Category: rinascimento

  • Tommaso Campanella

    Tommaso Campanella (1568-1639), nato a Stilo in Calabria, fu con Giordano Bruno il più grande filosofo del Rinascimento.
    Compì i suoi studi nell’Accademia Cosentina, ove ap­prese con entusiasmo il naturalismo di Telesio; apparten­ne come Bruno all’Ordine domenicano, ma, accusato di cospirare contro il governo spagnolo, fu detenuto per ben 27 anni in carcere, ove scrisse la maggior parte delle sue opere.
    Uscito dal carcere nel 1626, riparò in Francia, ove ri­cevette aiuti dal Richelieu, e morì a Napoli.
    Scrisse il De sensu rerum, la Philosophia realis, la Metaphysica, la Città del Sole, ecc.

    Pensiero

    Campanella, pur muovendo; da Te­lesio, supera il cauto e modesto naturalismo del maestro, fondando un organico e compiuto sistema metafisico.

    1. Anche Campanella ammette che la natura è costi­tuita dalla materia e dalla forza; e che la forza si sdoppia nei due contrari di caldo (forza dilatante) e freddo (forza restringente); e, infine, che queste forze materiali sono dotate di sensibilità, e, quindi, che la materia è animata (animismo).
      Ma l’anima non è, come voleva Telesio, materiale: essa è anzi qualcosa di profondamente diverso dalla materia.
      Essa non riceve passivamente le impressioni del mon­do esterno, come voleva il rigoroso sensismo telesiano; ma è, oltre che un senso delle cose (sensus additus), an­che senso di sè (sensus inditus), e, quando sente le cose, non sente in fondo che sé stessa, cioè le modificazioni che le cose esteriori apportano al suo essere.
      L’anima é perció spiritualità, attività, autocoscienza, realtà prima e immediata, dalla quale non si può assolutamente dubitare (cognoscere est esse).
      Con tale dottrina Campanella non solo sor­passa Telesio, ma, ponendo per la prima volta il principio dell’autocoscienza a base della filosofia, precorre Cartesio e Kant, venendo a battere alle porte della filosofia moderna.
    2. Il principio dell’autocoscienza serve a Campanella per spiegare il mistero dell’universo.
      Egli parte dal postulato che la natura di tutte le cose è la stessa, per cui basterà all’uomo penetrare la propria natura per poter penetrare la natura di tutte le cose.
      Ora in noi, oltre alla coscienza della nostra esistenza, v’è la coscienza di potere (potestas), di sapere (sapientia), di volere (amor o impulso a conservarsi e ad espandersi), quindi anche le altre cose, oltre ad essere coscienza di sè (una coscienza attenuata, per l’intensità delle impres­sioni esterne che sono costrette a subire), sono dotate di potenza, sapienza e amore.
      Questi tre caratteri si trovano limitatamente negli es­seri finiti, ma in grado massimo nella divinità: sono le tre “primalità”, che Essa riverbera su tutto l’universo.
    3. Il Campanella trattò anche la politica nella Città del Sole, ove espose il suo ideale di uno Stato a carat­tere naturalistico.
      Tale Stato ha per fine il benessere terreno dei cittadini, per cui saranno sfruttate tutte le scoperte e le invenzioni della scienza, nonchè le arti magiche a cui l’autore crede; non vi si professa la religione cattolica, la ma religione naturale, cioè quella religione che è naturalmente nel fondo di ogni coscienza umana; vi è abolita la famiglia e la proprietà privata; vi è garantito il lavoro per tutti i cittadini, ecc.
      Ma in altri scritti il Campanella abbandona questa utopia, e vagheggia una teocrazia papale a cui tutti i principi temporali dovrebbero sottostare
  • Bernardino Telesio

    Bernardino Telesio (1500-1588), nato a Cosenza (ove fondò un’Accademia per lo studio delle scienze naturali), detto da Bacone «il primo degli uomini nuovi», rompe con Aristotele e con la Scolastica in modo radicale e rivoluzionario, elaborando il primo sistema rigorosamente naturalistico.
    Ciò è palese nel titolo stesso della sua opera maggiore, De rerum natura iuxta propria principia, cioè studio del­la natura secondo principi ricavati dalla natura medesi­ma, indipendentemente da ogni autorità o forza sopran­naturale ed occulta.

    Pensiero

    Telesio, ha un concetto materialistico dell’uomo e della natura.

    1. La conoscenza umana si riduce ad un rigoroso sensismo: non più l’opposizione aristotelica di senso e’ di intelletto, ma unicamente senso ed esperienza sensibile.
      L’intelletto non ci dà che sensazioni generiche, e quin­di si riduce in ultima analisi a sensazioni.
    2. La natura è una realtà rigorosamente materiale: non più il dualismo aristotelico di forma e di materia, ma monismo di forza e di materia inseparabili.
      La forza si sdoppia nei due contrari di caldo (forza dilatante) e di freddo (forza restringente), che sono sem­pre in lotta tra loro, e dalla cui lotta appunto nascono tutte le cose; ma entrambe queste forze materiali sono do­tate di sensibilità, perché ognuna di esse, per opporre resistenza alla forza contraria, deve poterne sentire la vicinanza.
      Telesio ha anzi un concetto animistico della natura: vi è un’« anima del mondo », che costituisce l’unità della natura e la pervade in tutte le sue parti.
      L’anima umana è anch’essa materiale, per quanto com­posta di materia più tenue e più mobile, perché altri­menti le forze materiali non potrebbero agire su di es­sa, provocandone la dilatazione (piacere) e la contrazio­ne (dolore).
    3. Il naturalismo di Telesio si esplica pure nella morale.
      Ogni anima umana, come ogni cosa della natura, ten­de a conservare la propria forza, per cui la morale si fonda su tale impulso morale (cfr. poi Bacone e Hobbes).
      Virtù sono quelle qualità che concorrono all’autoconservazione, prima di tutto le virtù sociali (Telesio ammette l’esistenza di Dio e l’esistenza di un’anima).
  • Nicolò Copernico

    Nicolò Copernico (1473-1543), na­to a Thorn, in Polonia, è il famoso sostenitore del siste­ma eliocentrico, che venne ad eliminare il contrasto aristotelico tra regione celeste e regione terrena.
    Scrisse il De revolutionibus orbium caelestium, con de­dica al pontefice Paolo III; la prima copia stampata gli fu recata sul letto di morte.

    Pensiero

    1. Per giungere alla sua riforma, Copernico parte da due principi fondamentali.
      Uno è quello aristotelico-scolastico della semplicità della natura, in base al quale egli afferma che il siste­ma tolemaico, col far girare tutto l’universo attorno ad un corpo piccolo come la terra e col far descrivere ai pianeti un complicatissimo sistema di epicicli e di eccentrici, è un sistema tutt’altro che semplice.
      L’altro principio è quello della relatività della co­noscenza, in base al quale egli afferma che nulla vale la testimonianza dei sensi contro il sistema eliocentrico, per­ché il moto del sole è solo apparente, come apparente è il moto della terraferma rispetto al viaggiatore che sta sopra una nave.
    2. Il sistema copernicano consiste nell’immaginare nel centro dell’universo il sole, intorno a cui girano tutti i pianeti, compresa la terra: questa, oltre al moto di ri­voluzione intorno al sole, compie un moto di rotazione intorno al proprio asse.
      Tuttavia Copernico ammette ancora la limitatezza del­l’universo, il cui confine è segnato dal cielo delle stelle fisse, che è immobile; e l’esistenza delle sfere solide e trasparenti, in cui stanno infissi i pianeti.

  • Leonardo Da Vinci

    Leonardo da Vinci (1452-1519), uno dei massimi ingegni che siano mai esi­stiti, fu il primo grande filosofo e scienziato naturalista.

    Pensiero

    1. Leonardo, come filosofo, non scrisse di proposito dei trattati filosofici, ma nei suoi numerosi scritti si trovano sparsi dei pensieri filosofici, che, riuniti insieme, costituiscono un vero e proprio sistema.
    2. Egli disprezza il pregiudizio umanistico che vedeva nell’antichità classica la base della speculazione filosofi­ca, e afferma che solo l’esperienza è la radice della vera scienza.
      E poichè Leonardo ritiene che la realtà, nel suo aspet­to più intimo, è razionalità, proporzione, ordine mate­matico, l’esperienza viene in lui integrata col metodo deduttivo o matematico, di fronte al quale ogni discus­sione è impossibile.
      In Leonardo non v’è insomma ne puro empirismo ne puro razionalismo, ma un equilibrato contemperamento dell’uno e dell’altro, che ritroveremo in Galileo, ma non in Bacone e in Cartesio:

    3. Leonardo, come scienziato, scoprì le leggi fon­damentali della meccanica (tra cui il principio di iner­zia), dell’ottica, dell’acustica, ecc.; inventò le chiuse a conca, che sono una delle più geniali risorse dell’inge­gneria moderna; macchine d’ogni genere a scopo indu­striale (orologio a piombo, bilance, organi, ecc.) e guer­resco (ponti trasportabili, mine sotterranee, bombarde, carri d’assalto, sottomarini, ecc.); fece studi originali sul volo degli uccelli e sulla locomozione aerea dell’uomo; si occupò intensamente di anatomia, e scrisse in tale ma­teria diecine di libri, illustrando i suoi scritti con centinaia di perfettissimi disegni.
  • Giordano Bruno

    Vita e opere

    Giordano Bruno (1548-1600), nato a Nola, fu il più grande filosofo del Rinascimento, che, mentre assomma e compendia il lavoro dei predecessori (Talesio, Copernico, Cusano, Lullo, ect., oltre vaste tracce di neoplatonismo, stoicismo, eraclitismo), contiene i motivi principali della filosofia moderna (cfr. Spinoza, Shelling, Hegel, ect.).
    Entrò assai giovane nell’Ordine domenicano, ma ne uscì presto per l’incompatibilità delle sue dottrine.
    Andò peregrinando per la Svizzera, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, finchè fu arrestato a Venezia dall’Inquisizione, e dopo qualche anno di prigione condannato al rogo.
    Scrisse De la Causa Principio et uno, l’infinito Universo e Mondi, Degli eroici furori, De Monade, De immenso, La Cena delle Ceneri, ect.

    Pensiero

    Bruno supera il modesto e cauto naturalismo di Telesio, elaborando un organico e compiuto sistema metafisico.
    1. Il centro della sua dottrina è l’infinità della natura, contrapposta alla finalità propugnata da Aristotele e dalla Scolastica.
    A questa idea egli giunse sia attraverso i dati che gli venivano offerti dal progresso della scienza, specialmente dal sistema copernicano, che già aveva spostato e allargato lo sguardo dell’uomo dalla terra al sole (ma il Bruno proede oltre Copernico, col negare la finitàdel mondo e l’immobilità delle stelle fisse, sia con speculazioni proprie, miranti a dimostrare che all’infinita Causa (Dio) deve corrispondere un effetto egualmente infinito (gli “infiniti mondi”).
    Se l’universo è infinito, cessa per questo fatto dall’avere un solo centro, ma come centro può esssere considerato ogni suo punto: nè la terra, nè il sole possono essere considerati il centro del mondo.
    La speculazione bruniana è tutta pervasa da questo sentimento dell’infinito, che, dopo la navigazione di Colombo, che aveva osato infrangere le Colonne d’Ercole, sembra interpretare fedelmente la nuova mentalità del Rinascimento.

    2. La dottrina dell’infinità della natura porta naturalmente Bruno al più rigoroso panteismo.
    Egli distingue nella natura una materia (Natura Naturata) e una forma o Anima del Mondo o unità o Monade assoluta e perfetta (Natura Naturans): la prima non può stare senza la seconda e viceversa, e non è che l’apparenza molteplice, mutevole, relativa, imperfetta della seconda (cfr. neoplatonismo).
    Tutto nel mondo è teofania, rivelazione di Dio: la Natura naturata ci conduce continuamente a una Natura naturante, che è la realtà in sommo grado; la molteplicità delle cose ad una Unità immobile ed eterna.
    In tale Unità tutte le opposizioni coincidono (cfr. Cusano), ed anche quello che noi riteniamo sia male è “nell’occhio dell’eternitade” bene.
    Bruno elimina in tal modo il dualismo aristotelico-scolastico di natura e di Dio, divinizzando la Natura e dichiarandola un complemento necessario di Dio, senza cui Dio stesso non sarebbe.

    3. La morale bruniana, che si trova specialmente nell’opera Degli eroici furori, concorda con questo naturalismo panteistico.
    Essa pone, al posto della quieta estasi medievale, l’eroico furore, cioè l’esigenza di un continuo autosuperamento dell’uomo verso il raggiungimento di fini sempre più elevati, per quanto sempre irraggiungibili.
    Anche Bruno, come Telesio, adotta il principio della doppia verità.
    Egli considera la fede come necessaria “per l’instituzione di rozzi popoli che denno esser governati”, mentre la verità di ragione spetta solo agli uomini che possono intendere e ai quali spetta di governare sè e gli altri: perciò i filosofi mai si sono opposti alla religione, anzi l’hanno favorita.
    Partendo da questo principio, egli si dichiara pronto, davanti all’Inquisizione, a ritirare le sue idee e ad ammettere i dogmi della Chiesa cattolica, come già a Ginevra quelli del calvinismo.