Società ed economia
I Germani, anche prima di venir a contatto coi Romani erano barbari ma non selvaggi; centro della loro organizzazione era la famiglia; più famiglie ,si univano in un’orda; più orde in un distretto o pago. L’associazione dei pagi costituì per secoli il vero stato, il solo legame politico che poteva raccogliere in sè fino a 50-60.000 membri. Al padre spettava l’autorità suprema sulla famiglia e sui servi (la popolazione si divideva in liberi e servi); i liberi in nobili e popolo; tutti i liberi costituivano l’eribanno (esercito), tutti i possessori di fondi partecipavano di diritto all’assemblea popolare (ting), dove si eleggevano i capi o il re, dove si deliberava la guerra e si risolvevano i litigi personali. In guerra i fanti costituivano il cuneo e combattevano mescolati coi cavalieri; l’intera tattica si concentrava nell’urto che decideva la sorte della battaglia. I morti si bruciavano; più tardi si seppellirono.
Presso i Germani l’attività dello Stato era nulla o quasi ; tutto aveva carattere personale. Gli interessi comuni, come la proprietà, la guerra, la religione, univano i liberi in assemblea, dove ciascuno si presentava armato,: e dove si deliberava d’accordo, giusta la sentenza che aveva raccolto più vasto consenso. Pel resto, come per il diritto ereditario, la giustizia, il governo della famiglia, ognuno si regolava secondo la tradizione, la consuetudine, o il giudizio e l’azione personale. Al contrario, nel mondo romano lo Stato esercita la massima ingerenza sulla comunità, esso domina così la società come l’individuo, fissa le norme della convivenza sociale, dei rapporti tra cittadini, e di questi verso lo stato; li costringe ai doveri inerenti al servizio militare, alle imposte; ne limita la libertà d’azione; li condanna nell’infrazione della legge; li obbliga nell’offesa a ricorrere alla giustizia comune, e per tutte queste prerogative dispone di organi speciali; l’uomo così è in primo luogo parte dello stato, poi parte di se stesso. Caratteristica del germano è il suo egocentrismo; la sua libertà non subisce quasi restrizioni; la sua partecipazione alla vita comune e in ragione della sua volontà, della sua capacità, dei suoi mezzi, del suo coraggio, della sua dignità; in guerra egli s’aggrega a un capo di riconosciuto valore; in pace corrisponde ai tributi con offerte spontanee; offeso, esercita personalmente la giustizia. Lo stato ha carattere patriarcale, le cariche vi sono elettive, o occasionali; soltanto, dopo l’invasione e per influsso della civiltà romana, il re nominerà gli strumenti della sua autorità, costituendo il padatium corte regia. La società germanica è una società rurale, sparsa pei campi, che i singoli liberamente coltivano, nella quale le condizioni sono di grande eguaglianza, dato che la differenza delle fortune si limita al numero degli armenti e dei servi. Il vincolo più saldo in essa è quello del sangue e della parentela, vincolo che s’allenta, a mano a mano che il cerchio degli affini s’allarga. Nell’orbe romano l’individuo fa corpo con lo stato e si confonde con esso, e gli delega la sua parte di sovranità; nel mondo germanico il cittadino resta individuo, e però conserva integra in massima la sua sovranità personale.
Senonchè, mentre la sovranità dello stato è legge superiore, dritta, impersonale, fonte di ordine, di disciplina, di potenza; la sovranità individuale, la libertà illimitata per ciascuno, sono fonti dl arbitrio, di anarchia, di debolezza. Roma ha creato un grande impero, una meravigliosa civiltà, la sicurezza e la pace nel mondo; i Germani invece, appena creato sulle tracce della romanità e con la guida di un grande, l’impero, si sono affrettati a scomporlo, a disintegrarlo a beneficio dei singoli.
Di qui è venuto agli uomini il giogo più triste che la storia ricordi: quello del Feudalismo. Per neutralizzarne gli effetti, in Italia almeno, fu necessaria la reazione dei Comuni; per annullarli del tutto nel resto d’Europa, bisognerà attendere la Rivoluzione francese dell’89.
Economia
L’economia aveva caratteri naturali: i produttori erano anche consumatori; i mercanti erano stranieri e importavano solo generi di lusso; raro il traffico tra connazionali e vicini; facili gli spostamenti e le emigrazioni essendo le case di legno, coperte di pelli; si occupava un territorio in ragione del numero e della sicurezza, con buoni confini naturali; nel centro si collocavano i villaggi e i terreni agricoli, distribuiti a ciascuno in ragione della dignità, dei membri della famiglia, dei servi e degli armenti. Si dissodava il terreno e gli si lasciava intorno l’allmende, o bosco di confine, per il legnatico, la caccia e il pascolo di tutti. Per siffatto sistema economico i popoli gérmanici dovevano disporre di vasti territori; ne avvenne che, col crescere della popolazione, si dovettero disboscare e dividere anche le allmende, ciò che provocò contatti e conflitti coi vicini, e più tardi la fusione e l’amalgama di più stirpi, quindi ancora grandi coalizioni di popoli con tendenza a cercar sedi più ricche e più comode. L’agricoltura stabile comincia a preponderare ai tempi di Cesare e s’accentua in quelli di Tacito. Tuttavia l’eccesso di popolazione spingeva i popoli più numerosi ad emigrare: cosi avevano fatto i Teutoni e i Cimbri ai tempi di Mario, così gli Svevi in quelli di Cesare. Dal 50 a. C. al 250 d. C. Roma potè fermare l’avanzata dei Germani; ma quando intere foreste vergini furono dissodate, quando tutte le allmende passarono in proprietà individuale, il movimento riprese tenace. A uno a uno caddero i confini: il Limes, l’Istro, il Reno; sicchè prima la Dacia, la Mesia, la Pannonia, l’Illirico, l’Epiro, l’Acaia, il Norico, la Vindelicia, la Rezia, la Germania, poi la Belgica, la Gallia, la Spagna, l’Italia furono preda dell’invasore; prima i Goti poi gli Alamanni, i Burgundi, i Franchi, i Longobardi, i Bavari.
I Germani portavano con se i loro dei, il loro giure, il loro costume nazionale, la loro lingua, sicchè, pur venendo assorbiti a poco a poco da una civiltà superiore, lasciarono viva traccia di sè nella lingua, nei costumi, nelle istituzioni di coloro che costituiranno in processo di tempo le nuove entità nazionali: Tedeschi, Francesi, Spagnoli, Italiani.
Religione
I Germani veneravano le forze naturali che personificarono ed intesero dualisticamente, cioè come potenze lucide o buone e potenze tenebrose o cattive: Anses (fulcri del cielo e dell’ordine morale); Thurs e Jótun, giganti malvagi, contro cui è in perpetua guerra Donar (o Thórr), dio delle bufere e protettore dell’agricoltura, e con Donar gli altri dei. Di qui trae sua origine quel particolare carattere drammatico e tragico, da cui è animata tutta quanta la mitologia germanica. Gli dei per poco non debellati dai Giganti, furono salvati da Odino o Wotan, simbolo dell’aria che penetra tutto e moralmente del furor teútonicus; questi coi suoi compagni riuscì a scongiurare la rovina e il Walhalla, sede degli dei, ne fu modificato.
Accanto a Odino o Wotan è Donar o Thórr, dio del tuono; seguono: Tyr (Zill, Eru), dio della guerra; Nerfus la terra, madre degli dei; Frigg, moglie di Odino; Freyja, dea dell’amore; Baldur, dio della luce primaverile; Bragi, della poesia; Loki, dio diabolico del fuoco; Freyr, dell’abbondante raccolto, che cavalca un cinghiale dalle setole d’oro; Hel, dea dell’inferno; le tre Norne che tessono la sorte; le Walchirie, vergini portascudo di Odino, che sospingono nel Walhalla gli eroi caduti sul campo di battaglia. Come tutti i popoli ariani i Germani riconducono agli dei la loro origine e abbondano di saghe particolari ; ma non possiedono un nome che tutti li comprenda; essi ci fanno l’effetto di un popolo che abbia smarrita, o non abbia avuto mai una coscienza nazionale: infatti il nome di Germano, divulgato da Roma, è nome probabilmente celtico, e quello di Deutsch, che significa popolo è seriore, data cioè dal IX secolo.
ODINO
Il Sovrano di tutti gli dei nell’antica religione nordica (dei Germani e degli Scandinavi). Equivale al sassone Wodan, antico alto-tedesco Wuotan; forse erede di una tradizione religiosa pre-germanica. L’etimologia del suo nome si collega al termine “furore” che e’ alla base anche dell’ispirazione divinatoria e poetica. Infatti Odino, pur occupando una posizione dominante nel pantheon germanico, come “padre universale”, “governatore di cielo e terra” e “creatore” non ha i caratteri olimpici delle divinità supreme di altri popoli di lingua indoeuropea come il greco Zeus o il romano Juppiter; il dio germanico il cui nome etimologicamente corrisponde a questi ultimi e’ un altro (Tyr o Ziu) che tuttavia passa in second’ordine rispetto a Odino. In Odino abbondano invece i caratteri funesti: egli e’ capo della “caccia selvaggia”, schiera delle anime dei morti; e’ il dio della guerra la cui lancia (Gungir) colpisce infallibilmente il segno e ritorna a lui. La sua potenza, limitata unicamente dal fato (al “crepuscolo degli dei” Odino sarà divorato dal lupo Fenrir), gli deriva da una suprema sapienza magica: per acquistare questa, attinta alla sorgente di Mimir, egli ha dato in cambio un occhio, diventando con ciò monocolo come certi demoni ciclopici di altre mitologie. Egli conosce la magia delle rune, conquistata mediante lo star sospeso (impiccato) all’Yggdrasil (il frassino sacro) per nove notti. Esercita la sua potenza nel bene e nel male: nel violentare donne, nel rapire l’idromele magico a Skattung, ma anche nel creare, insieme con i fratelli Vili e Ve’, il mondo, sollevando la terra dalle acque, e la prima coppia umana da un frassino e da un olmo. Peregrinando per il mondo sa tutto (due corvi lo informano delle cose lontane) e fonda la civilta’ umana. I Romani lo identificavano non senza ragione (nessi con i morti, invenzioni culturali) con Mercurio, donde la parola inglese Wednesday, giorno di Wodan sta per Mercoledì (Mercurii dies): la mitologia germanica gli da per genitori Borr e Bestla, per moglie Frigg e per figlio primogenito Balder.