Category: persiani

  • Persiani: attività, sviluppo e religione

    Attività del popolo persiano

    Il popolo persiano ha sviluppato numerose e differenti attività. Abile nella lavorazione della pietra, dei vasi e della ceramica, era conosciuto anche per la lavorazione dell’oro e dei preziosi. Dal punto di vista archeologico risulta interessante il Tesoro di Saqquiz , di epoca scita, ricco di sculture bronzee, riproducenti fedelmente la realtà e le espressioni della vita quotidiana.

    In particolare si sviluppò l’arte sasanide che era caratterizzata dal dinamismo e dal realismo delle figure rappresentate.

    Dal punto di vista urbanistico, realizzarono templi caratteristici. Le case erano costituite da un cortile interno, secondo il modello ” ivan “, diffuso nel mondo, in particolare nel periodo sasanide.

    Le città persiane (Ectabana, Persepoli, Pasargade, Ctesifonte ed Ecatompilo) erano ricche e caratterizzate da imponenti costruzioni e palazzi. Assieme ai Fenici ed agli Egiziani hanno attivato il canale di Suez.

    Per la conformazione geografica e la posizione del loro territorio, erano ottimi mercanti. Hanno sviluppato un buon sistema viario e fondato il sistema delle carovane e delle stazioni di servizio e di cambio. Per la navigazione si servivano prevalentemente dei Fenici, anche se compirono grandi imprese marittime, quali l’aver coperto la rotta dall’India al Mar Rosso in poco tempo.

    Dal punto di vista bellico non erano molto organizzati strategicamente, perché gli eserciti erano strutturati secondo i paesi di provenienza, ma utilizzavano correttamente il carro da guerra e la cavalleria. Tale carenza organizzativa fu sfruttata in pieno da Alessandro Magno, nella disfatta dell’Impero Achemenide.

    Dal punto di vista legislativo seppero erigere un valido sistema ed una buona organizzazione. Nel campo della sovranità seppero amministrare con lungimiranza, rispettando gli usi e le tradizioni dei popoli sottomessi. In questo modo seppero sviluppare una splendida arte ed una buona letteratura.

    Sviluppo

    Dal 700 a.C. al 651 d.C. i persiani furono i proprietari di un estesissimo impero, approfittando all’inizio della debolezza mesopotamica e poi contendendo il potere prima con Roma e successivamente con Bisanzio. Il loro ricchissimo regno andava dall’Egitto, dalla Nubia e dall’Etiopia, all’inizio dell’India, dalla Tracia, Grecia orientale e dall’Asia Minore, all’attuale Afganistan, dal Caucaso al Mar Caspio.

    Religione

    Nel corso dei 3 millenni di regno in territorio persiano si svilupparono numerose religioni quasi tutte a carattere monoteista.

    Durante la sovranità achemenide si mostrarono tolleranti verso l’ebraismo, in quanto era una religione monoteista, che in un certo senso si ricollegava alla loro.

    Successivamente questa venne perseguitata assieme al cristianesimo, in quanto era vista come un potenziale avversario delle religioni di stato.

    Anche il cristianesimo subì delle modificazioni in Iran. Nacquero il nestorismo, secondo la quale Cristo aveva sia la natura divina che quella umana, ed il monofismo, imperniato su una sola natura. Inoltre venne indetto un concilio cristiano a Seleucia, in cui si fondò la Chiesa Iranica che prese le distanze da quella di Costantinopoli.

    Nel corso dei secoli si svilupparono le seguenti religioni principali:
    Mazdeismo
    Zoroastrismo
    Manicheismo

    Mazdeismo
    Questa religione è stata quella a lungo più venerata nell’impero persiano. Essa nacque nel periodo achemenide ed era legata anche al potere che la classe sacerdotale gestiva nella struttura sociale.

    Il grande dio era Ahuramazdah, creatore di tutto. E’ lui che guida gli atti del re, a cui ha dato direttamente il potere. Tuttavia bisogna precisare che la Persia degli achemenidi non era uno stato fondato sulla religione, cioè integralista, come avverrà per i califfi arabi che regneranno al posto dei persiani.

    Vi sono altre divinità: Mitra (sole) che verrà venerato anche dai romani; Mah (luna), Zam (terra), Atar (fuoco), Apam Napat (acqua), Vayu (vento). Questo modello religioso si sviluppa con Dario a cui il potere è conferito da dio stesso. Si tratta di divinità legate alla natura ed alle esigenze primarie degli iranici.

    Con Antaserse II assistiamo alla presenza di questa trinità: Ahuramazdah, Mitra, dio del sole, dei contratti (legato al commercio) e della redenzione, Anahita, dea delle acque, della fecondità e della procreazione.

    I Persiani veneravano le loro divinità con sacrifici di sangue, secondo l’influenza indo-iranica. Tra i sacerdoti ricordiamo la classe particolare dei magi, di origine meda, che era l’espressione di una religiosità di tipo sciita, la quale svolgeva un’attività a parte rispetto agli altri sacerdoti e deteneva un fortissimo potere presso la corte. Rappresentavano una comunità isolata che praticava il matrimonio tra consanguinei e non usavano l’inumazione dei cadaveri, come avveniva tra i Persiani, ma li esponevano all’aria per essere escarnificati.

    Essi credevano nel BENE e nel MALE. Essi preparavano l’haoma, una pozione inebriante impiegata durante i riti religiosi. Dal commercio di tale bevanda traevano numerosi proventi economici. Inoltre i magi custodivano le tombe reali, educavano la gioventù maschile, interpretavano i sogni, celebravano i sacrifici, prendevano parte all’incoronazione reale presso Pasagarde. Si osservi come molte pratiche dei magi saranno simili a quelle celtiche. Ciò è dovuto alla comune origine della religione nel popolo scita.

    I Persiani non avevano numerosi templi, ne ricordiamo tre: a Pasargade, realizzato da Ciro, a Susa, costruito da Antaserse II ed a Naqs-i Rustam, eretto da Dario. La maggior parte delle cerimonie religiose veniva praticata all’aria aperta, su altari poste in campagna.

    Alcuni imperatori achemenidi eressero alcune statue alle divinità, come è avvenuto ad Ectabana o presso Babilonia per la dea Anahita.

    Non si tratta di una religione monoteista, ma è indubbio che il ruolo principale è svolto da Ahuramazdah.

    Nel periodo partico il culto della dea Anahita, conosciuta anche come Artemide, occupò un ruolo principale. Sorsero numerosi templi in tutto l’impero dedicati a questa divinità: Arsak, Ectabana, Kengavar, Susa, Istahr, Siz. In questo periodo ebbero un forte sviluppo anche i magi, che gestirono un potere in tutto l’impero.

    Il dio Mitra conobbe una rapida diffusione nell’impero romano nel periodo di dominazione di Pompeo in oriente. Egli, infatti, riportò numerosi prigionieri a Roma che trasmisero la propria religione.

    Zoroastrismo
    Il profeta Zoroastro o Zarathustra, originario della Media, riformò il Mazdeismo. Egli andò via dal suo paese e si rifugiò in Iran Orientale ove trovò numerosi proseliti, tra cui viene annoverato il principe Histape, padre di Dario. La popolazione locale era continuamente esposta al pericolo delle invasioni delle popolazioni nomadi, per cui era ben disposta ad accettare una nuova religione basata sulla redenzione.

    La morale zoroastriana si basa sulla triade “buon pensiero, buone parole, buone opere”.

    Secondo Zoroastro il mondo era retto da due principi: il BENE ed il MALE. Il primo si identifica in Ahuramazdah, aiutato da altre divinità ispirate alle forze della natura, il secondo nello spirito malefico Ahriman. I due spiriti hanno ingaggiato una lotta, interpretata come la lotta tra il pensiero e l’intelligenza, terminata con la vittoria dello spirito buono.

    Siamo di fronte ad un “monoteismo imperfetto”, in quanto è presente solo il bene. Anche l’umanità partecipa a questa lotta, in quanto è divisa tra uomini retti e pii e uomini cattivi ed atei, che seguono due divinità diverse.

    Dopo la morte, ognuno verrà giudicato: i buoni andranno in paradiso, i cattivi subiranno una lunga pena. Vi sarà poi un giudizio universale, secondo il quale tutti subiranno la prova del fuoco.

    L’uomo deve evitare e combattere l’eretico, deve essere buono con gli animali, curarli e trattarli bene. Un buon principe combatte per la religione, difende il popolo, nutre il povero, protegge il debole. E’ considerato cattivo chi è un pessimo giudice, l’uomo che abbandona il campo e colui che opprime gli altri.

    I sacrifici di sangue sono vietati, perché gli animali sono venerati. La bevanda inebriante haoma è anche essa vietata. I morti non possono essere né sepolti, né bruciati, né immersi per non sporcare i tre elementi sacri che sono la terra, l’acqua ed il fuoco. I cadaveri vengono esposti sulle montagne o su torri innalzate a questo scopo: le ossa scarnificate si devono poi racchiudere in ossari che vengono deposti in tombe in muratura o scavate nella roccia.

    Questa religione ha molti punti in comune con il buddhismo, nato in India nello stesso periodo. Entrambi i movimenti nascono dalla protesta contro le pratiche crudeli ed i riti sanguinari delle antiche religioni ariane. Il primo era frutto della classe aristocratica, il secondo era un’espressione del popolo. Per questo motivo il buddhismo si è diffuso molto di più dello zoroastrismo.

    Tuttavia quest’ultima religione venne venerata presso le corti imperiali persiane e speso difesa come religione di stato.

    Manicheismo
    All’inizio della dominazione sasanide, nella regione del Fars erano venerate le divinità Ahuramazdah e Anahita. Il re Sapur I si pose l’obiettivo di creare una religione di stato che potesse esprime il neonazionalismo iranico. Trovò la risposta nel manicheismo che suscitò l’avversione della classe sacerdotale mazdaica e venne distrutto con la scomparsa dell’imperatore.

    Mani, uomo nobile, si professava inviato da dio, al pari di Zaratustra, Gesù e Buddha. Egli si ispirava alle tradizioni iranica, babilonese, buddhista e cristiana.

    Secondo la sua religione, il mondo è formato dalla lotta tra il BENE ed il MALE, luce e tenebre. Nell’uomo l’anima ed il corpo rappresentano rispettivamente la luce ed il corpo: la morale manichea si sviluppa attorno alla liberazione dell’anima dal corpo.

    Quando tutta la luce e tutte le anime tenute prigioniere saranno liberate e saliranno al sole, il cielo e la terra (la materia) crolleranno e si separeranno, mentre il regno della luce durerà in eterno.

    I fedeli si dividono tra eletti ed uditori. I primi si identificano nel clero che è tenuto al celibato, devono astenersi dalla carne ed evitare la cupidigia e la menzogna. I secondi hanno diritto di sposarsi, possono lavorare, devono conservarsi puri e non aspirare alla ricchezza.

    Non sono ammessi sacrifici cruenti né immagini divine, ma preghiere e digiuni. I manichei praticano il battesimo, la comunione e ricevono l’assoluzione prima della morte.

    Il manicheismo subì l’influenza gnostica, in quanto dimostrò un’avversione per l’ebraismo, considerata la religione delle tenebre. Gli inni, di ispirazione babilonese, sono enunciati da Zoroastro; dal cristianesimo vengono presi il dogma della trinità ed alcune parti del Vangelo; i nomi degli angeli erano siriani.

    Sapur I vede la debolezza delle religioni tradizionali iraniche e cerca di contrapporre all’ascesa del cristianesimo e del buddhismo, che nel regno Kusana era divenuta religione di stato, questo nuovo culto, sperando di farlo divenire religione di stato.

    Il mazdeismo si trovò minacciato all’interno, nonché stretto all’esterno dalle altre religioni monoteiste. Alla morte di Sapur I, si diffusero violente persecuzioni contro tutte le religioni, in particolare contro il manicheismo. Mani venne sottoposto a giudizio e condannato al supplizio. I suoi fedeli lasciarono l’Iran e si recarono in Asia centrale, la Siria e l’Egitto, dove diffusero la propria religione. Essa conobbe un discreto successo in Cina (dove si diffuse anche il cristianesimo nestroriano), Mongolia e Nord Africa, dove venne combattuto da S. Agostino. Da qui il manicheismo si diffuse nel sud della Francia, dando vita alla seta purista dei Catari, che nel 1200 venne combattuta aspramente dai cattolici che ne massacrarono tutti i proseliti.

    Con l’imperatore Narsete il manichiesmo conobbe un nuovo periodo di successo, in quanto fu posto in contrapposizione con il cristianesimo che si stava diffondendo in Mesopotamia, finchè lo zoroastrismo non lo annientò definitivamente in Iran, divenendo religione di stato.

    Bibliografia
    “La civiltà persiana antica”, Roman Ghirshman, Einaudi 1972

  • Persiani: i Sasanidi

    Questa dinastia si sviluppò nella provincia del Fars, posta nell’Iran sud-occidentale. Il fondatore della dinastia è Sasan, un preposto al tempio di Istahr. Suo figlio Papak, con un colpo di stato prende il potere nel 208 d.C.. Suo figlio Ardasir, ucciso il fratello Sapur, prende il potere e conquista quasi tutta la Persia.

    Artabano V gli oppone un esercito, che presso Susa venne sconfitto (224). In tale circostanza il re dei parti perse la vita. Ardasir venne incoronato a Ctesifonte.

    Dopo cinque secoli e mezzo la corona torna ai persiani. La dinastia Arsacide si coalizza con il re d’Armenia Cosroe I e con il re dei Kusana, che aveva chiamato in aiuto gli Sciti ed aveva ricevuto il sostegno dei romani. Ardasir sbaraglia la coalizione, male addestrata e coordinata. E’ padrone di un impero che va da Merv all’Eufrate, da Herat al Seistan (praticamente Iraq, Iran, Pakistan). Solo l’Armenia continua la lotta.

    I Sasanidi formano un esercito regolare (sarà questa la loro forza) ed amministrativamente fondano il loro stato su un sistema feudale, secondo le precednti usanze partiche. Il regno sasanide è stretto in una morsa che vede ad oriente il regno dei Kusana, ad occidente i Romani ed al nord l’Armenia.

    Sale al trono Sapur I che regola subito la questione orientale, invadendo il regno dei Kusana. Viene presa la capitale Peshawar, la Bactriana, Samarcanda ed il Taskent. La dinastia indiana fondata da Kaniska viene deposta ed al suo posto subentra un re di area sasanide che si pone a capo di un regno vassallo della Persia. Questa vittoria è celebrata nei bassorilievi del tempio di Naqs-i-Rustam.

    Si occupa poi della questione occidentale, invadendo la Siria e prendendo Antiochia. La morte dell’imperatore Gordiano a Roma e l’ascesa al trono capitolino di Filippo l’Arabo portano alla pace il re sasanide che annette al suo regno la Mesopotamia e l’Armenia (244).

    Nel 260 Sapur conquista numerose città siriane e presso Odessa sconfigge i romani, facendo prigioniero l’imperatore Valeriano e 70.000 legionari deportati in Iran, nel Khuzistan dove fonderanno diverse città, la cui pianta era basata sui castra romani. Questo successo è stato ricordato sulle pareti rocciose del Fars da sculture che rappresentano l’imperatore ai piedi del “Re dei Re”. L’impero sasanide conosce un particolare splendore, la scienza, la filosofia e l’arte si diffondono nel regno. Sapur favorisce la diffusione della religione manichea, ispirata da Mani e legata al zoroastrismo, come religione universale allo scopo di isolare la potente casta sacerdotale mazdaica.

    Alla morte del re (272), Mani viene giustiziato dal successore Bahram I, segno che il processo religioso introdotto da Sapur era fallito.

    Dal 276 al 293 sale al trono Bahram II, che sigla un accordo con Roma che prevede la cessione della Mesopotamia settentrionale e dell’Armenia e si getta nella lotta ad oriente contro il fratello che aveva provocato una ribellione.

    Sotto il regno di Narsete, succeduto a Bahram III che aveva regnato pochi mesi, i sasanidi conoscono nuove sconfitte ad opera dei romani: in un episodio la famiglia reale cade in mano ai legionari. Tuttavia non subisce sensibili perdite di territori. Ad oriente si unisce ai Kusana, combinando un matrimonio tra sua figlia ed il re locale.

    Dopo un periodo di disordini sale al trono il giovanissimo Sapur II che regna dal 309 al 379. Sicuramente fu uno dei più importanti regnanti sasanidi. Annette il regno Kusana al proprio impero entra in contatto con la Cina ove diffonde la cultura iranica.

    Riprende la lotta contro Roma ad occidente e solo dopo l’uccisione dell’imperatore Giuliano, riprende la Mesopotamia. Successivamente annette all’impero l’Armenia. Di nuovo ad oriente fronteggia un invasione dei Chioniti e degli Eftaliti, ridicendoli a confederazione indiana.

    L’ascesa al trono romano di Costantino favorisce la diffusione del cristianesimo nell’impero romano. Questa religione viene praticata anche in Armenia ove Sapur II la perseguita. Dunque nuovamente l’Armenia è dilaniata da lotte interne delle due fazioni: romana e iranica.

    Alla morte di Sapur II segue un secolo di crisi dove la monarchia perde potere e diventa ostaggio della classe nobile che gestisce un enorme potere.

    Nel 389 Bahram IV si accorda con Roma per dividere l’Armenia: all’Iran spetteranno i 4/5 della provincia. Intanto continuano le persecuzioni cristiane che cesseranno sotto il regno di Yezdgerd I, sposato ad un’ebrea, che addirittura convoca un concilio a Seleucia. In questo periodo si assiste ad episodi di repressioni dei cristiani contro i seguaci di Zoroastro. Intanto nel regno dei Kusana, i Chioniti e gli Eftaliti riprendono il potere minacciando l’India.

    Bahram V (421-438) riprende il potere aiutato da un principato estero arabo. E’ il primo caso di ingerenza esterna alle questioni iraniche. Questo sovrano passerà alla storia come amante dell’arte e del saper vivere. Sarà oggetto di leggende e di tradizioni popolari. A lui si dovrà la nascita della chiesa iranica che si sottrarrà dall’influenza di Bisanzio. Assieme ai romani costruirà delle fortificazioni nel Caucaso per fronteggiare le invasioni delle popolazioni nomadi, in particolare degli Unni, che nel 395 avevano invaso l’Armenia e la Siria.

    Yezdgerd II (438-459) continua nella lotta contro gli Eftaliti e, fervente seguace di Zoroastro, perseguita e deporta cristiani ed ebrei. Le persecuzioni, specialmente contro gli ebrei, continuano con Peroz (459-484), che porterà il paese sull’orlo della crisi, dovendo fronteggiare le invasioni orientali e numerose carestie. In questo periodo i cristiani si dividono in nestoriani, che vedono in Cristo due nature (divina ed umana) e monofisti che vedono una natura. In questo periodo vi sono numerose prove che dimostrano come i Bizantini avessero pagato gli unni per indebolire il regno sasanide con continue invasioni. Peroz perderà la vita per mano degli Eftaliti che si inseriranno nella dinastia reale.

    Dopo vari tentativi, nel 488 sale al trono sasanide Khavad (488-531), di ispirazione eftalita. Questi segue una politica popolare, ispirata alla filosofia mazdakista.

    Secondo il filosofo iranico Mazdak, seguace di Mani, il popolo doveva evitare l’odio e la lotta. Ad esso spetta l’uguale distribuzione delle ricchezze. Questa sorta di comunismo iranico si oppone profondamente al sistema sociale sasanide, basato su classi chiuse, su una disomogeneità nella distribuzione delle ricchezze, su una forte presenza di schiavi. Khavad si fa portavoce di questa filosofia, ma subisce un complotto. Si rifugia presso gli Eftaliti e riprende il potere, con l’aiuto esterno. Una volta rinsediato sul trono, non segue più il mazdakismo: tutti i suoi seguaci vengono massacrati e tale filosofia troverà accoglienza presso gli Arabi.

    Lotta con Bisanzio prima e con gli Unni poi, ottenendo alcuni successi. Intanto tra i cristiani si diffonde il nestorismo.

    Cosroe I (531-579) riporta l’ordine nel proprio regno. Si attivano diverse riforme nell’amministrazione: nasce il catasto, nascono delle nuove imposte più eque basate sulla classe sociale, l’educazione giovanile ha un nuovo ordinamento, si ricostruiscono villaggi e si migliora il sistema dei canali e delle strade, si realizzano imponenti fortificazioni ai confini, l’esercito ha un nuovo ordinamento che vede 4 comandanti e la formazione di contadini-soldati che difendono più tenacemente il proprio territorio.

    Nel 540 viene presa la Siria e ricostruita Antiochia, copiando Ctesifonte. Al sud viene annesso lo Yemen e, ad oriente, il regno degli Eftaliti è ridotto a stato vassallo. Inoltre la Mesopotamia e l’Armenia entrano a fare parte dell’impero sasanide. Questo regno vede la debolezza di Bisanzio ed è ricordato come il più florido e vasto per i Sasanidi.

    Hormuzd IV (579-590) tenta di continuare l’opera del padre e promuove come sudditi anche i cristiani, suscitando il malcontento dei zoroastriani. Sotto il suo regno si assiste all’opera del valoroso condottiero Bahram Ciobin che riporta vittorie contro gli Unni ed i turchi, ma subisce sconfitte ad opera dei Bizantini. Il re cadrà vittima di una congiura.

    Consroe II (590-628) vedrà una congiura dello stesso Bahram Ciobin. Per questo chiederà aiuto all’imperatore Maurizio, che in cambio prenderà l’Armenia e parte della Mesopotamia. Nel 610, alla morte dell’imperatore di Costantinopoli, il re sasanide si riprende i territori concessi ai bizantini, nonché il Bosforo, Cesarea, la Cappadocia, la Siria e Gerusalemme ove uccide 50.000 cristiani. Nel 616 prende l’Egitto e parte dell’Etiopia. L’impero sasanide raggiunge i confini che aveva avuto con gli achemenidi. Inoltre viene presa l’Asia Minore e si pone l’assedio a Costantinopoli.

    L’imperatore romano Eraclio passa al contrattacco e si riprende l’Asia Minore, l’Armenia e, con l’aiuto dei Khazari, assedia Ctesifonte. Consroe II è ucciso e viene siglata la pace. Questo sovrano aveva sottoposto i sudditi a pesanti tributi ed aveva perseguitato i cristiani. Sotto il suo governo si assiste ad una crisi demografica del popolo iranico dovuta al fatto che tutti i maschi erano andati al fronte e la maggior parte vi aveva perso la vita.

    Dopo 12 anni di lotte di potere sale al trono l’ultimo re della dinastia sasanide, Yezdgerd III. Ormai la forza dei sasanidi è cessata, la classe nobile è vittima di continue lotte intestine. Ne approfittano gli Arabi che nel 651, presso Merv, uccidono il re e dissolvono l’impero persiano durato oltre 30 secoli.

    Nella vita economica ha più spazio l’agricoltura che il commercio, a causa del feudalesimo diffuso nell’impero. La moneta (dirhem) ha un vasto impiego. Comunque la posizione geografica del paese consente una ricchezza elevata soprattutto nelle mani dei signori locali.

    L’arte sasanide conosce un periodo di splendore, soprattutto nel bassorilievo. Anche nell’urbanistica si assiste ad un certo sviluppo, in particolare nella tecnica dove venivano impiegate scaglie di pietra. Si pratica l’uso della volta a botte su vasta scala.

    Affreschi si praticano presso tutti i palazzi nobili, specialmente a Ctesifonte. Le immagini riprendono una immobilità che fu degli achemenidi.

    Si diffonde l’uso della ceramica.

    Società, Amministrazione ed Attività
    Le classi sociali sasanidi si articolano su gruppi ben distinti, separati tra loro e articolati su una struttura piramidale al cui vertice c’è il re.

    Seguono i principi vassalli, minori di numero a quelli presenti in epoca partica. Quelli delle periferie gestivano anche meno potere. Tutti erano comunque obbligati a fornire un contingente militare.

    Vi sono poi i sette capi delle grandi famiglie , il cui numero è stato fissato in epoca partica. Queste provvedevano alle necessità dei nobili ed in cambio gestivano un certo potere locale.

    La classe dei nobili e dei grandi fungeva da interfaccia tra il popolo ed i nobili. Questa costituisce una nuova classe rispetto al periodo partico; è la nuova forza del regno. Da essa si attinge per ministri, amministratori, generali.

    La classe degli uomini liberi era rappresentata dai nobili terrieri e capi di villaggi. Essi rappresentano il collegamento con lo Stato.

    Vi sono infine i contadini, veri servi della gleba, la cui vita aveva poca importanza e veniva venduta assieme alla terra.

    Nell’amministrazione il posto più alto era occupato dal primo ministro, o gran visir , che svolgeva le mansioni dell’imperatore in sua assenza. Vi erano poi i ministri (diwan) e gli agenti ed i funzionari contabili addetti alla riscossione delle entrate. Inoltre vi erano i generali che gestivano un forte potere e rispondevano direttamente all’imperatore.

    L’esercito era addestrato ed organizzato non più in base al paese di provenienza. Venivano impiegate la fanteria, la cavalleria ed i reparti corazzati, con l’uso degli elefanti. La sua potenza ed efficienza non erano inferiori a quelle dei Romani.

  • Persiani: i Parti

    Con l’indipendenza della Parthia e della Bactriana sotto il governo seleucidico si sviluppa un’etnia a carattere prettamente iranico: i Parti.

    Si tratta di una tribù nomade, anticamente detta Parni, di origini sciite che viveva tra le steppe del Mar Caspio e del Mare di Aral. Verso il 250 a.C. i fratelli Arsace e Tiridate, capi parti, invadono la Bactriana. Da cui, ucciso il primo, Tiridate conduce i suoi in Parthia, dove si stabiliscono fondando la città di Arsak. Approfittando di alcuni tumulti scoppiati ad Antiochia che distraggono il re Seleuco II, i Parti occupano l’Hyrkania, dunque tutta l’odierna frontiera tra Russia ed Iran, tra il regno seleucidico e la Bactriana.

    Tiridate governò 37 anni e fondò una nuova capitale partica: Ecatompilo.

    Il successore fu Artabano I che è costretto a riconoscere la sovranità seleucidica di Antioco III. Sarà la volta di Friapite, che approfittando della disfatta seleucidica di Magnesia, ottiene l’indipendenza per il suo popolo, come contemporaneamente fecero altre regioni (Media Atropatene – oggi Arzebagian, Eliminade-Elam, Perside, Characene-Caldea).

    Tutti questi regni smembrati furono unificati da Mitridate I (160-140 a.C.), re partico, che con una valida strategia di conquista fonda un impero i cui confini si fermano sull’Eufrate ad ovest ed in Parthia ad est. Sconfigge Demetrio II, ultimo sovrano seleucidico, e tratta con magnanimità gli avversari. Muore nel 137 a.C., dopo aver fondato la nuova capitale: Ctesifonte. Il suo ruolo di fondatore dello stato per i parti fu molto simile a quello che ebbe Ciro il Grande per gli achemenidi.

    A succedergli è Fraate II che dapprima viene sconfitto dai seleucidi e poi si riscatta. Inoltre fronteggerà in modo infelice una forte invasione da oriente provocata da popoli sciiti. Neanche il successore Artabano II vi riesce e alcune regioni si ribellano.

    Sale al trono Mitridate II (123 a.C.) che svolgerà per i Parti lo stesso ruolo che ebbe Dario per i Persiani. In breve tempo riconquista tutti i territori, annettendo anche la Bactriana e fronteggiando gli Sciti, i quali si attesteranno ai confini orientali dell’impero. Questi ultimi svolgeranno sempre il ruolo di protezione dell’occidente e dei Parti dal pericolo dei nomadi Saka che imperversavano in tutta l’India.

    Nel 115 a.C. Mitridate II sigla un accordo di pace e di commercio con i cinesi. Adotta anche una politica di influenza e di controllo sulla ricca Armenia su cui avevano interessi anche la Grecia e Roma: vi insidia come governatore il suo uomo di fiducia Tigrane. Quest’ultimo lo tradirà alleandosi con il re del Ponto ove regna Mitridate Europatore che tra il 112 ed il 93 a.C. crea un regno in tutta l’Asia Minore ed in parte della Grecia, fronteggiando l’avanzata dei Romani, comandati da Silla.

    Questi, nel 92 a.C., giungeranno sull’Eufrate ove rifiuteranno in modo sprezzante una proposta di pace di Mitridate II. Quest’ultimo rafforzerà il proprio potere all’interno del suo regno, facendolo prosperare nel commercio tra la Cina e l’Europa, ed assumerà il titolo di “Re dei Re”.

    Alla sua morte, Tigrane d’Armenia annette al proprio territorio la Media e si proclama nuovo “Re dei Re”, considerando la Parthia come un regno vassallo. Nel frattempo il romano Lucullo dichiara guerra al Ponto ed all’Armenia, assicurandosi la neutralità di Fraate II, re dei Parti, che la rispetterà sempre, anche in un momento di difficoltà dei Romani. Lo stesso atteggiamento sarà mantenuto con Pompeo, che tratterà con poco rispetto i Parti, invadendo alcune provincie al di là dell’Eufrate. Il re partico verrà assassinato ed i romani proveranno a controllare il successore al trono Mitridate III, opponendolo ad Orode II, che avrà il sopravvento.

    Crasso, contravvenendo un decreto del Senato, attaccherà la Parthia, ma presso Carre, nel 53 a.C., troverà la morte come ¾ dell’esercito romano, ad opera della cavalleria partica ed in particolare del generale Surena. Il resto dell’esercito venne deportato a Merv, in Pakistan dove fu fondata una colonia. I romani inseriranno nel loro esercito la cavalleria, come secoli prima avevano fatto gli Assiri, che subirono le prime sconfitte dagli iranici. Dunque impararono a rispettare i Parti.

    Orode II appare come il vero liberatore ed annette al suo regno la Siria e tutta l’area siro-palestinese, approfittando della crisi politica scoppiata a Roma. In particolare in Siria si sviluppa una guerra che durerà per molti anni a causa anche della politica attendista del re partico e della sua gelosia che provocò la morte di Surena e la defenestrazione del figlio Pacoro. Nel 38 a.C. i romani riprenderanno il sopravvento e saranno duri nella rappresaglia contro tutti i re che si erano alleati con Orode II.

    Nel 37 a.C. sale al trono Fraate IV che dovrà fronteggiare dei tumulti interni al suo regno e l’avanzata romana di Antonio, che verrà respinta dalla cavalleria partica. Inizia un periodo che vede il controllo sull’Armenia alternativamente tra i romani ed i parti.

    Con Ottaviano (Augusto) Roma riconosce la forza difensiva dei parti e tratta con loro: Fraate IV restituisce le insegne che Crasso aveva perso e manda i suoi figli a studiare a Roma, dove assumeranno nomi romani.

    Roma aveva capito che conveniva trattare con i Parti che comunque svolgevano un ruolo di protezione per l’impero ad oriente da eventuali invasioni, anche per la presenza dello stato cuscinetto di Palmira. Spesso per evitare che i parti accrescessero il loro potere, fomentavano rivolte ed invasioni dei popoli nomadi russi verso il territorio iranico, costringendoli alla difensiva.

    Nel corso degli anni si alternano re dell’Armenia, ma alla fine Artabano III otterrà la piena influenza sulla regione. Quest’ultimo inoltre dimostra che gli iranici non accettano sovrani che avevano influenze romane come potevano essere i figli di Fraate IV, tra cui ricordiamo Vonone.

    Con Vologese I, i Parti conoscono una nuova fioritura. Viene costruita la città di Vologesia, antagonista di Seleucia, città ribelle. Questo sovrano riesce a fronteggiare l’invasione caucasica degli Alani, non ottenendo il sostegno dei romani.

    Nel 114 d.C. l’imperatore Traiano adotta una politica completamente diversa da quella augustea. L’Armenia viene conquistata ed annessa all’impero come provincia. Successivamente, dopo aver sostato a Babilonia, invade la Parthia e prende Ctesifonte.

    In poco tempo divampa una rivolta in tutto il bacino del mediterraneo orientale ed inizia una guerra partigiana dei Parti, che induce Traiano alla ritirata: morirà prima di giungere a Roma. Tuttavia in Parthia è presente del disordine ovunque: divampa una lotta tra Vologese II ed Osroe.

    Con Vologese III (148-192 d.C.) i parti ristabiliscono l’ordine e provano ad attaccare in Siria, ma mostrano una debolezza offensiva: le truppe di Antonino Pio vincono a Dura. I romani invadono di nuovo la Parthia e distruggono Ctesifonte. Stavolta l’indipendenza verrà data dalla peste che si diffonderà in tutto l’impero romano.

    Nel 197, sotto Settimio Severo, Ctesifonte verrà ripresa dai romani. Seguiranno dei periodi di lotta, finchè Artabano V riporterà i confini del suo regno sull”Eufrate. Dopo di lui si assisterà all’ascesa dei Sasanidi.

    Società, Amministrazione ed Attività
    Il regno partico sarà un regno prettamente feudale. L’esercito sarà la vera forza di questo popolo, anche se ancora non è regolarizzato. Ovunque si assiste alla presenza di signorotti locali che gestiscono un potere forte.

    Dal punto di vista della società assistiamo alla presenza delle seguenti classi:

    * Nobili e Guerrieri;
    * Sacerdoti;
    * Scribi e Funzionari;
    * Popolo di Lavoratori.

    Tale struttura sarà ripresa e sviluppata dai Sasanidi e si mostra sin dagli inizi chiusa. Gli iranici riprendono cariche amministrative importanti che in precedenza erano solo riservate ai greci.

    Le attività principali saranno il commercio e l’agricoltura, che apportarono grosse ricchezze. L’arte non ebbe un grosso splendore; subì delle influenze romane nel campo dell’urbanistica e conobbe un discreto successo nella lavorazione del bronzo. Più interessante appare la lavorazione dei gioielli e dei preziosi di cui era ricco il regno.

    La Parthia svolse un ruolo centrale nel commercio con la Cina e vi esportò molti prodotti europei. La lingua parlata sarà il pahlavi partico, che verrà diffuso accanto al greco usato in precedenza.

    Tra le dinastie reali partiche la più interessante è stata quella Arsacide, che aveva possedimenti nel nord dell’Iran e possedeva numerose proprietà terriere. Era caratterizzata da una politica restauratrice e conservatrice e negli ultimi anni non ebbe molto successo a livello nazionale.

  • Persiani: i Seleucidi

    Alla morte di Alessandro il suo regno viene suddiviso in tre diadochie: Mecedonia, che controlla l’Europa; Egitto, detta lagide, per la sovranità sull’Africa; seleucide in Asia.

    Il primo sovrano di questa diadochia è Seleuco I , capo della cavalleria macedone presso Susa e satrapo di Babilonia. Nel suo operato perde alcune provincie orientali, ma mantiene un certo equilibrio all’interno del regno. Fonda due capitali: Seleucia, sul Tigri, che prende il posto di Babilonia ed Antiochia in Siria, collegate da una strada reale. Queste due capitali segneranno due regni che, nel tempo cadranno sotto il controllo dei Parti ad oriente e dei Romani ad occidente. I Seleucidi, infatti, invocarono spesso l’intervento romano per riportare alcuni satrapi all’obbedienza, ma una volta arrivati i capitolini si insediarono nelle regioni, provocando perdite economiche e politiche presso gli iranici.

    I principali successori di Seleuco I furono:

    * Antioco I (280-261 a.C.)
    * Antioco II (261-246 a.C.)
    * Seleuco II (246-226 a.C.)
    * Antioco III (226-187 a.C.)
    * Antioco IV (175-164 a.C.)
    * Demetrio II
    * Antioco VII

    Sotto il regno dei primi due monarchi si assiste all’indipendenza della Persia, Parthia e Bactriana. La seconda in particolare vedrà il sorgere dei Parti. Nella Bactriana (regione più orientale) si stabilì un contingente greco già sotto Alessandro che rimase e diffuse la cultura greca presso l’India, dando vita ad una pacifica convivenza tra iranici e greci. Con Seleuco II si registrano le prime vittorie partiche e la perdita di gran parte dell’Asia Minore.

    Con Antioco III i seleucidi rivivono un periodo di gloria. In otto anni, non solo riprende tutti i possedimenti, compresa la ricca Armenia (regno di Urartu), ma tenta di invadere la Macedonia, protetta dai Romani che a Magnesia riportano una prestigiosa vittoria contro gli iranici. Il re seleucide sigla ad Apamea (188 a.C.) una pace con i romani che lo obbliga ad un pesante tributo economico ed alla perdita dell’Asia Minore.

    Antioco IV tentò di creare una lega tra le satrapie e ottenne delle vittorie in Egitto, ma l’avanzata dei Parti era iniziata e portò alla disfatta l’impero seleucide che si concretizzò dapprima durante il breve regno di Demetrio II e successivamente con quello di Antioco VII.

    Gli achemenidi avevano basato la loro politica sull’etnia iranica, vista come colonna portante del regno. La stessa cosa aveva capito Alessandro Magno, che ricevette forti critiche per aver fatto affidamento sulla popolazione locale. I seleucidi, invece, popolarono il regno di greci e macedoni, facendo di questi la struttura principale dell’impero, ma il processo non poté continuare per l’avvento dei Parti.

    Società, Amministrazione ed Attività
    Per tutto il III secolo a.C. la sovrappopolazione ellenica e quella dell’Europa sud-orientale migrò in Siria, Mesopotamia ed Iran. Dovunque nacquero città elleniche: Nisa-Alessandropoli in Partia, Europos nei pressi di Teheran, Laodocea, odierna Nihavand. Il modello amministrativo fu quello di Dario, perfezionato sia per la flessibilità e la potenza della politica fiscale, sia per il maggiore controllo dei funzionari. I Seleucidi attivarono un processo di ellenizzazione dell’oriente: usi e costumi attici vennero introdotti presso le varie satrapie orientali. In tutto l’impero si parlava il greco, come in precedenza veniva usato il semita. I vari monarchi seleucidi venivano venerati come divinità.

    Parallelamente ad un processo di ellenizzazione degli iranici si assiste ad una iranizzazione dei greci sparsi sul territorio: si diffondono i matrimoni misti e le varie religioni orientali vengono praticate. La città di Istahr (fortezza) diviene una città sacra per i persiani su cui non si diffuse molto la cultura greca, sia per la scarsa viabilità sia perché la Persia costituiva il vero cuore dell’Iran. Dunque i greci non riuscirono pienamente ad assorbire l’oriente che ben presto passò all’offensiva.

    I Seleucidi proposero un modello sociale che vedeva in primo piano i cittadini, in base al modello greco. Vi erano poi i componenti dell’amministrazione ed i mercanti. Anche i componenti dell’esercito occupavano un ruolo particolare. Notiamo che si aggiungono una nuova aristocrazia e borghesia a quelle persiane. Si tratta dei Greci e dei Macedoni immigrati, che gestiscono un certo potere politico ed economico. I Seleucidi riscattarono le classi meno abbienti da una situazione di miseria, ma non riuscirono nella fusione delle due etnie che Alessandro aveva ritenuto fondamentale.

    L’arte seleucidica non fu estremamente brillante nel settore della lavorazione del marmo. Maggiori successi vennero raggiunti nella produzione di bronzi, che si basava comunque sulla scuola greca. Anche nella lavorazione dei preziosi e dell’oro provenienti dall’Armenia si raggiunse un certo successo.

    Viene migliorata la viabilità stradale e marittima ed il commercio. In Italia fanno la loro comparsa i limoni, il cotone, il melone, le olive, i fichi, i datteri, il sesamo, l’anitra ed il bue asiatico. Sono sensibilmente sviluppate l’agricoltura e la pastorizia.

    Durante il regno dei Seleucidi si diffondono religioni che si richiamavano alla redenzione ed alla speranza, considerata l’elevata pressione fiscale esercitata dal governo.

  • Persiani: gli Achemenidi

    Questo nome trae la sua origine dal primo re persiano Achemene che fondò il principato nel 700 a.C.. Da questi successero Ciro I, Cambise I, che rafforzarono il regno. Seguirono poi questi sovrani, di cui si riportano i caratteri salienti:

    Ciro II (detto il Grande) (559-530 a.C.) – in breve tempo conquistò la Media al nonno Astyage, l’Assiria, la Lidia e tutta l’Asia Minore. Senza combattere, ma con un’abile politica di propaganda, sottomise Babilonia, approfittando della particolare strategia politica del sovrano babilonese Nabonedo, che al culto del dio Marduk sostituì quello assiro. Ciro si proclamò figlio di Marduk, fece cacciare il sovrano mesopotamico e venne accolto come salvatore. Emise anche un editto che consentiva agli ebrei di fare ritorno alla loro patria e di porre fine alla cattività babilonese. In questo modo il sovrano controllò anche l’area fenicio-palestinese. Conquistò anche alcune regioni orientali, estendendo i confini del suo regno, che venne mantenuto integro attraverso una politica avveduta, che consisteva nel conferire libertà ai popoli sottomessi e nel rispetto dei loro costumi. Fece spostare la capitale da Pasargade a Persepoli, abbellendola e arricchendola in modo particolare. Divenne città di arte e di giusta amministrazione.

    Cambise II (530-522 a.C.) – conquistò l’Egitto e progettò tre spedizioni militari di conquista: Etiopia, Cirenaica e Cartagine. Solo la prima andò in porto, mentre per le altre due ci furono rispettivamente una disfatta dell’esercito persiano colpito da una tempesta nel deserto ed un ammutinamento dei fenici che non volevano marciare contro i fratelli punici. Sembra che il sovrano fosse malato di epilessia e della cosa approfittarono alcuni aristocratici per spodestarlo e prendere il potere. Tra questi ricordiamo Gaumata, un magio, cioè un sacerdote, che si spacciò per suo fratello. Tra tutti i congiurati emerse la figura del nobile Dario che prese il potere ed uccise Gaumata.

    Dario I (522-486 a.C.) – fu l’espressione della continuazione della politica di Ciro il Grande. Rappresentò la nuova forza vitale per la famiglia imperiale. Era un giovane ufficiale dei Diecimila Immortali , che costituiva il corpo di guardia di reale di Cambise II ed era sostenuto dal potente esercito persiano. Impiegò due anni per sedare tutte le rivolte scoppiate nel regno sotto il suo predecessore. Il suo regno arrivò ad oriente fino all’Hindukush e ad occidente fino l’Egitto. Sotto il suo regno venne ricostruito il tempio di Gerusalemme (515 a.C.) e nacque il primo stato teocratico: venne istituita la figura del sommo sacerdote per controllare meglio la comunità ebraica. La politica libertaria di Ciro II aveva segnato un fallimento considerati i tumulti scoppiati nell’impero alla morte del sovrano. Dario appose dei correttivi alla politica del predecessore, centralizzando il potere: istituì le satrapie, gestite da un sovrano locale (satrapo) nominato direttamente dall’imperatore al quale doveva rendere conto del suo operato. Questi veniva controllato da un segretario e da ispettori reali, denominati “le orecchie del re”, che giungevano improvvisamente a verificare la situazione amministrativa locale. Quest’ultima figura verrà ripresa moltissimo da Carlo Magno. Sembra accertato che già sotto Ciro e Cambise vennero nominate alcune satrapie. Accanto al satrapo vi erano altre due figure che rispondevano direttamente all’imperatore del loro operato: il generale delle truppe ed il funzionario addetto alla riscossione delle imposte (abbastanza elevate da cui erano esentati solo gli iranici). Per gestire al meglio il controllo delle satrapie venne realizzato un imponente e funzionale sistema viario. Nella sua politica espansionistica Dario arrivò fino alla foce dell’Indo ad oriente, mentre ad occidente riaprì il canale di Suez, fatto erigere precedentemente dal faraone Necho, con 700.000 uomini invase la Tracia, per combattere gli Sciti, e sottomise Bisanzio ed anche la Macedonia, stabilendo un valido caposaldo oltre lo Stretto dei Dardanelli. Con l’oro cercò di controllare il potere su Sparta ed Atene, ma ottenne un effetto di coesione delle polis greche. Nel 498 a.C. vinse a Salamina ed a Marsia, soggiogando Cipro e le città greche dell’Asia Minore. In particolare gli abitanti di Mileto furono deportati alla foce del Tigri. Nel 490 a.C. gli ateniesi riportarono una strepitosa vittoria a Maratona, ma Dario non potè vendicarsi, in quanto prima sedò una rivolta in Egitto e poi fu colto dalla morte. Sotto questo imperatore il regno conobbe un florido periodo artistico ed economico. In tutto l’impero veniva parlata una lingua unica: il semita. Questo dimostra che i persiani non imposero i loro usi ai sudditi.

    Serse (486-465 a.C.) – fu vice re di Babilonia. Amante degli sfarzi di corte, porta avanti la lotta con la Grecia. Facendo attraversare lo Stretto dei Dardanelli dal suo esercito su un ponte, conquista la Tessaglia, la Macedonia e presso le Termopili riporta una vittoria: Atene, incendiata e saccheggiata, e l’Attica sono sottomesse. Nel 480 a.C. Serse viene sconfitto presso Salamina. Il re lascia il fronte nelle mani del generale Mardonio che continua nelle devastazioni, ma a Platea viene sbaragliato per un errore tattico dello stesso generale che si getta nella mischia e viene ucciso. La debolezza politica di Serse fa in modo che tutta la Grecia riconquista l’indipendenza: i Persiani vengono ricacciati indietro. Scoppiarono tumulti in Egitto ed a Babilonia, sedati con la violenza. L’esercito persiano, seppure numeroso, era organizzato male: i soldati venivano schierati in base al paese di origine, per cui si ingenerava disorganizzazione e confusione. Lo stesso generale combatteva tra i soldati esponendosi ad alti rischi. La città di Persepoli conobbe fasti e splendori.

    Antaserse I (465-424 a.C.) – continua nella repressione come aveva fatto il padre, ma perde influenza in Grecia ed in oriente. Non comanda mai l’esercito ed è molto legato all’ambiente di corte, circondato da eunuchi. Si mostra benevolo con gli ebrei, rispettati perché credenti in una religione monoteista, legata quasi al modello iranico pseudo-monoteista.

    Dario II (424-405 a.C.) – cercò con l’oro di riprendere l’influenza in Grecia, corrompendo i governi di Sparta ed Atene. Scoppiano diversi tumulti che lasciano il paese nel disordine. In particolare l’Egitto esce dal giogo persiano ed entra sotto il controllo greco, desideroso di impossessarsi delle sue riserve di grano. L’Asia Minore esce dal controllo achemenide. Il re non combatte mai di persona.

    Antaserse II (405-359 a.C.) – continua nella politica di corruzione nei confronti della Grecia. Sotto il suo regno 10.000 mercenari greci fanno ritorno in patria senza che il sovrano intervenga: la corte persiana continua a mostrare debolezza. Con l’oro conquista tutta la Grecia, ma scoppiano rivolte in varie satrapie, che portano all’indipendenza metà dell’impero. Il pericolo cessa con il ripensamento degli stessi satrapi, perdonati poi dal sovrano che mostra ancora la propria debolezza.

    Antaserse III (359-338 a.C.) – rapidamente riprende tutto l’impero, dando esempi di devastazioni a Sidone ed in Egitto. Intanto la Grecia si unisce in una lega sotto Filippo, re di Macedonia, che prepara l’invasione della Persia, ma viene avvelenato, forse per mano dello stesso re achemenide. Quest’ultimo cade anch’egli avvelenato segnando la fine dell’impero.

    Dario III (338-331 a.C.) – è il testimone dell’ascesa di Alessandro Magno e del mondo occidentale su quello orientale. Questi, dopo aver distrutto ed annientato Tebe, ottiene il controllo della Grecia, che però, tramite la lega di Corinto, non lo sostiene molto nella sua grande spedizione: gli vengono forniti 7.000 uomini e poche navi, che verranno impiegate pochissimo. Inizia l’invasione che non viene presa sul serio dal re achemenide. Dopo la città di Troia, tutte le altre città ioniche vengono conquistate. A Granicoi macedoni ottengono la prima vittoria sui persiani, massacrando i mercenari greci fatti prigionieri. Molte città della costa si alleano ad Alessandro, ma Alicarnasso oppone resistenza e viene distrutta. L’Asia Minore è sotto il controllo macedone e viene riorganizzata secondo il modello delle satrapie.

    Il condottiero greco presso Isso ottiene una nuova vittoria e la strada verso l’area siro-palestinese è aperta. Rapidamente la Siria è sottomessa e viene fatta prigioniera la famiglia reale. In Fenicia solo Tiro si oppone con una strenue resistenza durata 7 mesi, che alla fine la vede distrutta attraverso un abile stratagemma usato dallo stratega: la città di Tiro è un’isola, la sua forza è il mare; i macedoni costruiscono dei ponti che la rendono attaccabile via terra, eliminando la difesa del mare.
    Successivamente sarà la volta di Gaza che dopo due mesi capitola ed apre la strada verso l’Egitto, di cui Alessandro ne rimane invaghito. Qui viene accolto come un trionfatore, in quanto la popolazione si ricordava le repressioni persiane. Il macedone non insegue direttamente il re persiano, ma preferisce assicurarsi le spalle ed il controllo sul mare. Rifiuta costantemente le tre proposte di resa fatte da Dario III ed impedisce alla diplomazia della lega di Corinto di trattare la pace. Attraversa il Tigri e l’Eufrate e muore la moglie di Dario, prigioniera di Alessandro, a cui viene data sepoltura reale. Il re persiano offre al generale sua figlia in sposa e metà del regno, ma avviene un nuovo rifiuto. Presso Gaugamela (Pascolo dei cammelli), vicino Arbela, in Assiria avviene lo scontro finale dei due eserciti.
    La disorganizzazione dell’esercito persiano viene sconfitta dall’efficienza macedone. Il re fugge ad Ectabana e virtualmente Alessandro ha vinto. Viene accolto in modo trionfante a Babilonia, di cui rimane affascinato, a Susa. Sarà poi la volta di Persepoli dopo aver annientato una resistenza di un satrapo. Ovunque mantiene la struttura amministrativa preesistente, alleggerendo la pressione fiscale, affiancando un controllo militare macedone. In questo periodo Persepoli è distrutta dalle fiamme, sembra accidentalmente o per vendicare la precedente distruzione di Atene da parte di Serse. Si proclama re achemenide, nonché figlio di Zeus, ed introduce usanze orientali presso il suo seguito (uso della porpora achemenide, venerazione di divinità ultra-greche e della sua persona, inchino o proskynesisnei suoi confronti), suscitando il malumore dei suoi soldati, che viene comunque vinto dal suo carisma. Alessandrosi dirige in Bactriana, ove Dario era tenuto prigioniero dal satrapo locale, che lo uccide. Questi viene seppellito con tutti gli onori dal macedone che offre omaggio anche alla tomba di Ciro il Grande di Dario I. La sua egemonia si spinge in oriente, ove edifica numerose città che portano il suo nome, per controllare il territorio (Alessandria del Caucaso, Alessandria nella Dragiana, in Archosia). Nel 327 a.C. attraversa l’Hindukush e invade l’India, affrontando numerose battaglie, specialmente contro i Sogdiani, finché i suoi soldati ormai stanchi della guerra lo invitano a ritornare indietro. Una parte dell’esercito fa ritorno con l’ammiraglio Nearco che, attraverso l’Indo, giunge nel golfo Persico. Il resto dei suoi uomini è diviso in due gruppi: uno segue la costa, l’altro passa all’interno e subisce decimazioni. Nel 324 a.C. è a Susa. Nel 323 a.C. muore ad Ectabana Efestione, il suo amante. Nello stesso anno, avvolto da immenso dolore, il grande generale macedone muore a Babilonia. In quell’anno stava progettando la conquista di Cartagine. I suoi sudditi non si sentono dominati da uno straniero, ma mantengono la loro indipendenza. Alessandro aveva capito che il territorio era troppo vasto e gli uomini a sua disposizione erano pochi. Aveva inserito macedoni nei punti chiave dal punto di vista politico ed amministrativo. Aveva favorito la fusione tra greci ed orientali, rispettando forse anche troppo i loro usi. Questo gli provocò 4 congiure nei suoi confronti: Dragiana (330 a.C.), Marakanda (Samarcanda 328 a.C.), Bactriana (327 a.C.), Opis (324 a.C.). Era riuscito ad unificare oriente ed occidente, secondo il disegno degli achemenidi.

    Società, Amministrazione ed Attività

    La struttura societaria persiana è stata caratterizzata dalla presenza di nobili, di aristocratici, di sacerdoti e di schiavi.

    I primi trovavano la loro ricchezza principalmente nelle numerose proprietà terriere di cui disponevano. Infatti, è possibile ritenere che presso i persiani nacque una struttura che verrà ripresa successivamente dal mondo occidentale in epoca medioevale, secondo lo schema dei vassalli e dei signori.

    Sarà su questa struttura che gli imperatori più illuminati adotteranno una politica di controllo, prelevando una serie interminabile di tasse, avvalendosi di funzionari reali, ottenendo immense ricchezze che faranno dell’impero persiano uno dei più ricchi del mondo.

    Nel periodo achemenide vengono fondate le satrapie. Si tratta di regioni (ve ne erano 17), il cui controllo era affidato ad un incaricato dell’imperatore al quale doveva rispondere. Inoltre, attraverso dei legati ed un ottimo sistema viario, il sovrano stesso controllava l’attività amministrativa e giudiziaria di ciascuna satrapia.

    Questo tipo di organizzazione, tuttavia, conferiva alla periferia un ampio potere e spesso si assisteva a rivolte contro il potere centrale. Grazie a questo modello il concetto di stato si diffuse in tutto il mondo.

    Presso ciascuna corte nobiliare vi erano anche i sacerdoti, che detenevano un forte potere, se consideriamo la grandezza e la diffusione dei templi in tutto l’impero. In alcuni casi la classe sacerdotale poteva gestire anche il potere giudiziario, da cui ne derivava un continuo processo di clientelismo. Inoltre curava l’educazione dei giovani principi e futuri imperatori.

    Tale classe è stata testimone di una continua lotta tra le affermazioni delle diverse religioni praticate nell’impero (mazdekismo, manicheismo, zoroastrismo), ognuna delle quali coinvolgeva una specifica classe sociale (poveri, uomini liberi, aristocratici).

    Nell’impero vi era una presenza diffusa di schiavi, testimone del fatto che il tenore di vita era ricco e che i persiani effettuavano diverse guerre di conquista.

    Accanto a questa classe sociale vi erano numerosi poveri, lavoratori della terra, la cui vita era legata al grande proprietario terriero, che erano i primi ad essere impiegati nelle diverse guerre nei reparti di fanteria. La loro situazione sociale era disperata, infatti presso di loro si diffuse rapidamente la filosofia mazdkea (prototipo di quella marxista) che sosteneva l’eguaglianza sociale e la divisione delle ricchezze tra tutti.

    Nell’impero vi erano anche molti uomini liberi, commercianti, artisti, piccoli imprenditori che circolavano liberamente e dovevano pagare delle tasse.

    Nell’esercito, come in tutte le cose, il ruolo più prestigioso veniva svolto dai nobili, anche se spesso vi erano anche dei mercenari.

    Infine, la condizione della donna non era molto emancipata, anche se, in alcuni casi, delle donne hanno gestito il potere. Comunque, si trattava di una società tendenzialmente matriarcale, considerato che l’uomo svolgeva un’attività sedentaria e stanziale ed aveva così perso la sua importanza, non procacciando più il cibo attraverso la caccia.

  • Persiani: le origini

    Le origini

    L’origine del popolo persiano è varia e composita, frutto di un processo di integrazione tra popolazioni autoctone e diversi processi migratori a carattere indoeuropeo.

    L’attuale altopiano dell’Iran, che anticamente era conosciuto come Persia (dal nome della regione iranica Parsa), è stato sempre ricco di minerali e di beni di prima produzione, soprattutto a carattere industriale. Inoltre, ha rappresentato un luogo di incontro e di passaggio obbligato per i ricchi commerci tra il Mediterraneo e l’India, tra l’Arabia e la Cina.

    I persiani hanno dato vita ad un grandissimo impero, che nel corso dei secoli, ha conosciuto diverse popolazioni dominatrici, tutte comunque di origini iraniche, che ha condiviso il potere sul mondo con Roma e che ha dato vita ad una splendida arte e ad una moltitudine di religioni, che si sono diffuse in tutto il mondo.

    La regione iranica si estende dalle montagne dello Zagros, poste verso la Mesopotamia, a quelle indiane dell’Hindukush e del fiume Iaxarte; dal massiccio del Caucaso al Golfo Persico. Geograficamente è costituita da un altopiano montuoso, dal clima molto caldo d’estate e freddissimo d’inverno, molto fertile e ricco di pascoli.

    Già dal IV millennio a.C. questa zona era abitata da popolazioni primitive, residenti in abitazioni semplici, ma abbastanza stabili, dedite all’agricoltura, alla pastorizia ed alla lavorazione dei metalli. Nel complesso archeologico di Siyalk sono stati ritrovati mattoni di forma ovale, porte e resti di mura spesse con strade strette nel centro abitato.

    Dal punto di vista antropologico si osserva la formazione della razza caucasica che ha dato origine a tre gruppi di popolazioni:

    * Iberi e Baschi;
    * Lici, Misi, Cretesi ed Etruschi;
    * Elamiti, Cassiti, Mitanni, Ittiti, Urartei (Armeni).

    Il III millennio a.C. vede un’attività intensa nella produzione della ceramica ed un primo predominio della popolazione elamita, attorno alla città Susa, seguito da una lotta tra quest’ultimo e le popolazioni babilonesi.

    Nel II millennio compaiono le prime migrazioni indoeuropee. Dalla regione caucasica si osservano tre flussi migratori: il primo si indirizzerà verso l’Asia Minore, dando vita alla popolazione ittita ed alla nascita del relativo dominio; il secondo verso l’India, dando vita agli Ari; il terzo, invece, in Mesopotamia, originando la popolazione dei Mitanni che si è fusa assieme a quella hurrita, segnando un periodo di dominazione. Gli ultimi due flussi migratori hanno influenzato, seppure debolmente, le regioni iraniche, che hanno sempre trovato una valida difesa nella conformazione geografica del paese.

    Verso il 1800 a.C. migreranno i Cassiti dalla Persia verso il regno di Babilonia, dando vita all’era cassita che per 576 anni dominerà in Mesopotamia.

    Nel I millennio a.C. si verifica l’incursione dei popoli del mare che devastano tutto il mondo conosciuto, in particolare l’Asia Minore, la Grecia e l’area siro-palestinese. Tale migrazione penetra prepotentemente anche nella regione iranica, formando una popolazione conosciuta come indo-iranica, che ha molte affinità con quella celtica presente in Europa. La città principale è la città di Siyalk, già conosciuta nei millenni precedenti. Le tombe impiegate erano di quelle di tipo a tumulo, ricche di gioielli e monili. Interessante risulta anche la lavorazione dei metalli. La società si compone: del principe, i nobili, gli uomini liberi, i nullatenenti e gli schiavi. Si verificano diverse lotti tra i nobili che provocano divisioni tra le varie popolazioni iraniche.

    Era necessaria l’unità dunque. Si compongono la Media (Madai) e la Persia (Parsua), che intorno all’850 a. C. entrano in contatto con l’Assiria, che cerca il dominio in Iran. In particolare la Persia, con capitale Pasargade, è sotto il dominio della Media, con capitale Ectabana. In questo periodo l’Urartu, con il re Rusa I, vedrà un periodo di predominio in queste regioni.

    In questo quadro di lotte tra popolazioni, si inseriscono anche le migrazioni degli Sciti e dei Cimmeri, che sono citati anche nella Bibbia. In particolare i primi conquistano la Media e parte dell’Assiria, apportando continue razzie e devastazioni, ma anche un patrimonio culturale soprattutto nel campo scientifico e religioso.

    Il primo re che caratterizza la supremazia persiana è Achemene (che darà origine alla stirpe achemenide), che intorno al 700 a. C. fonda un piccolo principato in seno al regno elamita. Approfittando della guerra tra Assiria ed Elam, i Persiani, attraverso il re Tepsi (675 – 640 a. C.) consolidano il dominio su altri territori. Il regno viene diviso tra i due eredi Ariaramne (640 – 590 a. C.), a cui spetta il regno del Parsa, e Ciro I (640 – 600 a. C.) che regna sul Parsumash.

    La Media, con il re Ciassarre, vince su Ninive e l’Assiria ed ingloba nel suo regno anche i due potentati persiani. Intanto Babilonia, alleata della Media, ha il predominio sull’Elam. Ad Ariaramne succede Arsame, mentre nell’altro regno ha il potere Cambise I, il quale sposò la figlia di Astyage, re della Media, ed ebbe come figlio Ciro il Grande, che, riunificati i regni, rivalutò la capitale Pasargade.

    Questi, succeduto al padre, avrà come alleate le diverse popolazioni iraniche e desterà sospetti nel nonno, il quale gli muoverà guerra, perdendo. Nasce così il regno persiano, che, nel corso dei secoli, fino al 651 d. C., prenderà diversi nomi, in funzione delle popolazioni iraniche che avranno il predominio:

    Achemenidi
    Seleucidi
    Parti
    Sasanidi