalla compagnia inglese delle Indie Occidentali. Come tutta risposta , i coloni organizzarono il boicottaggio delle merci e delle navi inglesi. Nel 1774 si riunì a Filadelfia il primo congresso dei rappresentanti delle colonie, che stabilì la fondazione di un esercito unitario, e ne affidò il commando a Gorge Washisgton, in previsione dello scontro imminente. Di fronte alla disobbedienza dei coloni, il governo inglese fece intervenire l’esercito. Si arrivò così a un primo scontro armato: a Lexigton la milizia del Massachusetts combattè contro i soldati inglesi (1775). Il Congresso approvò il 4 luglio 1776 una Dichiarazione di indipendenza. L’esercito inglse, era superiore e assai meglio armato. Ma i coloni tuttavia potevano contare su un grande entusiasmo popolare e sul fatto che gli inglesi non conoscevano i territori nei quali si combatteva. Nel 1778 la Francia entrò in guerra, a fianco degli Stati Uniti d’America. L’intervento francese si rivelò determinante.
    Con il trattato di Versailles, firmato nel 1783 l’Inghilterra riconobbe l’indipendenza degli Stati Uniti e cedette alla Francia alcune isole delle Antille e la colonia africana nel Senegal.
    Dopo la firma del trattato di Versailles (1783), con cui veniva riconosciuta l’indipendenza degli Stati Uniti, numerosissimi lealisti, cioè coloni della Nuova Inghilterra rimasti fedeli alla bandiera inglese, emigrarono nel Canada. L’immigrazione dei lealisti avendo quindi considerevolmente alterato il rapporto numerico tra Francesi e Inglesi nel Canada, il governo britannico ritenne ormai superato il tipo di amministrazione, in gran parte di impronta francese, che era stato varato con l’Atto di Quebec. Un nuovo atto costituzionale (Canada Act), approvato dal parlamento britannico nel 1791, divise il territorio del San Lorenzo in due province, separate tra loro dal fiume Ottawa, ciascuna con un proprio governo: la provincia del Basso Canada (Quebec), prevalentemente francese, in cui la vecchia legislazione francese contenuta nell’Atto di Quebec restava ancora in vigore, e quella inglese dell’Alto Canada (Ontario), in cui tutte le leggi rispecchiavano il modello inglese.

    CD, Rizzoli Larousse 2001- Enciclopedia multimediale / Libro, La monnier-Storia progetto modulare2 / Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori- Il lavoro dell’uomo 2

  • L’Antico Regime

    Nell’Antico Regime le gerarchie sociali non erano definite tanto dalla ricchezza e dalla posizione economica, qualto dal prestigio, dalla dignità e dalle prerogative riconosciuti ai diversi gruppi sociali. Si usa sintetizzare questo concetto dicendo che quella dell’Antico regime non era una società di classi, ma di ordini. Mantre classe è un concetto economico, ordine è un concetto di tipo giuridico. Ciascun ordine, inoltre, dava vita a istituzione (assemblee e deputati) incaricate di rappresentarne gli interessi presso il monarca, che incarnava il potere centrale. Il modello fondamentale prevedeva tre ordini: il clero, la nobiltà e il terzo stato, che riuniva borghesi e contadini. Il prestigio e i privilegi si concentravano nei primi due. Ogni ceto aveva norme proprie, chi commetteva un reato veniva giudicata sulla base di leggi diverse, e il tribunale che lo giudicava era composto da giudici del proprio ordine. Ma anche città , province, regioni, categorie professionali potevano godere di privilegi. Non vigeva il principio dell’uguaglianza giuridica. La struttura per ordini rendeva quella società più statica della nostra. Nella società contemporanea è possibile modificare la propria posizione sociale: esistono vincoli e impedimenti talora fortissimi, ma di natura economica o culturale, non giuridica. Nell’Antico regime, l’appartenenza a un ordine tendeva a perpetuarsi nelle generazioni.
    Nella società dell’Antico regime il clero aveva una presenza vasta e capillare: il clero deteneva il monopolio pressochè totale dell’istruzione e della pubblica esistenza, e godeva di particolare immunità , come il diritto di non pagare imposte sulle vaste proprietà ecclesiastiche.
    Nobile era chi disponeva di un titolo (duca, marchese ecc.) che dava diritto a determinati privilegi: da quello di portare la spada, di avere posti speciali riservati nelle cerimonie pubbliche, di essere giudicati da tribunali composti dai membri del proprio ordine, di avere accesso esclusivo alle alte cariche dell’esercito e della magistratura, di godere di particolari immunità fiscali, sino ai poteri di comando esercitati all’interno di un feudo. Egli deteneva il monopolio economico sull’uso di mulini, fratoi, forni, torchi, nonchè il diritto di caccia. Aveva infine poteri giurisdizionali, vale a dire poteri di esercitare all’interno del feudo funzioni pubbliche di giustizia e di polizia.
    Le condizioni di vita dei contadini erano miserabili: prima il signore con i suoi canoni d’affitto, poi con le decime (la decima parte dei raccolti tradizionalmente devoluta al mantenimento del clero), infine lo stato con le imposte dirette e indirette facialvano già il già modesto reddito contadino. All’est d’Europa, al lavoro massacrante delle corvèes per più giorni alla settimana si sommava la completa dipendenza dell’arbitrio del signore: il contadino non poteva allontanarsi dal feudo, nè cercare un lavoro migliore, nè sposarsi senza il permesso del padrone, e pesantissime erano la punizione per quelli che tentavano la fuga. All’Ovest d’Europa, invece, la libertà giuridica aveva attenuato le forme più odiose dello sfruttamento feudale.
    Nelle città incontriamo la borghesia. La storiografia usa il termine in un senzo più ampio, racchiudendovi diverse figure: banchiere, mercante, imprenditore, artigiano, libero professionista, titolare di carche pubbliche, funzionario di stato o amministratore locale. La mendicità e il vagabondaggio, con i loro crollari di piccoli delinquenza e banditismo, furono fenomeni sociali in vistosa crescita nel Settecento. Gli stati li avevano affrontati, sin dalla metà del Settecento, con un misto di reppresione e di paternalismo autoritario: con leggi che decretavano l’espulsione dalla città dei vagabondi, con la istituzione di pubblica carità , come gli ospizi francesi e le case di lavoro inglesi, dove vagabondi e indigenti di ambo i sessi e di ogni età venivano internati e costretti al lavoro coatto, nella pretesa che ciò li avrebbe restituiti alla società come cittadini operosi.
    Le monarchie assolute furono protagoniste, nella seconda metà del Settecento, di una politica di riforme che viene usualmente definita assolutismo illuminato: con questo termine si vuole indicare un governo il cui sovrano si avvale del potere assoluto per condurre una politica di riforme volta a promuovere il bene e la felicità del suo popolo. Certamente il clima culturale illuministico giocò un ruolo rilevante nell’indirizzare l’opera dei sovrani riformatori, ma essa trova le sue motivazioni più profonde nella necessità di affermare in modo nuovo l’autorità dello stato.
    Esaminiamo in breve l’opera delle maggiori monarchie europee, a cominciare da quella asburgica di Maria Teresa (1740-80) e Giuseppe II (1780-90). Maria Teresa assoggettò la nobiltà all’imposta fondaria (da cui era assente). Giuseppe II (1740-86) seguì con forza una politica mirante ad affermare l’autorità dello stato sulla chiesa: furono soppressi 700 conventi, le cui proprietà vennero incamerate dallo stato per fiinanziarie opere assistenziali. In maeria di giustizia emanò un nuovo codicepenale (1787), che fissavapene uniche per tutti i sudditi, aboliva la tortura e riduceva il ricorso alla pena di morte.
    In Prussia, Federico II detto il Grande, favorì la colonizzazione delle terre, la Prussia fu il primo paese a sancire, nel 1763, l’obbligtorietà all’istruzione elementare.
    Durante l’impero di Maria Teresa e di Giuseppe II, la Lombardia fu investita da un cinquatemnnio di riforme destinate a lasciare tracce profonde. Gli illuministi lombardi parteciparono in prima persona alla politica di riforme deella monarchia asburgica, quali Piero Verri e Cesare Beccarla.
    Durature furono anche le firme nel granducato di Toscana ds Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena (1747-92), che vi regnò dal 1765 al 1790. Fu istituita la libertà di commercio senza imposizioni fiscali. In campo giudiziario l’opera più importante è il Codice penale del 1786, con cui si eliminava alcune delle più gravi distorsioni della giustizia vigente nell’Antico regime.

    Libro, Edizioni Scolastiche Bruno

  • Lo sviluppo demografico nell’800

    Insieme alla rivoluzione industriale e alla crisi definitiva del sistema sociale e politico dell’Antico regime, l’altro fenomeno epocale dell’Ottocento europeo fu la grande trasformazione demografica. Il notevole aumento demografico che interessò l’intero continente, la cui popolazione nell’arco di un secolo aumentò più del doppio. Almeno due fenomeni permisero di rendere meno pesante l’impatto demografico sull’andamento delle risorse: l’emigrazione, dalle campagne alle città e dall’Europa verso i continenti extraeuropei, e l’inizio della diffusione di pratiche anticoncezionali.
    Il fenomeno dell’emigrazione di massa dal vecchio continente verso le Americhe e l’Australia ha inizio nella metà dell’800 e prosegue nel corso del ‘900. L’evento, di dimensioni continentali, ha principalmente due origini: la crisi dell’economia agraria, che con ondate successive determina un lungo periodo di cattivi raccolti che colpisce soprattutto i ceti rurali più deboli: piccoli proprietari, contadini salariati e braccianti, e l’andamento demografico, caratterizzato da una fase di alta natalità -bassa mortalità . Si emigra per cercare un lavoro che nelle campagne non c’è più, per migliorare condizioni di vita giunte a livelli miserabili, in alcuni casi, come per gli ebrei russi, per sfuggire a persecuzioni e pesanti forme di emarginazione sociale. Dalla Polonia, dalla Russia, dall’Inghilterra partono milioni di persone, famiglie povere provenienti dalle campagne in cerca di una vita migliore, ma anche avventurieri in cerca di facili fortune. I luoghi di destinazione sono soprattutto gli Stati Uniti, e in misura minore l’Australia e l’America Latina. Negli anni a cavallo fra XIX e XX secolo l’emigrazione interessa soprattutto le regioni mediterranee ed orientali dell’Europa: la penisola balcanica, l’Italia e la Russia. Nel periodo compreso fra il 1890 e il 1914 il 40% dell’emigrazione transoceanica proviene dai paesi mediterranei, il 26% dall’Europa orientale, e solo il 24% riguarda le isole britanniche, principalmente l’Irlanda. I protagonisti di questa nuova ondata sono gli irlandesi, gli slavi, ma soprattutto gli italiani (circa 5 milioni sbarcano in America del Nord e provengono in massima parte dalle regioni povere del Meridione). Essi vivono un doppio sradicamento: geografico e culturale, ma anche sociale, poichè non torneranno a lavorare la terra ma saranno impiegati quasi tutti nelle fabbriche e in attività lavorative nelle grandi città americane. L’emigrazione europea nell’America meridionale è molto diversa. Anche in Brasile e in Argentina, dove affluiscono milioni di emigranti, la maggioranza sono italiani (il loro numero aumenta negli anni successivi fino a raggiungere il 50% dell’intera popolazione dell’Argentina). Ma per loro paesi come l’Argentina diventano una “frontiera”, nel senso pionieristico della parola: a differenza di ciò che accade negli Stati Uniti in Sud America gli emigranti italiani tornano al lavoro agricolo, allevano bestiame, dissodano campi ed aree prima non coltivate e molti di essi fanno fortuna.
    L’altro fenomeno che comiciò a manifestarsi in questo secolo fu il controllo delle nascite attraverso pratiche anticoncezionali

    Libro, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori- Il lavoro dell’uomo 2 / CD, ACTA-Mille anni di storia (Novecento n.1)

  • Egiziani: la storia

    Paleolitico

    Per molto tempo si è creduto che l’Egitto non avesse conosciuto “l’età della pietra”; invece, non soltanto è esistito il Neolitico egiziano, ma anche il Paleolitico, anche se è impossibile, allo stato attuale delle conoscenze, vedere qualche legame tra gli occupanti della valle del Nilo durante questo periodo e quelli delle epoche successive. Le condizioni di vita, d’altronde, erano totalmente differenti, il clima non era lo stesso, era più umido e, senza dubbio, più vicino all’attuale clima equatoriale; il Nilo copriva tutta la valle, che ora occupa soltanto a metà, permettendo così di vivere anche nelle zone che adesso sono desertiche.
    Solo alla fine del Paleolitico il clima ha subito quella degradazione progressiva che ha portato, nel Neolitico, a condizioni di vita molto simili a quelle dell’epoca moderna. Ci sono prove che la valle del Nilo è stata sempre abitata dall’uomo e alcuni studi tenderebbero a dimostrare che gli antenati di questo popolo, in anticipo rispetto agli altri popoli mediterranei, avrebbero coltivato nell’Alto Egitto orzo e grano sin dall’epoca paleolitica (13000 a.C. circa). Questa ipotesi è stata scartata ma sembra comunque sicuro che l’orzo era consumato, se non coltivato, a ovest della valle del Nilo sin dall’VIII millennio a.C..

    NEOLITICO

    Gli scavi hanno provato l’esistenza dì un Neolitico egiziano; l’arte della pietra lavorata e della ceramica, come l’agricoltura e l’allevamento, vi erano conosciuti già molto tempo prima che fosse utilizzato il rame. Durante il Neolitico l’aspetto della valle cambia completamente: il clima diventa sempre più simile a quello attuale, il Nilo si restringe e non occupa più tutta la valle, l’Egitto si popola stabilmente poiché l’inaridimento dei territori limitrofi e la loro trasformazione in deserto fa si che la popolazione si concentri sulla stretta striscia di terra resa fertile dal Nilo. Queste popolazioni neolitiche si possono a tutti gli effetti considerare gli antenati diretti degli egiziani di epoca dinastica.
    Essi non appartenevano a un’unica razza, erano già il risultato di una mescolanza tra individui di tipo mediterraneo (i Cusciti-Camiti) e il tipo negroide, che proveniva anch’esso dalle razze del Paleolitico recente. Il primo nucleo dell’Egitto è costituito da contadini, ed è interessante notare che questo nucleo, alla base di tutto, era già presente in epoca neolitica, cioè intorno al VI millennio a.C.. Queste date servono solo a dare un’idea di massima, le uniche precise sono quelle fornite dal carbonio 14 per la cultura di el-Fayum (5500-5000 a.C.), e di el-Omari (4000 a.C.). Gli strumenti di questi primi egiziani erano in pietra, la selce si distingue per la precisione con cui è lavorata, e questo è un tratto che caratterizzerà sempre la lavorazione della pietra in Egitto.
    La maestria degli artigiani delle epoche successive può essere spiegata soltanto attraverso una lunga tradizione di tagliatori di selce di cui erano i continuatori, per non dire i discendenti, al punto che continuarono a creare le stesse forme. Questi primi abitanti della valle vivevano in capanne collettive, allevavano animali domestici (tra essi il bue, il montone e la capra) e avevano addomesticato il cane, che probabilmente li aiutava nel controllo del gregge e nella caccia, attività che, assieme alla pesca, dava un apporto non secondario all’alimentazione della comunità.
    Essi sapevano anche coltivare, conoscevano il grano e l’orzo e abbiamo anche ritrovato alcuni dei loro strumenti, zappe a pietra e falcetti di selce. Il grano era conservato in silos d’argilla e veniva frantumato con macine piatte, molto simili, come del resto i falcetti, a quelle che si useranno in epoca storica. Infine, già in questo periodo, si conciavano le pelli, si tessevano stuoie o stoffe, si cuciva, si intrecciavano cesti e panieri. Si fabbricava anche una ceramica molto grossolana e si facevano arpioni, braccialetti e aghi d’osso.
    C’era già un culto dei morti, che venivano interrati nelle vicinanze del villaggio, in fosse ovali, su un fianco e in posizione fetale. La cultura neolitica, insomma, pone le basi, fornendo tutti gli elementi materiali, alla civiltà egiziana vera e propria, e delinea il paesaggio umano della valle del Nilo, fondandovi i primi siti permanenti e dissodando i terreni di coltura. Si conoscono tre tipi di culture neolitiche in Egitto, due al nord, ai confini del delta, vicino al Fayum e nel Medio Egitto, il terzo a sud, nell’Alto Egitto. E importante notare che, già in questo periodo, il paese presentava due focolari di culture differenti, uno al nord e uno al sud, e questo potrebbe spiegare perché gli egiziani sono rimasti fedeli cosi a lungo alla divisione in due parti del loro paese, anche se, geograficamente, non si tratta di due zone nettamente distinte; tra l’altro, la zona marittima del delta, caratterizzata da un clima mediterraneo, probabilmente non era nemmeno abitata in quest’epoca, quindi la distinzione fra nord e sud era ancora meno giustificata, e si può perciò supporre che abbia avuto origini etniche o semplicemente storiche.

    PERIODO PREDINASTICO

    (4500 – 3000 a. C.) In Europa si distingue molto nettamente il periodo neolitico, in cui l’uomo usa soltanto strumenti di pietra, dall’Eneolitico, che è caratterizzato dall’apparizione del metallo, prima l’oro, poi il rame, e infine il bronzo. In Oriente, e soprattutto in Egitto, la distinzione è spesso delicata, in molti siti eneolitici non c’è traccia di metallo.
    Non per questo ci si deve immaginare un avvenimento traumatico (per esempio un’orda di invasori che mettano a ferro e fuoco il paese e assoggettino la popolazione locale forti del loro armamento di metallo, per spiegare il passaggio da un periodo all’altro. La transizione, infatti, è stata “dolce” e, anche se è possibile che il metallo sia stato portato dall’esterno, niente fa supporre che ciò sia avvenuto tramite un’invasione. L’apparizione del rame, d’altronde, non cambia in nulla la tecnica del taglio della selce, che rimane lo strumento principe, e tutto lascia supporre che l’uso del metallo si sia diffuso pacificamente: la civiltà eneolitica continua l’opera di quella neolitica.
    Ma, se il Neolitico egiziano aveva dei punti di contatto con il Neolitico in generale, nel periodo eneolitico l’Egitto si trova in una posizione diversa e si distingue sempre più dalle culture che lo circondano perché, nel momento del suo maggior sviluppo, l’Eneolitico si confonde con la civiltà “storica” che ne è il compimento. Il periodo eneolitico è la continuazione del Neolitico, e perciò presenta inizialmente due culture diverse, una a nord e l’altra a sud, ma la caratteristica dell’Eneolitico sta nel fatto che, dopo un certo tempo, queste due culture si fondono e da esse nasce la lunga civiltà Faraonica.
    Per quanto riguarda il periodo anteriore alla fusione, l’Eneolitico è conosciuto soltanto grazie ai siti dell’Alto Egitto, di cui il più antico è Badari. Le capanne sono ovali e di materiale leggero, l’arredamento costituito da stuoie, cuscini in cuoio, letti di legno. La necropoli, come quelle del Neolitico, è situata un po’ discosto dal villaggio, le fosse sono ovali, come le case, e i morti vi sono posti in posizione fetale, circondati da vasi che contenevano sicuramente delle offerte. Le novità sono costituite dalla presenza di figurine femminili nude, in avorio o argilla, e dalla presenza di un’intelaiatura di vimini che isola il cadavere dal riempimento della fossa. L’industria badariana resta caratterizzata dall’impiego della selce, il rame è presente ma soltanto in piccoli pezzi ottenuti per martellamento, mentre per i tessuti viene impiegato il lino, ma anche il cuoio continua a essere utilizzato. Sanno lavorare il legno, la ceramica è in netto progresso rispetto al periodo precedente e, anche se le forme sono meno numerose di quelle che si trovano nel nord del paese, sono molto più belle: è l’epoca della ceramica egiziana. All’inizio dell’Eneolitico appare per la prima volta lo smalto verde-blu che sarà una delle caratteristiche dell’arte egiziana, anche se, in questo primo periodo il suo impiego è limitato.
    È interessante notare che a Badari non si trovano i vasi in pietra dura presenti, già nel Neolitico, nel Basso Egitto, mentre le palette di scisto sono già presenti e le vedremo evolversi fino in epoca storica. Infine, si sono trovati a Badari alcuni animali seppelliti avvolti in stuoie o stoffe, sciacalli, tori, montoni, gazzelle e ciò potrebbe prefigurare un culto di alcuni animali considerati sacri, che si ritroverà alla base della religione egiziana in epoca storica. A partire dal V millennio iniziano ad apparire una serie di cambiamenti: le capanne diventano rettangolari e anche le tombe, facendo così intendere chiaramente che venivano considerate come dimore, concezione che rimarrà nell’arco di tutta la civiltà egiziana. La lavorazione del rame, che fino ad allora era stato impiegato poco, si sviluppa: appaiono i vasi in pietra; la ceramica, che prima era a tinta unita, ora imita i vasi in pietra oppure ha decorazioni di tipo naturalistico.
    Queste modifiche sono frutto dell’unione delle due culture di cui abbiamo parlato; in effetti tutti gli elementi di novità che appaiono nell’Alto Egitto, preesistevano al nord. Le mazze a forma di pera, presenti nel nord sin dal Neolitico, si trovano anche a sud a partire dal V millennio, e soppiantano la forma a disco, e anche i vasi in pietra, sconosciuti a Badari, sono invece conosciuti al nord sin dal Neolitico. Ci sono quindi gli elementi per dire che le novità che si notano nella cultura meridionale provengono dal nord, ma ciò che ci preme far notare è che, anche se le due civiltà prima della fusione erano differenti, questo non vuol dire che fossero estranee.
    Entrambe sono a pieno titolo africane, ma quella situata a nord è avvantaggiata negli scambi, a ovest, tramite l’oasi di Siua, e a est tramite il Sinai, ed è probabilmente da lì che è giunto in Egitto il rame. Per spiegare la fusione tra nord e sud si è parlato di un’invasione e si è creduto di riconoscere individui stranieri nelle tombe dell’Alto Egitto databili a un periodo successivo, ma non è affatto sicuro che questi individui caratterizzati da teste piccole (brachicefali), non siano mediterranei e inoltre, anche se fossero stranieri, non sarebbero così numerosi da legittimare l’ipotesi di un’invasione o di una conquista.
    Nel predinastico recente, la fusione è ormai avvenuta e questa civiltà è molto più evoluta rispetto a quella che esisteva in Alto Egitto all’inizio dell’Eneolitico. Per le costruzioni vengono usati i mattoni crudi, i silos sono in terracotta, e quindi meno umidi, nelle necropoli le fosse sono rettangolari, a imitazione delle case, e testimoniano l’inizio di una vera e propria architettura funeraria: la tomba è costituita da una muratura in terra sormontata da un tetto e vi sono delle stanzette laterali che fungono da magazzini per le provviste del morto. Il defunto in un primo periodo fu chiuso in una cesta di vimini, poi in un vaso di terracotta e, da ultimo fu seppellito in una bara di legno. Sembra che le necropoli fossero situate soprattutto sulla riva occidentale del Nilo e che il morto avesse la testa rivolta a nord e il corpo a est; insomma, si assiste, almeno sul piano puramente materiale, alla creazione della religione funeraria egiziana. Un’industria lirica si perfeziona ulteriormente e la figura umana appare per la prima volta, sia sulla ceramica con il fondo marrone chiaro, sia in figurine d’avorio o d’argilla, sui manici di certi coltelli e anche su un affresco.
    Sui monumenti figurati e sulle palette di scisto, vediamo spesso apparire edifici o personaggi che portano delle aste sormontate da un animale o un oggetto, le stesse insegne che si ritroveranno in epoca storica come simboli dei Nomi. Sembra legittimo dedurne che, già alla fine dell’Eneolitico, l’Egitto conoscesse un’organizzazione sociale e inoltre la frequente presenza del falco e del bucranio sulle palette sembra indicare che la religione si è già costituita: culto di Horus per il falco e di Hathor per il bucranio. Gli abitanti della valle del Nilo hanno quindi in mano tutti gli elementi di quella civiltà che ora inizierà a svilupparsi a un ritmo molto più rapido.
    Per delineare la storia di questi secoli oscuri si può usare anche un altro tipo di fonti, meno precise e più difficili da interpretare; la continuità della civiltà egizia, non essendo mai stata interrotta bruscamente, potrebbe conservare, nei testi redatti in epoca storica, le tracce di tradizioni che risalgono a molto prima dell’unificazione avvenuta nel 3100. Questi testi, chiamati testi delle Piramidi, non si trovano nelle grandi piramidi di Giza, ma sulle pareti interne di piramidi molto più modeste appartenenti a re della V e VI dinastia (tra il 2350 e il 2200) e si è pensato che potessero riferirsi ad avvenimenti accaduti all inizio dell’Eneolitico nella zona nord (della quale non abbiamo alcuna testimonianza archeologica). Secondo questi testi l’Alto Egitto sarebbe stato il regno di Seth, mentre il delta sarebbe stato diviso in due gruppi di Nomi (in greco nomoi) contrapposti, uno a est e l’altro a ovest.
    Osiride, re del nord, li avrebbe unificati e poi Horus, il suo successore, avrebbe attaccato il regno di Seth, creando cosi una monarchia unificata che avrebbe regnato su tutto l’Egitto già prima del 3100. Questo stato di cose, però, non sarebbe durato a lungo, e presto si sarebbero creati due regni, uno con capitale nell’Alto Egitto, a el-Kab, e uno con capitale nel Basso Egitto, a Buto.
    L’egittologo tedesco Kurt Sedie, autore di quest’ipotesi, riteneva che il calendario solare fosse stato adottato durante il primo periodo d’unificazione, nel 4200 circa, e che la capitale dovesse trovarsi a Eliopoli (vicino al Cairo). Se questa ipotesi si rivelasse esatta, la storia della civiltà egizia si potrebbe così riassumere:
    1) dal 5000 al 3800 circa – periodo neolitico e inizio dell’eneolitico, l’Egitto ha due focolari di cultura, uno al nord, l’altro al sud;
    2) verso il 3700 – apparizione del metallo, il nord si unifica e, all’inizio del IV millennio conquista il sud;
    3) verso il 3600 – una monarchia venuta dal nord governa tutto l’Egitto, con capitale a Eliopoli, ma, ben presto, il paese si divide un’altra volta in due parti, una con capitale a sud, a el-Kab, una con capitale a nord, a Buto;
    4) intorno al 3000 – i re del sud assoggettano quelli del nord e Menes, re del sud, governa tutto l’Egitto.
    Questa ricostruzione degli avvenimenti è affascinante, ma sono in molti a sottolineare la fragilità degli argomenti in suo favore. Si pensa invece che l’unificazione sia stata compiuta dal sud, mentre il regno eliopolitano unito in epoca preistorica non sarebbe mai esistito. Tuttavia, poco prima del 3100, ci sono stati sette faraoni che hanno governato tutto l’Egitto e che costituiscono quella che oggi viene chiamata la “dinastia zero”. A Ieracompoli, che sembra fosse la capitale del sud in quel periodo, si sono trovati monumenti che raffigurano un re, chiamato il re Scorpione, che combatte gli egiziani. Sembra che il potere del re Scorpione si sia esteso fino a nord di Menfi, mentre il re che unificò l’Egitto sarebbe stato Narmer, il suo successore.
    Questo re è rappresentato su una paletta mentre combatte contro gli egiziani, ma, in questo caso, già indossa le insegne di re del sud e del nord e quindi riassume nella sua persona l’unità del paese: lo Scorpione e Narmer sarebbero gli ultimi faraoni della “dinastia zero”.

    PERIODO THINITA

    (3000 – 2700 a.C.) Non si sono trovate testimonianze certe dell’esistenza del famoso Menes, presunto fondatore della regalità faraonica, ed è anche possibile che il suo nome nasconda diversi re ma, per contro, esistono dei documenti che riguardano il periodo immediatamente precedente l’unificazione del paese. A Ieracompoli, che sembra fosse la capitale del sud in quel periodo, si sono trovati monumenti che raffigurano un re, chiamato il re Scorpione, che combatte gli egiziani. Sembra che il potere del re Scorpione si sia esteso fino a nord di Menfi, mentre il re che unificò l’Egitto sarebbe stato Narmer, il suo successore.
    Questo re è rappresentato su una paletta mentre combatte contro gli egiziani, ma, in questo caso, già indossa le insegne di re del sud e del nord e quindi riassume nella sua persona l’unità del paese: lo Scorpione e Narmer sarebbero gli ultimi faraoni della “dinastia zero”. Dei cinque secoli in cui avrebbero regnato le prime due dinastie sappiamo poco. La capitale era Thinis, presso Abido, dove sono state trovate le tombe dei faraoni della prima dinastia, mentre le grandi sepolture di Saqqara, che si credeva fossero sepolture reali, appartengono agli alti funzionari che erano imparentati ai faraoni.
    L’evoluzione storica dell’Egitto è la medesima sotto le due dinastie, ed è caratterizzata dallo sviluppo della scrittura e dall’organizzazione dell’apparato reale, fatti che sono collegati, poiché lo sviluppo della scrittura è stato favorito dall’estensione dei poteri reali e viceversa. I re sono adesso abbastanza forti da inviare delle spedizioni fuori dall’Egitto, nel Sinai, a cercare delle pietre preziose, o in Nubia e nel deserto arabico. La monarchia si rafforza a poco a poco, ma non ci è dato di sapere se, in questo periodo, è già cosi “assoluta” come nell’Antico Regno.
    Un fatto però è certo, lo stesso che caratterizzerà la regalità egiziana fino alla conquista greca: la sua natura religiosa, poiché il faraone è un “dio in terra”. Sia la cerimonia d’incoronazione che le feste religiose hanno un duplice valore, amministrativo e religioso, il sacro non è separato dal civile e il funzionario può anche essere, come del resto il faraone, un sacerdote. Sembra che la burocrazia si sviluppi in questo periodo ma anche se si sa che è organizzata in maniera fortemente gerarchica, non si sa quanto sia specializzata. Prosegue lo sviluppo economico del paese e in un paio di occasioni è certo che fu lo stesso faraone a occuparsi della creazione dei canali per l’irrigazione, della cui manutenzione si occupava uno dei funzionari più importanti, il nomarca (dal greco nomòs e archéo, “governo”), il governatore provinciale cui faceva capo tutta l’amministrazione locale.
    Queste prime dinastie rappresentano quindi l’epoca in cui la civiltà egiziana si dà la sua forma definitiva, mentre, nelle epoche precedenti, si erano raggiunti gli obiettivi materiali indispensabili al suo sviluppo: la conquista agricola del paese, l’elaborazione delle concezioni religiose, della lingua e della scrittura, l’apprendimento delle tecniche di lavorazione del metallo, della tessitura e della ceramica, ecc. In questo periodo la civiltà egizia si trasforma in un regno politicamente unito. L’archeologia e i testi religiosi permettono di ricostruire grosso modo la storia dell’unificazione sia del paese che dei due gruppi antagonisti che si sono poi fusi in un unico regno, ma né l’una né gli altri danno chiarimenti circa la nascita dello Stato faraonico cosi come appare nelle epoche successive. Si sa che, fin dalle prime dinastie, c’era un solo re, e che il paese era diviso in province con a capo un alto funzionario, ma questo è un risultato a cui non si conosce come gli egiziani siano arrivati.

    I Dinastia
    (3100 +/- 150 a. C.) Le prime testimonianze archeologiche della I Dinastia si devono ad Amélineau. Con l’aiuto di fondi forniti da privati, egli iniziò alcuni scavi ad Abido nel 1895, proseguendo i lavori verso occidente fino a raggiungere un basso contrafforte del deserto, detto l’Umm el-Kacab, la Madre dei Vasi, dagli innumerevoli cocci che ricoprivano il terreno. In questa remota località, distante più di un chilometro e mezzo dai campi coltivati, s’imbatté in un gruppo di tombe di mattoni a forma di pozzo, che in seguito si rivelarono appartenenti ai re della I e della II dinastia. Egli ne contò sedici.
    Petrie, qualche anno più tardi, riuscì a disegnare la pianta delle tombe ed a ricuperare un gran numero di oggetti importanti fra i quali recipienti in pietra con iscrizioni, sigilli di giare, tavolette d’ebano e d’avorio, e varie stele stupendamente scolpite e di imponenti dimensioni.
    Nel 1897 Quibell, eseguendo scavi a Kom el-Ahmar, quasi di fronte a Edfu sulla riva opposta del fiume, fece una sensazionale scoperta. Era noto che qui sorgeva l’antica Nekhen, menzionata in certi titoli ufficiali dell’Antico Regno, detta poi dai Greci Ieracompoli dalla principale divinità del luogo, il dio falco Horo. La grande scoperta di questi scavi fu la famosa Tavoletta di Narmer. Non occorreva molto acume per individuare in questo oggetto un indiscutibile anello di collegamento fra il tardo periodo predinastico e l’inizio di quello protodinastico.
    Prima di Narmer è opportuno però parlare di un re ancor precedente che, in mancanza di un equivalente fonetico, viene chiamato il re Scorpione.
    Gli studiosi ritengono che Narmer non fosse altri che Menes in persona. Molti fatti collegano Menes a Menfi, primo fra tutti il fatto che, secondo gli storici, fu proprio lui a fondare la città.
    L’importanza di questa grande città durante la I dinastia fu rivelata dagli scavi condotti al margine del deserto occidentale, qualche chilometro più a nord.
    Dopo le scoperte di Abido gli studiosi erano convinti di esser venuti in possesso degli autentici sepolcri dei primi faraoni, il che pareva confermato dall’affermazione di Manetone che i re della I e della II dinastia provenivano da Tjene (Thinis), città nei pressi di Abido. Ma le maggiori dimensioni e la grandiosità delle tombe menfite facevano ora nascere il sospetto che fossero queste le vere tombe regali protodinastiche e la questione si faceva ancor più complicata con la scoperta di mastabe isolate, non meno imponenti e appartenenti allo stesso periodo, a Tarkhan, qualche chilometro a sud di Lisht, a Giza e anche più a nord, ad Abu Roash.

    II Dinastia
    (3000-2700 a.C.) La II dinastia di Manetone, composta di nove re originari di Thinis, presenta problemi ancor più intricati della precedente. Dei nomi manetoniani quattro sono identificabili negli elenchi regali ramessidi, sebbene abbiano subito gravi deformazioni; ma occorre un notevole acume per dimostrare che il Tlas di Manetone deriva da un re Weneg, conosciuto solo attraverso frammenti di coppe immagazzinate nelle gallerie sotterranee della piramide a gradini.
    Le liste dei re ne enumerano undici, invece dei nove di Manetone, ma solo per quattro si è trovato sui monumenti conferma della loro esistenza.
    Esistono prove fondate di rapporti, amichevoli o meno, fra gli ultimi re della II dinastia e i paesi del Nord. Non solo alcuni sigilli attribuiscono a Peribsen l’epiteto di “conquistatore di paesi stranieri”, ma vi è anche motivo di credere che fu lui a introdurre il culto di Seth nel delta nord-orientale.
    Le cifre totali fornite da Manetone (253 anni per la I dinastia e 302 per la II) non sono naturalmente attendibili, e altrettanto improbabili sono i complessivi 450 anni che si ricavano dalla Pietra di Palermo per le due dinastie. Ma qualunque ne sia la durata, questo periodo bastò per dare alla civiltà dell’antico Egitto quell’impronta particolare che distingue in modo così marcato i suoi resti da quelli dei paesi vicini.

    Antico regno

    (2700 – 2200 a.C.) Come non c’è stato un taglio netto fra l’epoca eneolitica e le prime dinastie, non c’è neanche una netta separazione tra queste e l’inizio dell’Antico Regno, il cui fondatore, Djoser, secondo re della III dinastia, era figlio di Khasekhemuy, ultimo re della seconda; sono i perfezionamenti tecnici raggiunti, soprattutto nell’architettura, che permettono di parlare di una nuova dinastia.
    L’avvenimento più importante del regno di Djoser, quello che giustifica la classificazione dell’Antico Regno in un periodo diverso dai precedenti, è lo spostamento della capitale dalla zona di Abido a Menfi (l’Antico Regno viene a volte chiamato menfita). È durante il suo regno, probabilmente, che l’amministrazione reale si complica ed egli si fa perciò affiancare da un aiutante, un primo ministro di nome Imhotep Da diversi indizi, si sa che Djoser ha continuato l’opera dei re della prima dinastia, promovendo azioni militari verso la Nubia e proseguendo una politica che sarà poi quella di tutti i re dell’Antico Regno, visto che gli egiziani di questo periodo sembrano essere più preoccupati dai loro confinanti a sud che da quelli a nord-est.
    Un testo di epoca tarda fa risalire a lui la prima penetrazione egiziana in Nubia, ma sembra che già il re Djer (I dinastia) era arrivato fino alla seconda cataratta e quindi il testo si riferisce probabilmente all’annessione della Nubia più che a una sortita militare. Un’altra zona molto frequentata dagli egiziani in cui si recò anche Djoser, come è testimoniato da un’incisione rupestre, era il Sinai, dove c’erano miniere di pietre preziose, e forse anche di rame, indispensabili all’artigianato e alla religione egizia.
    La IV dinastia è quella dei costruttori delle grandi piramidi e dovrebbe essere tra quelle su cui si hanno maggiori informazioni e invece l’unico re di cui si conosce qualcosa e il fondatore, Snofru, figlio di Unis. I monumenti ci sono, perfetti, testimonianza irrefutabile di una civiltà molto avanzata sia sul piano tecnico che amministrativo, ma prove certe, su questi aspetti, non esistono.
    Un racconto egiziano del Medio Regno svela le origini leggendarie della V dinastia. Vi si narra che la moglie di un sacerdote di Ra avrebbe concepito con il dio i primi tre faraoni. È certo che il culto del dio solare Ra aveva, in quest’epoca, un importanza primaria, non solo a causa delle origini della dinastia, che proveniva da Eliopoli dove il dio era adorato, ma anche perché il clero di questa città contribuì alla presa del potere da parte della stessa dinastia. Comunque sia, da quel momento in poi i faraoni assunsero il titolo di figlio di Ra e l’impronta della religione sulla vita regale si evidenzia già dai nomi dei faraoni, in cui Ra appare quasi sempre.
    La religione solare apporta delle modifiche all’architettura dei numerosi templi che ed è in quest’epoca che furono compilati (se non proprio composti) i Testi delle Piramidi. Sembra che la V dinastia, per quanto riguarda la politica estera, fosse più interessata all’Asia, non si sa se perché di lì attaccata o semplicemente perché voleva estendere la propria influenza in quelle zone. Alcune spedizioni militari furono condotte nel Sinai, in Asia e in Libia.
    Per la VI dinastia si hanno numerose testimonianze dell’attività di Pepi I, soprattutto decreti per la fondazione di opere pie, molto importanti per studiare il diritto egiziano in un’epoca cosi antica. Come i suoi predecessori, Pepi sorveglia la Nubia e ordina numerose spedizioni contro gli asiatici, anche se sembra che il paese nemico non fu mai occupato, e che l’esercito egiziano vi compisse soltanto delle incursioni. Durante questo periodo continuò la pacificazione della Nubia e vennero inviate spedizioni commerciali a Biblo e nel paese di Punt, cioè lungo la costa africana del Mar Rosso, nella zona dell’attuale Eritrea.
    Con Pepi II inizia la decadenza dell’Antico Regno forse perché in vecchiaia (regnò oltre novant’anni!) egli non è più stato in grado di mantenere l’unità del paese, che, in effetti, si fondava soltanto sulla sua persona.
    L’Antico Regno, che termina con la VI dinastia, fu un periodo di grande prosperità per l’Egitto. Fu l’apogeo della regalità faraonica. Il re viene considerato a tutti gli effetti dio in terra, per cui lo si teme e gli si obbedisce, e sotto la sua guida sicura, l’Egitto conosce una prosperità economica che ritroverà solo difficilmente e a intervalli irregolari. Non esistono molte informazioni circa i contatti esterni che l’Egitto ebbe in questo periodo, ma il fatto che a Biblo vi fosse un tempio dedicato a divinità egiziane, indica che i contatti non si sono limitati alla conquista della Nubia, che resta pur sempre la grande impresa dell’epoca.

    III Dinastia
    (2700-2630 a. C.) E’ la prima dinastia della quale è possibile stilare una lista abbastanza precisa dei faraoni che la compongono. Inoltre è la prima della quale sono arrivate sino a noi prove certe sotto forma di manufatti monumentali in pietra. Il primo faraone della III dinastia fu Djoser, la cui importanza come fondatore di una nuova epoca è messa in risalto nel Canone di Torino dall’uso eccezionale dell’inchiostro rosso. La sua impresa maggiore fa la grande piramide a gradini di Saqqara.
    Il merito tuttavia più che a Djoser stesso va attribuita al suo celebre architetto Imhotep. Manetone, lo storico greco, gli attribuisce l’invenzione dell’arte della costruzione in pietra; il grande monumento funebre di Djoser fu infatti il primo costruito interamente con quel materiale. I diciannove assegnati a Djoser sembrano un periodo breve per portare a termine la sua piramide. Più credibili sarebbero i ventinove concessigli da Manetone, se nei suoi elenchi della III dinastia non contasse nove re, tutti con nomi non identificabili eccetto Tosorthros (Djoser), i quali avrebbero regnato per un totale di duecentoquattordici anni.
    Della III dinastia ci rimangono, oltre alla piramide di Djoser, le rovine di un tempio costruito dallo stesso faraone a Eliopoli, oltre alle rovine di altre due piramidi attribuite ai successori di Djoser. Alcuni studiosi inoltre attribuiscono alla III dinastia anche la piramide di Maydum, altrimenti attribuita a Snofru.

    IV Dinastia
    (2630-2510 a.C.) La IV dinastia è forse la più conosciuta dell’intera storia egizia. I nomi dei suoi tre sovrani più famosi fanno parte del bagaglio culturale di ciascuno di noi. Cheope, Chefren, Micerino, grazie alle grandiose opere realizzate sono un caposaldo della storia antica.
    Con la IV dinastia si sviluppa appieno l’architettura della piramide che nella dinastia precedente era nata come evoluzione della mastaba. Le piramidi della IV dinastia nascono da un’idea di piramide pienamente formata e la magnificenza raggiunta da questi monumenti non sarà più eguagliata nei secoli successivi, addirittura sino ai giorni nostri, visto che la grande piramide di Cheope è ancora oggi la più grande opera mai costruita dalla mano dell’uomo e, come altezza di opera umana interamente in pietra, è superata solamente dalle torri della cattedrale di Colonia, costruita più di quattro millenni dopo.
    I nomi Cheope, Chefren e Micerino sono la versione ellenizzata tramandataci da Erodoto dei nomi reali dei tre sovrani (Khufwey, Khafra, Menkaura). Il fondatore della dinastia fu Snofru, il quale sposò una figlia di Huny, l’ultimo faraone della dinastia precedente.
    Snofru fu un grande costruttore di piramidi, gliene si attribuiscono ben tre, e di notevoli dimensioni. Sia Snofru che i suoi immediati successori furono sovrani molto potenti, non si spiegherebbe altrimenti la riuscita nella realizzazione delle loro grandi opere; dopo Micerino però le fortune della dinastia sembrarono decadere rapidamente. La terza piramide fu terminata frettolosamente e arredata all’interno da Shepseskaf, il solo altro re della IV dinastia riconosciuto legittimo dai contemporanei e dalla Tavola di Abido.
    Che qualcosa di grave sia accaduto verso quest’epoca si può dedurre dal fatto che Shepseskaf scelse per la sua ultima dimora la zona sud di Saqqara e si fece costruire non una piramide, ma una tomba che, a parte le pareti inclinate, ha la forma tipica dei sarcofagi di quel periodo. La gente del posto chiama questa tomba Mastabat el-Faraun. Questa tomba fu imitata poco tempo dopo a Giza in un monumento talvolta denominato la piramide incompiuta o la quarta piramide. Apparteneva alla madre di un re di nome Khantkawes; da quest’ultimo avrà origine la V dinastia.

    V Dinastia
    (2510-2350 a. C.) Esiste a Giza un monumento talvolta denominato piramide incompiuta o quarta piramide. Gli scavi ne hanno rivelato l’appartenenza alla madre di un re di nome Khantkawes, il cui culto funerario fu mantenuto per tutta la V dinastia.
    Sembra accertato che da Khantkawes ebbe origine la V dinastia, anche se questa tesi urta contro la tradizione raccolta da una narrazione del tardo Medio Regno, secondo la quale i primi tre re della V dinastia sarebbero stati figli trigemini di un semplice sacerdote di Ra. Quali che siano le origini della V dinastia, non possono esistere dubbi sulla diversità e sull’originalità del suo carattere.
    Secondo la leggenda al figlio maggiore di Radjedef era stato predetto che sarebbe diventato gran sacerdote del dio sole Ra in On, la grande città conosciuta come Eliopoli dai Greci, ora un semplice sobborgo a settentrione del Cairo.
    Non si ha conferma nè appare probabile che Userkaf, primo re della dinastia, abbia mai esercitato tale ufficio, ma è certo che sotto il suo regno la casta sacerdotale di Eliopoli incominciò a esercitare un’influenza senza precedenti. Occorre tuttavia osservare che, sebbene divenuto più intenso, il culto del sole in questo periodo non fu esclusivo come lo sarebbe stato più di mille anni dopo sotto Akhenaten, perché altre divinità, fra cui le dee dell’Alto e del Basso Egitto, erano parimenti venerate. Al predominio del culto solare nella religione si rispecchia in un mutamento avvenuto nei titoli reali. Fino a questo momento il nome di Ra compare solo nei cartigli di Radjedef, Chefren e Micerino. Durante la V dinastia Ra diviene un elemento pressoché costante come risulta dall’elenco ben accertato dei nove re che la compongono: Userkaf, Sahura, Neferirkara (Kakai), Shepseskara (Izi?), Neferefra, Niuserra (In), Menkauhor, Djedkara (Isesi), Unis.
    Ma ciò che più colpisce è la presenza di un nuovo tipo di monumento che, per quanto ci risulta, fu invenzione originale della V dinastia e non fu più costruito dopo l’ottavo re: tempio per il culto solare.
    Indubbiamente i nuovi adepti del culto solare non si sentivano all’altezza di onorare il loro dio con la magnificenza che i sovrani della IV dinastia avevano dedicato alla glorificazione della propria persona perciò, onde evitare confronti poco lusinghieri, costruirono i nuovi templi più a sud, a qualche chilometro da Giza.
    Abu Gurab, un luogo che per molto tempo aveva portato il nome della piramide di Righa, rivelò i resti di un grande tempio del sole che si suppone copiato dal tempio di Ra-Atum ad Eliopoli. La pianta generale assomiglia a quella del consueto complesso funerario delle piramidi, con un edificio d’ingresso presso la valle, una rampa che conduce a un livello superiore e nel punto più alto invece della piramide e del tempio funerario un tozzo obelisco poggiato su un basamento quadrato a forma di piramide tronca. L’obelisco ricordava un’antichissima pietra che si trovava ad Eliopoli, detta beben, che simbolizza senza dubbio un raggio o i raggi del sole e forse etimologicamente significa “il radiante”. Si sa che dei nove re della V dinastia sei innalzarono templi del sole di questo genere ciascuno battezzato con un nome particolare come “Delizia di Ra”, “Orizzonte di Ra”, “Campo di Ra”, ma solo due sono stati individuati con certezza: quello di Userkaf e quello di Niuserra.
    Sulla Pietra di Palermo gli unici due riferimenti a imprese non religiose dei faraoni della V dinastia riguardano viaggi nel Sinai alla ricerca di turchesi e a Punt, luogo di provenienza dell’incenso e di varie spezie. A eccezione di una campagna libica e della guerra asiatica nella quale fu comandante supremo Weni, pare che tutte le avventure oltre il confine dell’Antico Regno avessero uno scopo utilitario: viaggi per procacciare i materiali con cui saziare la passione del sovrano per l’edilizia, accrescere il lusso della sua corte e soddisfare le esigenze delle divinità da lui adorate.

    VI Dinastia
    (2350-2200 a. C.) Manetone fa iniziare la VI dinastia da un Othoès che s’identifica con il Teti successore di Unis degli elenchi di Abido e Saqqara. Sempre Manetone indica Menfi come luogo d’origine della VI dinastia, ed infatti tutte le piramidi dei suoi sovrani sono situate nella zona di Saqqara a poche miglia l’una dall’altra.
    Fu proprio la piramide del terzo re, Pepi I, chiamata Mn-nfr, ” (Pepi è) insediato e bello”, a dare il nome alla grande città di Menfi in mezzo alla valle, di fronte a Saqqara.
    Non si sa perché Teti sia stato considerato il fondatore di una nuova dinastia, ma è pressappoco verso questo periodo che si manifesta in pieno l’importante trasformazione avvenuta nel carattere del regno egizio.
    Finita l’estrema centralizzazione del potere dei periodi precedenti, quando la più alta ambizione di un cortigiano era quella di ottenere una tomba all’ombra della piramide regale, la generosità del faraone riceveva ora un’ingrata ricompensa; le sue ricchezze incominciavano a esaurirsi mentre quelle dei nobili erano tanto aumentate ch’essi potevano quasi gareggiare con lui in potenza e importanza. Ovunque nelle vicinanze dei maggiori centri delle province erano sorti bellissimi cimiteri dove non solo i principi del luogo ma anche i loro dipendenti di grado più elevato cercavano di conferire alle proprie mastabe e alle tombe scavate nella roccia qualcosa dello splendore della capitale. Tuttavia benché avesse già preso salde radici tutta un’aristocrazia provinciale, non si deve supporre che il potere dei faraoni si fosse in alcun modo indebolito durante la VI dinastia.
    Essa al contrario conta fra i suoi sovrani alcuni dei più grandi nomi della storia egizia, a giudicare dal numero dei cartigli sparsi in tutto il reame e dall’eco, giunta fino a noi, delle loro imprese e del loro energico spirito d’iniziativa. E’ vero che i monumenti alla loro memoria non possono stare alla pari come livello artistico con quelli della generazione precedente, e dimostrano anche scarsa originalità. L’esecuzione tecnica è scadente tanto che la maggior parte delle piramidi è crollata riducendosi a mucchi informi di rovine.
    E’ anche scomparso quel religioso fervore che aveva indotto la V dinastia a dedicare quasi tutte le proprie risorse alla glorificazione del dio sole. I Testi delle Piramidi che coprono le pareti delle camere sepolcrali mirano solo ad assicurare nell’oltretomba il benessere del re defunto, identificato con Osiride.
    Grande è l’abbondanza di documenti della VI dinastia giunti sino a noi. Da questi si deduce la tendenza generale al decentramento perché, anche se nominava a governatori delle province, o nomarchi, i più influenti personaggi provinciali (come Ibi nel nomo della Montagna della Vipera ), il faraone continuava a voler partecipare alla costruzione dei templi locali e ad arrogarsi il diritto di esentarne i dipendenti dagli obblighi più gravosi.

    I° PERIODO INTERMEDIO

    (2200 – 2050 a.C.) A partire dal regno di Pepi II cominciarono a manifestarsi fermenti sociali e, per più di un secolo, l’Egitto fu preda di disordini, di anarchia a livello provinciale e, forse, anche di invasioni straniere. Questo periodo è molto oscuro, ed è caratterizzato dalla decadenza del potere centrale di Menfi e da rivolgimenti sociali.
    Mentre la prima si intravede nei documenti di cui disponiamo, gli altri cambiamenti ci sono noti soltanto tramite testi di epoche successive.
    Della decadenza del potere reale è, per alcuni, evidente fatto che, a partire dalla V dinastia, la carica di governatore del nomo diviene ereditaria, riducendo cosi l’influenza regale.
    Ma la ragione vera di questa decadenza potrebbe essere legata a fattori fisici: il clima, che prima era umido, verso il 2300 si inaridisce, e ciò comporta la diminuzione delle risorse alimentari egiziane mentre, allo stesso tempo, obbliga le popolazioni insediate nella steppa a rifugiarsi nella valle, determinando cosi un cambiamento economico-sociale.
    La decadenza della regalità, forse accelerata dalle incursioni dei beduini che il potere centrale non aveva più la forza di respingere, sembra essere stata alla base dei disordini sociali, che noi conosciamo tramite alcuni testi molto interessanti, anche se redatti in epoche successive da scribi incaricati dai sovrani della XII dinastia di celebrare la restaurazione dell’ordine e della stabilità. Essi avevano perciò tutto l’interesse a esagerare la gravità della situazione per mettere in evidenza l’opera pacificatrice dei re del Medio Regno; in realtà non si sa neppure se questa rivoluzione ha interessato tutto l’Egitto o se è rimasta localizzata soltanto nella zona di Menfi. Non si conosce quasi nulla degli altri avvenimenti dell’epoca.
    Le liste dei re e Manetone dividono i regnanti, di cui conosciamo soltanto il nome, in due dinastie, la VII e l’VIII. La prima avrebbe contato settanta re di Menfi che regnarono per settanta giorni; la seconda, conosciuta soltanto dalle liste reali, avrebbe avuto dai 18 ai 32 faraoni, di cui alcuni avrebbero regnato contemporaneamente con un governo di tipo oligarchico. Per lungo tempo si è creduto che, all’inizio dell’VIII dinastia, i nomarchi del sud dell’Alto Egitto, si fossero uniti fondando un regno indipendente, governato dal nomarca di Copto, che sarebbe durato una quarantina d’anni; ma nel 1946 W.C. Hayes ha dimostrato che questa dinastia copta non è mai esistita.
    Quando l’VIII dinastia termina, intorno al 2220, l’Egitto è diviso in tre parti: al nord c’è una forte presenza di invasori asiatici, al centro, a Menfi, resiste la vecchia monarchia centralizzata ma, nel Medio Egitto, Kheti, nomarca di Eracleopoli, prende il titolo di re dell’Alto e del Basso Egitto e ben presto controlla sia la zona di Menfi che il Fayum.
    Nel sud invece i re menfiti sono stati soppiantati dai nomarchi di Tebe, che hanno raggruppato intorno a sé i nomi (distretti) meridionali. Sembra che questa situazione sia durata abbastanza ed è interessante notare come, se non si tiene conto del delta, l’Egitto sembra essere tornato all’epoca preistorica, con un raggruppamento di nomi al nord, nel Medio Egitto (dinastia eracleopolitana), di cui conosciamo alcuni re (Kheti I, II e III e Merikara), e uno a sud, a Tebe, con a capo gli Antef o i Mentuhotep. Si giunse presto a uno scontro e la situazione rimase a lungo confusa tra alterne vicende di vittorie e sconfitte da entrambe le parti, fino a quando, nel 2060, troviamo l’Egitto nuovamente unito sotto Mentuhotep, discendente dei governatori tebani che governavano i nomi del sud; da questa data si fa iniziare il Medio Regno.
    Malgrado tutti i suoi difetti, Manetone fornisce un’intelaiatura entro la quale s’inquadrano abbastanza bene i risultati delle ricerche; si possono elencare cinque fasi storiche che si sovrappongono l’una all’altra:

    1. rapida disintegrazione dell’antico regime menfitico seguita al lunghissimo regno di Pepi II;
    2. stragi e anarchia conseguenti allo sfacelo della monarchia e alla rivalità tra i feudatari provinciali, o “nomarchi”, probabilmente fomentate anche da infiltrazioni asiatiche nel delta;
    3. formazione di una nuova linea dinastica di faraoni fondata da Akhtoy (l’Achthoes di Manetone) in testa e Eracleopoli come capitale;
    4. sempre crescente importanza di Tebe sotto il dominio di una ancora più energica famiglia di principi guerrieri, dei quali i primi quattro portano il nome di Inyotef (Antef, nei vecchi testi di storia egizia), gli ultimi tre quello di Menthotpe (Mentuhotep);
    5. guerra civile tra i principi tebani e la dinastia di Eracleopoli, e vittoria finale di Menthotpe I che riunisce i due paesi preparando l’avvento del Medio Regno, di cui Ammenemes I (XII dinastia), uno dei più grandi sovrani dell’Egitto, sarà l’iniziatore.

    Con Menthotpe I si può considerare concluso il I periodo intermedio. In che misura si sovrappongano le cinque fasi e quale ne sia la rispettiva durata è ignoto; a questa incertezza è dovuta l’impossibilità di ricavarne un quadro coerente. Il vero nodo della questione sta nella cronologia, e anche se i più recenti studi autorevoli in materia sono d’accordo nel valutare da duecento a duecentocinquanta anni la durata del periodo intercorso da Nitocris alla fine del regno di Menthotpe, la loro opinione è poco più di una congettura. Il Canone di Torino non offre aiuto essendo andata persa la cifra totale degli anni di regno dei sovrani eracleopolitani e dei loro successori, e la possibilità di una sovrapposizione con l’XI dinastia vi appare del tutto ignorata.

    VII e VIII Dinastia
    (2200-2170 a.C.) E’ impossibile precisare il momento in cui scoppiarono quei gravi disordini che segnarono la fine dell’Antico Regno, la cui realtà storica è fuor di dubbio, e vi è ragione di credere che perdurassero senza interruzione o a intervalli fino a buona parte della XI dinastia. Dobbiamo quindi supporre che la monarchia menfita sia andata sempre più indebolendosi finché non le fu più possibile tenere sotto controllo i monarchi delle province più lontane a monte lungo il fiume.
    Secondo Manetone la VII dinastia sarebbe formata da settanta re di Menfi, che avrebbero regnato per settanta giorni. L’VIII dinastia, di Menfi anche questa, comprenderebbe ventisette re per 146 giorni di regno. L’elenco di Abido mette al loro posto ben diciotto re prima di saltare direttamente agli ultimi sovrani della XI dinastia.
    E’ probabile che in effetti tutti i regni corrispondenti alla VII e alla VIII dinastia di Manetone si condensassero in uno spazio di tempo relativamente breve, forse non più di un quarto di secolo.
    Cessano ora del tutto notizie dirette del delta. Le spedizioni al Sinai in cerca di turchesi sono finite e non verranno riprese che verso la XII dinastia. Se un sigillo cilindrico dall’aspetto barbarico con il cartiglio di Khendy e uno scarabeo recante il nome di Tereru appartennero realmente ai re così denominati nell’elenco di Abido, ciò dimostrerebbe che si doveva ricorrere all’artigianato siriano anche per simili oggetti di poco conto.

    IX e X Dinastia
    (2170-2030 a.C.) La IX e la X sono entrambe di Eracleopoli, con diciannove re ciascuna e una durata, secondo Manetone, di 409 e 185 anni. Per tutto questo spazio di tempo si fa il nome di un solo re, Achtos, collocato nella IX dinastia. Di lui Manetone dice che fosse più crudele di tutti i suoi predecessori, ma poi finì pazzo e sbranato da un coccodrillo. Siamo completamente all’oscuro sulle circostanze che determinarono l’ascesa del “Casato di Akhtoy”. La città di origine, Eracleopoli, è l’odierna Ihnasya el-Medina, cittadina a occidente del Nilo di fronte a Beni Suef; 55 miglia a sud di Menfi. Niente vi è rimasto a rivelare l’importanza che ebbe nell’antichità, ma testimonianze rinvenute altrove confermano quanto ci tramanda Manetone sull’origine eracleopolitana della IX e della X dinastia.
    E’ molto probabile, anche se mancano documenti sicuri, che il primo re della dinastia abbia adottato come nome di Horo quello di Meribtowe (“Diletto al cuore dei Due Paesi”), e per dare più forza alle proprie rivendicazioni non esitò ad assumere tutti i titoli faraonici.
    Un secondo Akhtoy, il cui prenome era Wahkara, è noto solo attraverso una bara finemente decorata proveniente da El-Bersha, sulla quale pare che i suoi cartigli siano stati scritti per errore al posto di quelli del vero titolare, l’intendente Nefri. L’esistenza di un terzo re dello stesso nome, Akhtoy Nebkaura, è attestata soltanto da un peso proveniente dagli scavi a Er-Retaba e da una citazione in una delle poche opere di narrativa egizia giunte complete fino a noi, nella quale si racconta la storia di un contadino dell’oasi periferica dello Wadi Natrun, derubato del suo asino e di tutta la mercanzia mentre si recava a Eracleopoli. L’eloquenza con la quale il contadino sporse le sue lagnanze al signore del ladro fu tale che fu trattenuto perchè si potessero scrivere le sue suppliche, rimproveri e invettive onde divertire il sovrano.
    Nel Canone di Torino erano in origine registrati non meno di diciotto sovrani del medesimo casato, e il nome di Akhtoy ricorre due volte, sempre inaspettatamente preceduto da Neferkara, mentre gli altri nomi sono in parte cancellati, inidentificabili, o perduti.

    XI Dinastia (1° parte)
    (2134 – 2050 a. C.) L’XI dinastia di origine diospolitana, o tebana, conta sedici re su un misero totale di 43 anni di regno. Mentre a nord governava la X dinastia degli Akhtoy il territorio tebano cominciava a primeggiare fra le province del Sud. Il merito di ciò va a un nobile ricordato in seguito come Inyotef il Grande, nato da Iku, e menzionato su una stele come “principe ereditario”. Fu lui evidentemente, il fondatore della linea dinastica che in base alla nostra classificazione sostituisce la XI dinastia, e lo si identifica con quel “principe ereditario Inyotef” della Tavola di Karnak che è compreso nel disordinato elenco di re dallo stesso nome.
    L’ipotesi più semplice è che un solo antenato portasse quel nome e in ogni modo è lecito pensare che un Inyotef ( Inyotef il Grande ) abbia soggiogato alcune regioni meridionali non appartenenti al territorio della sua capitale, senza però aver osato assumere il titolo e le prerogative sovrane. Il primo Inyotef ad avere il nome racchiuso in un cartiglio non ha lasciato monumenti a lui contemporanei e, salvo la citazione alquanto dubbia della Tavola di Karnak, è noto solo attraverso un importantissimo rilievo che risale al regno di Nebhepetra Menthotpe scoperto nel Tempio di Tod. Il monarca vi è raffigurato nell’atto di fare un’offerta a Mont mentre dietro di lui sta la dea locale Tjenenti. Questa è seguita da tre re, sicuramente i predecessori di Menthotpe in ordine inverso a quello cronologico, ognuno dei quali reca nel cartiglio il titolo e il nome di “Figlio di Ra Inyotef”.
    Il successore fu Wah-ankh. Né lui, né i suoi successori esitarono ad arrogarsi l’orgoglioso titolo di “Re dell’Alto e Basso Egitto”, sebbene ancora molti anni dovessero trascorrere prima ch’esso rispondesse a verità.
    Il re successivo fu un altro Si-Ra Inyotef, il quale adottò un nome di Horo che significava “Forte, signore di un Buon Inizio” (Nakht-neb-tep-nufe). Inyotef III fu l’ultimo re di questo nome per vari secoli, e tutto ciò che si sa delle sue imprese è che restaurò ad Assuan la tomba in rovina di un principe divinizzato chiamato Hekayèb. Inyotef III fu seguito dal primo dei vari faraoni che cambiarono il nome Inyotef con quello di Menthotpe che significa “Mont è soddisfatto”. E il dio locale aveva ragione di essere soddisfatto perché il lungo regno di Menthotpe I (cinquantun anni) vide, dopo molti anni di lotta, la riunificazione di tutto l’Egitto sotto il governo di un unico sovrano. Nulla di certo si sa sulle campagne militari con le quali Menthotpe I riconquistò la Doppia Corona, mettendo fine all’anarchia che aveva dato luogo a due governi separati, uno nel Nord e l’altro nel Sud.
    Con Menthotpe I si può considerare concluso il I periodo intermedio.

    Medio Regno

    (2050 – 1786 a. C.) All’indomani del lungo periodo di sconvolgimenti che termina intorno al 2000 a.C., l’unità del potere in Egitto viene restaurata grazie ai nomarchi di Tebe.
    Cominciata dai governatori sin dai tempi in cui a nord c’era ancora la monarchia, questa restaurazione non fu opera di un solo faraone, ma di tutta l’XI dinastia, contemporanea della X (eracleopolitana), che era succeduta alla IX, sempre di Eracleopoli, instaurata da Kheti I. Mentre i sovrani si occupano soprattutto della zona del delta e riescono a cacciare i beduini, i governanti tebani rivolgono la loro attenzione alla Nubia.
    Cosi, grazie a queste due azioni parallele a nord e a sud, si gettano le basi per l’unità dell’Egitto, che verrà portata a termine dall’XI dinastia. L’impresa principale dell’XI dinastia fu l’unificazione del paese, ma la sua azione non finì lì. Venne limitata l’autonomia provinciale che si era sviluppata nel Primo periodo intermedio e fu restaurata l’autorità centrale mentre, all’esterno, ricominciavano le campagne contro la Nubia, dove gli egiziani penetrarono fino alla seconda cataratta e migliorarono la strada dell’Wadi Hammamat, che collegava l’Egitto al Mar Rosso e serviva da punto di partenza per le spedizioni in Sinai e nei paesi del Punt.
    Questa strada passava per il deserto arabico, dove i re dell’XI dinastia intrapresero campagne militari contro i nomadi che attraversavano il paese e controllavano i luoghi di approvvigionamento dell’acqua. Non si sa come avvenne il passaggio dall’XI alla XII dinastia, ma il fatto che, durante il regno degli ultimi faraoni dell’XI si trovi un visir di nome Amenemhat, lo stesso nome del fondatore della nuova dinastia, fa pensare che ci sia stata un’usurpazione del potere.
    La XII dinastia, che sale al trono intorno al 2000, è stata una delle più gloriose dell’antico Egitto. Sotto la sua amministrazione, non soltanto il paese mantenne la stabilità interna, ma si espanse anche all’esterno come non aveva mai fatto neanche ai tempi dei grandi faraoni della IV dinastia. Anche se questa dinastia è di origine tebana, la capitale viene posta nella zona di Menfi, da dove è più facile governare il paese.
    Amenemhat I (il fondatore della dinastia) si occupò soprattutto, sembra, dell’amministrazione. Per prendere il potere dovette probabilmente fare affidamento sulla nobiltà provinciale, che ebbe il vantaggio di una certa autonomia dal potere centrale. Forse si occupò della protezione della frontiera orientale dell’Egitto, ma questo sarà piuttosto un interesse dei suoi successori, in Nubia giunse fino a Korosko. Fu una cospirazione a mettere fine al suo regno, ma suo figlio, che in quel momento si trovava in Libia, riuscì a tornare in tempo per prendere il potere.
    Sesostri I proseguì in Nubia la politica di suo padre, giunse fino alla terza cataratta e prese possesso delle miniere d’oro di questa regione. Per raggiungere queste miniere dovette partire da Wadi Halfa e, per assicurare la sicurezza dell’impresa, fece costruire una fortezza a Buhen. Per evitare il ripetersi degli eventi sanguinosi che avevano funestato la fine del regno di suo padre, Sesostri associò al trono, lui vivente, il figlio maggiore, e così fecero i suoi successori. Non abbiamo informazioni circa i regni di Amenemhat II e Sesostri II.
    Sappiamo invece che Sesostri III fu uno dei grandi faraoni dell’Egitto. Il ricordo delle sue gesta, abbellito dal tempo trascorso, è alla base di molte delle leggende raccolte dagli storici greci. Grande conquistatore, giunse fino in Palestina, mentre, in Nubia, riprese l’opera di Amenemhat I e Sesostri I riuscendo con quattro campagne a riprendere il controllo della situazione: per difendere le sue conquiste, fece costruire diverse fortezze.
    Amenemhat III, approfittando della tranquillità assicurata dalle campagne militari paterne, si occupò soprattutto dello sviluppo agricolo ed economico dell’Egitto. La XII dinastia termina con i regni senza gloria di un re e di una regina, Amenemhat IV e Sebeknofru, di cui non sappiamo altro se non che la decadenza della dinastia, durante il loro regno, fu repentina. Il rapido riassunto delle gesta di questi faraoni non rende onore alla potenza della XII dinastia, all’interno come all’esterno, e alla prosperità che ne derivò per l’Egitto. Se Amenemhat I aveva dovuto allentare i legami della nobiltà, sotto Sesostri III la monarchia ha di nuovo un potere assoluto, tanto che la carica di nomarca è abolita.
    Una volta restaurata la propria potenza, i faraoni si occuparono della valorizzazione del suolo, e soprattutto del Fayum, dove crearono un’oasi ai cui confini edificarono le loro residenze. Furono grandi costruttori, e si devono a loro le fortezze che protessero i confini meridionali e orientali del paese; il palazzo di Amenemhat III a Hawara diede origine alla leggenda greca del labirinto.
    Per quanto riguarda i rapporti con gli altri paesi, i legami con la Siria e Biblo sembrano amichevoli e ci si può domandare, con una certa ragionevolezza, se la Fenicia, sotto la XII dinastia, non fosse amministrata da un governatore egiziano. Continuarono le spedizioni nel Sinai per reperire le materie prime, e ci furono anche delle spedizioni commerciali verso i paesi del Punt. A sud l’Egitto estese il suo territorio fino ad arrivare a Semna (70 km a sud di Wadi Halfa), dove un’ampia zona fortificata difendeva l’ingresso al paese dalle turbolente tribù sudanesi, e da dove potevano partire le spedizioni commerciali dirette nel cuore del Sudan, contatti testimoniati dai livelli archeologici più antichi delle costruzioni di Kerma, a sud della terza cataratta.
    I rapporti con Creta, che si ritenevano certi già da quest’epoca, sono ancora poco conosciuti perché si possano tenere in conto; si potrebbe pensare che la Fenicia abbia fatto da intermediaria.

    XI Dinastia (2° parte)
    (2050 -1991 a. C.) Con Menthotpe I si può considerare concluso il I periodo intermedio. Al termine del glorioso regno di Menthotpe I niente lasciava prevedere che la potenza della sua famiglia si avviasse alla fine. Eppure, così era. Il Canone di Torino concede a Sankhkara Menthotpe II dodici anni di regno, ma fa dì lui l’ultimo re della XI dinastia cosa non del tutto esatta. Anche negli elenchi di Abido e Saqqara Sankhkara è considerato l’immediato predecessore di Shetepibra Ammenemes I, fondatore della XII dinastia e iniziatore del periodo a noi noto come Medio Regno.
    Secondo i frammenti del papiro di Torino a Sankhkara seguono sette anni privi di sovrani. E’ probabile che sul trono fosse salito un terzo Menthotpe in seguito non considerato faraone legittimo. Questi, Nebtowera Menthotpe III, ci è noto, oltre che dal frammento di una coppa di pietra trovata a Lisht, solo attraverso iscrizioni scoperte in due cave dove inviò delle spedizioni. Tre graffiti del suo primo anno di regno e uno del secondo ricordano che un funzionario andò alla ricerca di ametiste nello Wadi el-Hudi, una trentina di chilometri a sud-est di Assuan.

    XII Dinastia
    (1991-1786 a. C.) La XII dinastia (1991-1786 a. C.) consta, come vedremo, di molti re il cui nome proprio era Amenemhes (Amenemhat) o Senwosre (Sesostri) per lo più alternativamente. Sembra accertato che Amenemhe, visir durante la XI dinastia, non fosse altri che il futuro Ammenemes I, fondatore della XII Dinastia.
    C’è da supporre che a un dato momento egli congiurasse contro il suo regale signore e, forse dopo alcuni anni di disordini, salisse al trono al suo posto. Amenemhe significa “Amon è di fronte” e quest’allusione al dio Amon solleva un problema la cui soluzione è tuttora oscura. Fino a quel momento, la divinità principale del nomo tebano era stata il dio guerriero Mont dalla testa di falco, ma con l’avvento della nuova dinastia l’antropocefalo dio Amon prevalse rapidamente sul primo. Egli non tardò a essere identificato con il dio sole Ra e finì per diventare la suprema divinità nazionale sotto il nome di “Amon-Ra, re degli dei”.
    Secondo una plausibile teoria Amon era stato importato da Ermopoli, ma già da tempo s’identificava con il dio itifallico Min, divinità della natura adorata nel vicino nomo di Copto. Da qualche debole indizio pare che Amon fosse già noto a Tebe prima della metà della XI dinastia, cosicché non si può escludere la possibilità che il re che unì il proprio nome a quello del dio fosse di origine tebana. Certo è, ad ogni modo, che tanto lui quanto il figlio Senwosre I continuarono a tenere in gran conto Tebe erigendovi i propri monumenti, sebbene saggiamente adottassero come capitale una località più centrale fra il delta e l’Alto Egitto.
    Per le generazioni successive It-Towe (“La Dominatrice dei Due Paesi”), nome egizio della nuova capitale, rimase la residenza reale per eccellenza e non semplicemente quella della XII dinastia, anche se la sua importanza come città declinò dopo la fine del Medio Regno.
    Nessun dubbio sulla grandezza di Shetepibra Amenemhe (Ammenemes I), perché senza di lui i suoi discendenti non avrebbero potuto conservare il trono per due interi secoli. I numerosi monumenti e i lunghi anni di regno dei singoli sovrani sono segni sicuri della prosperità e della stabilità politica del paese. Abbondano i templi locali eretti o ampliati dai re della XII dinastia, sebbene di regola non ne siano rimasti che blocchi isolati, il resto essendo andato distrutto o rimosso per far luogo a costruzioni di epoca posteriore. Numerosissime sono le stele private, in particolare quelle trovate ad Abido, centro di pellegrinaggi perché ritenuto il luogo dove era sepolto il dio Osiride.
    La maggiore impresa del fondatore della dinastia fu la riorganizzazione completa del paese. Evidentemente si era stabilito un equilibrio fra il potere del sovrano e l’orgoglio dei principi, e in questo periodo l’Egitto fu più che mai uno stato feudale. Tuttavia non mancano prove delle minuziose precauzioni che il faraone era costretto a prendere per mantenere la propria autorità. Nel ventesimo anno di regno si associò al governo il figlio maggiore Senwosre I ed entrambi regnarono insieme per altri dieci anni. Questa prassi fu seguita da tutti i sovrani della dinastia. Questo però dava luogo a un imbarazzante problema.
    In materia di religione la logica non aveva un gran peso, e l’identificazione e lo sdoppiamento delle divinità aggiungeva un mistico fascino alla teologia.
    Per difendersi dalle incursioni degli Asiatici nel delta, durante la XII dinastia, vennero costruite le “Mura del Sovrano”. Si ignora dove si trovassero esattamente queste mura, ma il fatto di esser state citate più volte nei racconti dell’epoca basta a sottolineare il pericolo che ancora si temeva da quella parte. Per il momento tuttavia i rapporti erano generalmente amichevoli. L’impressione generale che se ne ricava è che la Palestina fosse allora occupata da piccole tribù o comunità governate da principi locali. Molto più a nord vi sono notevoli indizi di una penetrazione egizia durante il Medio Regno, e sono presumibili vere e proprie campagne militari per spiegare il gran numero di oggetti della XII dinastia trovati in Palestina.
    Due re di Biblo ricevettero doni preziosi da Ammenemes III e Ammenemes IV rispettivamente, e viceversa a Tod fu scoperto un ricco tesoro composto di oggetti d’oro, d’argento e lapislazzuli di evidente fattura mesopotamica o egea, recanti i cartigli di Ammenemes II, probabili doni dei sovrani di Biblo.
    Dal Medio Regno in poi la Nubia fu per eccellenza il paese produttore dell’oro. Ma non era questo l’unico prodotto di cui si andava alla ricerca in quei paraggi: molte altre merci pregiate provenivano dal Sudan e in gran parte erano acquistate per mezzo di scambi con gli indigeni, specialmente i Medjayu che abitavano oltre il confine alla seconda cateratta. E chiaro comunque che un’invasione dal Sud costituiva una perenne minaccia e che, sebbene le spedizioni nella Bassa Nubia e nelle vicine regioni fossero ormai frequenti, rimanevano sempre una specie di avventura e non esisteva quasi una vera e propria colonizzazione. Un papiro enumera ben tredici fortezze fra Elefantina e Semna all’estremità meridionale della seconda cateratta. Le esigenze degli architetti, scultori e orefici richiedevano un sempre più intenso sfruttamento dei deserti e dei territori attorno all’Egitto e, dovunque le rocce lo permettessero, venivano lasciate iscrizioni a ricordo degli inviati del re. Il “basalto” dello Wadi Hammamat, l’alabastro di Hatnub e la diorite della regione a nord-ovest di Abu Simbel erano sfruttati come sempre, mentre lo Wadi el-Hudi continuava a fornire le ametiste.
    Senwosre I aveva rivolto particolari cure alla fertilissima provincia del Fayum, collocando a Ebgig un misterioso monumento, alto circa quindici metri che è sempre stato descritto come un obelisco, ma che probabilmente reggeva una statua del re.
    Durante la XII dinastia al sistema d’irrigazione vengono apportate notevoli migliorie, è certo che da allora i dintorni del famoso lago di Meride, nel Faiyum, divennero un ameno luogo di villeggiatura per i faraoni che qui si dedicavano ai loro svaghi preferiti, la pesca e l’uccellagione.
    Si è notato che dopo il regno di Senwosre III non si trovano più le grandi tombe dei nomarchi che si trovavano all’inizio della dinastia, probabilmente questo monarca era riuscito, se non a sopprimere, per lo meno a trasformare radicalmente la struttura feudale dello stato. In ogni caso è difficile passare sotto silenzio il grande aumento del potere regale.
    La dinastia si estingue con Sebeknofru, che Manetone, probabilmente a ragione, dice sorella dell’ultimo degli Ammenemes. E’ assai verosimile l’ipotesi di un dissidio familiare dal quale Sebeknofru uscì vittoriosa. Per la seconda volta nella storia egizia una donna sarebbe dunque riuscita a divenire “sovrana dell’Alto e del Basso Egitto”, ma una situazione così fuor della norma racchiudeva il seme di una catastrofe.
    Dopo Sebeknofru, come dopo Nitocris (VI dinastia), seguì una serie di sovrani i cui regni, per quanto ci è dato sapere, non superano i tre anni ciascuno. Qualunque ne sia stata la causa il glorioso Medio Regno finì per cadere in sfacelo.

    II° PERIODO INTERMEDIO

    (1786 – 1567 a.C.) Non si saprà mai perché Sebeknofru (o Sebeknofrura, come viene chiamata nei testi di data posteriore) sia stata considerata l’ultima sovrana della XII dinastia; sia il Canone di Torino sia l’elenco dei re di Saqqara e Manetone sono d’accordo su questo punto. Essendosi stabilita con una certa esattezza la data della fondazione della XVIII dinastia ad opera di Amosis I, dobbiamo accettare l’intervallo dal 1786 al 1567 a. C. come durata del II periodo intermedio, età ricca di problemi anche più astrusi di quelli del I.
    Si può osservare che il disegno generale di queste due epoche oscure è più o meno lo stesso. Entrambe iniziano con un caotico susseguirsi d’insignificanti reggenti locali; in entrambe, le invasioni dalla Palestina gettano la loro ombra sul delta e anche sulla valle del Nilo; e per entrambe la salvezza giunge infine da una rude stirpe di principi tebani che, dopo aver soffocato i dissidi interni, scacciano lo straniero e aprono una nuova epoca di grande potenza e prosperità.
    Secondo Manetone, la XIII dinastia era diospolita (tebana) e comprese sessanta re che regnarono complessivamente per 453 anni; la XIV dinastia conta a sua volta settantasei re originari di Xois, l’odierna Sakha al centro del delta, per complessivi 184 anni di regno o, secondo un’altra interpretazione, 484.
    Per quanto riguarda il periodo dalla XV alla XVII dinastia ci sono divergenze nelle opere di Eusebio e Sesto Africano, mentre dallo storico ebreo Giuseppe Flavio se ne ha un resoconto assai più semplice presentato come un estratto letterale dell’opera di Manetone. Esaminando i dati forniti da Sesto Africano si vede che la sua XV dinastia è costituita da sei monarchi stranieri, i cosiddetti re pastori o Hyksos, la cui dominazione durò 284 anni. Anche nella XVI dinastia si ritrovano i re pastori, trentadue di numero per un totale di 518 anni. Per finire, durante la XVII dinastia, re pastori e re tebani regnarono contemporaneamente in antagonismo, 43 per ciascuna stirpe e 151 anni complessivi. Addizionando queste cifre (e per la XIV dinastia attenendosi a quella minore), si ottengono 217 re per un periodo di 1590 anni, superiore di ben sette volte alla durata dello stesso periodo, accertata dalla data sotiaca fornita dal papiro di El-Lahun.
    Nella storia egizia la lunga durata di un regno è indice sicuro della prosperità del paese, si può quindi inversamente dedurne che, durante il periodo corrispondente nel Canone di Torino alle dinastie XIII e XIV di Manetone, il paese attraversava anni turbolenti e confusi e i suoi sovrani si assassinavano a vicenda e si succedevano con estrema rapidità.
    Il Canone cita anche in due, se non in tre casi, periodi d’interregno, uno dei quali della durata di sei anni. Sempre nel Canone di Torino, immediatamente dopo una riga che può esser ricostruita cosi ” [Capo di un paese straniero] Khamudy “, ne segue un’altra che dice: “[Totale capi di] un paese straniero 6, uguale a 108 anni… “.
    Si tratta ovviamente degli usurpatori stranieri citati da Sesto Africano in corrispondenza alle dinastie XV, XVI e XVII di Manetone. La frase appena citata porta a concludere che il Canone abbraccia dinastie diverse che regnarono contemporaneamente in diverse regioni dell’Egitto, anche se questo era ignoto al compilatore. Sottraendo infatti 108 anni ai 211 che si possono al massimo concedere per il II periodo intermedio, si trovano un centinaio di re ammassati in poco più di un secolo, cosa evidentemente assurda, tanto più tenendo conto dei sopra citati 108 anni assegnati a sei regni. Ne consegue che i 108 anni dei re Hyksos non possono esser sottratti in questo modo e devono riferirsi a una dominazione che interessò solo una qualche regione del delta.
    L’alternativa più recente, accettata da tutti gli egittologi, è che il Canone comprendesse nel proprio elenco molti sovrani che regnarono nello stesso periodo ma presumibilmente in regioni del paese assai distanti l’una dall’altra. Ai dominatori Hyksos viene comunemente associata la XV dinastia. La XVI dinastia di Manetone pare interamente fittizia, e la XVII può servire solo per classificare i principi tebani in essa compresi. I Tebani che salvarono l’Egitto appartenevano a una famiglia strettamente unita nella quale le donne ebbero una parte straordinariamente importante, fosse per il fascino personale o perché considerate veicoli del sangue regale.

    XIII e XIV Dinastia
    (1786 – 1567 a. C.) Esistono prove che per tutta la XIII dinastia (corrispondente più o meno alla sesta colonna del Canone di Torino) la capitale dei faraoni era ancora a Lisht, sebbene la corte si trasferisse talvolta a Tebe.
    Non esistono dubbi sui due primi sovrani della XIII dinastia, rispettivamente Sekhemra-khutowe e Sekhemkara, gli ultimi re citati dal papiro di El-Lahun e gli ultimi durante il cui regno i livelli del Nilo vennero registrati a Semna. Tra tutti e due regnarono non più di dieci anni dopo i quali c’è un periodo di sei anni senza re, documentato dal Canone di Torino. E’ accertato che entrambi regnarono su tutto il paese, dal Faiyum alla seconda cateratta e oltre, e il fatto che il primo dei due prese come nome regale quello di Amenemhe-Sebekhotpe e il secondo quello di Amenemhe-sonbef dimostra come essi si aggrappassero disperatamente alla speranza di esser considerati legittimi successori della XII dinastia.
    La stessa speranza si manifesta in modo anche più patetico nel nome di Sankhibra, sesto re della dinastia, che volle per sé nientemeno che il titolo pomposo di Ameny-Inytef-Amenemhe. Immediatamente prima di lui c’è un ” nuovo venuto ” che porta il nome plebeo di Afnai (“Egli è mio”) e circa sei caselle dopo s’incontra un altro sovrano dal nome ugualmente plebeo di Rensonb, che non rimase sul trono più di quattro mesi. E’ degno di nota il fatto che ben sei re di questo periodo scegliessero il nome di Sebekhotpe “Sobek è soddisfatto “, dove viene fatto riferimento al dio coccodrillo del Faiyum. La prima a onorarlo citandolo in un cartiglio era stata la regina Sebeknofru (XII dinastia).
    Secondo il Canone, a Sebekhotpe III successe un Neferhotep che regnò undici anni. Le testimonianze su costui, come sul suo predecessore, sono relativamente numerose. Varie iscrizioni su roccia presso la prima cateratta ricorderebbero una sua visita nella località, ed una lapide in steatite trovata nello Wadi Halfa dimostra che la sua autorità si estendeva almeno fin laggiù. Questo Neferhotep (pare sia esistito un secondo re con lo stesso nome che non si sa dove collocare) fu seguito da un Sihathor che rimase sul trono solo per tre mesi.
    Gli successe un fratello di Neferhotep (anch’egli nato dagli stessi genitori entrambi di stirpe non regale), Khaneferra-Sebekhotpe, quarto re di questo nome; la cifra dei suoi anni di regno si perde in una lacuna, ma si conosce una stele che risale all’ottavo anno . Evidentemente fu anche questi un potente monarca, a giudicare dal numero dei monumenti rimasti. E’ mai possibile che questo re della XIII dinastia sia stato cosi intraprendente da mandare messi o soldati oltre la terza cateratta?
    A un quinto Sebekhotpe il Canone di Torino non assegna che quattro anni di regno. Gli successe un Wahibra-Iayeb con dieci anni di regno, quindi un Merneferra con ben ventitre anni di regno. Quasi nulla resta a ricordare questi due re, se si eccettui una stele, un architrave e qualche scarabeo, ma non devono esser stati sovrani insignificanti se riuscirono a serbare cosi a lungo la fedeltà dei propri sudditi. Dopo un Merhotep con il nome Inai, non altrimenti noto che per una stele e uno scarabeo, sulla scena della storia cala un’oscurità che ben poco permette di distinguere oltre ai soli nomi regali.

    XV Dinastia – Dominazione Hyksos
    (1786-1567 a.C.) A proposito di questi stranieri lo storico ebreo Giuseppe Flavio nella sua polemica Contro Apione fornisce una diversa interpretazione del nome di Hyksos derivata da un altro manoscritto, secondo la quale esso significherebbe “prigionieri pastori”, dall’egizio hyk “prigioniero”. E’ questa l’etimologia che preferisce, ritenendo, come molti egittologi, che la storia biblica del soggiorno degli Ebrei in Egitto e dell’esodo successivo traesse origine dall’occupazione degli Hyksos e dalla loro susseguente cacciata. In effetti, benché entrambe le etimologie abbiano fondate basi linguistiche, né l’una né l’altra è quella esatta.
    Il termine Hyksos deriva senza dubbio dall’espressione hik-khase, “capotribù di un paese collinare straniero”, che dal Medio Regno in poi venne usata per indicare gli sceicchi beduini. Sono stati trovati scarabei, appartenuti con certezza a re Hyksos, che recano questo titolo, ma con la parola “paese” al plurale. E’ importante osservare, tuttavia, che il termine si riferisce unicamente ai sovrani, e non, come pensava Giuseppe Flavio, alla razza intera. A questo riguardo gli studiosi moderni sono spesso caduti in errore, avendo alcuni persino insinuato che gli Hyksos appartenessero a una razza particolare che dopo aver conquistato la Siria e la Palestina era infine penetrata con la forza nell’Egitto. Niente però giustifica una simile ipotesi. L’invasione del delta per opera di una nuova razza specifica è fuori questione; si deve piuttosto pensare a un’infiltrazione di Palestinesi lieti di trovare rifugio in un più pacifico e fertile paese. Alcuni di essi, se non la maggior parte, erano semiti.
    Dei sei monarchi Hyksos nominati anche da Sesto Africano, ma sotto una forma leggermente diversa, solo Apophis è individuabile con sicurezza nei geroglifici. Si conoscono tre re diversi che hanno come nome Apopi e come prenome rispettivamente Akenenra, Aweserra e Nebkhepeshra, quest’ultimo fu presumibilmente il meno importante, dato che non gli viene attribuito l’intero complesso di titoli faraonici goduto dagli altri due.
    Gli oggetti con i nomi di questi re sono scarsi, ma bastano a dimostrare che almeno Akenenra e Aweserra furono considerati legittimi sovrani dell’Egitto. Meno certa, ma tuttavia probabile, è l’identificazione del Iannas di Manetone con un “capo dei paesi stranieri Khayan” su molti scarabei, ma talvolta definito “il figlio di Ra, Seweserenra”.
    Nome e prenome si trovano riuniti in un solo cartiglio sul coperchio di una vaso di alabastro scoperto da Evans a Cnosso in Creta, e il prenome Seweserenra ricorre anche sul petto di una piccola sfinge comprata presso un mercante di Baghdad. Basandosi su questi deboli indizi qualche studioso ha prospettato l’ipotesi che Khayan si fosse costituito un vasto impero comprendente tutti i luoghi citati, ipotesi da rifiutarsi perché troppo fantasiosa, per quanto sembri lecito ritenere ch’egli sia stato al tempo stesso capo locale in Palestina e faraone in Egitto. Ad ogni modo, egli può a buon diritto essere considerato uno dei sei principali monarchi Hyksos.
    Lo stesso non si può dire di certi altri pretendenti al titolo di sovrano, il cui solo ricordo sono alcuni scarabei e sigilli cilindrici provenienti da regioni cosi lontane fra loro come la Palestina meridionale e l’avamposto di Kerma nel Sudan. Per uno o due di essi, come Anat-her e Semken, il diritto a esser considerato un re Hyksos si basa sull’uso del titolo di capotribù, ma anche coloro che come Merwoser e Maayebra chiudono il proprio nome in un cartiglio, o che come Yamu e Sheshi ostentano l’orgoglioso epiteto di “figlio di Ra”, non hanno maggior diritto di quello derivante dallo stile degli oggetti che li nominano. Nessun monumento, nessuna epigrafe su roccia resta a testimoniare la loro sovranità, e la vasta diffusione di oggetti facilmente trasportabili come gli scarabei non ha valore di prova.
    Di recente è in voga la teoria secondo la quale esistono due gruppi di Hyksos, l’uno composto dai sei re elencati da Manetone, l’altro comprendente i nebulosi personaggi appena citati. Di quest’ultimo gruppo è certo che nessuno raggiunse mai la dignità di faraone che qualcuno ha loro attribuito. Come si è già accennato, sembra inevitabile identificare i sei re Hyksos di Manetone con i sei “capi di paesi stranieri “ricordati nell’importantissimo frammento del Canone di Torino.
    L’intervallo fra la fine della XII dinastia e l’ascesa al trono di Amosis, fondatore della XVIII dinastia e vincitore degli Hyksos, fu di soli 211 anni. Se si situa nel quarto anno del regno di Amosis la fine dell’occupazione straniera e si sottraggono 108 dai risultanti 215 anni, non ne rimangono che 107 per le dinastie XIII e XIV di Manetone; che l’occupazione straniera comprenda anche un lungo tratto della XIV dinastia sembra escluso dal lungo regno di Neferhotep, il cui dominio si estendeva a nord fino a Biblo. Se ne conclude che difficilmente può esservi spazio per più di sei re Hyksos abbastanza potenti da sedere sul trono dei faraoni.
    Un’altra prova convincente è data dal fatto che tra i “primi sovrani” di Manetone ci sia un Apophis; risulterà infatti che questo era anche il nome del re Hyksos contro il quale combatté Kamose, fratello e immediato predecessore di Amosis. Cosicché i sei re abbraccerebbero non solo l’inizio, ma anche la fine della dominazione straniera.
    Ritornando allo storico Giuseppe Flavio e alle sue citazioni da Manetone, è chiaro ch’egli possedeva esatte informazioni su Avaris (Haware), il caposaldo che fin dall’inizio gli Hyksos avevano scelto come loro base. Secondo il racconto del cronista ebreo, la città si trovava in quella parte del delta orientale conosciuta come nomo Sethroita.
    Sull’esatta ubicazione di Haware, per dare ad Avaris il nome egizio, le opinioni divergono. La maggioranza degli studiosi ritiene che Avari fosse l’antica designazione di quella che divenne più tardi la grande città di Tanis, mentre altri propendono per una località vicino a Qantir, circa undici miglia più a sud.
    Ad Avari gli Hyksos adoravano lo strano dio animale Seth. Ne abbiamo già parlato come del nemico e assassino del buon dio Osiride, ma gli Hyksos preferirono ignorarne questo deplorevole aspetto, come del resto già si faceva da tempo immemorabile in quel remoto angolo del delta. Questa nuova versione di Seth ora scritto alla maniera babilonese corrispondente alla pronuncia Sutekh, aveva certo caratteri più asiatica che non il primitivo dio indigeno, e nell’abbigliamento e nell’acconciatura del capo si notava una netta rassomiglianza con il dio semitico Baal. E’ provato che gli Hyksos lo anteposero a tutte le altre divinità egizie, ma non ha reale fondamento l’accusa che quest’ultime fossero da essi tenute in dispregio e il loro culto perseguitato.
    Gli Hyksos avrebbero occupato Avaris per più di cinquant’anni prima che uno di loro si sentisse abbastanza forte da assumere il titolo di faraone legittimo. E’ importante osservare che la data della fondazione di Tanis fu ricordata a lungo: la Bibbia (Numeri 13.22) narra che “Hebron fu costruita sette anni prima di Zoan [Tanis] in Egitto “, il che confermerebbe l’identità di Tanis con Avaris, ma il valore dell’asserzione è molto discusso.
    Le fonti dell’epoca ci hanno rivelato una realtà poco veritiera sull’umiliante episodio della dominazione degli Hyksos: è nota la deformazione della verità dovuta a un certo tipo di letteratura divenuto convenzionale presso gli storici egizi, che di solito dipingono a tinte esageratamente fosche i periodi di miseria e anarchia perché maggior gloria ne derivi al monarca cui viene attribuita la salvezza del paese. Il racconto di Manetone rappresenta l’ultimo stadio di un processo di falsificazione iniziato una generazione dopo la vittoria di Amosis.
    Appena ottant’anni dopo la cacciata del nemico, la regina Hatshepsut descriveva l’invasione in maniera simile a quella del racconto di Sekenenra e Apophis, e gli stessi paralleli si troveranno in seguito sotto Tuthankhamon, Merenptah e Ramses IV.
    Non è da credere che un potente esercito d’invasori asiatici si sia abbattuto come un uragano sul delta e che, dopo aver occupato Menfi, abbia infierito sulle popolazioni indigene con ogni sorta di crudeltà. Le rare testimonianze lasciate dai re Hyksos rivelano al contrario un sincero sforzo di accattivarsi gli abitanti e di imitare gli attributi e i sistemi dei deboli faraoni che avevano scacciato dal trono. E’ ovvio, del resto, che altrimenti essi non avrebbero adottato la scrittura geroglifica e assunto nomi composti con quello del dio sole Ra. L’affermazione ch’essi imposero tributi all’Alto e al Basso Egitto è per lo meno dubbia.
    La teoria di un’occupazione generale del paese da parte degli Hyksos è stata definitivamente smentita dalla grande iscrizione di Kamose, nella quale è chiaramente sottinteso che gli invasori non avanzarono mai più in là di Gebelen, e anzi, poco dopo, furono costretti a stabilire il loro confine meridionale a Khmun.
    La dominazione degli Hyksos non fu senza conseguenze per la civiltà materiale dell’Egitto. La più importante fu l’introduzione del cavallo e del cocchio che doveva avere una cosi gran parte nella futura storia del paese. Non è provato che queste novità abbiano contribuito in misura notevole alla vittoria degli Asiatici, ma certo furono di grande aiuto agli Egizi stessi nelle successive campagne militari. Anche nuovi tipi di pugnali e spade, armi di bronzo e il robusto arco asiatico devono esser contati tra i profitti di un episodio che altrimenti non potrebbe esser ricordato che come un disastro nazionale.

    XVI e XVII Dinastia
    (1786-1567 a.C.) Appartengono a queste dinastie i principi tebani che finirono per respingere gli invasori Hyksos. Si tratta di una lunga serie di monarchi che probabilmente abbraccia tutta l’ultima metà del II periodo intermedio.
    Circa dodici sono i re da prendersi in considerazione, ed è una prova dell’influenza esercitata da Manetone se ancor oggi si discute seriamente su quanti di essi debbano essere assegnati alla XVI dinastia e quanti alla XVII. Ben di rado è possibile determinarne la sequenza precisa ed è impossibile far capo, come nella XI dinastia, a un progenitore comune.
    E’ opportuno iniziare con un certo Rahotpe citato nell’elenco dei re di Karnak e forse anche nel Canone di Torino. E’ possibile che il re successivo, al quale sono attribuiti sedici anni di regno, sia stato il Sebekemsaf al cui settimo anno risale il graffito visto da Lepsius a Wadi Hammamat. Un po’ più avanti leggiamo di un Nebirierau la cui importanza è dovuta alla datazione di una grande stele che, pur trattando dei fatti privati di due funzionari, fu collocata per ordine del re nel tempio di Karnak come documento degno di esser conservato.
    Tra i monumenti ritrovati risalenti a questo periodo vi sono due tombe che appartenevano a due re, entrambi col nome di Sekenenra-Taco, cosa estremamente improbabile. Può anche darsi che il nome fosse Taco nei due casi, ma solo il secondo re doveva avere il prenome di Sekenenra. Con questo re si è quasi alla fine della XVII dinastia e si sta per giungere alla cacciata degli Hyksos.

    Nuovo Regno

    (1567 – 1080 a.C.) Dopo il Nuovo Regno termina la storia classica dell’Egitto, che non avrà più la potenza né la magnificenza delle epoche precedenti, e comincerà un lungo declino, una sorta di Terzo periodo intermedio all’infinito. Ma, prima dell’inizio di questa lunga agonia, ci fu un periodo molto interessante e ricco di avvenimenti, il Nuovo Regno appunto, che presenta diversi elementi di novità rispetto alle epoche precedenti.
    La regione tebana, raccogliendo l’eredità di una lunga resistenza contro gli oppressori, diviene il centro amministrativo, mentre, fino ad allora, la zona prediletta era stata quella di Menfi e del Medio Egitto. Lo spostamento della capitale risponde a una necessità geografica; l’espansione verso sud è giunta fino alla quarta cataratta, presso Napata, e l’Egitto si estende ormai dal diciassettesimo parallelo fino al Mediterraneo, su una lunghezza di più di 2260 Km.
    Per controllare e sfruttare un territorio cosi vasto, è normale che la capitale si insedi al centro, e ciò e ancora più necessario poiché, data la situazione attuale, l’Egitto reperisce la maggior parte delle risorse proprio dal suo impero africano: oro, materie prime (legno, pelli, avorio, gomma, pietre dure, ecc.), bestiame e, soprattutto, uomini per il suo esercito. Senza l’apporto africano la penetrazione egiziana in Asia sarebbe stata impensabile. Il Nuovo Regno differisce dagli altri periodi anche per la politica estera. Mentre la politica militare del Medio e soprattutto dell’Antico Regno era caratterizzata da una tattica difensiva (che non escludeva incursioni in territorio nemico), nel Nuovo Regno viene inaugurata una politica di conquista, o, per dirla con un altro termine, imperialista. Questo atteggiamento è una novità per l’Egitto.
    Dopo due secoli di invasioni da parte di popolazioni asiatiche, gli egiziani cercano di evitare questo pericolo estendendosi il più possibile a est; cercano di porre quanto più spazio possibile tra loro e i turbolenti nomadi asiatici, più o meno confederati, che sono a loro volta pressati dal regno di Mitanni, fondato da conquistatori ariani, posto tra l’Oronte e l’alto Eufrate. Questa nuova politica segna profondamente la civiltà egizia che, fino ad allora, nonostante le invasioni e le penetrazioni straniere, era sempre vissuta nello stesso luogo.
    Ora, penetrando profondamente in Oriente, viene a contatto con le grandi civiltà orientali e, pur restando se stessa, subisce modifiche. Gli usi, gli armamenti, persino la vita di tutti i giorni, cambiano. L’Egitto, che aveva sino ad allora manifestato un gusto molto sobrio, adotta un lusso tipicamente orientale, come ci testimonia la ricchezza inattesa, a volte fin troppo pesante, della tomba di Tutankhamon. L’arte di questo periodo guadagna in grazia e fascino ciò che perde in potenza, e questo è un altro aspetto del genio egiziano.

    XVIII Dinastia
    (1548-1292 a.C.) Il destino aveva decretato che il vincitore definitivo degli Hyksos non fosse Kamose.
    Questa gloria doveva toccare al suo successore, Ahmose I (Amosis in Manetone), che le generazioni future avrebbero onorato come fondatore della XVIII dinastia. Vi sono testimonianze che il re Amosis trattava tutti i suoi soldati con grande generosità, come, del resto, si meritavano. Manetone gli attribuisce venticinque anni di regno, ed è una cifra che non deve scostarsi troppo dal vero. Il figlio e successore Amenophis I (Amenhotpe, nei geroglifici) continuò la politica del padre, ma con qualche differenza.
    Fin qui lo scopo principale era stato quello di restituire all’Egitto i suoi legittimi confini, ora nasceva il desiderio di “estendere i confini”, frase d’uso comune d’ora in poi, ma prima raramente usata, tranne una volta o due sotto la XII dinastia. La maggiore preoccupazione di Amenophis era la Nubia. Durante il regno di Amenophis c’imbattiamo per la prima volta nel titolo, che rimarrà poi stereotipo, “Figlio del re di Cush”. Alla morte di Amenophis I (1528 a. C. circa) il Nuovo Regno o l’Impero, come viene detto talvolta, era ormai saldamente instaurato e doveva proseguire per più di centocinquanta anni d’ininterrotta prosperità. Tebe ne era la città più importante, e Amon-Ra, la divinità principale di Karnak, faceva finalmente valere il suo diritto al titolo di “Re degli Dei” che da tanto tempo portava.
    La lotta contro gli Hyksos che coinvolse tutti gli Egizi, il formarsi di una classe sociale media costituita da veterani in pensione, il gusto della conquista e dell’avventura sono gli elementi nuovi di questo periodo, diversi da quelli del passato che vedevano una società casalinga e tradizionalista.
    La nuova politica introdotta in questo periodo non è gradita dalle classi dominanti tradizionali e ciò comporta una crisi dinastica, impegnata a discutere i diritti ereditari al trono tra la regina Hatshepsut e suo fratello Thutmosis III (tra il 1500 e il 1450 a.C.).
    La regina celebra, nel suo tempio funerario di Del El-Bahri, la sua nascita divina, le costruzioni templari e le pacifiche imprese commerciali (il viaggio al favoloso paese di Punt). Hatshepsut, che per essere accettata dal popolo si vestiva e si atteggiava come un uomo, impostò il suo governo sullo sviluppo del commercio abbandonando l’aspetto espansionistico. La rivalità col fratello, grazie all’appoggio del clero di Amon, si risolse in favore di Thutmosi III che, con la sua politica espansionistica, portò i confini dell’Egitto fino all’Eufrate a nord e alla quarta cateratta a sud.
    Lo smisurato ampliarsi del regno porta l’Egitto a contatto con imperi finora sconosciuti, che porranno termine alla vecchia monarchia egiziana, abituata a regnare da sola.
    Un nipote di Thutmosi III, Thutmosi IV (1425-1405 a.C.) sposò la figlia del re dei Mitanni e concluse molti trattati con il re degli Ittiti.
    Questo atteggiamento provocò una reazione di restauro dell’antica autorità del Faraone che si concretizzò con Amenhotep IV (chiamato anche Amenofi IV o Akhenaton, 1370-1352 a.C.) che, oltre ad affrettarsi a concludere trattati di alleanza con i popoli della Siria e a scegliere nel paese dei Mitanni, nemici secolari, la sua sposa Nefertiti, diede avvio, per sottrarsi al peso sempre più autorevole del sacerdozio di Amon, ad una profonda riforma religiosa, sostituendo il sole (Aton) a tutti gli altri Dei e dichiarandosi unico rappresentante in terra della divinità.
    Forte di questa nuova fede confisca i beni del clero di Amon, abbandona Tebe per una nuova capitale (Akhetaton), ostenta una frattura con il passato e costituisce una nuova classe dirigente. Amenhotep IV muta persino la lingua ufficiale, riconoscendo valore letterario al volgare parlato anzichè all’aulica, lingua ufficialmente in uso nella XII dinastia.
    Il popolo, toccato nella sua fede tradizionale, la nobiltà e il clero, colpiti nei loro interessi, lasciano solo il re che, nonostante avesse ben interpretato gli impulsi religiosi della sua epoca, voleva attuare una monarchia assoluta e teocratica ormai inaccettabile.
    Prima di morire il re tentò di giungere ad un compromesso, ma dopo pochi anni il giovane Tutankaton, unico figlio maschio di Amenhotep IV, mutò il suo nome in Tutankamon rinnegando così la religione monoteista voluta dal padre a favore della religione tradizionale tebana. Il giovane re riportò la capitale a Tebe, restaurò i culti nel loro primitivo splendore e restituì ai templi ancor più di quanto essi avessero perduto durante il periodo della riforma.
    Purtroppo Tutankamon morì dopo pochi anni di governo in maniera misteriosa lasciando una situazione politica molto confusa e difficile. Eie, il suo successore, morì anch’egli molto presto, dopo pochi mesi di regno senza lasciare eredi.
    L’intervento dei sacerdoti, che così evitarono di lasciare il Paese in preda a lotte di successione, permise a Haremhab, un abile e valoroso soldato, di salire al trono. Il suo governo affermò completamente il culto di Amon, facendo scomparire ogni ricordo del Faraone eretico, ristabilì l’ordine interno e punì i popoli che si erano ribellati all’Egitto dando inizio alla XIX dinastia.

    XIX Dinastia
    (1292-1186 a.C.) Dopo essersi riavuto dalla rivoluzione religiosa l’Egitto fu un mondo diverso. Non è facile definire l’esatta natura dei mutamenti avvenuti, perché molte sono le eccezioni, ma è impossibile non osservare un sensibile deterioramento nell’arte, nella letteratura e nella cultura generale della popolazione.
    Negli scritti di questo periodo la lingua si avvicina di più alla lingua parlata e fa sue molte parole straniere. Le copie degli antichi testi sono incredibilmente trasandate, come se gli scribi non riuscissero più a intenderne il significato. A Tebe le tombe non mostrano più le vivaci e liete scene di vita quotidiana che caratterizzavano quelle della XVIII dinastia, ma si dedicano piuttosto a descrivere i pericoli che attendono nell’aldilà.
    Il soggetto preferito è il giudizio del cuore davanti a Osiride, e il Libro dei Cancelli illustra gli ostacoli che s’incontreranno nel viaggio notturno attraverso gli Inferi. Gli scarsi frammenti provenienti da Menfi presentano rilievi di un’eleganza alquanto maggiore. Altrove, le pareti dei templi sono ornate di vivaci scene guerresche, ma la fattura è relativamente rozza, e le didascalie sono spesso più adulatrici che istruttive. Malgrado tutto, l’Egitto di questo periodo offre ancora uno spettacolo di magnificenza e grandiosità che, per la maggior abbondanza di monumenti, è meglio conosciuto dal turista odierno che non le opere di gran lunga più raffinate delle epoche precedenti.
    Sotto Ramses II, o poco prima, incomincia ad assumere un’importanza di primo piano una fonte del tutto nuova d’informazioni storiche e culturali. Anche se il faraone viveva e reggeva il governo in una o l’altra delle capitali del delta, la sua suprema ambizione era sempre quella di esser sepolto nella necropoli avita di Tebe, e fin dagli inizi del regno una vasta corporazione di abili artigiani era di continuo impegnata a scavare e decorare la sua tomba a Biban el-Muluk.
    Questi uomini e le loro famiglie costituivano una particolare comunità che abitava nel villaggio di Deir el-Medina sulle alture del deserto sovrastanti il grande tempio funerario di Amenophis III, e ogni aspetto della loro vita e dei loro interessi è rivelato dai testi trovati colà o ancora sul posto del loro lavoro quotidiano. Dato che i papiri erano relativamente costosi, deperibili e rari, la maggior parte di quanto è rimasto è incisa su quei frammenti di calcare o di coccio che giacciono sul terreno abbondanti e facilmente reperibili che ora gli egittologi chiamano col nome, alquanto improprio, di ostraka. Oltre a frammenti letterari, religiosi e magici, vi sono registrazioni di scambi, pagamenti di salari in frumento o rame, noleggio di asini a scopo agricolo, procedimenti legali, presenze o assenze dal lavoro; vi sono lettere e modelli di lettere, appunti, insomma, di ogni genere.
    Con la XIX dinastia inizia la cosiddetta età ramesseide che durerà sino alla XXI dinastia, ossia dal 1320 al 1085 a.C. Con l’avvento al trono di Ramses I, l’Egitto assume una diversa consistenza sociale e politica. Viene rivalutato il culto di Amon, la città di Tebe diviene città sacra anche se la capitale viene spostata a Menfi ed a Tanis (la culla della dinastia).
    Tebe rimarrà il luogo dove i re vengono sepolti, ma non più quella dove essi regnano. Amon rimane il dio protettore della dinastia anche se viene affiancato dal vecchio dio solare Ra e dagli dei di Menfi (Ptah) e di Tanis (Seth). La vecchia classe cortigiana perde d’influenza a vantaggio della classe militare e a quella degli impiegati. Viene adottata come lingua ufficiale il neo-egiziano.
    Il re stesso diviene un personaggio paterno che interviene per lodare i suoi operai, i suoi soldati e, addirittura, i suoi cavalli. S’instaura quindi un vero e proprio culto del re a livello popolare e non più soltanto teologico e templare. Questa nuova base popolare, su cui si poggia il potere, viene espressa anche nella letteratura, nell’artigianato e nelle arti figurative che perdono parte della loro qualità, di gusto sicuro e squisito, a vantaggio di una più immediata capacità espressiva.
    I difficili rapporti con la Siria permettono ad altri imperi, soprattutto gli Ittiti, di esercitare, sulle stesse regioni, il loro predominio.
    Il nuovo re Sethi I, dovette affrontare in battaglia gli Ittiti, comandati dal loro re Mursilis, che costrinsero Sethi I a concludere un trattato che lasciava all’Egitto il solo possesso della Palestina meridionale. Nello stesso periodo, la regione del Delta del Nilo viene invaso dai “popoli del mare” (Cretesi, Achei e Fenici appoggiati dai Libi) che però Sethi I riesce a respingere mettendo suo figlio Ramses II al potere.
    Ramses II sarà il più celebre sovrano del tempo anche grazie alla lunghezza del suo regno (1299-1232 a.C.). Il nuovo re fu in grado di riprendere la lotta contro gli Ittiti non senza superare grossi pericoli come quando, nel 1296 a.C. a Kadesh, viene sorpreso dal re Muvatalli che aveva schierato più di 2000 carri da guerra. Per Ramesse II fu una grande impresa portare in salvo il suo esercito. Dopo aver sposato la figlia del re ittita Hattusilis II, si dedica a opere di pace come la costruzione di importanti centri di culto come quelli di Karnak, di Luxor e di Abu Simbel che gli valsero l’appellativo di “Costruttore”.
    La solidità del Paese durante il suo lunghissimo regno non impedì al suo figlio e successore Merenptah di affrontare un nuovo ed inatteso pericolo. Una stele narra la sua vittoria contro gli invasori che da oriente e da occidente tentavano di penetrare in Egitto e che venivano identificati come “popoli del mare”. Tali popolazioni, Sardi, Tirreni, Siculi, Danai e Filistei, rappresenteranno un costante pericolo anche negli anni successivi.
    Alla morte di Merenptah, il figlio Sethi II si trovò a dover affrontare un periodo di gravi turbamenti interni e, dopo alcuni anni di travagliato governo, morì lasciando il regno esposto ad una lunga serie di intrighi e rivoluzioni. Di questa situazione approfittò il principe siriano Irsu per impadronirsi del trono d’Egitto. I frequenti prelevamenti di fondi dal tesoro dei templi, per far fronte alle spese di governo, gli costarono la simpatia dei sacerdoti che gli opposero un altro pretendente al trono, Setnakht, il quale, dopo essere riuscito a vincere gli attachi del nemico e gli intrighi di palazzo, fondò la XX dinastia.

    XX Dinastia
    (1184-1078 a.C.) Della XX dinastia Manetone non dice altro se non che consistette in tutto di dodici sovrani di Diospoli (Tebe), i quali regnarono 136 anni secondo Sesto Africano, o 178 secondo Eusebio.
    Pur così breve fu un periodo di eventi emozionanti, contò almeno un grande faraone e lasciò numerosi testi di notevole entità e ricchi di notizie. In quel lasso di tempo i nemici dell’Egitto andavano sempre più avvicinandosi ai suoi confini, forieri delle umilianti sconfitte che, poco più di un secolo dopo, ne avrebbero quasi annientato il prestigio. Gli inizi comunque parvero presagire un’epoca di eccezionale splendore; significativo è un brano che paragona questo a un precedente periodo di depressione in gran parte immaginario:
    La terra d’Egitto fu gettata alla deriva, e ognuno aveva una propria legge, e per molti anni non vi fu nessuno a governare, finché venne un tempo in cui lo stato egizio era formato da principi e capi di villaggio, e in alto e in basso gli uomini si uccidevano fra di loro. Poi venne un altro tempo fatto di anni vuoti, quando Arsu, un siriaco, si eresse a loro principe e rese tutto il paese tributario sotto il suo dominio.
    Il testo va avanti a parlare delle stragi che seguirono e della negligenza verso il culto degli dei, fino a che questi non ristabilirono la pace eleggendo re Setnakhte. Di preciso non c’è che un fatto: la comparsa di un condottiero siriaco che conquistò la supremazia su tutto il paese; la sua identità è stata oggetto di molte controversie, e l’ipotesi più interessante è che si tratti di un velato accenno a “colui che aveva fatto il re” Bay, vissuto alla fine della precedente dinastia. Ma l’unico scopo dello scrittore era quello di esaltare il nuovo re dell’Egitto.
    I regni dei dieci sovrani che compongono questa dinastia, esclusi Setnakhte, Ramses III, Ramses IX e Ramses XI, furono brevi cosicché la durata totale della dinastia risulta alquanto minore della cifra data da Manetone. L’usanza di cominciare la costruzione di una tomba a Biban el-Muluk all’inizio di ogni regno fu costantemente seguita, anche se non tutti gli ultimi Ramessidi furono poi sepolti nel luogo desiderato; e in tre casi le mummie furono per sicurezza trasportate in un secondo tempo nella tomba di Amenophis II.
    A differenza dei loro predecessori, però, i sovrani della XX dinastia inaugurarono nella Valle dei Re uno stile diverso; invece di essere nascosto, l’ingresso delle loro tombe assunse la forma di un maestoso, visibilissimo portale. Ciò fece delle loro tombe, quando il potere centrale si indebolì, dei luoghi di razzia facilmente accessibili.
    L’indirizzo generale della storia successiva fa pensare che questi insignificanti sovrani si allontanassero sempre più raramente dal delta dove avevano la loro residenza effettiva, per cui l’importanza e le ricchezze del gran sacerdote di Amon-Ra a Tebe andarono progressivamente aumentando. La costruzione di monumenti scemò notevolmente. Le avventure asiatiche erano finite, e l’ultimo documento di una spedizione nel Sinai risale a Ramses VI. Per contro l’amministrazione della Nubia continuava a seguire i vecchi criteri, ma le notizie al riguardo sono più scarse. Malgrado questo progressivo decadimento, gli annali del dodicesimo secolo prima dell’era volgare non sono del tutto privi di notizie.
    Sul finire della dinastia, il re era forse l’indiscusso sovrano nel Nord, ma nel Sud il grande pontefice di Karnak dominava con un potere superiore al suo. Gli ultimi regni della XX dinastia sono i più ricchi di testimonianze scritte che non qualsiasi altro periodo della storia egizia. La fonte di provenienza è la sponda occidentale del Nilo a Tebe, in particolare Medinet Habu e il vicino villaggio di Deir el-Medina.
    L’atmosfera che affiora giorno dopo giorno dai diari di lavoro della necropoli lascia soprattutto un’impressione di generale inquietudine. Per lunghi periodi di tempo gli operai della tomba reale rimanevano in ozio, e ci sono sinistre allusioni, per lo più risalenti agli ultimi anni del regno di Ramses IX, alla presenza di stranieri a Tebe, Libi o Meshwesh. Erano veri invasori o discendenti di prigionieri di guerra incorporati nell’esercito egizio e divenuti abbastanza forti da sollevarsi o almeno creare gravi tumulti?
    Mancano le prove per rispondere a questa domanda, ma sono per lo meno evidenti le disastrose conseguenze sulla popolazione indigena. Più di una volta le razioni furono distribuite ai lavoratori con due mesi di ritardo. Il bisogno unito all’avidità conduceva inevitabilmente al delitto. I personaggi regali e i nobili dei tempi passati erano stati sepolti con i loro beni più preziosi, e irresistibile era per i vivi la tentazione di spogliare i morti. Le ruberie nelle tombe erano state una pratica comune fin dai tempi più lontani, ma adesso, a quanto pare, questo modo di combattere la miseria si era cosi diffuso da richiedere energiche misure per consegnare i colpevoli alla giustizia.

    III periodo intermedio

    (1080 – 665 a.C.) Alla morte di Ramses XI, l’Egitto era nuovamente diviso in due: al nord il visir Smendes, a cui la moglie, probabilmente, aveva portato in dote il diritto al trono, al sud l’anziano Hrihor. I due poteri non erano ostili, sembra anzi che Hrihor si dichiarasse vassallo di Smendes. Ma è un vassallaggio a parole, visto che, come re dell’Alto Egitto e soprattutto in quanto vero capo del clero di Amon (alla cui testa aveva messo suo figlio Piankhi) Hrihor era il padrone assoluto della Tebaide e del sud del paese.
    Hrihor era già anziano quando prese il potere nel sud, perciò, se anche avesse avuto l’intenzione di occupare il nord, non ne ebbe il tempo. Alla sua morte, il paese risultava diviso tra un potere di fatto in Alto Egitto con a capo Piankhi, il figlio di Hrihor, e un re legittimo al nord, Smendes, capostipite della XXI dinastia, con capitale a Tanis, nel delta orientale del Nilo.
    Anche alla morte di Smendes, come a quella di Hrihor, nulla cambiò in Egitto; egli lasciò il suo potere a Psusennes I, il quale, non avendo figli, diede in sposa sua figlia Makare, che, secondo l’uso egiziano, deteneva il diritto al trono, al figlio di Piankhi, che era sempre grande sacerdote di Amon e manteneva il potere in Alto Egitto.
    Il figlio di Piankhi, Pinegem I, ereditò dunque il potere al sud grazie a suo padre, e al nord grazie a sua moglie e, quando salì al trono, sembrò che l’unità egiziana potesse essere nuovamente assicurata: le forze disgregatrici però, erano troppo potenti per essere contrastate così facilmente. Pinegem tentò, resistendo al nord, di mantenere la sua autorità al sud nominando il suo figlio maggiore grande sacerdote di Amon ma, alla morte del figlio, scoppiò la rivolta a Tebe. Il faraone nominò allora il suo secondo figlio alla testa del clero a Tebe, ma questi, Menkheperra, si impadronì del potere per i suoi fini, facendo cosi naufragare una volta per tutte i sogni paterni.
    Menkheperra, grande sacerdote di Amon, diventò re e così malgrado gli sforzi di Pinegem, l’Egitto fu di nuovo diviso, e questo andò a discapito di tutto il paese, poiché anche il clero di Amon non ebbe più il potere che aveva sotto la XVIII-XIX dinastia. Il tesoro si era impoverito, non potendo più disporre dei tributi stranieri che le guerre incessanti dei grandi faraoni dell’antichità, in altri tempi, portavano ai suoi magazzini, e quindi si dovette far conto solo sulle rendite dei terreni del tempio, che erano in gran parte assorbiti dallo stesso clero.
    Dopo la morte di Pinegem, la dinastia continuò ad essere divisa; mentre a Tanis, nel nord, regnò prima Amenemope e poi i suoi successori Siamon e Psusennes II, a Tebe succedettero a Menkheperra i suoi figli. Essi portarono gli stessi nomi dei re che regnarono nel nord, e si conosce, a sud, un Psusennes con un regno molto breve e un Pinegem contemporaneo di Siamon. Una particolarità dominò durante tutta la XXI dinastia: la divisione dell’Egitto, che esisteva di fatto, non fu mai dichiarata ufficialmente.
    I re taniti (da Tanis) furono i sovrani legittimi dell’Egitto mentre, a Tebe, i discendenti di Menkheperra, a differenza del padre, non si fregiarono del titolo reale.
    La scissione virtuale tra nord e sud non fu la sola crepa nell’edificio politico: nel Medio Egitto, a Eracleopoli, una famiglia libica prese il potere localmente e acquistò sempre più importanza fino a soppiantare i re taniti e a instaurare la XXII dinastia.
    Questa dinastia, d’origine libica, costituì una sorta di dittatura militare. Essendosi sempre più ridotto il numero di soldati egiziani, i mercenari libici, i mashauash, formarono, da soli, l’esercito egiziano e i loro capi disposero di un potere sempre più grande dato che il paese, diviso, era sempre più debole; rappresentavano la forza armata e ne approfittarono per usurpare l’autorità suprema. Ci si poteva attendere, durante il loro governo, una restaurazione dell’unità politica, come succede generalmente quando una minoranza armata prende il potere, ma cosi non fu.
    La XXII dinastia era divisa e debole come la XXI, e ciò per diverse ragioni; tanto per cominciare i libici si erano installati in Egitto sin dalla XX dinastia e, nel corso dei secoli, si erano assimilati, perdendo cosi, attraverso i ripetuti matrimoni misti, i caratteri razziali che costituivano parte della loro forza. In seguito, meno evoluti degli egiziani, adottarono la loro civiltà, e quindi non ebbero più quelle tradizioni proprie che, distinguendoli e isolandoli dai locali, gli avrebbero permesso di dominarli: erano egiziani di origine straniera, non stranieri. Inoltre la rottura fra nord e sud aveva cause troppo profonde perché vi potesse porre rimedio un potere usurpato come quello della XXII dinastia.
    La famiglia dei Sheshonq, alla quale appartenevano i re di questa dinastia, fornisce un eccellente esempio di questo processo di assimilazione. Stabilitisi nella regione di Eracleopoli, da sempre zona libica per eccellenza, i Sheshonq, il cui nome non è egiziano, dovevano essere, all’origine, puramente libici, ma diventarono egiziani ancora prima di salire al potere. Dopo essere stati capi militari, divennero sacerdoti e, a questo titolo, pretesero di essere sepolti a Abido come gli egiziani.
    Il potere della famiglia si estese fino a Bubastis, nel delta. Alla morte di Psusennes II, Sheshonq I diventò re e, per legittimare la sua dinastia, fece sposare suo figlio Osorkon con la figlia di Psusennes. La dittatura militare libica fu anche causa di disordini nel paese, soprattutto nella zona di Tebe, ed è persino possibile, anche se non se ne hanno le prove, che parte del clero di Amon si sia volontariamente esiliato nel Sudan.
    Inevitabilmente attirati verso il nord, vero centro di gravità dell’Egitto, i libici abbandonarono Eracleopoli e si installarono nel delta, da lì Sheshonq I organizzò una spedizione in Palestina e prese Gerusalemme, saccheggiandone il tempio. In questo modo ristabilì momentaneamente un certo prestigio egiziano in Asia, ma non si trattò di una conquista vera e propria, e il solo risultato pratico furono i proventi di un ricco bottino per i templi egiziani.
    La successione di Sheshonq I fu una faccenda molto complessa; la presa di potere dei libici non aveva cambiato in nulla la divisione virtuale del paese tra nord e sud e Sheshonq I, riprendendo la politica dei suoi predecessori, tentò soltanto di usare a suo favore l’influenza del clero di Amon, alla cui testa mise suo figlio. Anche i suoi successori tentarono di imitarlo ma, come per i re della XXI dinastia, i loro sforzi furono vani, e i figli che essi nominarono alla testa del clero di Tebe costituirono sempre delle dinastie parallele al sud. Per contrastare questa tendenza, i faraoni cercarono di diminuire l’influenza della casta sacerdotale di Amon, creando un nuovo titolo religioso, quello di «Sposa del dio» o di «Divina adoratrice di Amon», che veniva dato sempre e soltanto alle principesse; il risultato però, fu che esse acquisirono altrettanto potere di quello dei grandi sacerdoti, senza peraltro essere più fedeli al re.
    L’Egitto quindi restò diviso e, alla fine della XXII dinastia, Tebe si ribellò apertamente per ben due volte al re del nord: questo fatto fa supporre una crescente indipendenza dei re tebani nei riguardi della regalità.
    Sotto gli ultimi re della XXII dinastia, Sheshonq III, Pami e Sheshonq IV, l’anarchia continuò a crescere e l’Egitto mostrò una tendenza sempre maggiore al frazionamento, soprattutto nella zona del delta.
    La XXIII dinastia venne fondata prima che la XXII si fosse estinta, e le due dinastie furono in parte parallele. È possibile anche, a giudicare dai nomi portati dai faraoni della XXIII dinastia (Pedubast, Sheshonq V, Osorkon III, Takelot III) che fossero imparentati con quelli della XXII. La capitale della nuova dinastia fu Bubastis, dove la famiglia dei Sheshonq si era installata molto prima di prendere il potere, e così la divisione nord-sud si complicò ulteriormente, creando una nuova frammentazione est-ovest nel delta. Ma le divisioni non finirono lì; a fianco delle due dinastie parallele, sembra che le dinastie locali si siano moltiplicate, al nord, fino all’avvento della XXIV. Anche se questi piccoli re non erano ostili gli uni agli altri, il frazionamento del potere era pericoloso per l’Egitto, che si trovava nell’impossibilità di creare un esercito potente, e di assicurare i contributi economici e i lavori di manutenzione generale indispensabili alla prosperità del paese.
    Verso il 730 a.C., la situazione era molto confusa: nel delta il potere era diviso, da una parte tra i faraoni della XXII e quelli della XXIII dinastia, e dall’altra fra usurpatori per lo più libici che avevano preso il potere localmente. Nel Medio Egitto è praticamente impossibile capire chi faceva capo ai faraoni della XXII e chi a quelli della XXIII dinastia, e comunque, tra le due fazioni, non c’era nessuna ostilità. In Alto Egitto, infine, il grande sacerdote e la divina adoratrice di Amon, parenti dei faraoni del nord, regnavano autonomamente a Tebe, mentre si suppone che, in Sudan, i componenti del clero di Amon che si erano rifugiati lì, si fossero costituiti in principato autonomo con capitale a Napata, anche se è più verosimile che i sovrani di questo nuovo regno fossero sudanesi.
    L’Egitto era quindi più diviso che mai, ma presto si farà sentire una forte (e duplice) tendenza alla centralizzazione. Nel 751 circa Piankhy, un re dal nome egiziano (il che non vuol dire che avesse origini egiziane) salì al trono a Napata, in Sudan. Gli egiziani non erano mai stati molto numerosi in Nubia, e si erano completamente mescolati alla popolazione locale, per cui Piankhy governava un popolo di sudanesi, e sembrava non dovere nulla all’Egitto (da cui il nome di «etiope» dato alla sua dinastia). Mentre lui cercò di unificare l’Egitto partendo da sud, a Sais, nel delta, il re locale, Tefnakht, cominciò a ricostruire intorno a sé l’unità del paese. Sembra che abbia proceduto con la persuasione, più che con la conquista armata: fece riconoscere la sua autorità ai governanti locali e li confermò nei propri poteri come vassalli. Una volta unificato il nord, Tefnakht penetrò in Medio Egitto, dove si scontrò con Piankhy che era partito dal sud. Si conoscono le vicende di questa lotta tramite un solo documento, la stele di Piankhy, che dà una visione «sudista» dell’avvenimento, ed è una fonte molto partigiana. In questo documento il re si vantò di aver completamente sconfitto Tefnakht e di aver conquistato l’Egitto fino ai confini marittimi del delta. In effetti, se è possibile che abbia respinto Tefnakht e i suoi vassalli del Medio Egitto, è piuttosto improbabile che sia andato più lontano poiché, subito dopo la sua pretesa vittoria, non solo Piankhy tornò a Napata, ma esiste anche la prova che Tefnakht governò il delta ancora per qualche anno dopo la tanto vantata conquista etiope.
    Comunque sia, Tefnakht fu il fondatore della XXIV dinastia, che fu formata da due soli re: Tefnakht e Boccoris. Questa dinastia regnò nel nord mentre Piankhy, con la XXV dinastia etiope governò parallelamente al sud, estendendo forse il suo potere fino a Menti: l’unificazione era fallita.
    Nel nord, Boccoris succedette a suo padre Tefnakht. Egli passò per essere stato un legislatore, ma si sa ben poco su di lui, se non che sollevò una rivolta in Palestina contro gli Assiri, che l’appoggiò con un distaccamento egiziano, e che fu sconfitto. Morì durante i combattimenti per la conquista del delta da parte di Shabaka.
    Nel sud, Shabaka, successore di Piankhy, governava fino a Tebe, e, forse, fino a Menfi. Egli abbandonò Napata per stabilirsi a Menfi, dove la sacerdotessa divina adoratrice di Amon era ormai di discendenza sudanese. Da lì partì alla conquista del Basso Egitto, a cui il padre Piankhy aveva rinunciato, e sembra che quest’impresa gli riuscì, anche se non si ha nessun dettaglio circa questa conquista, nel corso della quale fu ucciso Boccoris. Shabaka si trasferì poi al nord e, al contrario di Tefnakht e Boccoris, non si oppose agli assiri. Scomparsa la XXIV dinastia, la XXV regnò in Egitto solo nominalmente, perché sembra che il paese non sia mai stato, in realtà, totalmente pacificato.
    I successori di Shabaka furono Shebitku e Taharqa. I due intrapresero una politica attiva in Asia e favorirono le rivolte palestinesi contro gli assiri, ma non furono più fortunati di Boccoris, e fu per pura fortuna che l’esercito assiro, vinta la coalizione palestinese, non distrusse Gerusalemme e l’esercito egiziano (sembra che un’epidemia di peste abbia dissuaso gli assiri dal combattere).
    Per poter sorvegliare la situazione nel Mediterraneo, Taharqa fu obbligato, come i suoi predecessori, a installarsi nel Basso Egitto, e risiedette a Tanis. Era perciò troppo lontano dall’Alto Egitto per poterlo governare efficacemente, ma fece uno sforzo per assicurarsene almeno la fedeltà. Rompendo con la tradizione non lasciò più tutti i poteri al clero di Amon, ma ne conferì una parte al «governatore del sud», Montuemhat; cosi separò deliberatamente il potere spirituale da quello temporale, per motivi politici.

    XXI Dinastia (Tanita)
    (1078-945 a.C.) Per tutto il secolo XI e quelli precedenti l’era cristiana il fondamentale dualismo della terra dei faraoni si manifestò in modo nuovo e inatteso. Due capitali distinte si dividevano ormai il governo dell’Egitto, Tebe a sud e Tanis a nord; e, strano a dirsi, le relazioni fra le due metà del paese erano amichevoli e procedevano in uno spirito di collaborazione. Per il momento il trono era vacante. L’assenza di un faraone non poteva esser tollerata a lungo, e Nesbanebded non tardò a far valere i suoi diritti. Il suo nome significa “Colui che appartiene all’Ariete di Djedé” e Djedé è l’importante città al centro del delta chiamata Mendés dai Greci.
    Manetone pone a capo della sua XXI dinastia dei sette sovrani di Tanis, Smendes, una pronuncia di Nesbanebded che coglie abbastanza nel segno. Smendes, come originario di Djede, non può aver avuto alcun diritto personale al trono, e pare ovvio che egli dovesse il titolo regale non solo al suo forte carattere, ma anche alla moglie Tentamun; evidentemente fu questa donna l’anello di congiunzione fra Tebe e Tanis. Sotto Smendes in Egitto riprese una certa attività edilizia, con restauri e nuove costruzioni, segno di grande potere.
    Il nome di Tebe non ricorre più negli elenchi di dinastie di Manetone e tutte le date trovate nelle epigrafi si riferiscono evidentemente ai regni taniti. I sovrani non ambivano più a esser sepolti a Biban el-Muluk, e gli scavi archeologici a Tanis hanno riportato alla luce le tombe di Psusennes I e di Amenemope, rispettivamente secondo e terzo re della XXI dinastia, tralasciando Neferkara, il cui regno fu probabilmente effimero. Questi sepolcri comunque sono delle costruzioni misere e modeste se paragonati alle grandi tombe sotterranee a occidente di Tebe, per non citare le imponenti piramidi dei tempi più antichi.
    A Tebe il modello di governo lasciato in eredità da Hrihor ai suoi discendenti fu mantenuto con pochi mutamenti. Alla morte di Smendes, come a quella di Hrihor, infatti nulla cambiò in Egitto. Come già detto, seguirono lotte.
    L’alto sacerdozio a Tebe fu quindi successivamente ricoperto da Piankhi, Pinudjem I, Masaherta, Menkheperra e Pinudjem II, passando di padre in figlio eccettuato nel caso di Menkheperra, fratello del suo predecessore. Insieme al titolo sacerdotale questi pontefici assumevano quello di “Gran Comandante dell’Esercito” o “Gran Comandante dell’Esercito di tutto il paese”, chiaro indizio dell’instabile situazione dell’Egitto; i titoli di “Visir” o di “Figlio del re di Cush” erano aggiunti talvolta, probabilmente solo in ossequio alla tradizione.
    Mentre la sequenza dei sacerdoti tebani e i reciproci rapporti di parentela sono stati stabiliti con certezza, questo non è stato possibile per i sovrani di Tanis. Per i primi quattro si può probabilmente accettare l’ordine di successione fornito da Manetone: Smendes, Psusennes, Nephercheres e Amenaophthis ma il quinto nome, Osochor, è forse preso a prestito dalla XXII dinastia, mentre il successivo, Psinaches, non è stato individuato in alcun geroglifico.
    A questo punto comunque va inserito Siamun, il faraone che pose i suggelli al grande “nascondiglio” di Deir el-Bahri, e del quale si sa che regnò diciassette anni: Alla fine della dinastia Manetone nomina un secondo Psusennes, e questo è confermato dai monumenti. Si è, però, talvolta supposta l’esistenza di un terzo Psusennes, da non confondersi col secondo. La cronologia della XXI dinastia è ancor più controversa che non l’ordine di successione dei suoi monarchi. Sesto Africano attribuisce 26 anni di regno a Smendes, 46 a Psusennes I, 14 a Psusennes II, e periodi molto più brevi agli altri; ma le fonti più antiche tacciono su tutti e tre i regni.
    Fu durante la XXI dinastia che i sacerdoti di Amon predisposero quello che ai giorni nostri viene comunemente chiamato “nascondiglio di Deir el-Bahri”. Ammonticchiati in questo modesto sepolcro furono trovati sarcofagi, mummie, e vari arredi funebri, portati là dopo lunghe peregrinazioni dai successori di Hrihor.
    Quasi subito dopo i funerali, i potenti re delle dinastie che vanno dalla XVIII alla XX rimanevano esposti a violazioni e furti da parte dei rapaci abitanti della necropoli tebana, e fu solo in un ultimo disperato tentativo di porre fine a questi atti sacrileghi che intervennero i gran sacerdoti della XXI dinastia. Ormai potevano farlo con piena fiducia nella riuscita in quanto gli ornamenti d’oro e gli altri oggetti preziosi erano già da tempo scomparsi e ben poco rimaneva da salvare oltre alle bare e alle salme.
    Oltre alle mummie di nove re furono scoperte quelle di numerose regine, di qualche principe e personaggi minori. Su alcune bare e sui bendaggi delle mummie, sigilli in caratteri ieratici rivelavano la data dell’inumazione e i nomi delle autorità che l’avevano predisposta. Più importanti da un punto di vista strettamente storico erano i sarcofagi intatti di gran sacerdoti della XXI dinastia e delle loro donne. Fra le ultime salme sepolte erano quelle di Pinudjem II e di sua moglie Neskhons. Dopo di loro, nel decimo anno di regno del sovrano tanita Siamun, il “nascondiglio” fu sigillato, ma fu poi riaperto sotto il regno di Shoshenk I per seppellirvi un sacerdote di Amon di nome Djedptahefronkh.

    XXII Dinastia (Libica)
    (945-730 a.C.) Non molti anni dopo il 950 a. C. lo scettro dei faraoni passò nelle mani di una famiglia straniera. I primi re di questa stirpe si attribuivano il titolo di “capi dei Meshwesh”, spesso abbreviato in “capi dei Ma”, e talvolta parafrasato in “capi degli stranieri”. Questi erano evidentemente molto affini a quei Libi respinti con tanta difficoltà da Merenptah e Ramses III. Ma non sarebbe giusto considerarli nuovi invasori; la teoria più plausibile è che fossero discendenti di prigionieri di guerra o di coloni stabilitisi volontariamente in Egitto, ai quali, come agli Sherden, erano state concesse terre in proprietà a condizione che prestassero servizio militare.
    Comunque sia, essi erano divenuti così numerosi ed importanti da potersi impadronire del governo, quasi senza provocare attriti. Come gli Hyksos d’altri tempi, ambivano ad apparire egizi di nascita, pur continuando ad ornarsi il capo delle piume che erano sempre state una caratteristica del loro costume. La famiglia dei Sheshonq, alla quale appartenevano i re di questa dinastia, fornisce un eccellente esempio di questo processo di assimilazione.
    Stabilitisi nella regione di Eracleopoli, da sempre zona libica per eccellenza, i Sheshonq, il cui nome non è egiziano, dovevano essere, all’origine, puramente libici, ma diventarono egiziani ancora prima di salire al potere. Dopo essere stati capi militari, divennero sacerdoti e, a questo titolo, pretesero di essere sepolti a Abido come gli egiziani.
    Il potere della famiglia si estese fino a Bubastis, nel delta. La dittatura militare libica fu anche causa di disordini nel paese, soprattutto nella zona di Tebe, ed è persino possibile, anche se non se ne hanno le prove, che parte del clero di Amon si sia volontariamente esiliato nel Sudan. L’origine straniera era anche tradita dai nomi barbarici: Sheshonq, Osorkon, e Takelot, per non citare che quelli portati da sovrani veri e propri. Questi tre nomi erano noti a Manetone perché si trovano nella sua XXII dinastia insieme ad altri sei re innominati. Gli egittologi, dal canto loro, hanno creduto bene di dover distinguere almeno cinque Sheshonq, quattro Osorkon e tre Takelot. L’intero periodo è dei più oscuri.
    In linea generale si può dire che il carattere di queste ultime dinastie si mantenne assai simile a quello della XXI. La capitale principale era nel Nord, a Tanis o a Bubastis, ma a Tebe i gran sacerdoti esercitavano ancora un indiscusso potere religioso, mentre i rapporti fra le due metà del paese oscillavano continuamente fra l’amicizia e l’ostilità. Fu un’epoca di confusione e ribellioni per la conoscenza della quale gli storici non dispongono che di scarse fonti.
    Particolare importanza sotto la XXII dinastia ebbe la città di Eracleopoli; molti membri di questa dinastia ricoprirono cariche sacerdotali in questa città e, durante tutto il regno, i governatori della Tebaide vennero spesso scelti fra i suoi abitanti. Potrebbe darsi che i Meshwesh, innalzatisi ora fino al potere regale, si fossero stabiliti nei secoli precedenti in quei paraggi, sulla via diretta che attraversava le oasi a partire dalla Libia, loro patria d’origine.
    Manetone dice originari di Bubastis i re della XXII dinastia e di Tanis quelli della XXIII, ed esistono probanti indizi che li ricollegano a queste fiorenti città del delta orientale. Ad ogni modo, inevitabilmente attirati verso il nord, vero centro di gravità dell’Egitto, i libici abbandonarono Eracleopoli e si installarono nel delta.
    Dopo Sheshonq I ci fu molto disordine nel paese. I faraoni cercarono di diminuire l’influenza della casta sacerdotale di Amon, creando un nuovo titolo religioso (“Sposa del dio”); il risultato però, fu che esse acquisirono altrettanto potere di quello dei grandi sacerdoti, senza peraltro essere più fedeli al re. L’anarchia continuò a crescere.
    Manetone assegna alla XXII dinastia una durata di soli centoventi anni, ma secondo i calcoli degli studiosi di cronologia si devono attribuirle due interi secoli, dal 950 al 730 a.C..

    XXIII Dinastia (Bubastica – Libica)
    (818-730 a.C.) La XXIII dinastia di Manetone non comprende che quattro re, il terzo dei quali (Psammùs) non è stato identificato, e il quarto (Zét) è citato solo da Sesto Africano, probabilmente per errore.
    Sotto gli ultimi re della XXII dinastia, Sheshonq III, Pemay e Sheshonq V, l’anarchia continuò a crescere e l’Egitto mostrò una tendenza sempre maggiore al frazionamento, soprattutto nella zona del delta. La XIII dinastia venne fondata prima che la XXII si fosse estinta, e le due dinastie furono in parte parallele.
    È possibile anche, a giudicare dai loro nomi, che i faraoni della XXIII dinastia ( Petubasti, Osorkon IV, Takelot III, Rudamon, Osorkon V ) fossero imparentati con quelli della XXII.
    La capitale della nuova dinastia fu Bubastis, dove la famiglia dei Sheshonq si era installata molto prima di prendere il potere, e così la divisione nord-sud si complicò ulteriormente, creando una nuova frammentazione est-ovest nel delta.

    XXIV Dinastia (di Sais)
    (730-715 a.C.) La XIII dinastia venne fondata prima che la XXII si fosse estinta, e le due dinastie furono in parte parallele. Ma a fianco di queste due dinastie parallele, sembra che le dinastie locali si siano moltiplicate, al nord, fino all’avvento della XXIV dinastia.
    Verso il 730 a.C. la situazione era molto confusa: nel delta il potere era diviso, da una parte tra i faraoni della XXII e quelli della XXIII dinastia, e dall’altra fra usurpatori per lo più libici, fondatori della XXIV dinastia, che avevano preso il potere localmente.
    Tefnakht fu il fondatore della XXIV dinastia, che fu formata da due soli re: Tefnakht e Boccoris.
    Questa dinastia regnò nel nord mentre Piankhy, con la XXV dinastia etiope, governò parallelamente al sud, estendendo forse il suo potere fino a Menfi.
    Boccoris, figlio Tefnakht, morì durante i combattimenti per la conquista del delta da parte di Shabaka (XXV dinastia) e con lui ebbe termine la storia di questa breve dinastia.

    XXV Dinastia (Nubiana o Kushita)
    (760-656 a.C.) I dati registrati da Manetone per questo periodo, e riportati da Sesto Africano, sono di un interesse e di una brevità tale che è possibile citarli per esteso: ” XXV dinastia di tre re etiopi:

    * Sabacon che dopo aver catturato Boccoris lo bruciò vivo, e regnò a 8 (12) anni;
    * Sebichos, suo figlio, 14(12) anni;
    * Tarcos, 18 (20) anni; totale 40 anni”.

    Si trova qualche affinità con la storia autentica, anche se naturalmente non si deve prendere in considerazione l’allusione, di marca tipicamente manetoniana, alla conquista e l’asservimento dell’Egitto a opera degli Assiri.
    E’ strano tuttavia che Manetone non parli del grande guerriero sudanese o cushita Piankhy che verso il 730 a. C. cambiò all’improvviso l’intero corso delle vicende egizie. Era questi il figlio di un capotribù o re chiamato Kashta, e fratello, pare, di Shabako, chiamato da Manetone Sabacon. Partito da Napata, Piankhy scese il corso del Nilo e, nel corso di una campagna militare documentata da una famosa stele commemorativa a Gebel Barkal, sconfisse il rivale di origine siriana Tefnakht (XXIV Dinastia) e diede all’Egitto, dopo diversi decenni, una parvenza di unità.
    Ma per ottenere una prospettiva più o meno esatta della nuova situazione, occorre tornare indietro di circa settecento anni. Già sotto i Tuthmosidi era sorta una fiorente città o colonia egizia presso il massiccio roccioso del Gebel Barkal, non molto alto ma imponente perché isolato in mezzo alla pianura a circa un chilometro e mezzo dal Nilo. La capitale provinciale di Napata, situata a breve distanza dalla quarta cateratta a valle del fiume e ai piedi della «Montagna Sacra», come la chiamavano gli Egizi, era abbastanza lontana da potersi sviluppare senza gran pericolo d’interferenze. All’epoca di Tutankhamon la città segnava il limite amministrativo del vicereame nubiano. E’ indubbio che la cultura egizia, seppure latente, continuava a esercitare la sua influenza e ad essa si univa un’appassionata devozione ad Amon-Ra, il dio della città madre, Tebe. Fu probabilmente questa devozione a provocare l’improvvisa incursione di Piankhy nella terra sconvolta dei suoi avversari libici.
    Frattanto un nuovo nemico era comparso in Oriente: gli Assiri.

    Egitto e Assiria
    Da secoli i piccoli reami della Siria e della Palestina erano riusciti a sopravvivere senza grandi ingerenze straniere; ma adesso si trovavano di fronte la rinata potenza di un’Assiria ambiziosa e dispotica.
    Con una serie di campagne militari in Occidente Tiglath-pileser III (745-727 a.C.) aveva saccheggiato Damasco e deportato nell’Assiria gran parte degli abitanti; lo stesso aveva fatto in Israele, deponendo il re Pekah e sostituendolo con Hoshea nel 732 a.C..
    Per questi avvenimenti e per quelli dei cinquant’anni seguenti le uniche fonti sono l’Antico Testamento e le iscrizioni cuneiformi, mentre i testi egizi non nominano mai l’Assiria, anche se alla fine Tebe stessa doveva cadere temporaneamente vittima dell’assai più forte potenza asiatica. Tuttavia era chiaro che i signorotti della Palestina guardavano all’Egitto come difensore contro gli invasori settentrionali. Durante il breve regno del figlio di Tiglath-pileser III, Shalmaneser, prematuramente scomparso, Hoshea si sollevò in aperta ribellione; il tragico risultato fu la cattura e distruzione finale della Samaria, difesasi strenuamente per tre anni e caduta solo nel 721 a.C. quando il successore di Shalmaneser, Sargon II, «deportò gli Israeliti in Assiria» e «fece imprigionare e mettere in catene» Hoshea.
    Secondo il racconto biblico, questi «aveva inviato messi a So, re d’Egitto, e non pagava più il consueto tributo annuo al re d’Assiria».
    Gli studiosi sono concordi nell’identificare So con Sib’e, turtan d’Egitto, che secondo gli annali di Sargon era partito da Rapihu (Rafia, sul confine palestinese) insieme ad Hanno re di Gaza, allo scopo di vibrare un colpo decisivo. Sotto Tiglath-pileser questo stesso Hanno era fuggito davanti all’esercito assiro ed era «riparato in Egitto»; Sargon riferisce che la stessa cosa fece Sib’e:
    «come un pastore cui è stato rubato il gregge, fuggì da solo e scomparve; io catturai personalmente Hanno I e lo portai in catene nella mia città di Ashur; distrussi Rapihu, la rasi al suolo e la bruciai».
    Per ragioni fonetiche, oltre che cronologiche, So-Sib’e non può essere il re etiopico Shabako, per cui si suppone che questi nomi si riferiscano a un generale. Ciò sembra convalidato dal testo assiro che prosegue: «Io ricevetti il tributo del Pir’u di Musru», il che non può significare altro che «il faraone d’Egitto».
    La latente ostilità delle due grandi potenze, Assiria ed Egitto, tornò a divampare sotto Sennacherib che iniziò la sua terza campagna militare con la conquista delle città costiere fenicie. L’agitazione era però scoppiata più a sud; la popolazione della città filistea di Ekron aveva scacciato il proprio re, Padi, per la sua lealtà verso l’Assiria; Ezechia, re di Giuda, dopo averlo accolto, lo aveva fatto prigioniero, ma poi, preso dalla paura, aveva chiesto aiuto all’Egitto.
    A Eltekeh le truppe egizie ed etiopiche subirono una grave sconfitta; Padi fu ristabilito sul trono e molte città di Giudea furono saccheggiate, anche se Gerusalemme sfuggì alla cattura. Per evitarla Ezechia si era rassegnato a pagare un pesante tributo. Si è molto discusso se questo sia stato l’unico scontro di Sennacherib con l’Egitto, ma la lettura diretta della Bibbia porta a concludere che ce ne fu un altro; infatti, vi si legge che «Tirhakah, re dell ‘Etiopia» era uscito a combattere contro gli Assiri, ma durante la notte l’angelo del Signore ne colpì un gran numero, cosicché «al mattino erano tutti cadaveri». Nei due versetti successivi si afferma che Sennacherib ritornò allora a Ninive dove rimase finchè non fu assassinato.
    Nel fantasioso, ma divertente racconto che Erodoto fa di questo fallito attacco contro l’Egitto, la ritirata degli Assiri, dopo che già avevano raggiunto Pelusio, fu causata non dalla peste, come insinua l’Antico Testamento, ma da nidiate di topi che rosicchiarono le faretre e gli archi degli invasori.
    Dato che Taharqa non salì al trono che nel 689 a.C., non può esser questi il nemico sconfitto da Sennacherib a Eltekeh e, a meno di negare l’esattezza del racconto biblico, se ne deve concludere che il re assiro mirasse a far seguire la vittoria da un colpo decisivo impedito, però, dalle circostanze. Dunque i nemici non devono essersi incontrati.
    Da tempo si era fatta evidente la necessità di giungere a una conclusione fra i sovrani dell’Assiria e dell’Etiopia, ugualmente ostinati, ma di fatto fu un terzo contendente a riportare la vittoria decisiva. Come ai tempi di Piankhy, il Basso Egitto e una parte del Medio si erano frantumati in numerosi piccoli principati, sempre pronti a schierarsi con quella delle due grandi potenze che con maggior probabilità avrebbe rispettato la loro indipendenza. Uno di questi doveva di lì a poco conquistare la supremazia, ma per il momento fu l’Assiria ad avere il sopravvento.
    Esarhaddon, figlio di Sennacherib (680-669 a. C.), continuò con successo anche maggiore la politica aggressiva del padre. I documenti egizi tacciono, ma stele e tavolette in caratteri cuneiformi danno particolareggiati resoconti della campagna in cui, dopo aver soggiogato la Siria, egli costrinse Taharqa a ripiegare a sud. Nell’iscrizione meglio conservata, dopo aver elencato il bottino portato in Assiria, così prosegue:
    Deportai dall’Egitto tutti gli Etiopi, non lasciandone neppure uno a rendermi omaggio. In tutto l’Egitto nominai nuovi re, governatori, ufficiali, ispettori portuali, funzionari e personale amministrativo.
    Poco dopo esser partito per un altra campagna, Esarhaddon cadde ammalato ad Harran e morì, dando modo a Taharqa di riconquistare Menfi e occuparla, finché non ne fu di nuovo cacciato da Ashurbanipal durante la sua prima campagna (667 a.C.).
    Il nuovo re assiro scoprì che «i re, governatori e reggenti» nominati da suo padre in Egitto erano fuggiti e occorreva reintegrarli nelle loro cariche. Tebe fu occupata per la prima volta, ma solo per essere temporaneamente abbandonata:
    Il terrore della sacra arma di Ashur, mio signore, sconfisse Tarku nel suo rifugio e di lui non si seppe mai più nulla. In seguito, Urdamane, figlio di Shabako, sedette sul trono del suo reame. Fortificò Tebe ed Eliopoli e vi radunò le sue forze armate.
    Il racconto prosegue dicendo come Urdamane (nome dato dagli Assiri al re etiope Tanuatamun ) rioccupasse Menfi; solo dopo il ritorno di Ashurbanipal da Ninive e l’inizio della sua seconda campagna, l’etiope abbandonò prima Menfi e poi Tebe, e «fuggì a Kipkipi». Questa è l’ultima notizia sul suo conto fornita dai testi cuneiformi.
    Ashurbanipal afferma di aver completamente soggiogato Tebe e aver portato a Ninive un grosso bottino, ma pare che questa sia stata l’ultima sua comparsa in Egitto (663 a.C.).
    In poco meno di settant’anni l’avventura etiopica si era così conclusa e ogni contatto diretto fra i due reami cessò, a quanto pare, anche se in qualche modo si saranno mantenuti rapporti commerciali. Il confine settentrionale del regno di Napata era probabilmente Pnubs, a sud della terza cateratta; il tratto fra questa località e Aswan divenne forse una specie di «terra di nessuno» abitata da tribù selvagge.
    Da allora in poi l’interesse degli Etiopi incominciò a rivolgersi a sud anziché a nord, e fu stabilita una nuova capitale a Meroe alla confluenza dell’Atbara col Nilo, dove si poteva allevare bestiame e coltivare campi e dove esistevano anche abbondanti giacimenti di ferro. Malgrado la scissione politica fra Egitto ed Etiopia l’antica cultura faraonica tardò a scomparire; i templi continuarono a esser decorati con le stesse scene convenzionali a rilievo; le tombe reali conservarono la forma a piramide. Varie pregevoli stele, scritte in un egizio di mezzo abbastanza corretto, furono scoperte a Gebel Barkal insieme a quella di Piankhy. Qualche generazione dopo le iscrizioni geroglifiche, pur facendo ancor uso della lingua egizia, erano divenute così barbariche da essere incomprensibili.
    Nel frattempo dai geroglifici egizi era venuta formandosi una scrittura alfabetica usata per rendere graficamente la lingua indigena, e a lato di questa si era sviluppata una scrittura di tipo lineare in cui ogni segno corrispondeva al geroglifico originario.

    Bassa epoca (epoca tarda)

    (664-332 a.C.) Da lungo tempo si sentiva la necessità di unificare un mondo lacerato da continui conflitti e questa unificazione doveva ora esser tentata su vasta scala. L’iniziativa venne dalla parte più inattesa, la Persia.

    Egitto e Persia
    La Persia è il paese situato sul lato orientale del Golfo Persico e si estende per lungo tratto nell’entroterra con Persepoli e Pasargade come capitali. Di questa regione montuosa e in parte inospitale era originaria la famiglia ariana degli Achemenidi dalla quale uscì il grande conquistatore Ciro II (558-529 a.C. circa).
    Il primo paese a essere invaso dai Persiani fu la Media dove Astiage, figlio di Ciassare, non poté opporre che una debole resistenza prima di esser cacciato dalla propria capitale, Ecbatana, a metà strada fra Susa e il mar Caspio. Fu poi la volta della Lidia. Prevedendo ciò che stava per accadere il suo re, Creso, aveva cercato di allearsi con l’Egitto, Babilonia e Sparta, ma prima che giungesse il loro aiuto, Sardi fu catturata (546 a.C.) e la Lidia cessò di esistere come regno indipendente. Le città della costa ionica rimasero alla mercè del sovrano persiano che le affidò ai suoi generali per esser libero di volgere altrove le proprie forze. Naturalmente il prossimo obiettivo era Babilonia, ma Ciro non aveva alcuna fretta di affrontarla. Vi regnava allora Nabonido, dotto sovrano e studioso di archeologia, dopo un esilio di dieci anni a Taima nell’Arabia dal quale era tornato nel 546 a.C. su invito dei propri sudditi che prima erano stati in dissenso con lui.
    Nel 539 a.C. Ciro occupò Babilonia risparmiando, con tipica saggezza, la vita del re e confinandolo nella lontana Carmania come governatore o esule. Un impero tanto vasto richiedeva naturalmente un’opera di consolidamento e per qualche anno si hanno scarse notizie di imprese militari di Ciro. Egli si rendeva però conto della necessità di conquistare l’Egitto, e affidò questo compito al figlio Cambise. Quanto a Ciro stesso, perì nel 529 a.C. combattendo per respingere un attacco di orde turaniche sulla frontiera settentrionale; in trent’anni si era elevato dai suoi umili inizi fino a divenire il più potente monarca che il mondo di allora avesse mai conosciuto.
    Le difficoltà connesse con la successione tennero impegnato Cambise per i tre anni successivi, ma l’assassinio del fratello Smerdi lo lasciò libero di proseguire l’impresa affidatagli dal padre. La Fenicia si era sottomessa spontaneamente, fornendogli una flotta preziosa per le future operazioni. Cambise mosse allora contro l’Egitto, da pochi mesi governato dal faraone Psammetico III.
    La battaglia di Pelusio fu combattuta con disperata tenacia (525 a.C.), ma alla fine gli Egizi ripiegarono in disordine a Menfi che si arrese solo dopo un lungo assedio. L’Egitto passò così in mano ai Persiani (XXVII dinastia di Manetone). In questo periodo sopravvenne un notevole cambiamento nella civiltà della terra dei faraoni fino allora rimasta più o meno uniforme. Come prima la popolazione indigena usava nel disbrigo dei propri affari la lingua d’origine, scritta in una forma estremamente corsiva, nota ai Greci come encoriale o demotica. Ma per quanto concerneva il governo l’Egitto era ormai la più remota provincia di un grande impero straniero. Il re persiano, suo supremo signore, risiedeva a Susa o Babilonia e lasciava l’amministrazione vera e propria in mano a un governatore locale, detto satrapo. Per tutti gli scopi burocratici veniva impiegata la lingua aramaica, idioma semitico del Nord che, dopo essersi diffuso in Mesopotamia a opera dei popoli ivi deportati, si era in seguito propagato al Sud grazie fra gli altri agli esuli Ebrei cui Ciro aveva concesso di tornare nella patria d’origine; in Palestina questa lingua aveva finito per sostituire completamente l’ebraico.
    Non si deve credere che in Egitto l’uso dell’aramaico fosse limitato agli Ebrei anche se si sarebbe portati a dedurlo dalle numerose e sensazionali scoperte di papiri scritti in questa lingua nell’isola di Elefantina, subito a nord della prima cateratta. Anche se le persone di cui questi papiri rivelano i molteplici e svariati interessi erano tutte o in massima parte Ebrei si dovrà osservare che esse appartenevano a una guarnigione di frontiera ed erano perciò al servizio del regime persiano.
    Comunque la prova più convincente che l’aramaico era la lingua ufficiale dell’amministrazione persiana è fornita da un gruppo di lettere per lo più dirette ai suoi subalterni in Egitto dal satrapo Arsame che rimase in carica per tutto l’ultimo venticinquennio del secolo V. Queste lettere provenivano senza dubbio dalla cancelleria del satrapo, con sede probabilmente a Menfi. Con il passare degli anni, lotte intestine, legate alla successione al trono, indebolirono il grande impero Persiano. Ne approfittò l’Egitto che, con Amirteos (XXVIII dinastia) riottenne l’indipendenza.
    Da questo momento fino alla conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C., la politica estera dell’Egitto non mirò che a difendere la propria indipendenza da un impero ostinato a considerarla una semplice provincia ribelle. L’Egitto riuscì nel suo scopo, tranne che per il breve lasso di un decennio proprio alla fine di questo periodo. Un continuo ostacolo era comunque la rivalità fra le varie famiglie principesche del delta. Per notizie meno vaghe dobbiamo basarci interamente sugli autori greci. Da Senofonte si apprende che la Persia aveva radunato nella Fenicia un forte esercito destinato senza dubbio a sottomettere l’Egitto. Di conseguenza le città greche dell’Asia Minore, che si erano schierate al fianco dell’Egitto, si trovarono anch’esse in grave pericolo. Per soccorrerle Sparta, malgrado i forti obblighi verso Ciro, entrò in guerra contro la Persia, la cui potenza era ancora assai temibile (400 a.C.). Il conflitto durò vari anni. Nel 396 a.C. Sparta cercò di stringere con l’Egitto un’alleanza che le venne prontamente accordata.
    Non molto tempo dopo, nel 393 a.C., salì al trono Achoris, e poiché l’alleanza con Sparta si era dimostrata svantaggiosa, si affrettò a cercare aiuto altrove, e lo trovò per mezzo di un trattato con Evagora, l’abile e ambizioso re di Salamina di Cipro, che aveva già imposto la sua signoria a varie altre città dell’isola. L’amicizia di Evagora con Conone portò di conseguenza gli Egizi a una stretta collaborazione con Atene. Ma intanto sia la Persia che Sparta si erano stancate della guerra, e nel 386 a.C. fu conclusa la pace di Antalcida, che lasciava alla Persia mano libera in tutte le città greche dell’Asia Minore in cambio dell’autonomia di tutti gli altri stati ellenici.
    Così Achoris ed Evagora rimasero soli e Artaserse fu libero di affrontare l’avversario che preferiva. Per primo attaccò l’Egitto, che aveva avuto il tempo di tornare a essere un paese ricco e forte; Cabria, uno dei migliori generali dell’epoca, lasciò Atene per mettersi al servizio di Achoris. Su questa guerra si hanno scarse notizie, salvo il fatto che si protrasse fino al 383 a.C. e che il polemico oratore ateniese Isocrate ne diede un giudizio sprezzante. Evagora si dimostrò di grande aiuto spingendosi con le sue truppe entro il campo nemico e catturando Tiro e altre città della Fenicia; ma in seguito la fortuna l’abbandonò e, dopo aver perso una importante battaglia navale, fu assediato nella sua città di Salamina. Aveva tenuto in scacco la Persia per più di dieci anni, al termine dei quali i dissensi scoppiati fra i capi persiani li indussero ad accettare la sua resa a condizioni onorevoli (380 a.C.).
    Dopo esser rimasto a lungo fedele vassallo del re di Persia, Evagora cadde vittima di una cospirazione. L’Egitto si trovò così ancora una volta da solo contro la Grande Persia.
    Con la XXX Dinastia ebbe inizio l’ultima dinastia indipendente dell’Egitto.
    Il numero di monumenti lasciati dai sovrani della XXX Dinastia potrebbe dare l’impressione di un periodo d’ininterrotta pace e prosperità. Ma dagli storici greci, dei quali Diodoro è ancora una volta il principale esponente, viene alla luce una storia ben diversa.
    In Persia regnava ancora Artaserse II (404-358 a.C.) più deciso che mai a umiliare l’Egitto e a ricondurlo alla precedente sottomissione. Ma i preparativi per l’invasione procedevano con grande lentezza. Per prima cosa il Gran Re fece pressioni su Atene perché richiamasse dall’Egitto il valente generale Cabria, che dovette accontentarsi di un incarico militare in patria. Il grande esercito persiano, guidato dal satrapo Farnabazo e dal comandante dei mercenari greci Ificrate, non partì da Acre che nel 373 a.C.. Raggiunta Pelusio, fu chiaro che un attacco da quel lato era impossibile, ma che l’una o l’altra delle foci del Nilo meno fortificate offriva migliori speranze di successo. E fu proprio così; la barriera del ramo di Mendes venne forzata e molti egizi furono uccisi o catturati. Contro il volere di Farnabazo, Ificrate tentò di spingersi fino a Menfi, e mentre l’antagonismo fra i due comandanti ritardava l’azione persiana, le truppe di Nekhtnebef ripresero forza e circondarono gli invasori da tutti i lati. In buon punto sopraggiunse in aiuto degli Egizi la piena del Nilo; le parti del delta non completamente sommerse dalle acque si trasformarono in palude e i Persiani furono costretti a battere in ritirata.
    Per la seconda volta l’Egitto fu salvo. Il figlio di Nekhtnebef, Teos, giunse a tentare un attacco diretto contro la Persia. Alleatosi ad Agesilao e al generale Ateniese Cabria mosse contro la Fenicia. Durante questa campagna però Agesilao diede il suo appoggio ad Nekhtharehbe che diventò faraone, mentre Teos fu costretto all’esilio in Persia. La spedizione fallì. Nel 358 a.C. l’ascesa al trono di Artaserse III Oco infuse nuova vita al vacillante Impero persiano. Fu ristabilito l’ordine fra i satrapi dell’Asia Minore, ma lo sforzo richiesto fu tale da precludere ogni velleità di aggressione contro l’Egitto. Nondimeno verso il 350 a.C. Artaserse era pronto alla guerra. Non se ne conoscono i particolari, ma il fallimento fu completo col risultato che ovunque scoppiarono rivolte contro la dominazione persiana, con la Fenicia e Cipro in prima linea.
    L’obiettivo più importante rimaneva l’Egitto, essendo questo l’unico paese che poteva fornire in abbondanza oro e grano, e la sua riconquista era indispensabile. Prima però si dovevano fare i conti con la Fenicia e la Palestina. Sidone, al centro della rivolta, si era attirata le rappresaglie persiane con un violento e rovinoso colpo di mano contro gli occupanti. Temendone le conseguenze, si era rivolta per aiuto all’Egitto, ma Nekhtharehbe si era limitato a inviarle un piccolo contingente di mercenari greci comandati da Mentore di Rodi. Diodoro narra la storia dei pochi anni successivi con grande abbondanza di particolari. I preparativi di Artaserse furono imponenti e ancor prima dell’arrivo di massicci rinforzi dalle città della Grecia continentale e dell’Asia Minore egli riuscì a infliggere un terribile castigo a Sidone; il suo re, Tenne, si accordò proditoriamente con Mentore per consegnare la città al nemico, e di conseguenza gli abitanti incendiarono le navi e molti di essi cercarono volontariamente la morte tra le fiamme delle proprie case.
    Nell’autunno del 343 a.C., l’esercito persiano, con a capo il Gran Re in persona, partì per la sua memorabile campagna contro l’Egitto. Il primo assalto fu sferrato contro la città di Pelusio che oppose una tenace resistenza. La straripante potenza Persiana ebbe però la meglio e una dopo l’altra tutte le città del delta capitolarono.
    Nekhtharehbe, resosi conto che la situazione era disperata, fuggì in volontario esilio in Etiopia. L’Egitto era di nuovo una provincia persiana.
    Questa seconda dominazione non durò che una decina di anni, ma con essa era terminata la storia delle dinastie Egiziane. Dopo più di 4000 anni di storia l’Egitto aveva terminato di essere un paese indipendente con una propria stirpe regnante. Dario III, ultimo re persiano, nominalmente regnò in Egitto quattro anni, ma già prima di questo termine l’impero persiano aveva cessato di esistere e il mondo antico aveva iniziato una nuova era.
    Fra la XXXI e la XXXII Dinastia si colloca un poco conosciuto Khababash che assunse il ruolo di faraone. Un sarcofago di Api reca la data del suo secondo anno di regno, e il contratto nuziale di un sacerdote subalterno è datato nel primo anno. Maggiore interesse però offre una notizia ricavata da una stele del 311 a.C., quando il futuro Tolomeo I Sotere non era che satrapo d’Egitto. Nella forma questa lunga epigrafe è un’esaltazione delle grandi imprese di Tolomeo, ma ne è evidente il vero scopo a ricordare la restituzione di un tratto di terreno appartenuto da tempi immemorabili ai sacerdoti di Buto e confiscato da Serse, qui descritto come nemico e criminale. Khababash, dopo avere ascoltato le lagnanze dei sacerdoti che gli ricordarono come il dio Horo avesse per punizione scacciato dall’Egitto Serse e suo figlio, concedette quanto chiedevano, concessione riconfermata più tardi da Tolomeo. Ci sono due indizi per collocare storicamente Khababash: in primo luogo egli era evidentemente posteriore a Serse, e, secondariamente, pare che questa decisione fosse stata presa dopo avere esplorato le foci del Nilo attraverso le quali si poteva temere un’aggressione degli Asiatici, vale a dire dei Persiani. Un terzo indizio è dato dal fatto che il contratto nuziale era stato firmato dallo stesso notaio di cui si ha la firma sopra un altro documento del 324 a.C.. Da qui varie ipotesi, ma di certo si può dire soltanto che Khababash fu uno degli ultimi, se non proprio l’ultimo governante non persiano né greco che osò assumere il complesso dei titoli del faraone nato in Egitto, sebbene il suo nome sia decisamente straniero.
    Il grande evento che determinò il destino dell’Egitto e la sua forma di governo per i tre secoli successivi fu la conquista di Alessandro il Grande nel 332 a.C.. L’ascesa della Macedonia a potenza mondiale era incominciata ad apparire possibile fin dal 338 a.C., quando Filippo II (greco per modo di dire), dopo aver soffocato ogni resistenza con la sconfitta di Atene e Tebe a Cheronea, aveva fondato una Lega ellenica che doveva alleare tutta la Grecia sotto la sua egida. Ma nessuno avrebbe allora potuto prevedere le brillanti vittorie che, nello spazio di dieci anni, fecero del suo giovane figlio Alessandro l’indiscusso padrone di tutto il mondo orientale.
    E’ probabile che neppure Alessandro sapesse bene che cosa si proponeva finchè non ebbe conquistato l’Asia Minore e costretto alla fuga Dario nella battaglia di Isso, una ventina di chilometri a nord dell’odierna Alessandretta (333 a.C.). E anche allora il suo primo pensiero non fu quello d’inseguire il monarca persiano, ma di assoggettare la Siria e l’Egitto. L’assedio di Tiro fu lungo e tedioso, ma, superato questo ostacolo, niente più gli intralciò il cammino fino a Gaza, che gli oppose una disperata resistenza. Nel 332 a.C. Alessandro raggiunse l’Egitto, il cui satrapo persiano si arrese senza colpo ferire.

    XXVII Dinastia (prima dominazione Persiana)
    (525-404 a.C.) Manetone fa iniziare la sua XXVII dinastia con la battaglia di Pelusio (525 a.C.), durante la quale le truppe persiane agli ordini del nuovo imperatore Cambise, figlio di Ciro il Grande, sbaragliarono l’esercito del faraone Psammetico III.
    Il regno di Cambise doveva durare per soli tre anni ancora e tutte le spedizioni da lui architettate in questo periodo fallirono. Il progetto di un’aggressione contro Cartagine fu abbandonato perché i Fenici si rifiutarono di combattere contro gente del loro stesso sangue. Una campagna assai più ambiziosa contro gli Etiopi, cui partecipò Cambise in persona, si risolse in un completo fallimento per la mancanza di una preparazione adeguata, mentre un corpo di spedizione, mandato attraverso il deserto nell’oasi dove due secoli dopo Alessandro Magno avrebbe consultato l’oracolo di Amon (oasi di Siua), fu travolto da una tempesta di sabbia e scomparve. L’ira di Cambise per il fallimento di queste imprese fu senza limiti e si dice che gli provocasse una crisi di pazzia, ma perlomeno l’Egitto intero era stato conquistato.
    Nel 522 a.C., al ritorno di Cambise in Asia, l’Egitto rimase affidato al satrapo Ariande, che in seguito fu sospettato d’infedeltà e condannato a morte. Frattanto il “mago” Gaumata si era fatto credere il vero Smerdi ottenendo un vasto seguito in tutte le province persiane. I Magi appartenevano a una tribù della Media che aveva monopolizzato l’esercizio e i segreti della religione. Durante l’assenza di Cambise, essi avevano preso in mano il governo, installandosi a Susa. Sulla morte di Cambise si hanno notizie discordanti; probabilmente il fatto avvenne mentre egli tornava in patria per combattere contro il pretendente. Il trono passò a Dario I, figlio di Istaspe e appartenente alla famiglia di Ciro. Durante i suoi trentasei anni di regno (521-486 a.C.) l’impero persiano fu organizzato con consumata arte di governo, ma si sa relativamente poco sugli avvenimenti egizi di quel periodo.
    Si sa che fece compilare una raccolta di tutte le leggi egizie dagli inizi fino all’anno 44 di Amasis. Fece inoltre completare il canale fra il Nilo e il Mar Rosso. Neko II era stato costretto ad abbandonare il progetto, ma Dario non solo riparò il canale in tutta la sua lunghezza, ma riuscì anche a farvi passare ventiquattro navi cariche di tributi per la Persia. Dario nel governo dell’Egitto cercò saggiamente di atteggiarsi a faraone legittimo continuando l’opera dei predecessori saitici.
    Per quanto saggio e illuminato fosse il governo di Dario, il suo impero era troppo vasto per non dare ben presto segni di fragilità. Già nel 499 a.C. insorgevano le città della Ionia e l’aiuto ad esse prestato da Atene ed Eretria rendeva la guerra fra la Persia e la Grecia occidentale una semplice questione di tempo. La sensazionale sconfitta di Artaferne, nipote di Dario, a Maratona (490 a.C.) non poteva non causare gravi ripercussioni in tutto il Medio Oriente. Gli Egizi si sollevarono nel 486 a.C. e la ribellione non fu soffocata che nel secondo anno del regno di Serse, succeduto al padre verso la fine del 486. Serse si avvalse della sovranità sull’Egitto per secondare i propri piani; prima della battaglia di Salamina (480 a.C.), dove tentò una rivincita sui Greci, importanti compiti furono affidati a una grossa flotta egizia. A favore dell’Egitto stesso invece Serse fece poco o nulla.
    Ben poco di più si saprebbe sull’Egitto del secolo V a.C. se non ci rimanessero le testimonianze degli storici greci, che però riguardano solo i rapporti del paese con Atene. In seguito ai disordini sorti dopo l’assassinio di Serse e l’ascesa al trono di Artaserse I (465 a.C.), scoppiarono gravi agitazioni nel delta nordoccidentale dove un certo Inaro, figlio di Psammetico, insorse stabilendo il proprio quartier generale nella fortezza di Marea, non lontano dalla futura Alessandria. Durante il primo scontro coi Persiani Inaro ebbe la meglio e l’esercito nemico si ritirò a Menfi e vi si trincerò. Il soccorso dalla Persia tardò ad arrivare e Inaro chiese aiuto agli Ateniesi, che in quel periodo stavano battendosi vittoriosamente contro i Persiani a Cipro. Con il loro rinforzo i due terzi di Menfi furono catturati, ma il resto resistette finché il generale persiano Megabizo non respinse gli assedianti e li assediò in un’isola in mezzo alle paludi. Non fu se non nel 454 a.C. che Megabizo ebbe ragione di loro; Inaro, proditoriamente consegnato ai Persiani, fu crocifisso. Questo tuttavia non bastò a por fine alla rivolta. Un capotribù chiamato Amirteo si salvò dalla sconfitta e rimase nell’estrema parte occidentale del delta, chiedendo a sua volta aiuto agli Ateniesi; un certo numero di navi partì in suo soccorso, ma la morte del generale greco Cimone, avvenuta a Cipro, le costrinse a tornare indietro. Poco dopo fu dichiarata la pace tra la Persia e Atene e questa cessò d’ingerirsi negli affari egizi (449-448 a.C.).
    Eccettuato il delta occidentale, adesso la pace regnava in tutto l’Egitto.
    Gli stranieri vi erano bene accolti da qualunque paese venissero, specialmente i Greci. Questi avevano esteso i loro commerci a tal punto, che Naucratis non poté più mantenere la sua posizione di monopolio e la sua particolare importanza venne meno. Erodoto compì il suo viaggio in Egitto poco dopo il 450 a. C.. Senza dubbio ci fu qualche caso di xenofobia, forse anche una rivolta di poca importanza contro i governanti stranieri, ma, specialmente nell’Alto Egitto, sarebbero occorse differenze di razza e di religione perché il fermento divampasse in qualcosa di più serio.
    Fu quanto accadde nell’isola di Elefantina nel 410 a.C. Vivevano qui a stretto contatto gli adoratori di Yahu e i sacerdoti del dio dalla testa d’ariete Khnum. Questi ultimi approfittarono dell’assenza del satrapo Arsame per corrompere il comandante locale, Vidaranag, col risultato che il tempio ebraico fu completamente raso al suolo. Vidaranag fu punito, ma il tempio non venne riedificato per qualche tempo. I papiri aramaici, che riferiscono questo fatto, contengono anche una petizione inviata a Bagoa, governatore di Giudea, per ottenere il permesso di ricostruirlo, che alla fine gli fu concesso.
    Nei quarant’anni seguenti, che si conclusero con la morte di Dario II (404 a.C.) c’è un vuoto completo per quanto riguarda l’Egitto, che non doveva rientrare sulla scena del Medio Oriente se non dopo l’ascesa al trono di Artaserse II, in mezzo al tumulto degli eventi che la seguirono. Manetone fa terminare a questo punto la XXVII dinastia dei sovrani Persiani.

    XXVIII Dinastia
    (404-399 a.C.) Conclusa con la morte di Dario II (404 a.C.) la XXVII dinastia, Manetone inizia la XXVIII, costituita, secondo i suoi elenchi, da un solo re, Amirteos di Sais, presunto parente dell’altro Amirteo che, dopo la cattura di Inaro, ne aveva continuato la lotta contro i Persiani.
    Negli storici greci si trova solo un’incerta allusione al nuovo faraone, che Diodoro erroneamente chiama “Psammetico, discendente del (famoso) Psammetico”. Secondo l’episodio da lui narrato dopo la battaglia di Cunassa del 401 a.C., in cui l’insorto principe Ciro fu sbaragliato e ucciso, un amico di questi, l’ammiraglio Tamo di Menfi, da Ciro nominato governatore della Ionia, riparò con l’intera flotta in Egitto per sfuggire alla vendetta del satrapo di Artaserse II, Tissaferne; ma Amirteos, se è a lui che si riferisce Diodoro sotto il nome di Psammetico, lo condannò a morte. La fine di Amirteos, e con lui della XXVIII dinastia, non è chiara, ma sembra in qualche modo legata a qualche sua azione illegale (contraria alla regola di Maat) che gli impedì di passare il trono alla sua discendenza.

    XXIX Dinastia (di Mendes)
    (399-378 a.C.) La XXIX dinastia di Manetone, della quale si sono trovati monumenti a sud fino a Tebe, era originaria dell’importante città di Mendes e non consiste che di quattro sovrani rimasti complessivamente sul trono per vent’anni appena (399-380 a.C.); il primo e l’ultimo re portavano entrambi il nome di Nepherites, il cui significato etimologico è “I suoi Grandi sono prosperi”, ma mentre il primo regnò sei anni, il secondo non regnò che quattro mesi.
    Qualche egittologo è rimasto perplesso per un divario fra l’elenco di Manetone e quello della Cronaca Demotica. Nel primo, Achoris (in egizio Hakor o Hagor) precede Psammuthis (“Il figlio di Mut”), mentre nel papiro l’ordine è invertito; è probabile che il primo anno di regno dei due sovrani sia il medesimo e che pertanto entrambe le liste affermino il vero. Psammuthis, i cui soli ricordi rimasti sono a Karnak, con sovrimpresso il nome di Achoris, non regnò che un anno mentre l’altro re, che lasciò monumenti numerosi ritrovati in ogni parte dell’Egitto, riuscì a conservare il trono per tredici anni.

    XXX Dinastia (di Sebennytos)
    (378-341 a.C.) La XXX dinastia di Manetone conta tre sovrani, di cui il primo e il terzo hanno nomi così rassomiglianti (Nectanebes e Nectanebos) che pare opportuno preferire la forma etimologicamente più differenziata di Nekhtnebef e Nekhtharehbe. E’ ormai certo che il primo a regnare fu Nekhtnebef, anche se il loro ordine di successione è stato spesso discusso.
    Il numero di monumenti lasciati dai sovrani della XXX Dinastia potrebbe dare l’impressione di un periodo d’ininterrotta pace e prosperità. In realtà non fu così, la minaccia Persiana ai confini dell’Egitto costrinse i faraoni ad uno stato di allerta perpetuo, fatto di combattimenti, ritirate e contrattacchi continui. Con il secondo sovrano, Teos, sembrò addirittura possibile una clamorosa vittoria dell’esercito egiziano e dei suoi alleati, ma con l’ascesa sul trono di Persia di Artaserse III Oco la sorte dell’Egitto fu segnata. Con l’invasione del delta del Nilo da parte dei Persiani nel 343 a.C., ebbe termine, dopo più di 4000 anni, l’indipendenza dell’Egitto. Seguì un attacco contro la Fenicia (360 a.C.) durante il quale Teos fece pressione per avere il comando delle truppe egizie, ma Agesilao, indispettito per l’ilarità suscitata dal suo strambo aspetto e contegno, appoggiò invece il giovane Nekhtharehbe che una vasta fazione di seguaci opponeva come rivale a Teos. La spedizione fallì. Nekhtharehbe, eletto faraone, ritornò in Egitto e Teos fuggi in Persia dove terminò i suoi giorni in esilio.

    XXXI Dinastia (seconda dominazione Persiana)
    (341-332 a.C.) Nell’autunno del 343 a.C., l’esercito persiano, con a capo il Gran Re in persona, partì per la sua memorabile campagna contro l’Egitto. Il primo assalto fu sferrato contro la città di Pelusio che oppose una tenace resistenza. Artaserse III aveva, però, progettato di entrare nel delta simultaneamente da tre punti diversi, e la penetrazione persiana avvenne presso una delle foci occidentali del Nilo. La stagione dell’inondazione era finita e non c’era perciò il pericolo che si ripetesse il disastro di trent’anni prima. Fin dall’inizio la sfortuna perseguitò i difensori, durante una sortita dalla vicina fortezza i mercenari greci agli ordini di Clinia di Cos furono gravemente sconfitti e il comandante ucciso. La guarnigione di Pelusio si arrese dietro la promessa di essere ben trattata. La stessa promessa fu fatta altrove, e di lì a poco Egizi e Greci facevano a gara a chi per primo si sarebbe valso della clemenza persiana. Il terzo corpo di spedizione sotto il comando di Mentore e dell’intimo amico e alleato di Artaserse, Bagoa, riportò altre vittorie.
    La cattura di Bubastis a opera delle forze unite fu un avvenimento importante, dopo di che le altre città del delta si affrettarono a capitolare. L’Egitto rimase alla mercè di Artaserse III, e Nekhtharehbe, resosi conto che la situazione era disperata, radunò quanto poté dei suoi averi e parti sul fiume “alla volta dell’Etiopia”, dopo di che più nulla si seppe di lui.
    Grazie all’abile strategia e alla sagacia politica del re, l’Egitto era di nuovo una provincia persiana. Duro fu il pugno di Artaserse sull’Egitto, l’immenso potere e il prestigio da lui guadagnati all’impero non erano tuttavia destinati a durare a lungo. Nel 338 a.C. egli fu avvelenato dal suo intimo amico Bagoa, e il figlio minore, Arses, prese il suo posto solo per cadere assassinato due anni dopo dalla stessa mano. Salì allora al trono Dario III Codomano, l’ultimo degli Achemenidi, appartenente a un ramo collaterale della famiglia, il quale si affrettò ad avvelenare Bagoa. Con Dario III termina la XXXI dinastia che successivi scrittori di cronache aggiunsero alla trentesima di Manetone.

    XXXII Dinastia (Conquista Macedone)
    (332-323 a.C.) L’ascesa della Macedonia a potenza mondiale era incominciata ad apparire possibile fin dal 338 a.C., quando Filippo II, dopo aver soffocato ogni resistenza con la sconfitta di Atene e Tebe a Cheronea, aveva fondato una Lega ellenica che doveva alleare tutta la Grecia sotto la sua egida.
    Ma nessuno avrebbe allora potuto prevedere le brillanti vittorie che, nello spazio di dieci anni, fecero del suo giovane figlio Alessandro l’indiscusso padrone di tutto il mondo orientale. E’ probabile che neppure Alessandro sapesse bene che cosa si proponeva finchè non ebbe conquistato l’Asia Minore e costretto alla fuga Dario nella battaglia di Isso, una ventina di chilometri a nord dell’odierna Alessandretta (333 a.C.). E anche allora il suo primo pensiero non fu quello d’inseguire il monarca persiano, ma di assoggettare la Siria e l’Egitto. L’assedio di Tiro fu lungo e tedioso, ma, superato questo ostacolo, niente più gli intralciò il cammino fino a Gaza, che gli oppose una disperata resistenza.
    Nel 332 a.C. Alessandro raggiunse l’Egitto, il cui satrapo persiano si arrese senza colpo ferire. Alessandro governò sull’Egitto fino alla sua morte, nel 323 a.C., anche se in Egitto soggiornò solo un breve periodo, impegnato com’era nella conquista del mondo. Il governo di Alessandro fu caratterizzato dalla fondazione di Alessandria, che ben presto divenne non solo la capitale d’Egitto ma anche dell’intero Mediterraneo, e dalla visita all’oasi di Siwa dove ricevette il riconoscimento del dio Amon a regnare come gli antichi Faraoni. Così, Alessandro, ricevette probabilmente un’incoronazione solenne a Menfi come tradizionalmente accadeva ai Faraoni.
    Nel 331 a.C. Alessandro partì per l’oriente affidando l’Egitto ad un vicerè. Nel 323 a.C., mentre stava preparando una spedizione in Arabia, morì di febbre a 33 anni. Il suo corpo venne riportato ad Alessandria dove venne sepolto. I suoi successori, Filippo Arrideo ed Alessandro IV regnarono sull’Egitto solo nominalmente, in quanto imperatori di un Impero Macedone che, subito dopo la morte di Alessandro il Grande, fu preda di numerose forze centrifughe che lo suddivisero tra i vari diadochi (governatori). L’Egitto, in particolare, fu uno dei primi a rendersi autonomo, grazie al suo diadoco, Tolomeo I Sotere, che diede inizio alla cosiddetta Dinastia Tolemaica, l’ultima che diede all’Egitto una parvenza di indipendenza.

    EPOCA TOLEMAICA

    XXXIII Dinastia (dei Lagidi)
    (323-31 a.C.) In seguito alla morte di Alessandro il Grande, nel 323 A.C. all’età di 32 anni, l’Impero Greco da lui creato si frantumò. Nessun generale o erede fu sufficientemente forte da mantenere la struttura dell’Impero intatta. Il trono di Egitto toccò a Tolomeo I, figlio di Lagus, un macedone di nascita borghese. Tolomeo I era stato anche amico di infanzia e un fidato comandante di Alessandro il Grande e aveva rivestito un ruolo di primo piano durante l’ultima campagna di Alessandro in Asia.
    Dopo la morte di Alessandro il Grande, nel 323 a.C., l’Impero Greco fu diviso tra i Diadochi (successori) dal reggente dell’impero Perdiccas. Tolomeo fu nominato satrapo d’Egitto e Libia. Forse con l’intento di rafforzare il proprio potere, Tolomeo I rubò il corpo di Alessandro il Grande, che era stato imbalsamato e doveva essere riportato in Macedonia. Tolomeo mandò un contingente armato ad intercettare il corteo funebre e riportò il corpo ad Alessandria dove fece erigere una tomba spettacolare. Questo atto politico rafforzò la rivendicazione di Tolomeo di succedere ad Alessandro come sovrano.
    Le difficoltà cominciarono quando Antigono I, un membro dei Diadochi, attaccò Seleuco I nel 326 a.C.. Seleuco I si era arrogato Babilonia nel 321 a.C. come sua parte dell’Impero. Antigono I si appropriò della città e Seleuco fuggì alla corte del suo amico Tolomeo I in Egitto. Questo fatto diede inizio all’epica lotta tra i Diadochi, che avrebbe consumato molte delle loro vite. Antigono, e suo figlio Demetrio I (337-283 a.C.), furono sconfitti a Gaza nel 312 a.C.. Seleuco I così si riprese la sua città di Babilonia segnando l’inizio di quello che sarebbe stato conosciuto come l’Impero Seleucide. Nel 308 a.C., Demetrio I riuscì a sconfiggere Tolomeo I di Egitto in una battaglia navale sulle coste di Cipro. Nel 305 a.C., Rodi fu assediata da Demetrio I che impiegò quasi 30000 operai per fabbricare le torri d’assedio. Malgrado il suo enorme sforzo, però, l’assedio fallì. Nonostante Tolomeo I fallì nell’impresa di conservare Cipro e parte della Grecia, egli tuttavia riuscì a resistere all’invasione sia in Egitto che a Rodi e occupò Palestina e Cirenaica.
    L’assedio di Rodi da parte di Demetrio I fu l’avvenimento che ispirò la costruzione del Colosso di Rodi. Il Colosso di Rodi fu completato da Chares di Lindus dopo 12 anni. Fu costruito in bronzo e ritraeva il dio Helios. Il materiale proveniva dal bottino abbandonato in seguito al fallito assedio di Demetrio.
    Nel 305 a.C., Tolomeo si autoproclamò Re di Egitto, fondando la Dinastia Tolemaica che durò circa 300 anni, fino alla morte di Cleopatra VII nel 31 a.C., in seguito alla quale l’Egitto divenne una provincia Romana. Tolomeo I cominciò ad essere conosciuto anche con il nome di Sotere (“il preservatore”). Nel frattempo, Seleuco I, sempre nel 305 a.C. dichiarò se stesso re di Babilonia, fondando la dinastia Seleucide di Siria. Lisimaco, un altro membro dei Diadochi, si autoproclamò re di Tracia.
    Nel 301 a.C., nella battaglia di Ipso in Frigia, le ambizioni di Antigono ebbero definitivamente termine. Antigono fu ucciso in battaglia, all’età di 81 anni, dalle truppe di Lisimaco e Seleuco I. Ciò nonostante, Demetrio I non desistette. Egli era determinato a prendere il trono di Macedonia ed il governo dell’Asia.
    Un’alleanza politica fu stretta tra Tolomeo I e Lisimaco. Tolomeo I diede la propria figlia Arsinoe II, avuta da Berenice, in sposa a Lisimaco attorno al 300 a.C.. In cambio, Lisimaco avrebbe dato la propria figlia Arsinoe I in sposa al figlio di Tolomeo I, Tolomeo II Filadelfo, nel 288 a.C.. In tal modo Lisimaco sarebbe diventato il potenziale nonno del futuro governatore d’Egitto, Tolomeo III.
    Nel 297 a.C., Cassandro (358-297 a.C.), re di Macedonia e figlio di Antipatre, uno dei Diadochi, morì. Era stato Cassandro ad uccidere Olimpia, madre di Alessandro il Grande, nel 316 a.C. e la vedova di Alessandro, Rossana, nel 311 a.C., assieme a suo figlio. Cassandro aveva sposato la sorellastra di Alessandro, Tessalonica, nel 316 a.C. e aveva fatto parte della coalizione che aveva battuto Antigono e Demetrio I a Ipso nel 301 a.C.. Con Cassandro fuori dai giochi, la porta di Grecia e Macedonia era aperta. Nel 295 a.C., Demetrio I invase la Grecia prendendo Atene dopo un altro lungo assedio, questa volta coronato da successo, durante il quale uccise il suo tiranno Lacario. Dopo aver assoggettato Atene, Demetrio I uccise tutti i suoi concorrenti e sedette al trono di Macedonia nel 294 a.C.. Con la maggior parte della Grecia e della Macedonia sotto il suo dominio, Demetrio I rivolse ancora la sua attenzione verso l’Asia ed i rimanenti membri dei Diadochi. Le sue ambizioni furono la scintilla che provocò la formazione di un’altra coalizione tra Lisimaco di Tracia e Pirro, re dell’Epiro, uniti a Seleuco I e Tolomeo I per bloccare il piano di Demetrio I di invadere l’Asia. Alla fine, nel 288 a.C., Demetrio fu cacciato dalla Macedonia da Lisimaco e Pirro. Demetrio fu abbandonato dalle proprie truppe e finalmente si arrese a Seleuco I nel 285 a.C., che lo tenne prigioniero fino alla sua morte nel 283 a.C..
    La dinastia Tolemaica, nata dalla disgregazione dell’impero di Alessandro Magno, era destinata a protrarsi, tra diverse traversie, per quasi trecento anni, fino alla definitiva assoggettazione da parte dei Romani. La caratteristica distintiva di questa dinastia fu il costume di sposarsi sempre tra consanguinei (fratello e sorella) per conservare la purezza del proprio sangue reale.