Category: Nazismo

  • Grande crisi e New Deal

    Gli Usa avevano avuto un ruolo da protagonista nei trattati di pace, ma i disegni planetari di Wilson non erano piaciuti all’opinione pubblica. Alle elezioni del 1920 questi fu sostituito dal democratico Harding, fautore di una politica isolazionista, secondo cui gli Usa avrebbero dovuto usufruire delle risorse economiche del paese, incrementandole.
    Dopo Harding salirono Coolidge e Hoover, i quali però si sono mostrati di scarso rilievo.
    Questo periodo è ricordato anche per la proibizione della produzione e vendita delle bevande alcoliche: il cosiddetto proibizionismo, che però favorì le organizzazioni criminali e la nascita di grandi figure, come quella di Al Capone.
    E’ anche l’età del Jazz, una nuova musica suonata soprattutto dai neri.
    Contemporaneamente si ha l’esplosione dei consumi individuali e all’interno di ogni abitazione americana era possibile trovare l’aspirapolvere e una radio. Questo aumento dei consumi coincise con l’aumento dei salari dovuto ad un incremento della produttività e dei profitti.
    Vennero favorite le grandi concentrazioni industriali come la Goodyear e la General Motors a discapito delle piccole società.
    Sempre in questi anni nascono forti contrasti dovuti prevalentemente a quella politica isolazionista che non voleva l’ingresso di immigrati nel paese. I contrasti più forti si ebbero tra bianchi e neri o cattolici e protestanti. Si ebbe anche un deciso affermarsi di associazioni che difendevano i valori tradizionali americani.
    Per favorire l’acquisto dei beni anche alle classi operaie, Le banche concessero una serie di crediti, e la piccola borghesia, attratta da futuri guadagni decise di investire in borsa.
    Nel momento in cui si nutrivano maggiori sicurezze, i prodotti cominciarono a non essere più assorbiti dal mercato. La crisi di sovrapproduzione che si ebbe fu la causa del crollo della borsa di Wallstreet durante il giovedì nero di Wall Street in cui tutti i titoli azionari ebbero un’evidente flessione.
    Il primo tentativo di porre fine alla crisi, fu quello di immettere nel mercato europeo i prodotti in eccedenza ma il problema non si risolse. La crisi che era partita dai mercati americani, a poco a poco arrivò pure in Europa a causa dei grossi debiti che Francia ed Inghilterra avevano contratto con gli Usa durante la guerra.
    La Germania che con i piani Dawes e Young si era lentamente ripresa, subì un ulteriore crisi.
    Il crollo di Wall Street rappresentò per l’America non solo l’inizio di una crisi economica ma anche ideale e morale. Fin dall’inizio della sua storia l’America aveva percorso un cammino ascendente verso la prosperità. Con la crisi, crollava il sogno americano e l’America non veniva più vista come il paese delle grandi opportunità.
    Chi nonostante la crisi si mostrò ottimista, fu il democratico Roosevelt vincitore delle elezioni presidenziali del 1932.
    Credeva che superare la crisi non fosse impossibile; le risorse umane e materiali non mancavano certo all’America, bisognava solo recuperare lo spirito americano originario. Appena eletto, Roosevelt annunciò l’inizio del “New Deal”, un nuovo accordo che sarebbe servito a riportare il Paese nelle grandi sfere: bisognava vincere gli egoismi e valorizzare la solidarietà. Per fare recepire tale messaggio a tutti lo ribadiva periodicamente nelle “conversazioni di caminetto” tramite la radio.
    In economia fece fede alle tesi di Keynes che era sempre stato contrario ai trattati di pace in quanto avevano creato pericolose barriere per la circolazione delle merci e dei capitali. Era in disaccordo con gli economisti classici (Say, Ricardo) i quali credevano che il mercato fosse capace di regolarsi da solo. La crisi del ’29 li smentì pienamente.
    Il maggiore ostacolo alla “legge della domanda” di Say e Ricardo era rappresentata dall’ineguale distribuzione delle ricchezze. Bisognava quindi che fosse lo Stato a ridistribuire le ricchezze garantendo una vita dignitosa ai cittadini.
    Il risparmiatore non veniva più visto come un saggio cittadino, ma come colui che doveva essere sollecitato ad aumentare il suo consumo di merci prodotte dal sistema industriale. A tal fine venne favorita una politica di alti salari per permettere più facilmente al danaro di circolare.
    Per rendere l’economia ancora più vivace, sulla scia del modello inglese, Roosevelt decise di abbandonare il sistema di cambio fisso per consentire una maggiore libertà nell’uso della spesa pubblica e nella nuova politica di opere pubbliche.
    Per risollevare il settore agricolo, elaborò un programma col quale sosteneva i prezzi dei prodotti crollati durante la crisi e concedeva sussidi governativi a coloro i quali avessero ridotto la produzione e le terre coltivate, per garantire i redditi degli agricoltori che rappresentavano la potenziale domanda d’acquisto per i beni prodotti dall’industria.
    Sollecitò la ripresa del settore industriale, invitando le industrie a mantenere alti sia i prezzi, che i salari.
    Nonostante l’iniziativa privata venisse un po’ penalizzata dai programmi del Presidente, in meno di 2 anni la disoccupazione era diminuita e oltre 2 milioni di persone erano tornate a lavorare. In breve tempo nacquero leggi tramite le quali si dava assistenza alla disoccupazione.
    Si cercava in pratica di creare un “Welfare State“. Lo stato interveniva garantendo ai cittadini condizioni di esistenza minime, con sussidi alla disoccupazione, salari minimi, pensioni e servizi sociali gratuiti.
    Con il “Wagner Act” si dava riconoscimento giuridico ai sindacati e si obbligava le aziende a riconoscere come vincolanti i risultati della contrattazione collettiva.
    L’economia americana ricominciava ad andare forte e poté contare pure sulle prospettive di un imminente riarmo che avrebbe fornito ulteriore linfa alle industrie.

  • L’incontro di Monaco

    La crisi Americana si ripercuotè in Germania facendo vacillare la già precaria Repubblica di Weimar. Le spinte conservatrici ed autoritarie si accentuarono; una prova tangibile di ciò fu l’ascesa di Hindenburg e la formazione di gruppi paramilitari.
    A differenza del Fascismo, che non aveva fin dal principio un programma ben delineato, il Nazismo fondava le proprie solide basi nel “Mein Kampf” l’opera che Hitler scrisse durante il suo anno di prigionia. Il testo riprendeva molto le teorie di Rosenberg e Chamberlain e affermava che tutte le vicende umane potessero essere interpretate come un eterno conflitto tra razze superiori, ariani, e razze inferiori, ebrei. Il concetto di razza doveva essere inteso proprio come biologico – genetico. A capo della razza Ariana doveva esserci il Fuhrer, un capo capace di interpretare le esigenze del popolo.
    Le esigenze primarie dovevano essere quella dello spazio vitale e quella che doveva vedere unito nello stesso territorio tutte le popolazioni germaniche. Inoltre il movimento era anticomunista in quanto l’ideologia ugualitaria è frutto delle tendenze livellatrici e mortificanti delle razze inferiori.
    Nelle elezioni del 1928 il nazismo non ebbe molto successo, appena il 2,6 % dei voti. Man mano che la crisi economica si faceva più dura, crescevano i consensi e nelle elezioni del 1930 i nazisti ebbero oltre 6 milioni di voti diventando il secondo partito dopo i socialdemocratici.
    Come avvenne per il fascismo, anche il nazismo si servì delle squadre SS e SA per incutere timore nell’opposizione e nella popolazione in generale. Memore della sfortunata impresa di Monaco, Hitler non tentò mai il colpo di stato, ma cerco sempre di fare affluire nel suo partito tutte le forze nazionalistiche e conservatrici.
    Dopo la figura incolore di Bruning, alle presidenziali del 1932 venne rieletto Hindenburg. A tali elezioni si era presentato pure Hitler ma a lui non toccarono più del 37% dei voti.
    Alle elezioni politiche dello stesso anno i nazisti ottennero oltre 13 milioni di voti e si affermarono come I partito del paese. Furono le pressioni della grande industria, della finanza e della proprietà terriera a indurre Hindenburg ad assegnare ad Hitler la guida del governo e ad indire nuove elezioni per il 5 marzo 1933.
    Le violenze da parte delle SS e delle SA si fecero sempre più evidenti e culminarono con l’incendio del Reichstag di cui però vennero incolpati i comunisti. In seguito a quest’avvenimento, furono emanate le 28 leggi eccezionali con le quali si limitavano le libertà civili e veniva dichiarato fuori legge il partito Comunista.
    Alle elezioni del 1933, Hitler non ebbe il successo sperato, ma grazie all’appoggio dei gruppi nazionalisti riuscì ugualmente ad avere la maggioranza.
    Subito dopo fece approvare la legge dei pieni poteri che porto alla liquidazione dell’opposizione e all’abolizione dei Lander ridotti a entità amministrative dipendenti dal governo centrale.
    Il 30 giugno nella notte conosciuta come “notte dei lunghi coltelli”, utilizzando le SS Hitler fece uccidere i principali capi della cosiddetta sinistra nel partito (SA) che agitavano ancora l’idea di una rivoluzione sociale.
    Qualche mese dopo le elezioni Hindenburg morì. Hitler decise di non sostituirlo e nonostante mantenesse solo la nomina di cancelliere in pratica assunse anche la carica di presidente.
    A poco a poco tutta la vita tedesca cominciò ad essere controllata dal regime che tra l’altro cominciò a mettere in pratica alcuni dei punti presenti nel programma come ad esempio quello della bonifica razziale; vennero bruciati tutti i libri ebrei ritenuti fautori di teorie democratiche e socialiste.
    Anche in Germania come in Italia il regime andò alla ricerca del consenso. Moltissimi erano i discorsi del Fuhrer trasmessi via radio, le grandi adunate e i campi di maggio adornati con splendide coreografie rappresentanti i simboli del potere.
    La liquidazione dei rimasugli d’opposizione era stata affidata alla Gestapo, una polizia segreta che prendeva gli oppositori e li deportava in campi di lavoro.
    Con le leggi di Norimberga del 1935, gli ebrei furono privati della cittadinanza tedesca e gli vennero ridotte altre libertà.
    Il 9 novembre nella Notte dei cristalli, molti ebrei furono deportati in campi di lavoro, incendiate sinagoghe e attività ebraiche.
    L’industria tedesca venne agevolata dal rigido inquadramento dei lavoratori in strutture cooperative guidate dal partito. La ripresa economica tedesca era affidata pure a un vasto programma di lavori pubblici e di riarmo.
    Hitler mostrò subito la sua volontà nel rivedere il trattato di Versailles e dopo avere firmato un patto a 4 con Italia, Inghilterra e Francia per il mantenimento della pace, decise di abbandonare la Conferenza di Ginevra sul disarmo nell’ottobre del ’33 e poco dopo fece uscire la Germania dalla Società delle Nazioni.
    Il 25 luglio 1934 un gruppo di Nazisti austriaci guidati da Hitler assassinò il cancelliere austriaco Dollfuss sperando nella confusione di potere facilitare l’annessione dell’Austria alla Germania. Mussolini, ancora vicino ad Inghilterra e Francia, si fece garante dell’indipendenza austriaca mandando truppe alla frontiera del Brennero.
    Il ’35 fu l’anno definitivo del riarmo tedesco, la popolazione del Saar decise dopo un referendum di tornare alla Germania. Hitler fregandosene del trattato di Versailles ripristinò la leva obbligatoria e procedette al riarmo aereo e terrestre.

  • La Germania di Weimar e il problema delle riparazioni

    La difficile fase iniziale della Repubblica di Weimar sembrò superata già nel 1921, quando il sistema industriale tedesco aveva riacquistato l’importanza che aveva avuto nell’anteguerra.
    Nello stesso anno venivano fissate le riparazioni di guerra: circa 132 miliardi di marchi-oro, cifra assolutamente spropositata per le possibilità di pagamento tedesche. Le riparazioni erano state volute prevalentemente dalla Francia, desiderosa di lasciare la Germania in una posizione di subalternità ancora per parecchi decenni. Inoltre vi erano i debiti con gli USA contratti da Francia ed Inghilterra per i quali ogni richiesta da parte tedesca di una riduzione della cifra veniva rifiutata.
    All’inizio del 1923, a causa di un ritardo nel pagamento di una rata da parte dei tedeschi, la Francia decide, insieme al Belgio, di occupare il ricco bacino carbonifero della Ruhr. L’orgoglio della popolazione tedesca si tradusse in un rifiuto del lavorare.
    Il desiderio tedesco di rivincita andava crescendo e l’8 novembre del 1923 si tento il “Putsch di Monaco” organizzato da Hitler in persona all’interno di una birreria bavarese. Il colpo di stato non andò a segno e Hitler venne arrestato e condannato ad un anno di carcerazione; durante quel periodo scrisse il “Mein Kampf” in cui esponeva le sue idee sulla razza tedesca, che avrebbe poi divulgato ed applicato durante il periodo del regime in Germania.
    L’occupazione della Ruhr e la conseguente decisione dei tedeschi di astenersi dal lavoro, provocò nel 1923 una crescita smisurata dell’inflazione in Germania; il marco giunse a valere fino ad un trilionesimo del valore che aveva nel 1914 e solo con l’inizio del 1924 la Germania iniziò a riprendersi.
    Sia gli Usa che l’Inghilterra non avevano mai approvato l’occupazione francese della Ruhr e misero appunto dei piani per salvare l’economia tedesca dalla bancarotta.
    Con il piano Dawes, gli Usa concedevano nuovi prestiti per consentire alla Germania di riavviare le industrie.
    Con il piano Young al posto del vecchio marco ne veniva creato un altro scambiato a 1000 miliardi di marchi vecchi; facendo in modo che non si ripetesse la situazione precedente che aveva causato l’inflazione.
    Il nuovo ministro degli esteri tedesco firmò insieme a quello francese il Trattato di Locarno in base al quale le frontiere occidentali tedesche non dovevano essere mai più violate. Sempre nello stesso anno (1926) la Germania entrava a far parte delle società delle Nazioni.
    Con il patto di Briand-Kellogg, Francia ed Usa si impegnavano a non ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie internazionali, ma di rivolgersi ad un tribunale internazionale a cui aderirono altre 57 Nazioni tra cui Germania e Urss.
    Il trattato di Locarno, riguardava solo la frontiera occidentale tedesca e non quella orientale per la quale non esisteva nulla. Locarno lasciava così presagire eventuali mire espansionistiche tedesche verso est.
    Alle elezioni presidenziali tedesche a causa dell’intransigenza dei comunisti, che non appoggiarono il candidato socialdemocratico al ballottaggio, salì il conservatore, eroe della I guerra mondiale, Hindenburg. Nelle elezioni generali successive però i socialdemocratici ebbero la meglio riuscendo ad equilibrare le forze.
    La Repubblica di Weimar, fondata su basi troppo deboli, presentava, al suo interno, interessi troppo divergenti. I gruppi paramilitari andavano aumentando sempre di più facendo sulla piccola borghesia sempre più sensibile, dopo l’inflazione, ai richiami all’ordine e all’onore da riscattare.