Sanniti

Le origini

Il primo problema che si affronta nella descrizione dei Sanniti, è l’attendibilità delle fonti storiche. Si tratta di un popolo che ha ingaggiato una dura lotta con i romani per circa tre secoli, uscendone, alla fine, sconfitto.

Tutti gli storici che descrivono questo popolo, come Livio ad esempio, sono filoromani, cioè schierati dalla parte dei vincitori, ed hanno svolto una continua propaganda, volta ad esaltare i signori del mondo di allora e ad oscurarne i nemici.

I sanniti, presenti in Italia già dal 600 a.C., sono frutto di una fusione tra popolazioni autoctone provenienti dall’area sabina centro-meridionale ed indoeuropee. Il risultato di questo processo è stato la formazione di gruppi osco-umbri che si sono sparsi su tutto il territorio. Questi trovarono una lingua locale abbastanza facile da apprendere e la fecero propria: l’osco. Essa, infatti, risulta essere la più diffusa in tutta l’Italia.

Una seconda difficoltà relativa alla descrizione dei sanniti sta nell’individuarne l’autenticità. Infatti, oltre ai sanniti stessi, esistevano moltissime popolazioni che parlavano l’osco: Sabini, Bruti, Lucani, Peligni (di Sulmo e Corfinium), Umbri, Piceni, Marsi (Fucino inferiore e Alba Fucens) , Aurunci (di Cales) , Equi (di Carseoli) , Volsci (di Arpinum, Fregellae), Hernici (Ciociaria), Frentani (di Larinum) , Apuli o Dauni (di Arpi) , Messapii (Salento) , Marrucini (basso Abruzzo) , Vestini (alto Abruzzo) , Campani (di Capua) , Alfaterni (di Nuceria) , Sidicini (di Teanum).

Molti di questi popoli sono noti anche come sabellici, nel senso che parlavano dialetti di tipo osco, mentre sabelli sono considerati quei popoli che parlavano direttamente l’osco. Ai primi appartengono i seguenti popoli: Peligni, Marrucini, Vestini, Marsi. Ai secondi: Sanniti, Mamertini, Frentani, Sidicini, Campani, Lucani, Apuli, Bruzi .

I sanniti, i sabelli per eccellenza, si distinguevano dagli altri popoli anche per altri elementi: arte, religione, senso della difesa comune, sistema legislativo. Le tribù sannite erano quattro:
i Carecini, abitanti della regione del basso Abruzzo, con capitali Cluviae, Aufidena e Juvanum;
i Pentri, popolo bellicoso, residente in Molise, con capitale Bovianum, che annoveravano tra le loro città Aesernia e Sepinum;
i Caudini, tribù ellenizzata, residente nella zona del beneventano, con capitale in Caudium, l’odierna Montesarchio, e Telesia;
gli Irpini (dall’osco hirpus-lupo), popolo lottatore, che aveva la propria capitale in Maleventum ed anche città come Aeclanum, Abellinum, Compsa, Carife, Aquilonia, Luceria e Venusia.

Queste tribù occupavano e gestivano il controllo di una regione estesa ed impervia.

Attività

La durezza del territorio abitato costringeva i sanniti a sviluppare attività abbastanza ridotte ed essenziali, tutte finalizzate alla sopravvivenza.

Quelle principali erano costitute dalla pastorizia e dalla caccia. La prima in particolare spinse ad un’attività di transumanza lungo i tratturi: piste prestabilite che attraversavano il sud dell’Italia. I sanniti vivevano molto anche sulle razzie che compivano ai danni dei villaggi dei popoli vicini.

Molto semplici nel vestire e nel mangiare, lavoravano la pietra e qualche metallo: ne sono un esempio le numerosissime fibulae ed i monili trovati nelle varie tombe. Non coniarono monete, ma basavano le attività di compravendita sul baratto. Solo sotto la dominazione romana iniziarono a forgiare delle monete, anche a scopo puramente di ribellione, rappresentando l’effigie di qualche repubblicano o anti-romano.

L’attività industriale era ridotta al minimo ed era abbastanza semplice. Anche l’agricoltura non ebbe molto sviluppo, basti pensare alla tipologia del territorio sannita. Famosi erano comunque i cavoli sabelli. Il tasso di mortalità era abbastanza elevato ed i sanniti venivano seppelliti nelle tombe a tumulo, importate dalla cultura indoeuropea.

Amavano molto la lotta e praticavano dei giochi gladiatori in occasione dei funerali. Famosi furono i gladiatori sanniti, al pari dei Marsi, e sembra che i romani importarono da loro e non dagli etruschi tale arte ludica.

Dal punto di vista militare, erano organizzati in coorti, come i romani ed avevano un equipaggiamento leggero, perché non disponevano di molto metallo. In battaglia impiegavano l’astuzia ed erano accompagnati da una buona dose di vigore. Le loro armi erano: le lance, il giavellotto, gli scudi tondi e rettangolari. Alcune di essere furono impiegate anche dai romani. Tipici erano i gambali ed i pennacchi sull’elmo, comuni a tutti i popoli italici.

Per quanto riguarda l’arte, ci è pervenuto pochissimo, sia perché non ne possedevano molta, sia perché quel poco che era stato realizzato venne preso dai romani. Pochissime sono le pitture, molto semplici, mentre più numerose sono le lavorazioni in marmo ed in bronzo. I santuari di Pietrabbondante e Schiavi d’Abruzzo hanno rappresentato una miniera in tal senso.

I templi, realizzati in pietra, erano imponenti ed orientati lungo l’asse est-ovest, secondo la tradizione orientale. Le città erano tutte arroccate in alto sulle rocce, per scopi difensivi, e circondate da palizzate (il termine carseoli è legato alla parola roccia).

Le case erano molto semplici ed essenziali, come le tombe del resto. Il numero maggiore di reperti che ci è pervenuto è rappresentato dalle tombe. Di grande interesse risultano essere anche i templi di Sepino e di Pietrabbondante .

Bisogna aggiungere che lo stile vita e la cultura dei sanniti subì notevoli influenze dai greci e dai romani. In particolare i Caudini furono sottoposti ad un processo di ellenizzazione, considerata la loro vicinanza con Napoli. I romani, infatti, una volta vinta la guerra, non trovarono molte difficoltà a fare apprendere a tale tribù il concetto di civitas, che aveva radici nel mondo greco, completamente ignorato dal resto dei sanniti.

L’influenza romana si basava su scopi politici. Venne attuata una strategia che si proponeva di separare fisicamente le quattro tribù sannite tra loro, creando delle regioni “cuscinetto”. Inoltre, con un costante processo di romanizzazione, si mirava ad affievolire lo spirito ribelle di queste popolazioni. Questo ebbe dei riflessi anche sulla lingua osca, molto semplice da apprendere, che venne sistematicamente cancellata, per lasciare posto al latino.

La conferma di tutto ciò si ha quando Annibale scese in Italia e non riuscì a portare dalla sua parte tutte le tribù sannite, ormai romanizzate. Da un certo punto di vista la storia sannita e quella etrusca si assomigliano, soprattutto nell’epilogo.

Sviluppo

Dal 500 a.C. al 350 a.C., i sanniti, attraverso i loro flussi migratori con i quali conquistavano territori ricchi di pascoli e di campi da coltivazione, controllarono gran parte dell’Italia centro-meridionale (Sannio, Molise, alta Lucania, alta Puglia, Alta Campania), realizzando un regno abbastanza florido. Anche il tenore di vita sannita mutò in funzione delle ricchezze che venivano lentamente acquisite.

In Campania, gli etruschi lasciavano spazio alle tribù sannite che avevano sempre più interesse a controllare territori ricchi come Capua, Pompei, Nocera e Nola. Verso la Puglia la loro espansione si sentiva minacciata da incursioni dall’Oriente, mentre in direzione della Calabria (Bruzi) e della bassa Campania vi erano influenze elleniche e siceliote, in particolare siracusane. Nel momento in cui gli interessi sanniti si diressero verso il basso Lazio e Napoli, si entrò in contatto con i romani.

Società

Tra i sanniti non vi era il concetto di civitas o di città-stato. La più piccola unità politica era il pagus. Si trattava di una parola osca che rappresentava un distretto rurale semindipendente. Esso svolgeva funzioni governative locali, reclutava militari, aveva nel suo interno edifici e in esso si tenevano assemblee, dove si approvavano leggi. Più pagi formavano un touto. Il touto dei Peligni era composto di 25 pagi. Soprattutto in termini militari, i sanniti si riunivano spesso in touto, che risiedeva presso la capitale. Alcune tribù avevano più capitali perché, di volta in volta, il touto si riuniva in luoghi diversi.

L’autorità amministrativa più importante era il meddix tuticus (magistrato-console), che veniva eletto dall’assemblea e gestiva molto potere. Vi erano anche dei funzionari minori: censor, legatus (kenzstur in osco), aidilis, praetor, prefectus. Simbolo del potere era un trono di pietra. Solo con la dominazione romana il potere fu affidato ad una oligarchia fatta di ricchi possidenti, a cui erano legati numerosi vassalli. Questa fu la fase di decadenza della società sannita, in cui una classe ristretta aveva potere di vita e morte sulla maggioranza della popolazione.

Ciascun touto era una repubblica ed approssimativamente corrispondeva ad una tribù. Quando i sanniti dovevano affrontare una guerra, nominavano un comandante in capo. Spesso le diverse tribù si riunivano in federazioni, in particolare nella fase finale della guerra contro Roma.

Vi era anche una classe sacerdotale che gestiva un potere non indifferente. Non si conosce praticamente nulla della condizione della donna, anche se si presuppone che la società fosse abbastanza patriarcale.

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