I sofisti: Protagora e Gorgia

I Sofisti, sfiduciati dai risultati della filosofia presocratica, concludono allo scetticismo: non esiste una verità oggettiva, in cui tutti debbano credere, ma il verisimile (“eikós”): « è vero ciò che mi pare ».
Essi esercitano per lo più la dialettica non per uno scopo seriamente, speculativo, ma pratico: pronti a sostenere le tesi più opposte per acquistarsi onore e ricchezze.
I Sofisti, per quanto tendano a corrodere e a distruggere in ogni campo del pensiero e della vita (politica, religione, moralità, ecc.), rappresentano anch’essi un progresso sulla filosofia precedente, perchè introducono un’indagine critica spregiudicata, e impongono col loro soggettivismo nuovi e gravi problemi alla speculazione filosofica.
Perciò alla sofistica segue, e in certa parte consegue, il periodo più luminoso e maturo della filosofia greca.

Protagora

Protàgora di Abdera (sec. V a. C.), il più grande rappresentante della sofistica.
Aprì una scuola in Atene e fu amico di Pericle e di Euripide. Si dice anzi che leggesse in casa di quest’ultimo il suo libro Sugli Dei, e, poiché in esso veniva posta in dubbio l’esistenza dei medesimi, fu bandito da Atene, e il libro bruciato sulla pubblica piazza.
Protagora, partendo dal presupposto che la conoscenza si riduce a pura sensazione, e che questa è sempre un fatto soggettivo, perviene a un relativismo scettico: « L’uomo è la misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono ».
E’ questa un’energica affermazione del principio della soggettività, instaurato al posto della natura oggettiva, e bene esprime il nuovo indirizzo filosofico.
Ma diverso è il soggettivismo di Protagora dal soggettivismo kantiano e moderno, poiché l’uomo, di cui parla il filosofo greco, non è l’uomo universale, realtà permanente ed identica, ma l’uomo empirico e particolare, realtà estremamente mutevole, che sconvolge, invece di ordine, le nozioni e i valori della vita.

Gorgia

Gorgia di Leontini, in Sicilia (sec. V-IV a. C.).
Si recò nel 427 a. C, ad Atene a capo di un’ambasceria, per domandare soccorso durante la guerra peloponnesiaca contro i Siracusani, e vi fondò pur egli una scuola.
Compose un’opera intitolata Del Non-essere, ossia della Natura.
Gorgia perviene ad un nichilismo scettico: ” L’Essere non esiste; se anche esistesse, non si potrebbe conoscere; se anche si potesse conoscere, non si potrebbe esprimere “.

Altri sofisti furono

Trasimaco di Calcedonia (sec. V), che fondò pur egli una scuola in Atene, ancor prima che Gorgia vi si stabilisse.

Prodico di Ceo (sec. V), che fu maestro di Socrate, e scrisse un’orazione su Ercole al bivio, in cui Ercole, trovatosi a scegliere tra una vita di facili piaceri e una vita di prove aspre e faticose, scelse quest’ultima

Ippia di Elide (sec. V), che scrisse un dialogo troiano, in cui Nestore espone il suo programma etico-pedagogico, iniziando alla vita il giovane Neottòlemo, figlio di Achille.

Polo di Agrigento, discepolo di Gorgia, che nel Gorgia platonico afferma non esservi criterio da distinguere il giusto dall’ingiusto.

Càllicle, che nel medesimo dialogo sostiene il princi­pio della giustizia naturale del più forte di fronte all’artificiosa giustizia sociale (cfr. Nietzsche nell’epoca moderna).

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